La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c2
Una libera iniziativa della
scuola con attenzione alle «esigenze del contesto culturale e sociale» è lo stesso
Regolamento dell’autonomia che lo prevede: «Se il progetto di ricerca e innovazione
richiede modifiche strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista
dall’articolo 8, le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle
innovazioni con le modalità di cui all’articolo 11»
[20]
, ovvero iniziative finalizzate in particolare
all’innovazione degli ordinamenti scolastici.
¶{p. 84}
La rigidità del sistema ha già
portato molte istituzioni scolastiche, in particolare le più organizzate, a
intraprendere in autonomia i percorsi più significativi e qualificanti per il
proprio contesto. Le innovazioni organizzative e didattiche, le stesse «Avanguardie educative»
[21]
non sono promosse da sperimentazioni ministeriali, eppure si stanno
diffondendo su tutto il territorio nazionale.
Un modo di intendere
l’autonomia che si sta facendo sistema. Un’intraprendenza nata liberamente nelle
scuole, oramai diffusa e radicata, che non vede più il governo nel centralismo
ministeriale, tetragono ai colpi di ventura
[22]
, e nemmeno nell’autonomia funzionale decentrata che, di fatto, non ha
mai visto un’effettiva realizzazione oltre alle incombenze burocratiche passate dal
Ministero alle scuole. Un’intraprendenza con specifiche finalità e una propria
organizzazione. In alcuni casi abbiamo protocolli di intesa, in altri casi
convenzioni, in altri ancora statuti. A volte le scuole hanno costituito reti di
scopo, altre volte hanno stretto associazioni, oppure si sono poste come centri di
ricerca e formazione o addirittura sono entrate in cooperative o in fondazioni con
il privato sociale. In definitiva si è diffuso un fenomeno nuovo e inatteso,
generato dalla necessità di governare i cambiamenti attraverso processi di
innovazione didattica e organizzativa. Una grande apertura, con una pluralità di
definizioni e di configurazioni ma, purtroppo, senza le necessarie funzioni di
gestione. Anzi, alcuni aspetti già previsti dallo stesso Regolamento e relativi
all’autonomia didattica e organizzativa (artt. 4 e 5) sono comunque di difficile
applicazione e altri ancora (come la gestione finanziaria, del personale o degli
edifici scolastici) impli¶{p. 85}cano interessi troppo divergenti e
confliggenti per essere introdotti. In definitiva, l’attuale autonomia scolastica è
in buona parte irrealizzata ma comunque è inadeguata rispetto all’intraprendenza
potenziale delle scuole.
b)
Nel Meridione
Per il Meridione, la retorica
dell’autonomia senza possibilità reali è una condanna, in particolare lo è per le
scuole in contesti problematici, in quanto sono continuamente sollecitate a un
compito ineludibile e nello stesso tempo impossibile: raggiungere i livelli
essenziali dell’apprendimento. Al contrario sappiamo per certo che nelle comunità
professionali una nuova progettualità, attraverso un’autonomia ampliata,
moltiplicherebbe le risorse e soprattutto le energie.
Proprio nei contesti più
problematici abbiamo bisogno di più autonomia, di una scuola libera e rinnovata che
possa discostarsi da un servizio idealtipico nazionale che, di fatto, non
corrisponde ai bisogni specifici dei territori e degli studenti. Ma, allo stesso
tempo, proprio in questi contesti difficili, il più delle volte, diviene un problema
creare le condizioni per valorizzare l’autonomia. Pertanto, si dovrebbe innanzitutto
concordare su un principio: l’autonomia per la scuola, come per le persone, non è
data ma deve essere una conquista. Se vuoi avere più autonomia devi dimostrare
innanzitutto di avere alcune condizioni di base per realizzarla e competenze
professionali per valorizzarla. Infatti, la vera autonomia non è determinata dalla
norma, bensì da intraprendenza e responsabilità all’interno di un’organizzazione di
persone che intenzionalmente si autodeterminano. E, siccome le persone competenti
non sempre sono masochiste, bisognerà pensare anche a come promuoverle affinché
investano anche in contesti non attrattivi. Con queste attenzioni possiamo pensare
di uscire dalla retorica e intraprendere un percorso di autonomie differenziate. In
particolare, abbiamo bisogno di maggiore autonomia legata alle risorse professionali
ed economiche, agli ambienti di apprendimento e ai curricula. Sappiamo che
un’autonomia su questi aspetti innesta processi di
innovazio¶{p. 86}ne e miglioramento con ottimi risultati
nell’offerta formativa e negli apprendimenti; così è stato, con una certa analogia,
nelle esperienze delle charter school nel sistema scolastico
degli Stati Uniti, che godono di un sistema particolare di autonomia, e nelle
esperienze delle academies del Regno Unito, che usufruiscono di
finanziamento pubblico, ma con autonomia su risorse economiche, professionali,
programmi e organizzazione scolastica.
Una vera autonomia a supporto
delle scuole determinerebbe un mutamento organizzativo e faciliterebbe il
cambiamento attraverso una reale «identità culturale e progettuale»
[23]
. Da notare che la legge 107/2015, all’articolo 1,
comma 1, ovvero nei suoi principi generali, prevede un rafforzamento dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche anche al fine di «contrastare le diseguaglianze
socio-culturali e territoriali».
