La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c2
Per quanto l’attenzione alla
globalità della persona sia da sempre presente nell’approccio etico sociale conosciuto
come «personalismo» e nell’«umanesimo pedagogico» che ha avuto risonanza mondiale con la
scuola di Montessori, fino alla missione di don Milani a Barbiana, di fatto è l’economia
a fare da veicolo per le innovazioni nella scuola. Prima o poi dovremo fermarci a
riflettere su una domanda: come mai
¶{p. 99}nella «roccaforte della
pedagogia centrata sulla persona»
[44]
gli studi più approfonditi e gli scenari più solidi per la riforma della
scuola sono realizzati da economisti?
[45]
Resta il fatto che la scuola di domani sarà chiamata a promuovere strategie
di apprendimento efficaci con alla base solide competenze cognitive, supportate da nuove
competenze non cognitive.
b)
Nel Meridione
Proprio nel Meridione abbiamo basi
culturali e contesti sociali che pretendono e allo stesso tempo facilitano alcune
competenze che, purtroppo, oggi non sono rilevate e valutate.
In merito alle valutazioni, in
questi ultimi anni abbiamo assistito a un processo di globalizzazione. Al riguardo
basterà citare la pubblicazione degli indicatori Ocse in Education at a
Glance
[46]
e i primi risultati comparati sulle competenze degli studenti in Ocse-PISA.
In sostanza ogni paese oggi si confronta su indicatori comuni e, per quanto riguarda gli
studenti, sui risultati conseguiti in lingua madre, matematica e scienze con dati
standardizzati. Siccome il ¶{p. 100}processo di comparazione determina
un rating, con una classificazione dei paesi in senso
top/down, è facile comprendere l’interesse al miglioramento
delle singole posizioni nella graduatoria internazionale, con effetti di mobilitazione
sulle competenze analizzate che, in questo modo, divengono prioritarie.
In merito alle competenze non
valorizzate, ad esempio, è interessante notare come gli studenti che vivono in ambienti
svantaggiati considerino determinanti il confronto, il lavoro di squadra, il
problem solving collaborativo per raggiungere insieme dei
risultati, rispetto agli studenti dei contesti avvantaggiati e competitivi che
preferiscono lavorare da soli per raggiungere dei risultati individuali
[47]
. Noi sappiamo che la capacità di collaborare con gli altri per risolvere
problemi, mettendo a confronto una pluralità di conoscenze e di punti di vista, è una
competenza sempre più richiesta e apprezzata nel lavoro ma, cosa ancor più
significativa, è una competenza fondamentale per la persona nella relazione con «l’altro»
[48]
. Purtroppo, i sistemi di valutazione, in particolare le valutazioni
standardizzate a livello nazionale e internazionale, non rilevano le competenze sociali,
come ad esempio la collaborazione, anzi le ritengono elementi di disturbo. Basterà al
riguardo ricordare che i test standardizzati considerano un’infrazione degna della
massima punizione il confronto con gli altri, quando invece è una delle competenze
fondamentali da promuovere per il futuro. Anche in questo caso, come nella relazione fra
Nord e Sud, l’errore sta nella sterile contrapposizione che oggi si intende introdurre
fra valutazione standardizzata e valutazione formativa, fra competizione e
collaborazione, fra lavoro individuale e lavoro di gruppo, fra competenze cognitive e
competenze non cognitive quando invece l’integrazione diviene un
arricchimento.¶{p. 101}
Immaginiamo un piano cartesiano in
cui sull’ordinata posizioniamo le competenze cognitive e sull’ascissa le competenze non
cognitive. Dobbiamo far in modo che le due tipologie di competenze si sviluppino al
meglio e non in modo antagonistico o con una correlazione negativa in cui all’aumento di
una abbiamo una diminuzione dell’altra. Mentre ad oggi, con i dati a disposizione sulle
competenze cognitive, siamo a conoscenza solo degli sviluppi intorno all’ordinata, in
cui il Nord si posiziona in alto e il Sud in basso, del resto non è dato sapere.
Inoltre sappiamo che questo
posizionamento non è temporaneo. Prendiamo ad esempio le rilevazioni svolte dall’Invalsi
nel 2013, confrontiamole con quelle del 2019 e facciamo un’estrazione dei dati sulle
regioni del Mezzogiorno. Possiamo vedere il risultato nella figura 2.1 in cui si mette
in evidenza il posizionamento di ciascuna regione del Sud nell’anno di partenza delle
prove Invalsi (2013) e nell’anno 2019, rispetto alla media del Mezzogiorno (linea
continua) e alla media nazionale (linea tratteggiata).
