Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c22
Le piramidi di terra sono luoghi geologici peculiari, detti geositi, ma hanno anche valenza turistica ed economica in quanto si tratta di un paesaggio gradevole dal punto di vista estetico. I calanchi invece rappresentano un esempio di {p. 399}erosione accelerata connessa all’azione dilavante delle acque piovane; sono diffusi e si impostano sui terreni argillosi nelle aree collinari degli Appennini, e sono costituiti da strette vallecole dai versanti ripidi e privi di vegetazione, separate da acuminate creste di argilla che prendono l’aspetto di lame [4]
. Le vallecole confluiscono in altre di dimensioni sempre maggiori, assumendo una particolare geometria delle forme di erosione lineare con disposizioni a pettine, radiale o a spina di pesce. Queste suggestive forme del paesaggio, delle vere e proprie sculture naturali, si possono osservare con aspetti scenici spettacolari nei dintorni di Civita di Bagnoregio (Viterbo), «la città che muore», o anche nei calanchi di Atri (Teramo): qui sono note anche come «scrimoni» nella lingua del luogo oppure come «bolge», con riferimento al
{p. 400}paesaggio infernale descritto da Dante Alighieri nella Divina commedia. Sono luoghi di interesse non solo scientifico e didattico, ma anche turistico.
Fig. 1. Le piramidi di terra si sono formate dall’intensa azione erosiva dell’acqua di ruscellamento che ha modellato il terreno del versante della montagna. I blocchi più grossi hanno protetto come ombrelli il materiale fine ed incoerente sottostante. Il risultato finale è costituito da sculture naturali a forma di piramide o fungo. Altopiano di Renon (BZ).
I movimenti di massa gravitativi (chiamati così per distinguerli da quelli superficiali, ossia l’erosione superficiale), che possono essere riassunti con il termine frana, provocano nella maggior parte dei casi vere e proprie riconfigurazioni, anche catastrofiche, degli spazi in cui hanno luogo [5]
. Nei rilievi appenninici ci sono diversi esempi di formazione di laghi di frana, di dimensioni e durata temporale varie, originati dallo sbarramento della vallata da parte di un processo gravitativo [6]
. Nel Veneto un esempio è costituito dalla grande frana che, precipitando nel corso d’acqua sottostante il torrente Cordevole, lo ha sbarrato creando il lago di Alleghe (fig. 2). Un fenomeno simile si verificò anche in Abruzzo, dove la caduta di una frana creò il lago di Scanno, rinomata località turistica, grazie alla presenza dello specchio d’acqua, tra gli elementi del paesaggio.
Lo spaventoso scenario della frana di enormi dimensioni che incombeva nel centro storico di Aliano (Matera) attirò l’attenzione dello scrittore Carlo Levi che, nel romanzo Cristo si è fermato ad Eboli, così descrive i luoghi: «il paese […] scendeva e si snodava come un verme attorno ad un’unica strada in forte discesa, sullo stretto ciglione di due burroni, e poi risaliva e ridiscendeva tra due altri burroni e terminava nel vuoto». Le scarpate delle frane lambiscono «tutte le case, che parevano in bilico sull’abisso, pronte a crollare e piene di fenditure».
Fig. 2. Il Lago di Alleghe (BL) si è formato nel 1771 a causa di una frana di grandi blocchi di roccia che ostruirono la valle del fiume Cordevole. Nei giorni in cui l’acqua è più limpida si può intravedere la cima del campanile del vecchio paese, ormai sommerso.
Una trasformazione catastrofica del paesaggio e del territorio è avvenuta il 9 ottobre del 1963, quando una enorme frana si staccò dal monte Toc precipitando a valle e fece esondare la diga del Vajont, causando la morte di oltre 2.000 persone, distruggendo gli abitati di Erto, Casso (Pordenone) e Longarone (Belluno). Il paesaggio che si osservava dopo la tragedia era stato totalmente modificato, sia nei luoghi {p. 401}dell’evento che nelle aree a valle. Ancora oggi sono visibili la nicchia di distacco e la superficie di scorrimento del corpo di frana (fig. 3).
Fig. 3. Superficie di distacco della frana che il 9 ottobre del 1963 si staccò dal Monte Toc e precipitò nel lago artificiale della Valle del Vajont (BL). È considerata dall’IUGS (Unione internazionale degli studiosi di scienze geologiche) una delle più grandi e più emblematiche frane al mondo, conosciuta per la sua particolare dinamica e il suo effetto catastrofico.

