Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c8
L’art. 404 c.c. non contempla la
persona anziana quale possibile beneficiario della misura. Ciò concorre a supportare la
tesi per la quale giammai «l’età senile», astrattamente e
isolata
¶{p. 175}mente considerata, possa costituire una causa che incida
sulla privazione di autonomia della persona [Bonilini 2005]. In questa prospettiva l’età
anziana mai potrà determinare alcuna forma d’incapacità. La flessibilità che
caratterizza la figura dell’amministratore di sostegno, seppur concepita per rispondere
a diverse esigenze di protezione, può nella pratica determinare situazioni di
particolare incertezza che, in assenza di precise disposizioni nel decreto di nomina,
richiedono un’analisi meticolosa e approfondita.
5.1. La capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno
Tema molto discusso, sin
dall’introduzione dell’istituto in esame, è stato la permanenza in capo al
beneficiario della capacità di donare. Il primo comma dell’art. 774 c.c. prevede che
non possano fare donazioni coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei
propri beni, senza tuttavia richiamare alcuna figura d’incapace (interdetto,
inabilitato e minore). Si discute pertanto sull’operatività di tale disposizione nel
caso dell’amministrazione di sostegno
[20]
.
Un primo orientamento in
dottrina annovera il beneficiario di amministrazione di sostegno tra coloro che non
hanno la capacità di donare (art. 774 c.c.) ed estende la misura di protezione
includendo anche gli atti di donazione, a prescindere da un espresso richiamo nel
decreto di nomina, nel caso in cui quest’ultimo si riferisca a tutti gli atti di
straordinaria amministrazione. Secondo un’altra interpretazione – che si fonda sulla
lettera dell’art. 409, comma 1, c.c., in forza del quale «il beneficiario conserva
la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza
esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno» – il
beneficiario ha la capacità di donare, in mancanza di un’espressa previsione
contraria contenuta nel decreto di nomina provvisoria o definitiva del giudice
tutelare. Da un’analisi della giurisprudenza di merito risulta
evi¶{p. 176}dente che il beneficiario di amministrazione di
sostegno, la cui autonomia negoziale può subire delle limitazioni, mai diviene
formalmente incapace e può validamente porre in essere atti di donazione
[21]
, salvo che il giudice tutelare, nel decreto di nomina provvisoria o
definitiva, non abbia esteso determinati effetti, limitazioni o decadenze previsti
dalla legge per l’interdetto o l’inabilitato
[22]
. La giurisprudenza di legittimità
[23]
, ammettendo la possibilità di limitare la capacità di donare, il cui
esercizio da parte del soggetto amministrato non può ritenersi precluso, in via
generale, dall’art. 774, comma 1, c.c. – tenendo conto di quanto previsto dall’art.
411, commi 2 e 3, c.c. – ha riconosciuto la piena capacità in assenza di specifiche
disposizioni del ¶{p. 177}decreto di nomina. La questione è stata
sottoposta anche al vaglio della Corte costituzionale
[24]
, la quale, sul presupposto che l’art. 774, comma 1, c.c. non trovi
diretta applicazione al beneficiario di amministrazione di sostegno, ha optato per
la tesi della permanenza della capacità a donare dell’amministrato. La decisione
evidenzia come lo strumento in esame miri a tutelare l’individuo, permettendo al
giudice di adeguare la misura di protezione al caso concreto, preservando al massimo
la capacità di autodeterminazione dell’interessato
[25]
. L’orientamento della Corte suggerisce che l’istituto possa applicarsi
anche in casi di sole limitazioni fisiche. Ciò è rilevante dato il dibattito
sull’ammissibilità dell’amministrazione di sostegno in favore di soggetti non dotati
di alcun vulnus cognitivo
[26]
. La Corte inoltre osserva ¶{p. 178}come, nel tempo, la
giurisprudenza abbia differenziato l’amministrazione di sostegno dalle precedenti
misure di protezione, sottolineando che quest’ultima non implica una condizione di
incapacità, a differenza dell’interdizione o dell’inabilitazione. La Corte rileva
che anche i giudici di legittimità, nell’ipotesi di matrimonio di un beneficiario
dell’amministrazione di sostegno, sono inclini a non applicare il divieto di cui
all’art. 85 c.c., salvo espressa indicazione del giudice tutelare
[27]
. La sentenza conferma dunque che il beneficiario mantiene piena capacità
di donare, salvo specifiche restrizioni imposte dal giudice tutelare.
