Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c6
Capitolo sesto Tra luoghi di sociabilità e iniziative imprenditoriali
Abstract
Nell’estate del 1807 un prospetto messo in circolazione sulle rive della Senna
dallo stampatore Auguste Guitard annunciava l’imminente avvio delle pubblicazioni di
un nuovo giornale, «Il Corriere d’Italia», il cui dichiarato obiettivo era quello di
«stringere maggiormente i legami tra l’Italia e la Francia». Si trattava della
seconda iniziativa giornalistica in lingua italiana che vedeva la luce nella Parigi
napoleonica dopo che, come visto, fra 1803 e 1804 il settimanale «La Domenica» era
stato dato alle stampe per 12 mesi su impulso di diversi esuli. Negli stessi mesi in
cui a Lione prendeva corpo la Società di Rusca, a Parigi un altro italiano con
precedenti politici provava a compiere un’operazione simile, seppur maggiormente
improntata sul terreno artistico. L’esule romano Francesco Piranesi, figlio del
celebre incisore Giambattista, dopo aver installato con il fratello Pietro una
calcografia dedicata alla riproduzione di monumenti antichi, proponeva prima di
adibire i locali del suo stabilimento parigino a centro di esposizione, poi di
istituire a Milano una sorta di Accademia delle belle arti. «Il Corriere d’Italia»
non fu l’unico giornale straniero fondato a Parigi nel 1807, perché nell’aprile di
quell’anno prese corpo anche un’altra operazione editoriale, quella del mensile
inglese «The Monthly Repertory of English Literature». Galignani intensificava le
sue pubblicazioni a carattere politico, concentrando i suoi interessi proprio sui
protagonisti che avevano portato all’avvio della Restaurazione, in primis quel duca
di Wellington che era stato il grande artefice militare del definitivo crollo
dell’Impero. In quegli anni, poi, apportava alcuni cambiamenti alle sue iniziative e
se nel 1816 apriva a Cambrai una succursale della libreria, due anni più tardi
trasformava la rivista mensile in un settimanale, il «Galignani’s Weekly Repertory»,
poi interrotto nel 1825.
«Vostro padre non era forse bonapartista?», suggerì Montecristo [...] «Mio padre è stato anzitutto giacobino», tuonò Villefort, trascinato oltre i limiti della prudenza dal proprio turbamento. «E l’abito da senatore che Napoleone gli aveva gettato sulle spalle non faceva che camuffare il vecchio senza averlo mutato. Quando mio padre cospirava non era a favore dell’Imperatore, era contro i Borbone: dentro di sé, infatti, mio padre aveva di orripilante che non si è mai battuto per le utopie irrealizzabili, bensì per le cose possibili».
1. 1807, o nuove reti della cultura italiana
Nell’estate del 1807 un prospetto
messo in circolazione sulle rive della Senna dallo stampatore Auguste Guitard annunciava
l’imminente avvio delle pubblicazioni di un nuovo giornale, «Il Corriere d’Italia», il
cui dichiarato obiettivo era quello di «stringere maggiormente i legami tra l’Italia e
la Francia»
[2]
. Si trattava della seconda iniziativa giornalistica in lingua italiana che
vedeva la luce nella Parigi napoleonica dopo che, come visto, fra 1803 e 1804 il
settimanale «La Domenica» era stato dato alle stampe per 12 mesi su
impulso di diversi esuli. Del resto, gli elementi di continuità fra le due esperienze
non mancarono, come attestato dal fatto ¶{p. 188}che per entrambi uno
dei principali luoghi di vendita fu la libreria del bresciano Giovanni Antonio Galignani
e uno dei principali redattori fu il piacentino Giunio Poggi. Anche in questo caso, poi,
l’iniziativa non ebbe vita lunga, dato che le sue pubblicazioni, cominciate in agosto,
si sarebbero interrotte già nella primavera successiva
[3]
.
