Elena dell'Agnese, Daniel Delatin Rodrigues (a cura di)
Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c2
La geografia sociale già da tempo ha capito l’importanza delle interazioni quali costitutive del territorio [Jones e Eyles 1977], attribuendo peraltro maggiore importanza alle relazioni sociali tra individui o gruppi piuttosto che a quelle con e fra le istituzioni e gli Stati. La geografia politica, invece, preferisce ancora perlopiù porre in antagonismo i concetti di territorio e di rete, poiché il primo evocherebbe soprattutto confini che frazionano il mondo in un mosaico, mentre quello di rete si stenderebbe sopra lo spazio, avvicinando il vicino al lontano: «laddove le reti sembrano dinamiche, il territorio appare statico e resistente al cambiamento» [Painter 2009, 137]. La geografia del turismo ha fatto propria la nuova accezione di territorio, tanto che in alcune recenti ricerche geografico-turistiche sono protagoniste, anziché le singole regioni, le reti che si concretizzano fra le diverse parti del mondo: reti fra regioni di incoming e regioni di outgoing, senz’altro, ma anche reti fra turisti, fra operatori turistici, fra turisti e operatori turistici e ancora reti di persone, di
{p. 50}merci, di servizi, di capitali, di bit, di immagini e di rappresentazioni [Bagnoli 2022b].
È tuttavia importante sottolineare che il territorio «virtuale» (delle reti) vive solo apparentemente in una dimensione altra rispetto al territorio «reale» (dello spazio antropizzato), perché entrambi si fondono in un continuum concreto. Il concetto di territorio, pur nella sua poliedricità, mantiene comunque sempre la sua materialità perché le sue componenti relazionali intangibili si manifestano tangibilmente sulla realtà. Il territorio è oggi veramente il risultato di una reificazione dei flussi di reti di un «attore collettivo locale», la cui traccia rimane oggetto della ricerca geografica.
In ambito turistico, l’attore collettivo è costituito perlopiù da istituzioni pubbliche, da operatori turistici privati o no profit, nonché da altri portatori di interesse locali, e la rete cui esso dà vita è normalmente dedicata alla promozione e alla commercializzazione delle risorse turistiche della regione [5]
. Le aree extraurbane ricoprono un particolare interesse di studio dal momento che queste, sebbene solitamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali e quindi in una situazione più o meno grave di deprivazione, sono ricche di importanti risorse ambientali e culturali meritevoli di essere valorizzate dal punto di vista turistico. Inoltre, non è raro che fra l’attore collettivo locale che dà vita alla rete di collegamento siano inclusi anche nuovi residenti (c.d. «neo-rurali»).
Nel paragrafo che segue si studierà il caso della Valle di Susa, dove dagli operatori turistici locali è stata realizzata una rete culturale di promozione territoriale che può essere considerata a ragione una best practice.{p. 51}

3. La Valle di Susa: non solo TAV, ma anche «Tesori di arte e cultura alpina»

È oramai pacifico che le Alpi non abbiano mai costituito una barriera invalicabile per i popoli. Flussi di mercanti, eserciti, migranti, rifugiati, contrabbandieri, artisti, pellegrini, e oggi anche turisti, hanno da sempre utilizzato i valichi più agevoli e le valli più aperte per i collegamenti fra i due versanti [Ruocco 1990]. Fra le valli alpine più idonee al transito è senz’altro la Valle di Susa, ampia spaccatura longitudinale delle Alpi occidentali in provincia di Torino, lunga circa 80 km e percorsa in quasi tutta la sua lunghezza dalla Dora Riparia, affluente di sinistra del Po. Essa appare divisa a grandi linee in tre parti: l’alta valle, caratterizzata dai grandi comprensori sciistici della Via Lattea – Oulx (1.100 m, 3.235 ab.), Cesana, Clavière, San Sicario, Sauze d’Oulx e Sestriere – e di Bardonecchia (1.312 m, 3.039 ab.); la media valle, centrata attorno al «capoluogo» Susa (503 m, 5.988 ab.), sede vescovile istituita nel 1772 e ristabilita nel 1817; la bassa valle, ormai satellite di Torino, il cui principale centro è Avigliana (383 m, 12.527 ab.), presso gli omonimi laghi morenici.
