La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c6
Le UCS ad oggi applicate a
livello nazionale per le attività di IeFP – ad esempio quelle adottate nell’ambito
del PON IOG dal Regolamento delegato (UE) 2017/90 della Commissione del 31 ottobre
2016 per formazione di gruppo
[18]
– sebbene applichino il criterio del rimborso tra una quota a copertura
dei costi di realizzazione del corso (UCS ora/corso, differenziata per tipologia di
docenza) e una quota variabile basata sul numero degli allievi iscritti (UCS
ora/allievo), rimangono comunque vincolate alla dimensione «gruppo-classe» e
all’effettiva frequenza; inoltre, non sono in grado di premiare i risultati
migliori.
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Dal quadro tratteggiato
discendono in sintesi i seguenti suggerimenti per il finanziamento dei servizi
formativi di IeFP:
– recuperare la necessaria
distinzione tra modalità di rimborso del servizio e modalità di dimensionamento del
finanziamento pubblico. Si eviterebbe la confusione, spesso presente nella pratica,
fra due leve fondamentali per la regolazione e il governo dei sistemi regionali di
IeFP: da un lato i criteri di assegnazione delle risorse alle istituzioni formative
per assicurare la migliore offerta formativa e a livello territoriale, e dall’altro
quelli di rimborso ex post del servizio erogato effettivamente,
per stimolare la massima efficienza attuativa. Le due leve rispondono, infatti, a
finalità distinte: il dimensionamento del finanziamento deve premiare le performance
migliori attraverso la valutazione comparativa dei risultati conseguiti dalle
istituzione formative in termini di successo formativo, occupazionale ecc.; il
rimborso del servizio deve riconoscere l’efficienza attestata nell’impiego delle
risorse assegnate;
– promuovere la
personalizzazione dei servizi formativi attraverso il rimborso non solo delle
attività formative in senso stretto, ma anche degli ulteriori servizi (di
accompagnamento nell’inserimento lavorativo, anche oltre il termine dell’attività
d’aula/laboratoriale o di specifici progetti per il recupero degli apprendimenti);
tali servizi sono riconosciuti come necessari al fine del conseguimento degli
obiettivi complessivi, in termini di successo formativo e occupazionale;
– riconoscere adeguatamente sia
i «costi fissi» connessi all’erogazione dei servizi (di struttura, personale,
laboratori, attrezzature) sia i «costi variabili» connessi alla fruizione dei
servizi da parte di ogni allievo. Il peso assegnato dall’amministrazione regionale
ad ognuna delle due componenti determina il bilanciamento tra consolidamento e
flessibilità dell’offerta formativa;
– differenziare il
finanziamento in considerazione delle specifiche dotazioni laboratoriali connesse ai
percorsi, agli eventuali costi aggiuntivi determinati dall’attivazione di processi
di lavoro interni (ad esempio, nel caso dell’impresa
¶{p. 184}formativa non simulata) e ai relativi costi di acquisizione
e gestione.
4. Personalizzazione dei percorsi e delle soluzioni formative
4.1. Apprendimento lungo tutto l’arco della vita e personalizzazione dei percorsi: un’esigenza e una soluzione non solo per i casi più «difficili»
L’organizzazione e l’assetto
della IeFP ricalca ancora in buona parte il modello tradizionale scolastico:
a) quadro
orario per materie;
b)
articolazione del curricolo in blocchi annuali;
c) ambiti
di insegnamento predefiniti;
d)
centralità del gruppo classe per cluster di età omogenei e di norma riferito a un
unico profilo professionale.
Tale assetto dimostra ancor di
più la propria inadeguatezza allorquando occorre gestire situazioni difficilmente
riconducibili allo schema scolastico ordinario, come quelle di soggetti con percorsi
discontinui (con interruzioni e rientri), percorsi che, tra l’altro, avvengono o si
concludono oltrepassando il limite di età previsto dal diritto-dovere di istruzione
e formazione (DDIF). Le casistiche che si presentano sono poi le più disparate.
Si potrebbe anzi dire che per
la IeFP il «non ordinario» costituisce ormai la norma, essendo l’utenza estremamente
differenziata: in uno stesso gruppo classe si ritrovano normalmente (in numero non
marginale) ragazzi con disabilità, DSA e BES, ragazzi che richiedono un setting
molto strutturato e protetto come quello d’aula e altri che invece propendono o
richiedono – quale ambiente più favorevole – un precoce inserimento in contesto
lavorativo. Per questi ultimi il lavoro costituisce un’ancora di salvezza, non solo
formativa, purché si possano adottare modalità personalizzate e soluzioni
ad hoc (in ultimo la questione è sempre riconducibile alla
motivazione e alla presa in carico ad personam)
nell’attivazione di percorsi di alternanza, più o meno «potenziata», o di
apprendistato.¶{p. 185}
Per alcuni si rendono
necessarie anche modalità differenziate, come l’individuazione di una specifica
azienda e di un tutor in possesso di specifici requisiti, laddove il problema è di
motivazione e di presa in carico ad personam; per altri occorre
o un percorso di alternanza, più o meno «potenziata», o un contratto di
apprendistato. Per i soggetti che rientrano dopo anni di interruzione si pongono,
poi, altri ordini di problemi, come quello dell’inserimento in un gruppo con
compagni di età diversa, oppure la necessità di non ripetere ore di lezione o
attività dedicate all’acquisizione di competenze già possedute, di valorizzare nuove
esigenze che richiedono una «curvatura» anche di profilo professionale più
specifica. Per i giovani che provengono da un percorso di istruzione l’investimento
maggiore per colmare il deficit formativo è di tipo tecnico-professionale; a
differenza di altri, per cui il deficit, invece, è prevalentemente culturale.