4. Le alluvioni e le modifiche del paesaggio di pianura

I paesaggi delle pianure alluvionali sono profondamente legati al rapporto con l’acqua del fiume, che ha determinato il modo in cui gli uomini hanno costruito le attività produttive ed economiche fin dall’antichità [7]
. Nell’immaginario collettivo per pianura si intende una estesa e piatta distesa di terre, scandita soltanto da una sequenza di insediamenti, corsi d’acqua e campi coltivati. Dal punto di vista geomorfologico queste pianure si sono formate per l’azione preponderante del trasporto e della sedimentazione operata dai corsi d’acqua [8]
. Le «pianure alluvionali» si sono formate come accumulo di sedimenti rilasciati dai fiumi (alluvium). In letteratura si è soliti distinguere cinque principali configurazioni dell’alveo dei corsi d’acqua: 1) rettilinea; 2) a canali intrecciati; 3) a meandri; 4) pseudo meandriforme; 5) anastomizzata. Il tipico aspetto morfologico dei paesaggi di pianura alluvionale sono i fiumi a meandri, con le anse, le isole fluviali, le barre, circondate da alberi. In queste zone il fiume è largo, l’acqua scorre pigra e torbida in ampie curve sinuose, e nei periodi siccitosi il volume d’acqua si riduce e si determina lo stato di magra fluviale. Poi, in occasione di forti piogge, il livello delle acque cresce, il fiume si gonfia, l’acqua risale gli argini e trabocca fuori, invade e allaga il territorio circostante, generando le piene fluviali, le cui immagini molto spesso vediamo in trasmissioni televisive (fig. 4).
In realtà le forme della pianura alluvionale sono dovute ad un dinamismo fisico complesso che si può sintetizzare nei processi naturali di esondazione, erosione e deposizione, {p. 403}ai quali si aggiunge l’attività dell’uomo [9]
. Si può senz’altro affermare che nessuna unità geomorfologica del paesaggio italiano è stata tanto modificata dall’uomo come la pianura alluvionale. Un caso importante è l’insediamento di Ferrara, sorto su un dosso sabbioso ai bordi del Po [10]
. Nelle pianure alluvionali sono sempre presenti argini naturali e dossi fluviali, leggermente rilevati rispetto all’alveo fluviale. Il primo insediamento di Ferrara, sorto intorno al VII secolo d.C., si sviluppò su un dosso sabbioso fluviale rilevato, in quanto presentava un minor rischio idraulico. Nel 1152, si verificò un evento alluvionale violento che modificò in maniera tragica il territorio della piana del delta padano, «la rotta di {p. 404}Ficarolo». L’argine del fiume in piena cedette in un punto, vicino al paese di Ficarolo, dove c’era una curva. Da quel momento il corso principale del Po proseguì dritto, più a nord di Ferrara, con il conseguente decadimento della sua prosperità commerciale.
Fig. 4. Rotta dell’argine del fiume Serchio (PI), nel dicembre del 2009. In questo tratto le acque del fiume canalizzato hanno invaso i campi e una parte della zona industriale che è rimasta allagata per diversi giorni.
Situazione analoga a quella di Ferrara la troviamo a Montagnana (Padova) che fu edificata nel 1200 su un dosso sabbioso, elevato sulla pianura alluvionale. La cerchia muraria di Montagnana si snoda sul dosso sabbioso del paleoalveo dell’Adige. Si ritiene che l’antico corso del fiume Adige si sia occluso per il progressivo interramento ed innalzamento dell’alveo in epoca medioevale.

5. L’erosione marina o arretramento delle coste

Il litorale è stato definito come «il territorio, che segna il confine fra la terra e il mare, ed un luogo di compromesso e di conflitto in continua evoluzione» [11]
. In Italia, il 13% della superficie nazionale pari a 43.000 km2 si trova sulle coste marine. Lungo il litorale italiano, di 8.300 km, si sono sviluppati ben 646 comuni, con il maggior peso demografico dell’intero Mediterraneo. All’avvicinarsi della stagione estiva il fenomeno dell’erosione costiera dei litorali torna ad interessare l’opinione pubblica, in quanto è possibile constatare i danni delle mareggiate e delle perturbazioni meteo invernali. Negli ultimi trent’anni, circa 1.170 km di coste italiane sono state esposte a intensi fenomeni erosivi, aumentati sensibilmente in frequenza e intensità, che hanno provocato effetti spesso catastrofici, con ingenti danni all’economia turistica e alle infrastrutture. Nel mese di novembre del 2022 nel litorale veneto si sono avuti oltre 3 milioni di euro di danni sulla costa, con circa 100.000 metri cubi di spiaggia erosi. Fenomeni che sono ascrivibili anch’essi al dissesto idrogeologico.
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Note
[4] F. Biondi et al., I rilievi collinari sulle argille, in «I paesaggi geologici italiani», 1, 1994, n. 4.
[5] G. Gisotti, Il dissesto idrogeologico. Previsione, prevenzione e mitigazione del rischio, Palermo, Flaccovio, 2012.
[6] S. Piazza, I laghi di frana nell’Appennino romagnolo. Una prospettiva storico-geografica, in «Geostorie», 29, 2021, n. 1.
[7] G. Gisotti, Geologia per archeologi, Roma, Carocci, 2020.
[8] Gisotti, Le unità di paesaggio, cit.
[9] G. Gisotti e F. Zarlenga, Geologia ambientale. Principi e metodi, Palermo, Flaccovio, 2004.
[10] G. Gisotti, La fondazione delle città. Da Uruk a New York, Roma, Carocci, 2016.
[11] A. Arnoldus, E. Di Loreto, G. Gisotti, C. Mulder, C. Rustici e F. Zarlenga, I paesaggi geologici italiani, 2. Il Litorale e le dune costiere, in I paesaggi geologici italiani, supplemento a «Verde Ambiente», 1994, n. 3.