L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c4
Rispetto alla
socievolezza la classe Gelsomino 1 presenta una buona capacità
di relazione e interazione da parte dei bambini sia tra loro, sia rispetto ad adulti
esterni al gruppo classe. Con i pari c’è un buon livello di interazione anche se si
manifesta prevalentemente all’interno di microgruppi o coppie fisse; rispetto agli
adulti che possono intervenire
¶{p. 153}in aula e non sono gli
insegnanti, i bambini sono indubbiamente educati ma distaccati, hanno scarse capacità
empatiche e non sono nemmeno dotati di quella curiosità verso ciò che non è già noto e
familiare tipica dell’età. Questo comportamento non va confuso con la timidezza, perché
non si tratta affatto di bambini timidi, anzi spesso mostrano di essere spavaldi e
arroganti, con atteggiamenti di sfida verso gli adulti. Semplicemente non possiedono la
capacità di entrare in relazione significativa con gli altri, specialmente se questi
altri costituiscono una variazione rispetto alla routine e al panorama conosciuto di
adulti con cui interagiscono in modo quotidiano. Non possono nemmeno essere definiti
selettivi in quanto questo atteggiamento si riscontra in modo universale verso tutto ciò
che è «non conosciuto» in ragione delle osservazioni compiute, sia come numerosità, sia
come frequenza. Non è stato possibile ricondurre questo atteggiamento a un’iniziale
distanza ed estraneità ma poi attenuato dalla conoscenza reciproca; l’atteggiamento si è
dimostrato persistente e strutturale.
Nel caso della classe Gelsomino
2, le capacità di relazione e di interazione sono ancora più limitate. I bambini
mostrano un completo disinteresse nei confronti di adulti esterni alla classe, a tratti
ne sono addirittura infastiditi, evitano ogni tipo di interazione e contatto incluso
quello visivo; quando stabiliscono un’interazione il loro intento è di sfida e di
verifica delle capacità altrui, mettendo nuovamente in campo anche in questo caso una
dinamica competitiva. Se da questa competizione escono sconfitti questo genera in loro
un senso di evidente fastidio e di definitivo allontanamento. In questa classe sono
anche qualitativamente mediocri le relazioni tra pari, perlopiù limitate a coppie fisse
che si frequentano attraverso la mediazione delle famiglie anche al di fuori del tempo
scolastico.
Infine la
cooperazione. In questo caso le variazioni tra le due classi
osservate possono essere ricondotte ai diversi metodi didattici messi in campo dalle
insegnanti. Premesso che il lavoro di gruppo viene occasionalmente impiegato in entrambe
le classi, è tuttavia differente l’intento educativo correlato a tale metodo. Nel caso
della classe Gelsomino 1 ¶{p. 154}il ricorso alla cooperazione viene
inteso come dispositivo indispensabile per contrastare l’eccesso di individualismo e il
valore della performance attribuito da ciascun bambino alle proprie prestazioni
scolastiche. Nelle attività osservate infatti i bambini hanno evidenziato una buona
capacità di lavorare in gruppo, di essere cooperativi sia lavorando insieme in vista di
un obiettivo, sia chiedendo aiuto e ricercando un confronto con altri. Ciò che resta
tuttavia sullo sfondo e condiziona la cooperazione è la forte impronta individualistica:
anche i lavori di gruppo infatti sono orientati al raggiungimento della migliore
performance possibile, si innescano dinamiche di leadership
all’interno del gruppo e l’obiettivo di questa modalità di lavoro non è l’apprendimento
di un metodo maggiormente efficace nei casi in cui sia richiesta una buona capacità di
problem solving ma comunque il raggiungimento di un risultato
ottimale, migliore rispetto a quello di altri gruppi. Il gruppo quindi non ha un valore
in sé, è piuttosto strumentale al raggiungimento di un obiettivo a cui deriva visibilità
e riconoscimento a livello individuale.
