Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c4
In attuazione di detta previsione, è stato approvato il DPCM 12 dicembre 2005, il quale ha definito «le finalità, i criteri di redazione, i contenuti della relazione paesaggistica che correda, congiuntamente al progetto dell’intervento
{p. 94}che si propone di realizzare ed alla relazione di progetto, l’istanza di autorizzazione paesaggistica».
Detto decreto indica la relazione paesaggistica quale «base di riferimento essenziale per le valutazioni di compatibilità/conformità degli interventi progettati» (art. 2), prevedendo significativamente, poi, che essa possa anche trovare una possibile «declinazione regionale» integrativa dei contenuti, o – previo accordo con il Ministero della cultura – di sua semplificazione (art. 3).
Quanto ai contenuti imprescindibili [26]
, può senz’altro dirsi che la relazione paesaggistica debba contenere tutti quegli elementi necessari alla verifica della compatibilità paesaggistica dell’intervento, con riferimento ai contenuti e alle indicazioni dei vincoli, del piano paesaggistico ovvero del piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici, e che debba esser corredata da elaborati tecnici preordinati altresì ad evidenziare la qualità dell’intervento, anche per ciò che attiene al linguaggio architettonico e formale adottato in relazione al contesto territoriale (art. 1, All.).
Mediante opportuna documentazione, detto materiale istruttorio dovrà dar conto sia dello stato dei luoghi (contesto paesaggistico e area di intervento) prima dell’esecuzione delle opere previste, sia delle caratteristiche progettuali dell’intervento, nonché rappresentare, nel modo più chiaro ed esaustivo possibile, lo stato dei luoghi successivo all’intervento oggetto di istanza (art. 2, All.).

5. La duplice rilevanza del tema dell’inerzia nel procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica

Nel procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica potrebbe darsi il caso in cui le amministrazioni competenti restino «silenziose».{p. 95}
Il tema dell’inerzia amministrativa potrebbe invero rilevare in diverse fasi procedimentali ed essere imputabile a uno o più dei soggetti pubblici coinvolti nel procedimento.
Anzitutto, potrebbe darsi il caso in cui a rimanere inerte sia l’ente delegato dalla regione all’esercizio della funzione autorizzatoria.
Per tale ipotesi il legislatore ha espressamente (e naturalmente) previsto, all’art. 146, c. 10, del Codice, che il soggetto istante possa richiedere l’autorizzazione «in via sostitutiva» alla regione. Per il caso in cui, invece, questa non abbia delegato la funzione e fosse essa stessa inadempiente, lo stesso comma prevede che il potere sostitutivo venga esercitato, sempre su impulso della parte interessata, dalla competente soprintendenza.
Qualora, poi, il privato non dovesse trovare soddisfazione in via amministrativa, questi potrà comunque spostare la questione in sede giurisdizionale, dove – stante la previsione generale di cui all’art. 20, c. 4, l. 241/1990 [27]
– potrà tutelarsi attraverso l’azione contro il silenzio-inadempimento dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 31 e 117, del Codice del processo amministrativo (approvato con d.lgs. 104/2010).
A parte dette ipotesi, che a ben vedere riguardano il rapporto «verticale» tra pubblica amministrazione e soggetto amministrato, potrebbe darsi che il comportamento inerte venga tenuto dall’organo statale chiamato ad esprimere il parere (vincolante o comunque obbligatorio) [28]
sulla proposta di provvedimento di (rilascio o diniego di) autorizzazione paesaggistica. Il che apre, evidentemente, alla questione – ancor oggi dibattuta in dottrina e giurisprudenza – circa l’applicabilità (o meno), alla fattispecie, della disposizione sul c.d. «silenzio assenso orizzontale» di cui all’art. 17-bis della legge sul procedimento (l. 241/1990), ai sensi del quale, «nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pub{p. 96}bliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento […]» (c. 1), e che detta disposizione trovi applicazione anche «ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini», in tali casi prevedendo, però, un termine, più lungo, di 90 giorni (c. 3).
Sul punto risultano rintracciabili, nella giurisprudenza amministrativa, i tre seguenti orientamenti.
Il primo – che parrebbe potersi dire, almeno ad oggi, quello maggioritario – è di segno contrario all’applicabilità, nel procedimento di autorizzazione paesaggistica, del silenzio assenso tra amministrazioni. Esso muove, in particolare, dalla considerazione per cui l’autorizzazione paesaggistica è da vedersi come un «provvedimento monostrutturato», essendo il relativo procedimento attivato su istanza di parte e non dall’amministrazione procedente. Il rapporto tra regione o ente delegato, da un lato, e organo statale soprintendentizio, dall’altro, deve ritenersi, cioè, solo «interno» e finalizzato ad una «cogestione» non della fase decisoria, bensì solo di quella istruttoria. All’inoperatività dell’art. 17-bis della l. 241/1990, conseguirebbe, così, l’inapplicabilità anche dell’art. 2, c. 8-bis, della stessa legge, volto a sanzionare con l’inefficacia le ivi richiamate determinazioni amministrative tardive [29]
.