Anche il fattore età non è di
poco conto, perché se da un lato è vero che l’offerta formativa di IeFP ricade nella
fascia del DDIF, dall’altra è nell’ordine dei fatti che l’apprendimento non può
essere segmentato con una scansione netta «prima» e «dopo» i 18 anni. Nei percorsi
reali di vita l’apprendimento ha durate ed estensioni diverse; in molti casi inizia
nel periodo del DDIF e si conclude oltre questo, in contesti diversi, non sempre di
tipo formale. Occorre poi considerare che uno degli obiettivi fondamentali della
IeFP, accanto a quello della preparazione culturale e professionale, è l’inserimento
lavorativo. La presa in carico della persona inizia con la formazione, ma non
termina, non si esaurisce con l’esame di qualifica o diploma. Ne risulterebbe
sminuita la mission stessa della IeFP che persegue, al
contempo, il successo formativo e quello lavorativo. Successo, quest’ultimo, che non
risiede solo nell’accesso, ma anche nel mantenimento e nella stabilizzazione
dell’occupazione. L’investimento effettuato per permettere l’accesso al lavoro –
come avviene sicuramente per il «duale» – si dimostra sprecato, se a breve distanza
di tempo si registra la fuoriuscita, per effetto del mancato aggiornamento e
consolidamento di quelle competenze (tecnico-professionali o personali e
¶{p. 186}sociali) precedentemente acquisite, ma non ancora
pienamente giocate sul campo. Con tutte le conseguenze, anche di tipo sociale (e dei
relativi costi) che ciò comporta. Da questo punto di vista non dovrebbe esserci
soluzione di continuità tra accompagnamento formativo e al/sul lavoro, tra
formazione in DDIF e formazione continua.
Si potrebbe continuare con
altre esemplificazioni, perché le casistiche della realtà superano la fantasia.
D’altra parte, il lifelong learning, la necessità, cioè, di
attraversare e riattraversare durante il corso della propria vita diversi ambiti e
«frontiere» formative, comprese quelle maturate nelle esperienze di vita (il c.d.
«informale»), è ormai una realtà imprescindibile. Non solo per la IeFP.
La necessità di rompere con lo
schema organizzativo dei blocchi monolitici temporali (annualità) e dei gruppi
(classe) di apprendimento vale oggi per tutti, non solo per i casi «difficili» e non
solo per la IeFP: la personalizzazione del proprio percorso è un’esigenza – e un
valore aggiunto – per l’istruzione e per la formazione di ogni soggetto. Una
condizione, potremmo dire, per rendere efficace l’intervento formativo e per non
disperdere l’investimento di risorse pubbliche che lo ha sostenuto. Ambito
dell’istruzione compreso.
Certamente la
personalizzazione, finalizzata all’«inserimento attivo nella società, nel mondo del
lavoro e nelle professioni» è un principio richiamato sia nei LEP
[19]
nazionali, sia nella maggior parte delle regolamentazioni regionali
della IeFP. Gli ostacoli che rimangono per la sua attuazione sono di natura
strutturale-organizzativa e ordinamentale, riguardano cioè le condizioni della sua
traducibilità sul piano delle pratiche. Permettendo il passaggio dalle buone
intenzioni all’effettualità della prassi.
Come gestire infatti tutte le
esigenze e le casistiche concrete prima richiamate all’interno di un’organizzazione
che non pone al centro la singola persona, ma la dimensione del gruppo e del
curricolo omogeneo, valevole «in generale» e in modo uniforme per tutti? E che nello
stesso tempo non valorizza, al di là di ambiti rigidi e predefiniti, la risorsa
¶{p. 187}«personale» del docente-formatore, ossia la sua fisionomia
e il suo bagaglio reale di competenze, indipendentemente dai titoli formali
posseduti? Superando anche in questo, ad esempio, la separazione tra teoria e
pratica e la segmentazione disciplinaristica dei saperi?
Ciò che si pone in discussione
è insomma il modello didattico-organizzativo stesso cui il sistema scolastico rimane
di fatto ancorato, ben rappresentato dall’immagine della «classe», come gruppo cui è
erogata in forma standardizzata e omogenea la formazione, come spazio chiuso con
schema di disposizione delle postazioni che ha una fortissima somiglianza con quello
degli operai in reparto e degli impiegati o progettisti in ufficio dell’era
fordista. E proprio su questo la IeFP, in conformità alla propria storia, partendo
dalle sue pratiche più significative potrebbe costituirsi come punta avanzata di un
rinnovamento che deve riguardare l’intero sistema nazionale di istruzione e
formazione.
4.2. Ruolo e margini della regolamentazione regionale nel quadro dei LEP nazionali
Quali margini esistono, su
quale piano e che cosa è realisticamente fattibile per delineare un diverso impianto
e una diversa fisionomia dell’offerta formativa di IeFP? Un assetto che assuma come
asse portante la flessibilità stessa e non si limiti ad introdurre solo elementi di
flessibilità in un corpo che rimane sostanzialmente rigido?
Il piano, che è sicuramente
quello delle competenze regionali, è duplice:
a)
regolamentare;
b) della
programmazione ed erogazione delle risorse.
I due aspetti sono
complementari e altrettanto decisivi. Senza l’uno, l’altro rimane inattuabile. Senza
una modalità di attribuzione delle risorse che corrisponda e sostenga una forma
personalizzata di offerta, quest’ultima rimarrebbe nel limbo della teoria. Ma anche
viceversa: senza un quadro di regole che prescriva e ordini, configurandola, una
determina
¶{p. 188}ta modalità di offerta, le risorse, da sole, non
produrrebbero ben poco o nulla.