Nel caso della classe Gelsomino 2
la cooperazione è molto più modesta e questo principalmente per effetto del metodo
didattico messo in campo dalle insegnanti. Si lavora spesso a gruppi in un’accezione
completamente diversa, ossia si divide la classe in due parti durante le ore di
compresenza delle insegnanti per ragioni organizzative e funzionali alla didattica. Per
esempio, questa partizione della classe viene attuata per consentire il recupero di
parti di programma ad alcuni bambini oppure il ripasso di argomenti che si sono rivelati
critici durante una verifica. Quindi il gruppo è già utilizzato dalle stesse insegnanti
principalmente come strumento per produrre maggiore efficienza all’interno del gruppo
classe. Sono state osservate alcune occasioni in cui i bambini sono stati esortati a
lavorare in gruppo con la regia delle insegnanti che hanno composto le coppie o
minigruppi di lavoro non senza rimostranze da parte dei bambini che avrebbero voluto
essere abbinati a compagni diversi. Spontaneamente i bambini non ricercano la
cooperazione.
Per entrambe le classi è positivo
il fatto che ci sia però la disponibilità a collaborare da parte dei bambini nei
confronti ¶{p. 155}di compagni su richiesta degli insegnanti, specie
quando i compagni presentano difficoltà certificate: per quanto riguarda il sostegno
relativo ad attività didattiche sono le insegnanti a sollecitare questo tipo di aiuto
tra pari, in altri momenti (in particolare quelli ludici) sono i bambini stessi in modo
spontaneo ad avvicinarsi e includere i compagni più in difficoltà.
6. Le competenze degli insegnanti
Le competenze osservate negli
insegnanti sono state le seguenti:
– capacità organizzative;
– cooperazione;
– energia;
– creatività;
– resistenza allo stress.
Anche in questo caso alcune
competenze non hanno mostrato significative differenze tra le due classi osservate (è il
caso dell’organizzazione e dell’energia), mentre le altre si sono non soltanto
diversamente declinate nei due contesti classe ma hanno anche evidenziato differenze
apprezzabili tra insegnanti.
Le capacità organizzative delle
insegnanti sono di ottimo livello su entrambe le classi. Queste capacità sono l’esito
sia di una medio-lunga esperienza di insegnamento di tutte le docenti, sia del fatto che
le coppie di insegnanti sono rodate da tempo; ma sono anche conseguenza di un generale
clima e modello organizzativo vigente all’interno dell’istituto. La scuola, infatti,
come è stato già ricordato, aderisce a molti progetti, attività e laboratori che per
essere realizzati richiedono una capacità organizzativa e di coordinamento da parte
delle insegnanti sia all’interno della propria classe tra ore di didattica e ore
destinate ad altre attività, sia tra insegnanti per cercare di mettere in connessione
tali esperienze formative con gli ambiti disciplinari.
L’organizzazione, in particolar
modo sullo svolgimento del programma, è anche l’esito della pressione continua
¶{p. 156}che le insegnanti ricevono da parte dei genitori affinché il
programma sia svolto e completato. Il timore delle famiglie che i propri figli non
ricevano una preparazione adeguata o sufficiente per poter procedere nei cicli
successivi ed essere competitivi con prestazioni di eccellenza si riverbera sul metodo
didattico delle insegnanti che programmano la didattica in modo accurato e dettagliato.
I genitori esigenti (consumatori
di scuola, come già sono stati definiti) [Fischer 2003; Perrenoud 1998] richiedono alle
insegnanti anche una continua verifica sullo stato di avanzamento del programma,
trasformando spesso la relazione educativa in una più banale sessione trasmissiva di
nozioni e informazioni.
In questo approccio educativo
l’organizzazione diventa per le insegnanti anche uno strumento di controllo e di
rendicontazione del proprio operato. E viste le richieste delle famiglie le insegnanti
incorporano nel loro operato in classe sia caratteristiche più tradizionali, sia più
innovative [Besozzi 2010]: uniscono infatti a saperi consolidati anche saperi
«circolanti» ossia tipi di sapere a cui si può attingere in ambiti e situazioni diverse;
utilizzano inoltre modalità tradizionali di insegnamento come la lezione frontale, i
lavori di gruppo, le prove e le valutazioni insieme a nuove metodologie didattiche come
l’apprendimento per errore e l’autocorrezione per scoperta e con il ricorso a
dispositivi multimediali; integrano modalità tradizionali di apprendimento, di tipo
lineare sequenziale con modalità definibili come «nuovi processi della mente», ossia
processi di esplorazione: associazione di idee e dispositivi creati ad
hoc per la memorizzazione.
