Ludovico Albert, Daniele Marini (a cura di)
La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c6
Le UCS ad oggi applicate a livello nazionale per le attività di IeFP – ad esempio quelle adottate nell’ambito del PON IOG dal Regolamento delegato (UE) 2017/90 della Commissione del 31 ottobre 2016 per formazione di gruppo [18]
– sebbene applichino il criterio del rimborso tra una quota a copertura dei costi di realizzazione del corso (UCS ora/corso, differenziata per tipologia di docenza) e una quota variabile basata sul numero degli allievi iscritti (UCS ora/allievo), rimangono comunque vincolate alla dimensione «gruppo-classe» e all’effettiva frequenza; inoltre, non sono in grado di premiare i risultati migliori.
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Dal quadro tratteggiato discendono in sintesi i seguenti suggerimenti per il finanziamento dei servizi formativi di IeFP:
– recuperare la necessaria distinzione tra modalità di rimborso del servizio e modalità di dimensionamento del finanziamento pubblico. Si eviterebbe la confusione, spesso presente nella pratica, fra due leve fondamentali per la regolazione e il governo dei sistemi regionali di IeFP: da un lato i criteri di assegnazione delle risorse alle istituzioni formative per assicurare la migliore offerta formativa e a livello territoriale, e dall’altro quelli di rimborso ex post del servizio erogato effettivamente, per stimolare la massima efficienza attuativa. Le due leve rispondono, infatti, a finalità distinte: il dimensionamento del finanziamento deve premiare le performance migliori attraverso la valutazione comparativa dei risultati conseguiti dalle istituzione formative in termini di successo formativo, occupazionale ecc.; il rimborso del servizio deve riconoscere l’efficienza attestata nell’impiego delle risorse assegnate;
– promuovere la personalizzazione dei servizi formativi attraverso il rimborso non solo delle attività formative in senso stretto, ma anche degli ulteriori servizi (di accompagnamento nell’inserimento lavorativo, anche oltre il termine dell’attività d’aula/laboratoriale o di specifici progetti per il recupero degli apprendimenti); tali servizi sono riconosciuti come necessari al fine del conseguimento degli obiettivi complessivi, in termini di successo formativo e occupazionale;
– riconoscere adeguatamente sia i «costi fissi» connessi all’erogazione dei servizi (di struttura, personale, laboratori, attrezzature) sia i «costi variabili» connessi alla fruizione dei servizi da parte di ogni allievo. Il peso assegnato dall’amministrazione regionale ad ognuna delle due componenti determina il bilanciamento tra consolidamento e flessibilità dell’offerta formativa;
– differenziare il finanziamento in considerazione delle specifiche dotazioni laboratoriali connesse ai percorsi, agli eventuali costi aggiuntivi determinati dall’attivazione di processi di lavoro interni (ad esempio, nel caso dell’impresa {p. 184}formativa non simulata) e ai relativi costi di acquisizione e gestione.

4. Personalizzazione dei percorsi e delle soluzioni formative

4.1. Apprendimento lungo tutto l’arco della vita e personalizzazione dei percorsi: un’esigenza e una soluzione non solo per i casi più «difficili»

