Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c13
In coerenza con il sistema delle competenze brevemente delineato nel paragrafo precedente, il comma 2 dell’art. 7 attribuisce sia allo Stato sia alle regioni il potere di svolgere le attività di gestione forestale, «ciascuno nell’ambito delle proprie competenze». Inoltre, il comma 3 specifica che le regioni «definiscono e attuano le pratiche selvicolturali più idonee […] alle necessità di tutela dell’ambiente, del paesaggio, del suolo, alle esigenze socio-economiche locali, alle produzioni legnose»; questo comma andrebbe letto nel senso che, mentre per l’ambito dell’ambiente e del paesaggio le regioni possono intervenire sulla materia solo se prevedono delle misure di protezione più rigorose [11]
rispetto a quelle
{p. 250}previste dalla normativa statale (come già chiarito dalla Corte costituzionale) [12]
, con riguardo ai profili di valorizzazione e gestione «economica» del patrimonio boschivo vantano un maggiore margine di manovra, in linea con il riparto delle competenze di cui all’art. 117 Cost.
Tuttavia, sebbene il Testo unico attribuisca alle regioni – come detto – un ruolo significativo sulle attività di gestione forestale, è bene ricordare che anche per le attività più strettamente «valorizzatrici» esse dovrebbero egualmente muoversi all’interno degli indirizzi individuati dallo Stato. Se ne ha conferma anche leggendo l’art. 6 del Testo unico, il quale stabilisce che la Strategia forestale nazionale (infra, par. 4) definisce gli indirizzi nazionali per la tutela e valorizzazione dei boschi, mentre il comma 2 prevede che le regioni individuino i propri obiettivi e le proprie linee di azione in coerenza con la menzionata Strategia.
Acquisito che tutela e valorizzazione si muovono su binari diversi, ma comunque tra loro comunicanti, è utile a questo punto soffermarsi sugli strumenti che il Testo unico mette a disposizione delle amministrazioni competenti per svolgere le attività di gestione.
La risposta richiede una preliminare analisi dell’art. 6, il quale disciplina le attività di programmazione e pianificazione forestale: più precisamente, lo Stato offre delle linee di indirizzo sulla programmazione, spettando poi alle regioni dotarsi di programmi e piani per attuare quanto definito a livello generale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MPAAF), oggi Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare; profili sui quali ci si soffermerà nel prossimo paragrafo.{p. 251}

