Elena dell'Agnese, Daniel Delatin Rodrigues (a cura di)
Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c4
Come è noto in letteratura gli ecomusei sono dei community based heritage projects, ossia dei progetti di valorizzazione del patrimonio locale che si basano sul coinvolgimento della popolazione.
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In tal senso gli ecomusei possono essere visti come dei facilitatori di processi di sviluppo territoriale e di valorizzazione delle comunità, infatti «ecomuseums involve local actors in the design of actions to promote the “territory”, the “place”, and, working on the interactions between people and space, aims to develop a sense of place» [Borrelli e Davis 2012].
Gli ecomusei lavorano sugli habitus delle comunità e incentivano l’empatia tra la comunità e il territorio, attraverso processi partecipativi. Ponendo al centro le comunità nella valorizzazione del territorio, essi favoriscono la collaborazione fra le persone per raggiungere un obiettivo comune (la salvaguardia del patrimonio locale), e incoraggiano le azioni collettive ed empatiche. Allo stesso tempo, gli ecomusei favoriscono lo scambio di saperi fra le generazioni, creando un legame fra passato, presente e futuro, dove le comunità sono protagoniste assolute e cooperano, generando una catena di azioni empatiche. Per fare questo, gli ecomusei utilizzano metodologie differenti, come ad esempio le Parish maps (o mappe di comunità), e altri strumenti mirati a favorire la vocazione territoriale e stimolare il senso di appartenenza. Le Parish maps rappresentano i luoghi così come percepiti da coloro che li abitano e che ne sono quindi i maggiori esperti [5]
. Attraverso le mappe di comunità si rafforza il senso del luogo, in quanto la percezione di quello che può essere rappresentativo in un luogo viene condiviso con tutta la comunità, creando una mappa di senso del luogo.
Gli ecomusei sono processi dinamici che coinvolgono le comunità nella salvaguardia, nell’interpretazione e nella valorizzazione del proprio patrimonio [Corsane et al. 2009]. Processo dinamico significa che un ecomuseo è formato da azioni che possono cambiare la società e che possono avere un impatto positivo sul paesaggio. Gli ecomusei condividono il riconoscimento, la gestione e la protezione del patrimonio e sono organizzati dalle comunità stesse; essi, lavorando {p. 89}sulle interazioni tra le persone e lo spazio, mirano a sviluppare il senso del luogo [Borrelli e Davis 2012]. Inoltre, gli ecomusei hanno la capacità di dialogare con attori diversi su uno stesso territorio, attivando relazioni virtuose per raggiungere obiettivi in comune: in questo modo si generano azioni empatiche non solo fra le persone, ma anche fra queste ultime e il loro territorio. Il luogo in cui è situato l’ecomuseo acquisisce quindi un significato comune per la comunità locale, che rafforza un senso del luogo comune. L’ecomuseo può essere considerato un senso del luogo condiviso da una stessa comunità (empatica).

5. Pratiche empatiche nell’Ecomuseo Lis Aganis

5.1. Luoghi, comunità, obiettivi condivisi

Lis Aganis, Ecomuseo delle Dolomiti friulane (APS) è uno dei sette ecomusei del Friuli-Venezia Giulia [6]
. Esso nasce su impulso dell’Iniziativa Comunitaria LEADER+ [7]
nell’agosto 2004. L’ecomuseo è riconosciuto dalla legge regionale 25 settembre 2015, n. 23, convertita nella legge n. 10/2006 che riconosce e finanzia annualmente gli ecomusei friulani [8]
.
L’Associazione è composta da oltre 70 soci (Comuni, istituti comprensivi, il bacino imbrifero montano del Livenza, Consorzi Pro Loco, e associazioni culturali), e da {p. 90}trenta cellule tematiche dei percorsi ecomuseali (acqua, sassi e mestieri).
Lis Aganis ha una struttura articolata e complessa, composta da vari organi che hanno un ruolo ben definito:
– l’assemblea dei soci (politiche e bilanci);
– il comitato esecutivo (progetti e impegni di spesa);
– il comitato tecnico-scientifico che delinea le linee di intervento e progettualità con la collaborazione del coordinatore;
– i focus group ai quali partecipano i soci, nei quali si discutono le iniziative e si attua la programmazione di rete ecc.;
– i team di progettazione, dove si sviluppano progettualità, con l’ausilio e il tutoraggio di cellule «pilota»;
– i gruppi di lavoro (dove partecipano anche i non soci), nei quali si discutono le proposte, si condividono idee ecc. [9]
.
L’ecomuseo ha l’obiettivo di preservare e promuovere il patrimonio, il territorio e la valorizzazione culturale, in accordo con l’evoluzione dei bisogni comunitari. Inoltre, Lis Aganis ha lo scopo di potenziare la cultura, la sostenibilità (Agenda 21), attraverso una progettazione partecipata (con i tavoli di lavoro), per il miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali. La vision dell’ecomuseo è collegare i territori per salvaguardare le tradizioni locali, coinvolgendo le persone nella ricerca, in base ai loro interessi.
L’ecomuseo organizza diverse attività (laboratori con esperti locali; percorsi didattici per la valorizzazione del territorio; attività di ricerca e documentazione; visite di studio nei luoghi dell’ecomuseo; gli eventi dedicati a temi specifici) basate sull’ascolto dei bisogni della comunità, e sulle proposte degli associati. I laboratori sono proposti dai membri dell’ecomuseo, e quest’ultimo si pone come facilitatore. Lis Aganis, ove è possibile, cerca di evitare il volontariato, perché si pone l’obiettivo di dare valore al lavoro di ognuno; infatti, gli organizzatori e gli insegnanti dei laboratori sono sempre pagati. In questo modo le persone che collaborano con l’ecomuseo si sentono valorizzate e parte {p. 91}di un grande obiettivo in comune: la tutela del patrimonio locale e del territorio.
Fig. 4.1. Il territorio dell’Ecomuseo Lis Aganis.
Fonte: Sito web dell’ecomuseo.