5.2. La capacità di testare del beneficiario di amministrazione di sostegno
Il beneficiario di
amministrazione di sostegno ha piena capacità di testare, a eccezione del caso nel
quale le condizioni psico-fisiche non gli permettano di esprimere una libera e
consapevole volontà, e il giudice tutelare abbia previsto d’ufficio tale
limitazione, al fine di sottrarlo da eventuali pressioni e condizionamenti da parte
di terzi
[28]
.¶{p. 179}
La Corte di legittimità ha
recentemente ribadito che:
salva specifica disposizione limitativa del giudice tutelare, la capacità di testare è conservata dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Il testamento fatto dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è, quindi, annullabile ai sensi dell’art. 591 c.c., comma 2, n. 2, ma, nel concorso dei presupposti, ai sensi del n. 3 della stessa norma, che riguarda il testamento fatto da coloro che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento [29] .
Pertanto si può affermare che
il soggetto amministrato gode, in via generale, della capacità di testare dal
momento che
l’estensione dell’incapacità di testare e donare al beneficiario dell’amministrazione di sostegno rischia di perpetuare la rigida dicotomia capacità-incapacità che caratterizzava gl’istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, nonché la logica patrimonialistica cui gli stessi risultavano prevalentemente improntati, e il cui superamento costituiva il principale obiettivo perseguito attraverso l’introduzione della nuova disciplina [30] .
5.3. La necessità dell’accettazione con beneficio di inventario
L’art. 471 del codice civile
prevede un obbligo per i minori e gli interdetti di accettare l’eredità con il
beneficio d’inventario
[31]
; obbligo che si estende agli emancipati e inabilitati in
¶{p. 180}base all’art. 472 c.c. Tali disposizioni, tuttavia, non
menzionano espressamente il beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Questo
silenzio normativo potrebbe derivare da un mancato coordinamento legislativo o,
alternativamente, da una deliberata scelta del legislatore. Il principio sotteso a
tali norme è chiaramente la protezione di individui che potrebbero non avere piena
consapevolezza delle implicazioni economiche e giuridiche di una confusione del
proprio patrimonio con un’eredità potenzialmente gravata da debiti. Secondo una
prima interpretazione, le norme degli artt. 471 e 472 c.c. dovrebbero trovare
applicazione anche per il beneficiario di amministrazione di sostegno, al fine di
tutelare il patrimonio del medesimo, impedendo un’accettazione dell’eredità pura e
semplice. D’altro canto, un’interpretazione più liberale, che si potrebbe
considerare prevalente, suggerisce che il beneficiario di amministrazione di
sostegno abbia facoltà di accettare un’eredità senza restrizioni, sempre che non vi
siano circostanze particolari come, ad esempio, nell’ipotesi in cui si tratti di una
damnosa hereditas. Si ritiene, pertanto, che il soggetto
amministrato sia pienamente capace e non sia tenuto ad accettare l’eredità con
beneficio di inventario
[32]
sempre che il giudice tutelare, nel decreto di nomina
dell’amministratore, o in un momento successivo, non ritenga opportuno,
nell’interesse del soggetto amministrato, prevedere il ricorso all’accettazione
beneficiata.
Note
[20] Per una ricostruzione del dibattito in dottrina e giurisprudenza e un’analisi delle diverse posizioni, si suggerisce la lettura di Taccone [2017; 2021] e ivi ulteriore bibliografia citata.
[21] Si discute altresì sulla ricevibilità di un atto di donazione laddove il giudice tutelare non soltanto abbia ammesso la capacità di donare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ma addirittura espressamente lo abbia autorizzato a compiere l’atto di donazione per il tramite del suo amministratore di sostegno. Sul tema la dottrina è sempre stata schierata sul fronte negativo. Il Consiglio nazionale del notariato nello Studio n. 623 del 2016, cit., manifesta criticità e perplessità riguardo a una donazione compiuta per il tramite dell’amministratore di sostegno trattandosi di atto personalissimo. Nella giurisprudenza di merito, si segnalano alcuni decreti che hanno autorizzato l’amministratore di sostegno a donare per conto e nell’interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno: vedi Trib. La Spezia, decreto 2 ottobre 2010, in «Nuova giurisprudenza civile commentata», I, 19, 2011, con nota di G. Donadio secondo cui «non pare decisivo obiettare che la donazione è atto personalissimo, che non ammette sostituzione, posto che viene ammessa amministrazione sostitutiva per certi atti personalissimi e che l’intervento dell’amministratore serve, piuttosto, a dare attuazione a un’aspirazione e a una volontà personale del beneficiario, che, altrimenti, rimarrebbe frustrata». Cfr. altresì Trib. Teramo, sez. dist. Atri, decreto 16 dicembre 2011; Trib. Caltagirone, decreto 10 luglio 2008. Per quanto concerne altri esempi di atti personalissimi, ad es. rilasciare il consenso informato: vedi, ex multis, Trib. Modena, decreto 20 marzo 2008; Trib. Siena, decreto 18 giugno 2007; Trib. Milano, decreto 5 aprile 2007, tutti contenuti in Cendon e Rossi [2009, 691 ss.]. Vedi anche in dottrina Prisco [2018a, 1 ss.].