Il parere reso tardivamente dal soprintendente, non sarebbe, pertanto, da considerarsi inefficace ex lege. Allo stesso tempo, però, esso non sarebbe neppure più in grado di vincolare l’amministrazione procedente, la quale dovrebbe tuttavia tenerne conto, motivatamente (cfr. ex multis, in questi {p. 97}termini, Cons. St., sez. IV, 4765 del 27 luglio 2020; 2640 del 29 marzo 2021; 2584 del 7 aprile 2022; TAR Campania, Salerno, sez. II, 2896 del 2 novembre 2022).
Un secondo orientamento – anch’esso contrario all’applicabilità dell’art. 17-bis, l. 241/1990, ma con alcune «precisazioni», che, come si vedrà, portano a «riavvicinare» di molto le conseguenze pratiche – ritiene che l’ostacolo all’applicazione della disposizione di «semplificazione» ivi contenuta non sia da rinvenire tanto nel fatto che il procedimento sia avviato su impulso di un amministrato. Secondo detta ricostruzione, invece, la «chiave» per superare la questione starebbe nella disposizione di cui all’art. 146, c. 9, del Codice, la quale prevede che, in caso di inerzia del soprintendente, l’amministrazione competente (regione o ente delegato che sia) non debba provvedere «in conformità» (come previsto, invece, dall’ultimo periodo del c. 8), bensì che, a fronte del silenzio dell’organo statale, debba «provvede[re] comunque». Il che, ad avviso del Consiglio di Stato, implicherebbe soltanto che l’amministrazione sia chiamata ad emettere un provvedimento espresso. Ma a ben vedere, sul piano concreto, cambierebbe poco rispetto all’applicazione dell’art. 17-bis, l. 241/1990, in quanto in tal caso il provvedimento finale dovrebbe comunque rispecchiare la proposta di provvedimento originariamente trasmessa alla soprintendenza. Se così non fosse, infatti, il provvedimento (di diniego o rilascio dell’autorizzazione paesaggistica) sarebbe da considerarsi affetto da un vizio di legittimità, poiché adottato sulla base di una proposta non sottoposta al parere soprintendentizio (cfr. Cons. St., sez. VI, 4098 del 24 maggio 2022, e, in negli stessi termini già Id., 5799 dell’11 dicembre 2017).
Un terzo, ben diverso orientamento del giudice amministrativo – che è parso inizialmente potersi affermare e che invece è stato ben presto rimesso in discussione dal Consiglio di Stato a favore dei primi due, già ricordati – ha mostrato subito un certo favor circa l’applicabilità dell’art. 17-bis, l. 241/1990, anche con riguardo al procedimento di cui all’art. 146, del Codice e all’inerzia della soprintendenza nella formulazione del parere. A tal riguardo, è stata {p. 98}valorizzata la considerazione per cui tutti i pareri vincolanti partecipano, invero, alla formazione di un «provvedimento finale pluristrutturato», in quanto la decisione dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione. Anche il dato testuale dell’art. 17-bis, c. 3, l. 241/1990, peraltro, consentirebbe (chiaramente) di valorizzare l’estensione del meccanismo del silenzio assenso ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresa la tutela del patrimonio culturale (cfr., in questi termini, Cons. St., Ad. comm. spec., 1640 del 13 luglio 2016, su di uno specifico quesito posto dall’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione; Cons. St., sez. VI, 6556 del 1° ottobre 2019; Cons. St., sez. IV, 4559 del 14 luglio 2020; Cons. St., sez. V, 255 del 14 gennaio 2022).
Note
[26] M. Breganze de Capnist, La relazione paesaggistica e la sua evoluzione giuridica, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2019, n. 1, pp. 79 ss.
[27] Ai sensi del quale, come ben noto, la figura del silenzio assenso non trova applicazione con riguardo, tra l’altro, «agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico […]».
[28] Sul punto si rinvia a quanto già osservato, supra, par. 2.
[29] C.P. Santacroce, Sull’inefficacia delle determinazioni amministrative tardive: riflessioni a margine dell’art. 2, comma 8-bis, della legge sul procedimento amministrativo, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2022, n. 1, pp. 53 ss.