Massimo Roccella
I salari
DOI: 10.1401/9788815411143/p3
Si potrà constatare anche come il disegno complessivamente prospettato dell’assetto costituzionale vigente difficilmente potrebbe essere accusato di guardare al passato, «più alla versione integrale del modello pluralistico degli ordinamenti giuridici» [28]
{p. 17}che non agli intrecci di relazioni correnti fra parti collettive e Stato. Non sarà tanto, infatti, l’esigenza di una regolazione centralizzata delle dinamiche retributive o, più in generale, di una concertazione tripartita delle grandi variabili economiche ad essere posta in questione; semmai la specifica qualità dell’una e dell’altra.
Si vuol dire, in altre parole, che, a fronte di difficoltà delle esperienze di negoziazione centralizzata, evidenti anche in ambienti dove esse hanno radici assai profonde [29]
, sarebbe fuorviarne coltivare l’illusione di poter superare i problemi sul tappeto, alterando consolidate «regole del gioco». Se è vero che la stabilità nel tempo delle politiche dei redditi dipende, quanto meno, dall’esistenza di movimenti sindacali unitari (se non proprio unificati) [30]
, nonché dalla capacità dei governi di provvedere «contropartite in termini di macro-beni» [31]
per i lavoratori e le loro organizzazioni, non sarà praticando scorciatoie istituzionali, più o meno autoritarie, che si potrà pensare di aggirare durevolmente ostacoli profondamente radicati nella sfera della politica.
Note
[28] De Luca Tamajo, Leggi sul costo del lavoro e limiti all’autonomia collettiva (Spunti per una valutazione di costituzionalità), in Aa.Vv., Il diritto del lavoro nell’emergenza, Napoli, Jovene, 1979, p. 163.
[29] Cfr. Treu, op. cit.
[30] Sul punto si v., in un’ottica comparata. Lange, Politiche dei redditi e democrazia sindacale in Europa occidentale, in «Stato e Mercato», 1983, p. 467.
[31] Tarantelli Le politiche di rientro dall’inflazione nei paesi industrializzati e il ruolo economico del sindacato, in «Lab. pol.», 1981, n. 4, p. 197.