Si tratta quindi di
un’organizzazione che si declina a diversi livelli: agisce a livello formale sulla
scansione di attività, orari, giorni della settimana; ma anche a livello educativo
didattico attraverso una vera e propria riorganizzazione dei contenuti degli
insegnamenti.
È evidente quindi quanto questa
impostazione richieda energia da parte delle insegnanti,
sollecitate in un compito che è ben oltre che esecutivo e richiede anzi una notevole
capacità di unire organizzazione e improvvisazione, coglie¶{p. 157}re
stimoli da ambienti extradidattici, recepire opportunità che promanano dal territorio e
dalle reti in cui la scuola è inserita. L’energia si manifesta quindi sia rispetto alle
questioni didattiche, sia rispetto alle relazioni tra docenti, sia infine rispetto alla
gestione e al coordinamento delle attività paradidattiche.
La capacità di cooperazione
diviene essenziale in questo quadro; con essa si fa riferimento al team docente
all’interno di ciascuna classe. Essa mostra differenze rilevanti tra le due classi.
Nella classe Gelsomino 1 la cooperazione tra docenti assume la forma di coordinamento di
pratiche che conduce i docenti ad assumersi le responsabilità condivise di una classe;
essa è facilitata dalla differenza generazionale tra le due docenti d’aula: la più
giovane manifesta apprezzamento e stima nei confronti della docente senior che vanta una
lunga esperienza di insegnamento. La docente senior dal canto suo possiede un’ottima
capacità di relazione e di motivazione, per cui il team docente è coeso e coerente nel
messaggio educativo; la didattica è gestita in modo efficace anche in conseguenza di
questo clima cooperativo. La docente senior ha anche una buona capacità di
leadership sia nei confronti della collega sia all’interno
della scuola. L’autorevolezza della docente esperta ha inoltre ricadute positive anche
nella relazione con le famiglie, che costituiscono invece il motivo di maggiore
apprensione per la collega junior. In questo caso possiamo quindi dire che il rapporto
cooperativo tra le docenti genera anche una relazione fiduciaria tra loro e le
rispettive caratteristiche ed esperienze si completano a vicenda.
Nella classe Gelsomino 2 la
qualità della relazione tra docenti è molto meno soddisfacente: il rapporto è formale,
c’è reciproco rispetto di ruoli e competenze, ma le due insegnanti rappresentano due
modelli educativi opposti. Entrambe le insegnanti hanno una buona esperienza di
insegnamento e sono quasi coetanee. Tuttavia la docente dell’ambito umanistico adotta
uno stile in aula che spazia dall’autoritario al laissez faire
[Lewin, Lippitt e White 1939], mentre la docente di ambito scientifico predilige uno
stile autorevole e democratico. Le differenze, non soltanto nello stile didattico ed
educativo in aula ma anche caratteriali tra
¶{p. 158}le docenti
(comunicativa, estroversa ed empatica quella di ambito scientifico; algida e molto
formale quella di ambito letterario) generano una limitata collaborazione tra docenti
(che riguarda più che altro gli aspetti formali della relazione del team di classe).
Tale mancanza di collaborazione inoltre deprime le capacità della docente di ambito
scientifico che vede inespresse o limitate la maggior parte delle sue capacità. La
cooperazione soltanto formale inoltre rende vulnerabile il team docente di fronte alle
famiglie, con le loro ingerenze e richieste. La collaborazione nella classe Gelsomino 2
si qualifica al livello del semplice scambio di opinioni o come coordinamento di
pratiche, secondo la classificazione di Friend e Cook [2000], ripresa da Perrenoud
[2003].
Note