L’organizzazione e l’assetto della IeFP ricalca ancora in buona parte il modello tradizionale scolastico:
a) quadro orario per materie;
b) articolazione del curricolo in blocchi annuali;
c) ambiti di insegnamento predefiniti;
d) centralità del gruppo classe per cluster di età omogenei e di norma riferito a un unico profilo professionale.
Tale assetto dimostra ancor di più la propria inadeguatezza allorquando occorre gestire situazioni difficilmente riconducibili allo schema scolastico ordinario, come quelle di soggetti con percorsi discontinui (con interruzioni e rientri), percorsi che, tra l’altro, avvengono o si concludono oltrepassando il limite di età previsto dal diritto-dovere di istruzione e formazione (DDIF). Le casistiche che si presentano sono poi le più disparate.
Si potrebbe anzi dire che per la IeFP il «non ordinario» costituisce ormai la norma, essendo l’utenza estremamente differenziata: in uno stesso gruppo classe si ritrovano normalmente (in numero non marginale) ragazzi con disabilità, DSA e BES, ragazzi che richiedono un setting molto strutturato e protetto come quello d’aula e altri che invece propendono o richiedono – quale ambiente più favorevole – un precoce inserimento in contesto lavorativo. Per questi ultimi il lavoro costituisce un’ancora di salvezza, non solo formativa, purché si possano adottare modalità personalizzate e soluzioni ad hoc (in ultimo la questione è sempre riconducibile alla motivazione e alla presa in carico ad personam) nell’attivazione di percorsi di alternanza, più o meno «potenziata», o di apprendistato.{p. 185}
Per alcuni si rendono necessarie anche modalità differenziate, come l’individuazione di una specifica azienda e di un tutor in possesso di specifici requisiti, laddove il problema è di motivazione e di presa in carico ad personam; per altri occorre o un percorso di alternanza, più o meno «potenziata», o un contratto di apprendistato. Per i soggetti che rientrano dopo anni di interruzione si pongono, poi, altri ordini di problemi, come quello dell’inserimento in un gruppo con compagni di età diversa, oppure la necessità di non ripetere ore di lezione o attività dedicate all’acquisizione di competenze già possedute, di valorizzare nuove esigenze che richiedono una «curvatura» anche di profilo professionale più specifica. Per i giovani che provengono da un percorso di istruzione l’investimento maggiore per colmare il deficit formativo è di tipo tecnico-professionale; a differenza di altri, per cui il deficit, invece, è prevalentemente culturale.
Anche il fattore età non è di poco conto, perché se da un lato è vero che l’offerta formativa di IeFP ricade nella fascia del DDIF, dall’altra è nell’ordine dei fatti che l’apprendimento non può essere segmentato con una scansione netta «prima» e «dopo» i 18 anni. Nei percorsi reali di vita l’apprendimento ha durate ed estensioni diverse; in molti casi inizia nel periodo del DDIF e si conclude oltre questo, in contesti diversi, non sempre di tipo formale. Occorre poi considerare che uno degli obiettivi fondamentali della IeFP, accanto a quello della preparazione culturale e professionale, è l’inserimento lavorativo. La presa in carico della persona inizia con la formazione, ma non termina, non si esaurisce con l’esame di qualifica o diploma. Ne risulterebbe sminuita la mission stessa della IeFP che persegue, al contempo, il successo formativo e quello lavorativo. Successo, quest’ultimo, che non risiede solo nell’accesso, ma anche nel mantenimento e nella stabilizzazione dell’occupazione. L’investimento effettuato per permettere l’accesso al lavoro – come avviene sicuramente per il «duale» – si dimostra sprecato, se a breve distanza di tempo si registra la fuoriuscita, per effetto del mancato aggiornamento e consolidamento di quelle competenze (tecnico-professionali o personali e {p. 186}sociali) precedentemente acquisite, ma non ancora pienamente giocate sul campo. Con tutte le conseguenze, anche di tipo sociale (e dei relativi costi) che ciò comporta. Da questo punto di vista non dovrebbe esserci soluzione di continuità tra accompagnamento formativo e al/sul lavoro, tra formazione in DDIF e formazione continua.
Si potrebbe continuare con altre esemplificazioni, perché le casistiche della realtà superano la fantasia. D’altra parte, il lifelong learning, la necessità, cioè, di attraversare e riattraversare durante il corso della propria vita diversi ambiti e «frontiere» formative, comprese quelle maturate nelle esperienze di vita (il c.d. «informale»), è ormai una realtà imprescindibile. Non solo per la IeFP.
La necessità di rompere con lo schema organizzativo dei blocchi monolitici temporali (annualità) e dei gruppi (classe) di apprendimento vale oggi per tutti, non solo per i casi «difficili» e non solo per la IeFP: la personalizzazione del proprio percorso è un’esigenza – e un valore aggiunto – per l’istruzione e per la formazione di ogni soggetto. Una condizione, potremmo dire, per rendere efficace l’intervento formativo e per non disperdere l’investimento di risorse pubbliche che lo ha sostenuto. Ambito dell’istruzione compreso.
Certamente la personalizzazione, finalizzata all’«inserimento attivo nella società, nel mondo del lavoro e nelle professioni» è un principio richiamato sia nei LEP [19]
nazionali, sia nella maggior parte delle regolamentazioni regionali della IeFP. Gli ostacoli che rimangono per la sua attuazione sono di natura strutturale-organizzativa e ordinamentale, riguardano cioè le condizioni della sua traducibilità sul piano delle pratiche. Permettendo il passaggio dalle buone intenzioni all’effettualità della prassi.
Come gestire infatti tutte le esigenze e le casistiche concrete prima richiamate all’interno di un’organizzazione che non pone al centro la singola persona, ma la dimensione del gruppo e del curricolo omogeneo, valevole «in generale» e in modo uniforme per tutti? E che nello stesso tempo non valorizza, al di là di ambiti rigidi e predefiniti, la risorsa {p. 187}«personale» del docente-formatore, ossia la sua fisionomia e il suo bagaglio reale di competenze, indipendentemente dai titoli formali posseduti? Superando anche in questo, ad esempio, la separazione tra teoria e pratica e la segmentazione disciplinaristica dei saperi?
Ciò che si pone in discussione è insomma il modello didattico-organizzativo stesso cui il sistema scolastico rimane di fatto ancorato, ben rappresentato dall’immagine della «classe», come gruppo cui è erogata in forma standardizzata e omogenea la formazione, come spazio chiuso con schema di disposizione delle postazioni che ha una fortissima somiglianza con quello degli operai in reparto e degli impiegati o progettisti in ufficio dell’era fordista. E proprio su questo la IeFP, in conformità alla propria storia, partendo dalle sue pratiche più significative potrebbe costituirsi come punta avanzata di un rinnovamento che deve riguardare l’intero sistema nazionale di istruzione e formazione.

4.2. Ruolo e margini della regolamentazione regionale nel quadro dei LEP nazionali

Quali margini esistono, su quale piano e che cosa è realisticamente fattibile per delineare un diverso impianto e una diversa fisionomia dell’offerta formativa di IeFP? Un assetto che assuma come asse portante la flessibilità stessa e non si limiti ad introdurre solo elementi di flessibilità in un corpo che rimane sostanzialmente rigido?
Il piano, che è sicuramente quello delle competenze regionali, è duplice:
a) regolamentare;
b) della programmazione ed erogazione delle risorse.
I due aspetti sono complementari e altrettanto decisivi. Senza l’uno, l’altro rimane inattuabile. Senza una modalità di attribuzione delle risorse che corrisponda e sostenga una forma personalizzata di offerta, quest’ultima rimarrebbe nel limbo della teoria. Ma anche viceversa: senza un quadro di regole che prescriva e ordini, configurandola, una determina
{p. 188}ta modalità di offerta, le risorse, da sole, non produrrebbero ben poco o nulla.
Note
[18] UCS ora/corso: euro 73,13 (fascia C) o euro 117 (fascia B) o euro 146,25 (fascia A) + UCS ora/allievo: euro 0,80.
[19] D.lgs. n. 226/2005, art. 18, c. 1, lett. a).