Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c22
Le piramidi di terra sono luoghi
geologici peculiari, detti geositi, ma hanno anche valenza turistica ed economica in
quanto si tratta di un paesaggio gradevole dal punto di vista estetico. I calanchi
invece rappresentano un esempio di {p. 399}erosione accelerata connessa
all’azione dilavante delle acque piovane; sono diffusi e si impostano sui terreni
argillosi nelle aree collinari degli Appennini, e sono costituiti da strette vallecole
dai versanti ripidi e privi di vegetazione, separate da acuminate creste di argilla che
prendono l’aspetto di lame
[4]
. Le vallecole confluiscono in altre di dimensioni sempre maggiori, assumendo
una particolare geometria delle forme di erosione lineare con disposizioni a pettine,
radiale o a spina di pesce. Queste suggestive forme del paesaggio, delle vere e proprie
sculture naturali, si possono osservare con aspetti scenici spettacolari nei dintorni di
Civita di Bagnoregio (Viterbo), «la città che muore», o anche nei calanchi di Atri
(Teramo): qui sono note anche come «scrimoni» nella lingua del luogo oppure come
«bolge», con riferimento al
¶{p. 400}paesaggio infernale descritto da
Dante Alighieri nella Divina commedia. Sono luoghi di interesse non
solo scientifico e didattico, ma anche turistico.
I movimenti di massa gravitativi
(chiamati così per distinguerli da quelli superficiali, ossia l’erosione superficiale),
che possono essere riassunti con il termine frana, provocano nella
maggior parte dei casi vere e proprie riconfigurazioni, anche catastrofiche, degli spazi
in cui hanno luogo
[5]
. Nei rilievi appenninici ci sono diversi esempi di formazione di laghi di
frana, di dimensioni e durata temporale varie, originati dallo sbarramento della vallata
da parte di un processo gravitativo
[6]
. Nel Veneto un esempio è costituito dalla grande frana che, precipitando nel
corso d’acqua sottostante il torrente Cordevole, lo ha sbarrato creando il lago di
Alleghe (fig. 2). Un fenomeno simile si verificò anche in Abruzzo, dove la caduta di una
frana creò il lago di Scanno, rinomata località turistica, grazie alla presenza dello
specchio d’acqua, tra gli elementi del paesaggio.
Lo spaventoso scenario della frana
di enormi dimensioni che incombeva nel centro storico di Aliano (Matera) attirò
l’attenzione dello scrittore Carlo Levi che, nel romanzo Cristo si è fermato
ad Eboli, così descrive i luoghi: «il paese […]
scendeva e si snodava come un verme attorno ad un’unica strada in forte discesa, sullo
stretto ciglione di due burroni, e poi risaliva e ridiscendeva tra due altri burroni e
terminava nel vuoto». Le scarpate delle frane lambiscono «tutte le case, che parevano in
bilico sull’abisso, pronte a crollare e piene di fenditure».
Una trasformazione catastrofica del
paesaggio e del territorio è avvenuta il 9 ottobre del 1963, quando una enorme frana si
staccò dal monte Toc precipitando a valle e fece esondare la diga del Vajont, causando
la morte di oltre 2.000 persone, distruggendo gli abitati di Erto, Casso (Pordenone) e
Longarone (Belluno). Il paesaggio che si osservava dopo la tragedia era stato totalmente
modificato, sia nei luoghi ¶{p. 401}dell’evento che nelle aree a valle.
Ancora oggi sono visibili la nicchia di distacco e la superficie di scorrimento del
corpo di frana (fig. 3).
¶
4. Le alluvioni e le modifiche del paesaggio di pianura
I paesaggi delle pianure
alluvionali sono profondamente legati al rapporto con l’acqua del fiume, che ha
determinato il modo in cui gli uomini hanno costruito le attività produttive ed
economiche fin dall’antichità
[7]
. Nell’immaginario collettivo per pianura si intende una estesa e piatta
distesa di terre, scandita soltanto da una sequenza di insediamenti, corsi d’acqua e
campi coltivati. Dal punto di vista geomorfologico queste pianure si sono formate per
l’azione preponderante del trasporto e della sedimentazione operata dai corsi d’acqua
[8]
. Le «pianure alluvionali» si sono formate come accumulo di sedimenti
rilasciati dai fiumi (alluvium). In letteratura si è soliti
distinguere cinque principali configurazioni dell’alveo dei corsi d’acqua: 1)
rettilinea; 2) a canali intrecciati; 3) a meandri; 4) pseudo meandriforme; 5)
anastomizzata. Il tipico aspetto morfologico dei paesaggi di pianura alluvionale sono i
fiumi a meandri, con le anse, le isole fluviali, le barre, circondate da alberi. In
queste zone il fiume è largo, l’acqua scorre pigra e torbida in ampie curve sinuose, e
nei periodi siccitosi il volume d’acqua si riduce e si determina lo stato di magra
fluviale. Poi, in occasione di forti piogge, il livello delle acque cresce, il fiume si
gonfia, l’acqua risale gli argini e trabocca fuori, invade e allaga il territorio
circostante, generando le piene fluviali, le cui immagini molto spesso vediamo in
trasmissioni televisive (fig. 4).
