Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c22
Il litorale è stato definito come «il territorio, che segna il confine fra la terra e il mare, ed un luogo di compromesso e di conflitto in continua evoluzione» [11]
. In Italia, il 13% della superficie nazionale pari a 43.000 km2 si trova sulle coste marine. Lungo il litorale italiano, di 8.300 km, si sono sviluppati ben 646 comuni, con il maggior peso demografico dell’intero Mediterraneo. All’avvicinarsi della stagione estiva il fenomeno dell’erosione costiera dei litorali torna ad interessare l’opinione pubblica, in quanto è possibile constatare i danni delle mareggiate e delle perturbazioni meteo invernali. Negli ultimi trent’anni, circa 1.170 km di coste italiane sono state esposte a intensi fenomeni erosivi, aumentati sensibilmente in frequenza e intensità, che hanno provocato effetti spesso catastrofici, con ingenti danni all’economia turistica e alle infrastrutture. Nel mese di novembre del 2022 nel litorale veneto si sono avuti oltre 3 milioni di euro di danni sulla costa, con circa 100.000 metri cubi di spiaggia erosi. Fenomeni che sono ascrivibili anch’essi al dissesto idrogeologico.
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Fig. 5. Costa ionica della Basilicata. È visibile l’arretramento della spiaggia.
Le principali cause naturali dell’erosione sono imputabili a due potenti agenti geomorfici: l’azione esercitata da forti venti che creano mareggiate (intenso moto ondoso sotto costa) che provocano l’asportazione dei sedimenti costieri (fig. 5) e producono modificazione della fisiografia costiera. Accanto alle cause naturali, anche le attività umane hanno influenzato notevolmente la stabilità della costa. Il diminuito apporto di sedimenti fluviali e quindi l’erosione di fondo e laterale dei fiumi, legata ad opere antropiche lungo i corsi d’acqua, concorrono ad aumentare i fenomeni erosivi che producono arretramenti della linea di costa, a cui vanno aggiunte quelle derivanti dalla presenza di opere portuali e opere di difesa litoranea, spesso mal progettate [12]
. Nei territori costieri possono manifestarsi anche accrescimenti della linea di costa con indesiderati o dannosi effetti di insabbiamento di opere portuali. {p. 406}

