Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c4
Eppure, dopo la definitiva uscita
di scena di Napoleone sancita dalla sconfitta di Waterloo, Hus sarebbe comunque
riuscito, non si sa per quali vie, a riprendere la carriera di informatore della polizia
parigina, dato che il suo nome risulta a libro paga del Ministero francese per gran
parte della Restaurazione. Una funzione, quella di spia, che egli continuò ad
accompagnare con quella di pubblico polemista, dando alle stampe numerosi opuscoli che
servivano a esaltare la restaurata corona borbonica, a esecrare le principali conquiste
apportate dal quarto di secolo rivoluzionario-napoleonico e al tempo stesso a
presentarsi quale convinto sostenitore del nuovo corso politico. Ma non mancavano
neppure, seppur con tutte le contraddizioni di un simile caso, elementi di coerenza con
quanto teorizzato negli anni precedenti, come quando
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tornava su un punto centrale nella sua attività di spia affermando che «le
milieu en politique, lorsqu’il y a plusieurs partis, est l’art
de bien gouverner, c’est la santé des États»
[72]
.
Tuttavia, con il passare del tempo
per lui i finanziamenti economici e i sostegni politici diminuirono sempre più, come
attestato dalla riduzione del salario annuale impostagli nel 1824 dal nuovo ministro
degli interni Jacques-Joseph Corbière, della quale si sarebbe non poco lamentato. Ciò
nonostante, ancora nel dicembre 1829, ormai postosi a tutti gli effetti al servizio
della monarchia borbonica, insisteva sulla necessità di «bien surveiller les cafés et
les cabinets dont le libéralisme et le bonapartisme sont connus de la police» e a tal
proposito forniva i risultati della sua attività di spionaggio svoltasi nei luoghi
dell’opposizione liberale di una Parigi ormai prossima alla rivoluzione del luglio 1830
[73]
.
Ma per l’ormai ultra-sessantenne
informatore torinese non ci sarebbe stato il tempo per assistere all’avvio della
monarchia di Luigi Filippo, perché il 15 marzo di quell’anno veniva a mancare nella
solitudine della sua stanza posta al terzo piano dell’hôtel de la Paix, nella
centralissima rue du Temple. Rimasto senza amici e privo di eredi dopo una vita passata
a osservare i movimenti altrui (tanto che i pochi beni in suo possesso sarebbero stati
requisiti dallo Stato), a fargli compagnia in quegli ultimi mesi di vita furono solo i
libri, ossia gli oltre 300 volumi che componevano il «cabinet noir» della sua
abitazione, «la plupart ouvrages de politique et philosophie, en grande partie dépouillés»
[74]
.