In realtà le forme della pianura
alluvionale sono dovute ad un dinamismo fisico complesso che si può sintetizzare nei
processi naturali di esondazione, erosione e deposizione, ¶{p. 403}ai
quali si aggiunge l’attività dell’uomo
[9]
. Si può senz’altro affermare che nessuna unità geomorfologica del paesaggio
italiano è stata tanto modificata dall’uomo come la pianura alluvionale. Un caso
importante è l’insediamento di Ferrara, sorto su un dosso sabbioso ai bordi del Po
[10]
. Nelle pianure alluvionali sono sempre presenti argini naturali e dossi
fluviali, leggermente rilevati rispetto all’alveo fluviale. Il primo insediamento di
Ferrara, sorto intorno al VII secolo d.C., si sviluppò su un dosso sabbioso fluviale
rilevato, in quanto presentava un minor rischio idraulico. Nel 1152, si verificò un
evento alluvionale violento che modificò in maniera tragica il territorio della piana
del delta padano, «la rotta di ¶{p. 404}Ficarolo». L’argine del fiume in
piena cedette in un punto, vicino al paese di Ficarolo, dove c’era una curva. Da quel
momento il corso principale del Po proseguì dritto, più a nord di Ferrara, con il
conseguente decadimento della sua prosperità commerciale.
Situazione analoga a quella di
Ferrara la troviamo a Montagnana (Padova) che fu edificata nel 1200 su un dosso
sabbioso, elevato sulla pianura alluvionale. La cerchia muraria di Montagnana si snoda
sul dosso sabbioso del paleoalveo dell’Adige. Si ritiene che l’antico corso del fiume
Adige si sia occluso per il progressivo interramento ed innalzamento dell’alveo in epoca
medioevale.
5. L’erosione marina o arretramento delle coste
Il litorale è stato definito come
«il territorio, che segna il confine fra la terra e il mare, ed un luogo di compromesso
e di conflitto in continua evoluzione»
[11]
. In Italia, il 13% della superficie nazionale pari a 43.000
km2 si trova sulle coste marine. Lungo il litorale
italiano, di 8.300 km, si sono sviluppati ben 646 comuni, con il maggior peso
demografico dell’intero Mediterraneo. All’avvicinarsi della stagione estiva il fenomeno
dell’erosione costiera dei litorali torna ad interessare l’opinione pubblica, in quanto
è possibile constatare i danni delle mareggiate e delle perturbazioni meteo invernali.
Negli ultimi trent’anni, circa 1.170 km di coste italiane sono state esposte a intensi
fenomeni erosivi, aumentati sensibilmente in frequenza e intensità, che hanno provocato
effetti spesso catastrofici, con ingenti danni all’economia turistica e alle
infrastrutture. Nel mese di novembre del 2022 nel litorale veneto si sono avuti oltre 3
milioni di euro di danni sulla costa, con circa 100.000 metri cubi di spiaggia erosi.
Fenomeni che sono ascrivibili anch’essi al dissesto idrogeologico.
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Note
[4] F. Biondi et al., I rilievi collinari sulle argille, in «I paesaggi geologici italiani», 1, 1994, n. 4.
[5] G. Gisotti, Il dissesto idrogeologico. Previsione, prevenzione e mitigazione del rischio, Palermo, Flaccovio, 2012.
[6] S. Piazza, I laghi di frana nell’Appennino romagnolo. Una prospettiva storico-geografica, in «Geostorie», 29, 2021, n. 1.
[7] G. Gisotti, Geologia per archeologi, Roma, Carocci, 2020.
[8] Gisotti, Le unità di paesaggio, cit.
[9] G. Gisotti e F. Zarlenga, Geologia ambientale. Principi e metodi, Palermo, Flaccovio, 2004.
[10] G. Gisotti, La fondazione delle città. Da Uruk a New York, Roma, Carocci, 2016.
[11] A. Arnoldus, E. Di Loreto, G. Gisotti, C. Mulder, C. Rustici e F. Zarlenga, I paesaggi geologici italiani, 2. Il Litorale e le dune costiere, in I paesaggi geologici italiani, supplemento a «Verde Ambiente», 1994, n. 3.