4. Strumenti di programmazione e di pianificazione forestale

L’art. 6 del Testo unico prevede che il Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare definisca la c.d. Strategia forestale nazionale, strumento di programmazione con il quale sono definiti gli indirizzi nazionali per la tutela, valorizzazione e gestione attiva del patrimonio boschivo nazionale e per lo sviluppo del settore e delle sue filiere produttive, ambientali e socio-culturali; il comma 1 specifica che la Strategia ha una durata ventennale, ma è soggetta a revisione ed aggiornamento quinquennale.
La Strategia è stata adottata il 9 febbraio 2022 [13]
ed il suo obiettivo è quello di sviluppare politiche in grado di rendere i boschi (o le foreste, che dir si voglia) più estesi e resilienti, difendendone ed aumentandone la biodiversità, nonché rendendoli capaci di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, oltre ad offrire benefici ecologici, sociali ed economici, ecosistemici. La Strategia, che recepisce a sua volta gli indirizzi programmatico-strategici dell’Agenda 2030 e del piano strategico delle foreste delle Nazioni Unite, persegue tre obiettivi generali:
  1. gestione sostenibile e ruolo multifunzionale delle foreste (fornitura equilibrata di servizi ecosistemici);
  2. efficienza nell’impiego delle risorse forestali per uno sviluppo sostenibile delle economie nelle aree rurali, interne e urbane (sviluppo delle bioeconomie ed economie forestali; promozione delle foreste nei contesti urbani e suburbani);
  3. responsabilità e conoscenza globale delle foreste (ricerca scientifica multidisciplinare e formazione professionale e specialistica).
Gli obiettivi generali sono perseguiti tramite lo sviluppo delle azioni operative, elencate nell’allegato A della Strategia, ed a loro volta articolate nei seguenti obiettivi specifici: {p. 252}
  1. programmazione e pianificazione forestale, servizi e pagamenti ecosistemici, difesa del territorio e tutela delle acque, diversità biologica, gestione dei rimboschimenti, ecc.
  2. qualificazione degli operatori forestali e capacità operativa delle imprese boschive; filiere forestali locali; tracciabilità dei prodotti forestali; servizi socio-culturali dei boschi;
  3. informazione e responsabilità sociale dei cittadini; ricerca e sperimentazione.
Sono poi elencate le c.d. «azioni specifiche», ossia linee guida e buone prassi, e le azioni strumentali, cioè misure di supporto diretto alle azioni operative e specifiche.
Le linee di indirizzo della Strategia forestale nazionale sono attuate dalle regioni attraverso i programmi forestali regionali, i quali individuano a loro volta i propri obiettivi e le relative linee di azione.
Occorre poi segnalare che l’art. 6 del Testo unico attribuisce alle regioni la competenza ad adottare due strumenti di pianificazione per attuare i programmi forestali nazionali: i piani forestali di indirizzo territoriale (PFIT) ed i piani di gestione forestale (PGF).
I PFIT, la cui adozione è però facoltativa, sono funzionali all’individuazione, al mantenimento e alla valorizzazione delle risorse silvo-pastorali e al coordinamento delle attività necessarie alla loro tutela e gestione attiva, assicurano il coordinamento tra la pianificazione forestale e quella paesaggistica, oltre a concorrere alla redazione dei piani paesaggistici.
In particolare, i PFIT:
  1. definiscono le destinazioni d’uso delle superfici silvo-pastorali ricadenti all’interno del territorio sottoposto a pianificazione, i relativi obiettivi e gli indirizzi di gestione necessari alla loro tutela, gestione e valorizzazione;
  2. definiscono le priorità d’intervento necessarie alla tutela, alla gestione e alla valorizzazione ambientale, economica e socio-culturale dei boschi e dei pascoli ricadenti all’interno del territorio sottoposto a pianificazione;
  3. definiscono gli interventi strutturali ed infrastrutturali del servizio del bosco (ad es. localizzazione della rete di viabilità forestale).{p. 253}
Per esigenze di uniformità, l’art. 6, c. 7, del Testo unico prevede la definizione di un decreto del Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare attraverso il quale approvare le disposizioni per la definizione dei criteri minimi nazionali di elaborazione dei PFIT e dei PGF. Tale decreto è stato adottato il 28 ottobre 2021 [14]
ed offre indicazioni molto utili per il contenuto dei PFIT – chiamati a recepire ed integrare gli indirizzi, prescrizioni e vincoli degli strumenti della pianificazione territoriale vigenti (piani di bacino, piani delle aree protette, piani paesaggistici), ma anche in termini di cartografia da allegare al piano stesso (carta di destinazione d’uso del suolo, carta dei vincoli del territorio, carta delle aree boschive omogenee, carta delle foreste di protezione diretta, ecc.).
Con riferimento ai PGF, la cui adozione è invece obbligatoria per le regioni, l’art. 6, c. 6, del Testo unico stabilisce che vadano definiti in attuazione dei programmi forestali regionali e, ove adottati, dei PFIT.
Oltre a dover riprodurre le indicazioni della Strategia forestale nazionale e dei programmi regionali, i PGF sono rivolti a pianificare la tutela, le modalità d’uso, la gestione e la valorizzazione delle risorse forestali per le proprietà pubbliche e private. Ciò significa che questi strumenti pianificatori incidono tanto sui boschi in proprietà pubblica quanto sui boschi in proprietà privata, al fine di pianificare la gestione attiva delle risorse forestali, e dunque la tutela, la valorizzazione e le modalità d’uso delle risorse boschive sulle proprietà pubbliche e private, imponendo vincoli conformativi sui boschi in proprietà pubblica e sui boschi in proprietà privata.
Il PGF è costituito dai seguenti elementi:
  1. la relazione, ossia il documento che fornisce una descrizione delle risorse forestali e silvo-pastorali oggetto di pianificazione e che definisce gli obiettivi della gestione, illustrando i criteri e metodi di compartimentazione della superficie nelle unità base della pianificazione forestale, {p. 254}quali la formazione delle particelle forestali e delle eventuali unità sovraordinate di aggregazione delle particelle forestali;
  2. il prospetto delle unità di base della pianificazione, registro particellare, database in cui viene riportata la descrizione delle unità di base, particelle o sezioni forestali;
  3. il prospetto degli interventi selvi-colturali e piano dei tagli;
  4. il prospetto della gestione pascoliva;
  5. il prospetto degli interventi infrastrutturali;
  6. le misure a tutela della biodiversità, ecc.
Gli strumenti di pianificazione sono fondamentali anche nella prospettiva del recupero del territorio, considerando che l’art. 7, c. 6, del Testo unico chiede alle regioni di individuare gli interventi di ripristino obbligatori da attuare in caso di violazioni di norme sull’attività di gestione forestale. Tali interventi possono svolgersi secondo tre differenti tipologie, anche previa occupazione temporanea senza indennizzo:
  1. modalità di sostituzione diretta da parte della regione che assume la direzione dei lavori di ripristino;
  2. affidamento ad operatori del settore, tramite procedura ad evidenza pubblica, degli interventi di ripristino;
  3. affidamento di tali interventi ad altri enti pubblici delegati dalla stessa regione.
Infine, va segnalato che, ai sensi dell’art. 7, c. 12, i PGF devono raccordarsi con i piani paesaggistici regionali.

5. Criticità nella gestione del patrimonio boschivo

La gestione del patrimonio boschivo disciplinata dal Testo unico pone alcune criticità. È in particolare interessante notare il disposto dell’art. 8, il quale ammette la c.d. «trasformazione» del bosco, consistente nell’eliminazione della vegetazione arborea ed arbustiva, con la conseguenza che a seguito dell’intervento trasformativo l’area forestale viene destinata ad un uso diverso. Pertanto, la norma ammette la possibilità, di fatto, di eliminare il bosco, ponendo tuttavia delle condizioni cumulative, per cui è vietata la trasformazione che:
{p. 255}
Note
[11] Se ne ha conferma anche leggendo l’art. 6, cc. 5 e 6, del Testo unico.
[12] In ultimo, cfr. Corte cost. 135/2022, che ha definitivamente esteso all’ambito del paesaggio delle considerazioni in tema di competenza già acclarate sul settore «ambiente», ammettendo che, in entrambe le materie, le regioni possano legiferare anche sulla tutela (oltre che sulla valorizzazione), a condizione che aumentino (e non diminuiscano) il livello minimo di tutela predisposto dalla disciplina statale (per le analoghe considerazioni nel settore ambientale, la competenza regionale in melius sulla tutela era stata riconosciuta, tra le tante, da Corte cost. 407/2002, 226/2003, 227/2003).
[13] Per una lettura dei documenti sulla presentazione del documento e del decreto di adozione si rinvia alla pagina web https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15339, pubblicata sul sito del MPAAF il 9 febbraio 2022.