5.2. Una progettualità «a grappolo»

Le attività alla base dei progetti dell’ecomuseo sono la ricerca e la documentazione, gli incontri (convegni, workshop) e le mostre (anche itineranti sul territorio), le passeggiate patrimoniali, i laboratori. Tutte le azioni partono dai bisogni e dalle proposte della comunità locale, con l’obiettivo di creare attività educative per conoscere il patrimonio locale – sia esso materiale o immateriale – e trasmetterlo.
In particolare, l’ecomuseo attua una progettualità «a grappolo», le cui fasi del modello di coinvolgimento sono tre:{p. 92}
– l’individuazione dei filoni tematici (le cellule) legati al territorio (acqua, mestieri, sassi);
– ogni socio dell’ecomuseo individua il tema sotto il quale posizionarsi, in base alle proprie azioni;
– la costruzione delle proposte (i tavoli di lavoro) in cui vengono raccolte le buone pratiche e implementati progetti trasversali fra i membri dell’ecomuseo.
In questo modo avviene uno scambio fra ecomuseo e comunità, che viene coinvolta attivamente sia nella proposta, sia nella progettazione delle attività. Così le persone rafforzano il proprio senso del luogo, trovando membri in linea con i propri interessi. Si crea empatia all’interno della comunità e si potenzia il senso del luogo.
Un esempio di coinvolgimento della comunità locale è il progetto PASSIparole, che è partito dall’esigenza di conoscere il territorio, ed è stato seguito dalla costituzione di un tavolo di lavoro sul paesaggio. È iniziata quindi l’esplorazione del territorio con i partner dell’ecomuseo per costruire le mappe dei luoghi da valorizzare, e gli esperti per narrarli. L’obiettivo del progetto è rendere protagonista la comunità locale, e ha una grande partecipazione [10]
(anche online durante la pandemia). L’ecomuseo ha dato le linee guida per la realizzazione delle passeggiate, che ora sono autogestite dalla comunità.
Il patrimonio dell’ecomuseo è visto come un processo, ed è analizzato con gli strumenti dell’antropologia, dell’etnografia e dei processi partecipati. Per la narrazione del patrimonio, vi è inizialmente un’analisi teorica e della letteratura, poi vi è la scelta degli strumenti per le narrative. Ad esempio, il museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie è stato ideato in modo partecipativo. In un primo momento si è iniziata la mappatura partecipata delle attività legate ai luoghi di lavoro, con l’aiuto di ex coltellinai [11]
; in seguito,
{p. 93}per l’organizzazione della mostra, si sono ideati diversi tavoli di lavoro con la comunità locale. Inoltre, si sono utilizzate pratiche museografiche, creando un’esposizione fruibile senza un percorso predefinito, che richiama il processo di continuità della memoria, contrapponendosi alla narrazione didascalica. L’ecomuseo, grazie alla mostra, ha rafforzato il suo ruolo centrale, cercando inoltre di restituire l’innovazione alla popolazione, attraverso l’interattività.
Note
[5] https://visionscarto.net/mappe-di-comunita.
[6] Gli altri ecomusei regionali sono: l’Ecomuseo delle acque del gemonese (Gemona del Friuli, UD), Ecomuseo Val Resia (Resia, UD), Ecomuseo I Mistîrs (Paularo, UD), l’Ecomuseo territori, genti e memorie tra Carso e Isonzo (Ronchi dei Legionari, GO), Ecomuseo della Val del Lago (Gemona del Friuli, UD), l’Ecomuseo della Gente di Collina «il Cavalîr-Cjase Cocel» (Fagagna, UD) (https://www.ccm.it/it/16122/Rete-Ecomusei-FVG).
[7] L’iniziativa Leader+ (Liaisons Entre Actions de Développement de l’Économie Rurale) ha lo scopo di aiutare le zone rurali nello sviluppo, attraverso lo stimolo di diverse azioni quali, ad esempio, la valorizzazione delle risorse e la cooperazione tra territori (https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/795).
[8] Per approfondimenti sugli ecomusei friulani si consulti https://www.ccm.it/it/16122/Rete-Ecomusei-FVG.
[10] Le prime passeggiate erano sporadiche e con un numero ridotto di partecipanti, poi, nel tempo, l’affluenza è aumentata fino a 100 partecipanti (dall’intervista di Chiara Aviani, ex coordinatrice dell’Ecomuseo Lis Aganis).
[11] La tradizione maniaghese è legata agli strumenti da taglio sin dal XIV secolo. Nel 1960 nasce il Consorzio coltellinai Maniago Srl che unisce diverse aziende operanti nel settore. Per approfondimenti: https://www.facebook.com/consorziocoltellinaimaniago/about/?ref=page_internal; https://museocoltelleriemaniago.it/lamemoria/; https://www.bandierearancioni.it/approfondimento/maniago-capitale-italiana-delle-coltellerie.