Se sosteniamo la scuola come
uno snodo fondamentale per contrastare le disuguaglianze socioculturali e
territoriali e poi non la rinnoviamo, diciamolo da subito, siamo prossimi a un nuovo
fallimento.
c) Per questi motivi
Si tratta di utilizzare
passaggi inesplorati e inattuati del Regolamento sull’autonomia delle istituzioni
scolastiche. L’articolo 11 riporta:
Il Ministro della Pubblica Istruzione, anche su proposta del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (oggi Consiglio superiore della pubblica istruzione), del Servizio nazionale per la qualità dell’istruzione (oggi Sistema nazionale di valutazione) [...] promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare possibili innovazioni.
Inoltre l’articolo 12 riporta
che i contenuti dell’autonomia «possono essere progressivamente modificati e
ampliati dal ¶{p. 87}Ministro della Pubblica Istruzione con
successivi decreti». In sostanza ci sono tutte le premesse per arrivare a una
«autonomia modificata e ampliata», in particolare:
– autonomia
didattica (possibilità di intervenire sul curricolo oltre la
definizione ordinamentale);
– autonomia
organizzativa (possibilità di rivedere e ampliare l’orario scolastico
e di promuovere progetti integrati con gli stakeholder):
– autonomia
contrattuale (possibilità di reclutare e di incentivare il
personale);
– autonomia
finanziaria (possibilità di integrare le risorse con finanziamenti
degli stakeholder);
– autonomia
gestionale (possibilità di gestire le strutture e lo stabile della
scuola attraverso un lascito temporaneo).
Questi ampliamenti
dell’autonomia possono essere a composizione variabile in relazione al progetto
della scuola in quel contesto. Infatti l’autonomia, come dicevamo, parte
dall’intraprendenza e pertanto necessita di almeno tre condizioni minime e
necessarie:
1) il progetto della comunità
professionale ed educante;
2) il partenariato con le
risorse sociali ed economiche del territorio;
3) l’approvazione da parte del
Ministero dell’Istruzione.
In sintesi, l’intraprendenza e
le scelte responsabili sono della scuola, ma dentro una cornice comune a garanzia
del servizio pubblico.
Dunque non stiamo fantasticando
dell’ennesima «grande» riforma che stride con la realtà, bensì, in modo concreto, a
una diversa idea di autonomia scolastica realizzabile da subito a normativa vigente.
Già oggi, oltre il Regolamento
sull’autonomia scolastica, negli interstizi della normativa, abbiamo alcuni passaggi
e strumenti applicativi, poco conosciuti e valorizzati, in quanto senza un quadro di
riferimento sono potenzialmente sterili. Ad esempio, il decreto 129/2018
(Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione
amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo
1, comma 143, della legge 13 luglio 2015, n. 107) prevede contributi
da privati finalizzati a: innovazione tecnologica; edilizia
sco¶{p. 88}lastica; ampliamento dell’offerta formativa
extracurricolare. Sempre lo stesso Regolamento (art. 23, comma 1) prevede che il
dirigente scolastico, nella relazione illustrativa allegata al Conto consuntivo,
riporti in modo specifico le finalità e le voci di spesa cui sono stati destinati i
fondi. Come si può notare c’è un’apertura della scuola agli
stakeholder anche se limitata ad alcuni interventi e alle
attività extracurriculari, quando ben sappiamo che i risultati scolastici provengono
sostanzialmente dalle attività curriculari.
Una strada percorribile sono
scuole con statuti speciali e con un’autonomia ampliata. In Italia abbiamo già delle
scuole a statuto speciale, dunque è possibile, ma sono un numero ridotto
[24]
mentre potrebbero essere un punto di riferimento facile da assumere e,
con tutte le attenzioni e regolazioni necessarie, da diffondere nelle scuole con
contesti svantaggiati.
Solo se percorriamo strade già
tracciate, a normativa vigente, possiamo uscire dal gioco, perdente, di invocare
l’intervento della politica per le grandi riforme, che poi non sono mai quelle
auspicate.
d)
Alcune consapevolezze
1. Le vere
innovazioni non stanno nel chiuso della norma ma eventualmente la anticipano, in
realtà oggi i processi di innovazione sono talmente veloci che ogni norma quando
nasce è già inadeguata.
2. Dopo oltre
vent’anni il regolamento sull’autonomia sta all’intraprendenza delle scuole come
la norma sta all’innovazione, ovvero il cambiamento non sta nella
normativa.
3. L’autonomia per la
scuola, come per le persone, non è data ma deve essere conquistata.
4. Proprio nei
contesti più svantaggiati abbiamo bisogno di più autonomia per corrispondere ai
bisogni formativi ed educativi degli studenti con proposte
innovative.
¶{p. 89}
Note
[20] Cfr. d.p.r. 275/1999, art. 6.
[21] Al momento in cui si scrive le scuole all’interno di Avanguardie educative sono 1.244. Le Avanguardie educative sono un movimento scolastico autonomo, supportato da Indire, che intende: «individuare, supportare, diffondere, portare a sistema pratiche e modelli educativi volti a ripensare l’organizzazione della didattica, del tempo e dello spazio del fare scuola in una società della conoscenza in continuo divenire». Vedi http://www.indire.it/progetto/avanguardie-educative/.
[22] Si tratta del noto verso di Dante «Ben tetragono ai colpi di ventura» (Par. XVII, 24).
[23] Cfr. d.p.r. 275/1999, art. 3, comma 1, Piano dell’offerta formativa.
[24] Le scuole sperimentali in Italia sono tre: Città Pestalozzi di Firenze; Rinascita di Milano; Don Milani di Genova.