6. Le misure per mitigare i fenomeni di dissesto idrogeologico e le modifiche del paesaggio

Come intervenire sul territorio e sul paesaggio a rischio idrogeologico? Secondo gran parte dei geologi italiani è innanzitutto necessario abbandonare il concetto dello sviluppo finalizzato alla sola crescita economica, e abbracciare l’idea della sicurezza e della bellezza. Vitruvio sosteneva che i parametri fondamentali dell’architettura sono: la firmitas, cioè la struttura statica, ossia la valutazione di sicurezza; la utilitas, cioè la funzionalità; e la venustas, vale a dire l’estetica ossia la bellezza. Questi criteri sono, secondo gli scriventi, punto di partenza per progettare i piani di intervento, attraverso interventi strutturali e non strutturali atti a mitigare il rischio idrogeologico, per affrontare le future trasformazioni e le sfide innovative che attendono il nostro paese. L’identificazione della probabile area di inondazione in un definito tempo di ritorno è una necessità cruciale per la razionale pianificazione dell’uso del suolo in una pianura alluvionale [13]
. La direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni dispone che, per ridurre i danni all’ambiente e al patrimonio culturale (anche al paesaggio) apportati dalle alluvioni, gli stati membri producano dei piani di gestione del rischio alluvioni (PGRA). Questi prevedono l’utilizzo integrato di misure di prevenzione e protezione con sistemi di allertamento della popolazione.
Tra le misure strutturali per gestire il rischio di alluvioni e la protezione dei centri abitati, in passato venivano costruite opere rigide, come arginature in muratura e canali scolmatori, che anche se hanno messo in sicurezza i centri abitati hanno avuto un grosso impatto sul paesaggio naturale ed urbano, come la costruzione dei muraglioni del Tevere a Roma [14]
. Sono invece da preferire opere aventi lo {p. 407}scopo esclusivo di laminazione delle piene, come le casse d’espansione (fig. 6). Quando la portata di piena supera un dato valore di progetto, una parte viene derivata dall’alveo e immessa nell’invaso limitrofo, dal quale viene scaricata gradualmente. Il resto rimane in alveo, proseguendo verso valle con portate minori. Queste soluzioni, insieme a quelle di ingegneria naturalistica e di rinaturazione degli alvei, sono da favorire, in quanto poco impattanti sull’ecosistema fluviale e con costi assai minori rispetto a quello delle opere rigide [15]
.
Fig. 6. La cassa d’espansione è un’opera idraulica che viene realizzata per contenere e ridurre la portata durante le piene di un corso d’acqua. Si tratta di un intervento che è coerente con gli aspetti geomorfologici presenti, di solito non incide in modo negativo sui caratteri ambientali dell’unità di paesaggio di piana alluvionale.
Per quanto riguarda il rischio geomorfologico, negli anni ’60 del secolo scorso vennero realizzate alcune opere faraoniche per la stabilizzazione di pendii instabili. Emblematico è il muro di contenimento di una ripida scarpata instabile che circonda l’abitato di Villapiana (Cosenza), nel bacino del {p. 408}torrente Satanasso (fig. 7). L’opera, progettata e realizzata dalla Cassa per il Mezzogiorno, inorgogliva i progettisti e gli abitanti. Come ben visibile nella figura, il muraglione {p. 409}che circonda la scarpata rocciosa con le sue rigide forme geometriche è un elemento detrattore del paesaggio. L’opera poi è sovradimensionata rispetto all’abitato che si vuole difendere. Per la sistemazione delle frane si può ricorrere a misure che riguardano la stabilizzazione superficiale, la protezione dei pendii, il ripristino della rete di drenaggio superficiale delle acque, la manutenzione ed il ripristino dei terrazzamenti agricoli [16]
. Questi interventi sono tipici del paesaggio agrario tradizionale delle colline venete, mirabile e ordinato, come nella zona di Conegliano Valdobbiadene, dove si coltiva il vitigno del prosecco (fig. 8). Per garantire la riduzione della velocità di scorrimento delle acque superficiali e ridurre i fenomeni erosivi sono inoltre necessarie la tutela dei boschi e la riforestazione.
Fig. 7. Villapiana, (CS). Intervento di stabilizzazione del pendio instabile per frana su un costone roccioso, con un notevole impatto sul paesaggio.
Gli interventi strutturali generalmente utilizzati per la difesa dei litorali dai fenomeni erosivi sono opere rigide; pennelli; barriere frangiflutti; ripascimento. Talvolta le stesse opere di difesa costiera hanno protetto la costa nel tratto interessato, ma hanno creato sensibili erosioni nei tratti di litorale limitrofi. Per una gestione sostenibile di questa unità geomorfologica e paesaggistica dei litorali sono da preferire interventi non strutturali (buone pratiche per la pulizia degli arenili, delimitazione di aree destinate alla ricostituzione delle dune costiere). Una conduzione delle zone costiere incentrata sulla sostenibilità può avere successo solo attraverso una ricerca di soluzioni tecnologiche adeguate per questo mutevole e fragile paesaggio.
Fig. 8. Paesaggio collinare delle sistemazioni agricole nella zona di Conegliano Valdobbiadene (TV). Il paesaggio dona un’impronta tipica per la sua bellezza e dolcezza, gli allineamenti di forme geometriche, adattate dall’uomo a cercare la miglior insolazione, danno sensazioni di pace e tranquillità che accolgono ed estraggono le persone dalla frenesia di tutti i giorni

7. Conclusioni

Già mezzo secolo fa, nel 1970, la Commissione De Marchi aveva ipotizzato uno scenario futuristico rispetto ai mutamenti climatici. Un campanello d’allarme inascoltato che arrivava da una fonte istituzionale, in Italia la più autorevole. Nel nostro paese, negli ultimi dieci anni, registriamo un drastico aumento degli eventi estremi, piove sempre di
{p. 410}più in modo intenso e concentrato, con un aumento dei territori a rischio. Nelle conclusioni della Relazione finale, la Commissione sottolineava l’urgenza dei processi decisionali e la semplificazione nella fase autorizzativa dei progetti, con controlli rigorosi durante la realizzazione degli interventi e anzitutto indicava, come esigenza pregiudiziale, la periodica manutenzione delle opere per assicurare nel tempo la loro funzionalità. Tutti concetti di una straordinaria attualità.
Note
[11] A. Arnoldus, E. Di Loreto, G. Gisotti, C. Mulder, C. Rustici e F. Zarlenga, I paesaggi geologici italiani, 2. Il Litorale e le dune costiere, in I paesaggi geologici italiani, supplemento a «Verde Ambiente», 1994, n. 3.
[12] Gisotti, Geologia per archeologi, cit.
[13] G. Gisotti, Acque, fiumi e paesaggi fluviali: una lettura in chiave idro-geo-morfologica, in «Geologia dell’ambiente», 2007, n. 4.
[14] E. Di Loreto e G. Gisotti, Geologia e idrologia urbana, in «Verde Ambiente», 1, 1994, n. 6.
[15] G. Gisotti, Ambiente urbano. Introduzione all’ecologia urbana, Palermo, Flaccovio, 2007.
[16] G. Gisotti, Principi di geopedologia, Bologna, Calderini, 1991.