Nonostante non sia omogenea sotto numerosi aspetti – a causa della sua forma arcuata, non vi è nemmeno un punto panoramico da cui sia possibile osservarla nella sua interezza –, i valsusini hanno comunque sviluppato nel tempo una forte identità territoriale, di cui la diocesi rappresenta l’unica istituzione che coincida esclusivamente e totalmente con essa [6]
e il Rocciamelone un simbolo identitario rilevante [7]
. {p. 52}Ciò è tanto più notevole quanto più si pensa che la valle, ininterrottamente nella storia, è stata a contatto con numerosi gruppi in transito.
Nell’antichità la Valle di Susa rappresentava infatti già un passaggio con la Gallia molto praticato, come testimoniano il possibile celebre transito di Annibale – dal Monginevro (1.860 m) o dal Moncenisio (2.083 m) – e quello di Cesare nel 61 e nel 58 a.C., ricordato nel De Bello Gallico. Nell’Alto Medioevo, non soltanto Carlo Magno percorre la valle (773-774), ma anche barbari e saraceni, che apportano insicurezza e instabilità sociale [Minola 2000]. Con la ripresa che caratterizzò l’Anno Mille, riprendono i traffici commerciali e i flussi di pellegrini diretti a Roma, agevolati da monasteri e abbazie presenti lungo il percorso (fra le principali: Novalesa, Sacra di San Michele, San Giusto di Susa, San Lorenzo di Oulx, Sant’Antonio di Ranverso). Fra gli eventi legati al sacro di questo periodo è nota l’impresa di Bonifacio Roero d’Asti che nel 1358 porta sulla vetta del Rocciamelone (3.538 m) un trittico, oggi conservato presso il Museo Diocesano di Susa [Zonato 2008]. L’età moderna vede il transito di eserciti stranieri e quindi la necessità di rafforzare i confini (forte di Exilles, costruito nell’XI-XII secolo dai francesi in funzione anti-piemontese e nel 1713 ribaltato verso la Francia). Fra i flussi con motivazione religiosa, oltre ai romei, attraversano la valle profughi ugonotti e valdesi (si ricorda il Glorioso rimpatrio del 1689 [de Lange e Tourn Boncoeur 2014]). Il XIX secolo è il periodo della realizzazione del grande asse ferroviario (completato con il traforo del Frejus del 1871) e il XX di quelli stradali (SS24 del Monginevro e SS25 del Moncenisio) e autostradale (A32 del Frejus, rimodernata ancora per le olimpiadi invernali del 2006). La questione della linea ferroviaria ad alta velocità non si è ancora nei fatti conclusa.
L’ottima mobilità interna ed esterna raggiunta oggi dalla valle ha comportato un aumento sempre crescente degli attraversamenti, mentre le presenze turistiche non ne hanno {p. 53}risentito altrettanto. Come soluzione a tale problema, nel 2003 è stato creato il patto di sistema [8]
«Valle di Susa. Tesori di arte e cultura alpina» per una promo-commercializzazione turistica del territorio che vada oltre agli sport della neve, concentrati nell’alta valle. Tale patto di sistema ha acquisito nel tempo un’importanza rimarchevole anche per il fatto che, come si è già avuto modo di osservare, la valle è un contesto territoriale cui manca un’unica istituzione civile che lo rappresenti nella sua interezza [9]
(fig. 2.1).
Creato per valorizzare l’importante patrimonio culturale e naturale della Valle di Susa, il patto di sistema ha intrapreso come primo passo la messa in rete dei beni e dei servizi già esistenti (oggi sono 53, di cui 13 archeologici) [Girodo e Zonato 2010]. Tale azione si è rivolta tanto ai potenziali turisti quanto alla comunità locale che, come spesso accade, dimostrava una conoscenza alquanto sommaria o superficiale del proprio heritage e delle sue potenzialità turistiche. Sono stati quindi coinvolti nel progetto amministratori, imprenditori, professionisti, associazioni, scuole e volontari [10]
sia per ascoltare le loro esigenze e i loro progetti, sia per {p. 54}proporre loro adeguati momenti di formazione, finalizzati a sollecitare l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali, anche e soprattutto in forma cooperativa. La creazione di un portale (www.vallesusa-tesori.it) e della newsletter settimanale «Succede in Valle di Susa...» a esso collegata hanno costituito gli strumenti necessari per il successo dell’iniziativa. Per la loro realizzazione sono stati coinvolti gli alunni delle scuole superiori della valle e gli studenti universitari qui residenti attraverso stage e percorsi formativi ad hoc.