Eppure, rispetto a quanto avvenuto
nella stagione consolare vi erano importanti innovazioni che indicavano come «Il
Corriere d’Italia» nascesse con presupposti ancor più solidi e con obiettivi ancor più
ampi. Innanzitutto, si trattava di un quotidiano e non più di un settimanale, cosa che
implicava un maggiore impegno in termini di contenuti e di strumenti operativi. Poi,
esso doveva trattare di argomenti di varia natura, i quali certo comprendevano anche
quelle questioni letterarie che erano state il fulcro dell’interesse de «La Domenica»,
ma dovevano comunque andare ben oltre. Lo scopo principale del giornale, infatti, era
comunicare in italiano le notizie inerenti le variegate questioni di politica estera e
per questo, sfruttando la centralità parigina nel contesto continentale, la redazione
dedicava gran parte delle sue attenzioni più che alla stesura di veri e propri articoli,
alla selezione e traduzione delle notizie provenienti dalle principali «gazzette d’ogni
paese», in primis ovviamente il «Moniteur»
[4]
. Del resto, se già nel prospetto si dichiarava che «le nuove politiche
occuperanno in primo luogo questo giornale», nelle pagine interne si sosteneva come il
«solo scopo è lo accrescere e consolidare le relazioni tra la francese e l’italiana
nazione, e far conoscere a quest’ultima nella propria sua lingua, primieramente, le
nuove politiche quali pubblicansi in Parigi, oggi mai centro non che di questi due
governi, ma quasi che del mondo intero»
[5]
.¶{p. 189}
Tuttavia, occorre pur sempre
evidenziare come l’attenzione del giornale non si concentrasse solo sulla politica
estera napoleonica, tant’è che lo stesso prospetto iniziale aggiungeva che in una
seconda sezione «tratterassi dell’agricoltura, utile madre e feconda d’ogni altra arte,
e del commercio, che ne moltiplica i prodotti», per poi concludere che «in ultimo, si
darà contezza delle scienze che determinano le già note conoscenze umane». Dunque,
l’analisi delle produzioni scientifiche e letterarie era tutt’altro che accantonata,
anzi in fondo era proprio questa sezione a permettere ai redattori di esprimere le
proprie riflessioni con maggiore libertà rispetto a quanto la più ingessata – ma
comunque mai neutra – operazione di selezione e traduzione delle notizie europee
consentiva loro. E così, non solo non sarebbero mancati commenti e recensioni delle più
aggiornate opere del tempo, sia pubblicate in Italia (come il recente Platone
in Italia di Vincenzo Cuoco)
[6]
sia riguardanti il contesto peninsulare (come il celebre romanzo di Madame
De Staël Corinne ou l’Italie, edito in quello stesso anno)
[7]
, ma poi, più in generale, si sarebbe non poco insistito su uno dei punti che
più aveva caratterizzato la linea editoriale de «La Domenica», ossia quella celebrazione
del plurisecolare prestigio culturale italiano che era funzionale alla rivendicazione
dell’identità nazionale italiana. Nei vari articoli, infatti, si sottolineava il
contributo che l’Italia, non a caso descritta come la «madre in ogni tempo delle belle
arti in tutti i paesi d’Europa», poteva fornire al «vecchio continente» anche dopo gli
sconvolgimenti rivoluzionari, in quanto la penisola «non ha mancato, né mancherà mai
d’ingegni perché in essa si conservi il gusto per le arti e per le scienze anche in
mezzo alle più funeste calamità»
[8]
.
La principale innovazione rispetto a
simili esperimenti già realizzati a Parigi fra Direttorio e Consolato era costituita
dalla sostanziale fedeltà al governo caratterizzante la sua linea editoriale
[9]
. In questo caso, l’adesione alle direttive
¶{p. 190}napoleoniche era non solo totale, ma anche apertamente
rivendicata. Del resto, la stessa data di avvio delle pubblicazioni del giornale – ossia
quel 15 agosto che era il giorno del compleanno dell’Imperatore e che proprio dall’anno
precedente era stata nominata ricorrenza della festività di San Napoleone
[10]
– costituiva un non troppo velato omaggio all’ex generale corso. Si
trattava, dunque, di un cambiamento che attestava come con il consolidamento della
figura di Napoleone anche le iniziative giornalistiche dovessero mutare e come, in
particolare per coloro i quali avevano scelto di vivere a Parigi, gli spazi di
intervento pubblico fossero ormai del tutto preclusi al di fuori del perimetro delineato
dalla politica imperiale. Insomma, l’adozione di una linea editoriale decisamente
filo-napoleonica da un lato era la conseguenza della presa d’atto della crescente
importanza continentale della figura dell’Imperatore francese (e Re d’Italia),
dall’altro si profilava quale unica condizione per perseguire un indirizzo che
permettesse di trattare in Francia delle eccellenze culturali italiane e al contempo
facesse giungere in patria le più aggiornate informazioni sullo scenario europeo.