Le regioni nel quadrante in alto
come il Molise, la Puglia, l’Abruzzo e la Basilicata sono quelle che nel 2013 e nel 2019
hanno ottenuto un punteggio superiore se non alla media nazionale almeno alla media del
Mezzogiorno. Quelle nel quadrante in basso a sinistra, come Calabria, Campania, Sicilia
e Sardegna sono quelle che invece hanno ottenuto nel 2013 e nel 2019 un punteggio
inferiore alla media del Mezzogiorno e/o della media nazionale. In sintesi, come abbiamo
già sostenuto nell’inciampo su Il compito impossibile, non abbiamo
posizioni inattese e sorprendenti, anzi con molto cinismo e poca preveggenza possiamo
immaginare che le posizioni saranno confermate anche per i prossimi anni. Intendiamo
evidenziare che il cambiamento, tanto auspicato, non può avvenire senza immettere nel
sistema un quid di significativo, che non sia banalmente la
modifica della metrica o, come qualcuno sostiene, la chiusura delle stesse rilevazioni
standardizzate. Noi, all’inverso, sosteniamo che abbiamo ancora un mondo da scoprire
sulle competenze degli studenti, sulla loro rilevazione e valorizzazione in ambito
scolastico.¶{p. 102}
¶
c)
Per questi motivi
Le non cognitive
skills aprono nella scuola, che intende caratterizzarsi per la propria
mediterraneità, degli scenari da tempo attesi ma ancora irrealizzati, in quanto le
considerazioni sulla promozione della persona nella sua integralità non hanno mai
trovato una vera sponda per l’approdo. Nell’ancoraggio alla scuola mediterranea per noi
è significativo evidenziare:
– la
personalizzazione dei percorsi di formazione;
–
l’integrazione delle dimensioni cognitive e non cognitive della
conoscenza;
–
l’innovazione dei processi di insegnamento e degli ambienti di
apprendimento;
– l’apertura
della scuola all’extrascuola, dal formale al non formale all’informale.
Termini come personalizzazione,
integrazione, innovazione, apertura sono di fatto significativi in tutte le scuole ma
per quanto ci riguarda sono scelte identitarie e caratteri distintivi della
mediterraneità.
Intendiamo dire che non basta
definire un progetto di scuola, ben documentato attraverso il Piano triennale
dell’offerta formativa, in quanto per passare dalla formalizzazione alla sua effettiva
realizzazione bisogna saperlo incarnare. A tale riguardo basterà dire che l’attenzione
sulla formazione della persona interroga le stesse competenze dei docenti. Infatti, come
è possibile promuovere negli studenti competenze se il singolo docente non le possiede e
la comunità professionale non le esercita? Perché la collaborazione, la coscienziosità,
la passione dovrebbero diventare delle competenze per lo studente se i docenti non le
praticano?
Queste domande rimandano alla
differenza che intercorre fra la semplice produzione di un documento, come il Piano
triennale dell’offerta formativa, e la realizzazione di un progetto con valore educativo
che esprima l’identità di una comunità professionale e educante. Non si tratta di
insegnare delle regole di comportamento, così come si insegna una regola grammaticale,
bensì di incarnarle all’interno di una comunità scolastica che, di fatto, è una comunità
sociale.
¶{p. 104}
Note
[44] «Queste spinte hanno egemonizzato anche in Italia – pure storicamente una delle roccaforti della pedagogia centrata sulla persona – gli scenari scolastici degli ultimi decenni. Il movimento ispirato al principio dell’efficacia scolastica (school effectiveness) che si è sviluppato specialmente nei paesi anglosassoni dopo gli anni Settanta intorno all’intersezione di comportamentismo/costruttivismo e pratiche manageriali costituisce il tentativo in larga parte riuscito di creare un modello scolastico basato – detto un po’ schematicamente – su efficienza organizzativa e performance di apprendimento, l’una e le altre sottoposte alla vigilanza di rigorose e sofisticate prassi valutative», G. Chiosso e O. Grassi, Oltre l’egemonia del cognitivo, in G. Chiosso, A.M. Poggi e G. Vittadini (a cura di), Viaggio nelle «character skills». Persone, relazioni, valori, cit., p. 37.
[45] A tale riguardo lo studio su basi scientifiche che ha avuto maggior impatto nelle riforme degli ultimi anni è, probabilmente, il Quaderno bianco sulla scuola, promosso ed edito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Ministero della Pubblica Istruzione nel settembre 2007. L’analisi è statistico-economica e gli estensori sono economisti.
[46] Education at a Glance è la pubblicazione annuale che dal 1992 fornisce una panoramica sui sistemi di istruzione (struttura, finanziamenti e performance) dei paesi membri dell’Ocse e di altri paesi partner dell’organizzazione.
[47] A. Schleicher, Una scuola di prima classe, Bologna, Il Mulino, 2020, p. 311.
[48] L’altro da sé o l’alterità è sinonimo di diversità e sta a indicare la capacità del soggetto di confrontarsi con altre identità, valori, usanze, credenze culture, aspetto fondamentale per la convivenza.