Fig. 2.1. L’ambito territoriale del patto di sistema «Tesori di arte e cultura alpina».
Fra i partner più attivi del patto di sistema, occorre senz’altro ricordare la Cooperativa Culturalpe (www.culturalpe.it
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che gestisce gli Uffici turistici di Oulx e di Avigliana, dai quali è interessante ricavare alcuni dati circa l’affluenza turistica rispettivamente nelle sezioni alta e bassa della Valle di Susa.
Note
[5] Ciò assicura non solo una comunicazione capillare ma anche una profonda interazione con il cliente. Il «nuovo turista» – che, come si è già avuto modo di osservare, è il target più interessante per il mercato turistico contemporaneo – è infatti un viaggiatore esigente e vuole essere protagonista e non solo consumatore dell’esperienza turistica [Costa 2005].
[6] La diocesi di Susa – sebbene si tratti di una delle circoscrizioni ecclesiastiche più piccole d’Italia sia per superficie (1.062 km2), sia per popolazione (82.740 ab.), sia per numero di parrocchie (61) – trova le sue origini in una duplice volontà dei papi che la istituirono (Clemente XIV nel 1772 e Pio VII nel 1817) e del potere regio. Da una parte era infatti necessario riordinare a livello ecclesiastico un territorio suddiviso a macchie di leopardo fra soggetti giuridici troppo numerosi (diocesi e abbazie nullius); dall’altra, l’istituzione della diocesi di Susa si inseriva nel disegno regio teso a far coincidere le circoscrizioni ecclesiastiche con quelle civili [Zonato 2019].
[7] Ciò è testimoniato nel passato da culti pagani, successivamente dall’impresa di Bonifacio Roero d’Asti e oggi dalla devozione alla statua della Madonna posta sulla sua cima [Bagnoli 2019].
[8] Un patto di sistema è una rete di soggetti pubblici, privati e no profit che si riconoscono e si impegnano in obiettivi e metodi di lavoro condivisi e sottoscritti in un protocollo di intesa. Non viene contemplata la creazione di un nuovo ente, ma soltanto di un sistema di governance a rete leggera, perlopiù organizzato per gruppi di lavoro tematici e semplicemente coordinato da una cabina di regia e da una segreteria tecnica.
[9] Piccola parte dell’estesa provincia di Torino, da quando le comunità montane sono state abolite, i comuni della Valle di Susa sono raggruppati in tre Unioni corrispondenti alle tre zone alta, media e bassa succitate, sicché il patto di sistema è diventato – accanto all’istituzione ecclesiastica della diocesi – l’unica opportunità per dare voce alle esigenze dell’intera valle.
[10] Oggi la rete creata dal patto di sistema comprende 37 comuni (su 39 della valle), l’Ente Parco Alpi Cozie e una trentina di associazioni. La diocesi costituisce anch’essa un protagonista di eccezione, giacché fra i componenti di diritto della cabina di regia della rete, oltre alle tre Unioni di Comuni della Valle, vi è il Centro culturale diocesano, presieduto da don Gianluca Popolla (dal 2015 incaricato della Conferenza episcopale del Piemonte e della Valle d’Aosta per i beni culturali). Si coglie l’occasione per ringraziare don Popolla per l’indispensabile collaborazione alla ricerca.
[11] La Cooperativa Culturalpe, nata nel 2009, dà lavoro a 30 persone, fra le quali soprattutto bibliotecari, archivisti, operatori museali, esperti di didattica, addetti agli uffici turistici, tecnici del restauro, storici dell’arte e guide turistiche e naturalistiche.