Non a caso, la diffusione del
giornale non si limitò al solo contesto francese, ma interessò soprattutto le aree più
periferiche del Regno d’Italia e fu resa possibile proprio grazie all’interessato
sostegno dell’Imperatore in persona. Da un punto di vista materiale, infatti, «Il
Corriere d’Italia» doveva la sua esistenza non all’iniziativa individuale dei singoli
redattori, bensì al decisivo contributo governativo. Ne dà prova la lettera con cui, già
sul finire di agosto, Napoleone comunicava al ministro Fouché il suo apprezzamento,
convinto com’era dell’opportunità di favorire la circolazione nei territori italiani di
un foglio redatto sotto l’attento controllo parigino:¶{p. 191}
Il s’imprime à Paris un journal italien intitulé «Il Corriere d’Italia». [...] Il mérite d’être encouragé et il faut lui donner la meilleure direction. Gênes, le Piémont, la Corse et même le Royaume de Naples, d’Italie, d’Etrurie, Rome peuvent en tirer un grand parti. Il y a peu d’entreprise littéraires plus importantes. Il faudrait le répandre avec profusion [11] .
Che queste non fossero semplici
parole di circostanza sarebbe stato confermato dal seguito della breve vita del
giornale, dato che in quelle stesse settimane Napoleone interveniva nuovamente allo
scopo di estendere la distribuzione del foglio anche nei territori del nord-est. Se a
fine settembre comandava di acquistare «1.000 exemplaires du journal intitulé “Corriere
d’Italia” et de l’envoyer dans les départements du Royaume, particulièrement du côté du
Frioul et de la Romagne», in novembre approvava il decreto che prevedeva di attingere
dal fondo di riserva del governo del Regno d’Italia la «somme de 60.000 fr. nécessaire
pour le payement de l’abonnement à 1.000 exemplaires»
[12]
. E va fatto notare che il finanziamento in questione era stabilito nelle
stesse settimane in cui, a seguito della Convenzione di Fontainebleau del 10 ottobre, il
fiume Isonzo veniva individuato quale nuova linea di confine tra Regno d’Italia e
Austria, con la conseguenza che i territori friulani posti sulla sua riva sinistra
entravano a far parte del dipartimento italiano del Passariano. Anche per questo
l’editore Guitard, che sin da subito aveva provato ad aprire un punto di stampa in
Italia intavolando senza successo trattative a Milano, sfruttò le direttive napoleoniche
per avviare, questa volta con esiti positivi, una collaborazione con una tipografia
veneziana. Così, se il luogo della stesura del «Corriere» era fissato a Parigi, la
distribuzione delle copie si articolò non tanto in Francia, né nella Milano centro
politico del Regno, ma soprattutto nelle zone orientali della penisola. Insomma, la
redazione parigina di un giornale italiano tornava utile per il proposito napoleonico di
favorire la formazione di
¶{p. 192}un’opinione pubblica filo-imperiale
anche nei territori più periferici.
Note
[1] A. Dumas, Il conte di Montecristo, Milano, Feltrinelli, 2010, p. 569.
[2] «Il Corriere d’Italia», programma. La copia è conservata in BNF, coll. LC2-2772.
[3] I numeri consultati, riguardanti il periodo compreso fra il 15 agosto 1807 e il 26 marzo 1808, sono stati reperiti presso la LBA.
[4] Per uno studio specifico su questo giornale cfr. P. Conte, Un journal «mal conçu et mal rédigé»: le Corriere d’Italia (1807-1808), ou comment relire les pratiques politiques des exilés italiens dans le Paris napoléonien, in «Laboratoire italien», 22, 2019, online: http://journals.openedition.org/laboratoireitalien/3109.
[5] «Il Corriere d’Italia», programma, n. 19, 19 gennaio 1808, p. 4.
[6] Ibidem, n. 23, 7 settembre 1807, p. 4.
[7] Ibidem, n. 3, 18 agosto 1807, pp. 3-4.
[8] Ibidem, n. 25, 25 gennaio 1808, p. 4; n. 75, 15 marzo 1808, p. 3.
[9] Per un quadro sui giornali italiani a Parigi in quegli anni vedi M. Tatti, Tra politica e letteratura: manifesti programmatici e linee editoriali dei giornali italiani a Parigi fra Triennio e Impero, in «Franco-Italica», 11, 1997, pp. 143-168.
[10] Sulle feste legate alla figura di Napoleone si rimanda a M.E. Omes, La festa di Napoleone. Sovranità, legittimità e sacralità nell’Europa napoleonica, 1799-1815, Roma, Viella, 2023; R. Benzoni, San Napoleone: un santo per l’Impero, Brescia, Morcelliana, 2019.
[11] Correspondance de Napoléon I publiée par ordre de l’empereur Napoléon III, Paris, Bibliothèques des introuvables, 2006, vol. XV, p. 557.
[12] ANF, AF/IV, cart. 1710/B.