[22] Trib. Novara, 5 dicembre 2012.
[23] Cass., 21 maggio 2018, ordinanza n. 12460, in «Corriere giuridico», 2019, p. 60, con nota di M.N. Bugetti, Sulla privazione ex decreto in capo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno della capacità di testare e di donare, secondo cui il giudice tutelare può escludere la capacità di donare del beneficiario di un’amministrazione di sostegno solo «in presenza di situazioni di eccezionale gravità, tali da indurre a ritenere che il processo di formazione e manifestazione della volontà possa andare incontro a turbamenti per l’incidenza di fattori endogeni o di agenti esterni».
[24] Corte cost., 10 maggio 2019, n. 114, in «Famiglia e Diritto», 2019, p. 745, con nota di G. Bonilini, Il beneficiario di amministrazione di sostegno ha, come regola, la capacità di donare, ove è espressamente ammesso che «il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la sua capacità di donare, salvo che il giudice tutelare, anche d’ufficio, ritenga di limitarla – nel provvedimento di apertura dell’amministrazione di sostegno o in occasione di una sua successiva revisione – tramite l’estensione, con esplicita clausola ai sensi dell’art. 411 indicato, del divieto previsto per l’interdetto e l’inabilitato dalla norma censurata». Vedi di recente Cass., 28 aprile 2022, n. 13270.
[25] Secondo Corte cost., 10 maggio 2019, n. 114, cit., «lo strumento è volto a proteggere senza mortificare la persona affetta da una disabilità che può essere di qualunque tipo e gravità». Pertanto il giudice può adeguare la misura alla situazione concreta della persona e modificarla nel tempo, sacrificando nel minor modo possibile la capacità di autodeterminazione del beneficiario.
[26] Di estrema rilevanza, a tal fine, risulta essere il rispetto della procedura che prevede l’audizione personale del beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Come rileva, da ultimo, Cass., 19 gennaio 2023, n. 1667, «l’audizione personale del beneficiario dell’amministrazione di sostegno rappresenta un adempimento essenziale della procedura in esame, non solo perché rispettoso della dignità della persona che vi sia sottoposta in ragione di una qualche disabilità, ma anche perché funzionale alla realizzazione dello scopo dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, che è quello di accertare la ricorrenza dei relativi presupposti in maniera specifica e circostanziata, sia rispetto alle concrete – e attuali – condizioni di menomazione fisica o psichica del beneficiario, sia rispetto alla loro incidenza sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, al fine di perimetrare i poteri gestori dell’amministratore in termini direttamente proporzionati a entrambi i menzionati elementi, dovendo la misura risultare funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un’ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. È dunque evidente che a tali fini va accertata la volontà del beneficiario, le cui dichiarazioni, opposizioni o preferenze devono essere scrupolosamente registrate e valutate dal giudice (Cass. 25855/2022, 21887/2022, 10483/2022)».
[27] Vedi Cass., 11 maggio 2017, n. 11536: «Ritiene la Corte che il fuoco puntato sul best interest dell’amministrato non consenta a priori di escludere che, in circostanze particolarmente stringenti, diremmo eccezionalmente gravi, il divieto possa essere imposto: se, come stabilisce l’art. 411 c.c., u.c., ciò sia conforme all’interesse dell’amministrato, alla luce dell’interesse protetto dalla norma, con l’estremo sacrificio della libertà matrimoniale». Vedi altresì, da ultimo, Cass., 2 ottobre 2023, n. 27691. Sul tema vedi, in dottrina, Prisco [2018b, 851 ss.].
[28] Cfr. Cass., 28 agosto 2020, n. 18042; Cass., 21 maggio 2018, n. 12460: «In tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d’ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, cod. civ., sia con il provvedimento di nomina dell’amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà. Infatti – esclusa la possibilità di estendere in via analogica l’incapacità di testare, prevista per l’interdetto dall’articolo 591, comma 2, cod. civ., al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, cod. civ., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario – la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l’introduzione dell’amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione». Vedi altresì Trib. Vercelli, 4 novembre 2015, in «Diritto delle successioni e della famiglia», 2018, p. 254, con nota di M. Rizzuti, Capacità testamentaria e amministrazione di sostegno.
[29] Cass., 28 aprile 2022, n. 13270.
[30] Cass., 21 maggio 2018, n. 12460.
[31] Si tratta di una modalità di accettazione dell’eredità che permette di tenere distinti il patrimonio del de cuius da quello dell’erede. Quest’ultimo, in tal caso, non sarà tenuto a pagare i debiti ereditari oltre quanto abbia ricevuto per effetto della successione.
[32] Cfr. Trib. Pordenone, 4 giugno 2005.