Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c4
Poi ci metti anche delle famiglie estremamente richiedenti, piene di aspettative nei confronti dei figli, metti insieme le due cose e il risultato è questo... ma secondo me è più da parte delle famiglie, questa spinta verso il 10 tassativo e se prendi 10- non va bene (Intervista insegnanti scuola Gelsomino, p. 3).
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Un episodio: c’era la madre che l’aspettava fuori, perché ha fermato sia me che la collega dell’altro fratellino. Comunque «Fa schifo perché persone come noi, che parlano in italiano, che non sbagliano i congiuntivi, i miei bambini parlano bene, usano i congiuntivi correttamente: 8 e mezzo fa schifo!» e continuava. Io le ho detto «ma no signora, vede che suo figlio non è che non s’impegna, è solo che abbiamo alzato l’asticella ed è normale che i voti, alle medie diminuiranno ancora». «No, 8 e mezzo fa schifo!» ha continuato. Quindi sicuramente la spinta è delle famiglie. Sicuramente i bambini che vengono a dire in classe che 8 fa schifo, che 8 e mezzo fa schifo, 9 e 9 e mezzo... (Intervista insegnanti scuola Gelsomino, p. 4),
La relazione educativa che coinvolge alunni, insegnanti e genitori (ma talora anche altre figure cui il compito educativo è delegato in parte o in toto: babysitter, tate, nonni, ecc.) è evidentemente molto complessa e suggerisce il richiamo a una categoria psicanalitica di origine lacaniana, quella del plusmaterno, con la quale non ci si riferisce solo alla madre, ma anzi riguarda l’intera società e le varie complessità dell’essere e fare famiglia. Attraverso questo concetto [Pigozzi 2018; 2020] viene evidenziato come nella contemporaneità le famiglie siano così presenti da essere perfino claustrofobiche nei confronti dei figli, prese da un desiderio di mantenere in eterno sotto la propria protezione i figli, i quali sono immersi in ambienti altamente narcisistici.
La ricaduta di questo tipo di relazione tra genitori e figli sulla scuola avviene a due livelli: dal punto di vista organizzativo, in quanto c’è una tendenza della scuola (spesso instradata dalle stesse famiglie) a proporre sia quantitativamente sia qualitativamente un «palinsesto» di attività extracurricolari, con l’obiettivo di soddisfare un’utenza esigente e in un clima di marketing scolastico; dal punto di vista relazionale questa invadenza delle famiglie incide sul corpo docente, sulla sua motivazione, e in parte anche sulla libertà di azione nel ruolo. La scuola che avrebbe titolo per contenere le ingerenze delle famiglie, in alcuni frangenti le tollera e adotta un registro comunque dialogico e fondato sull’ascolto. Questa dinamica trova un parziale limite con insegnanti naturalmente autorevoli e capaci di contrastare {p. 129}individualmente tale ingerenza, ma è difficile e per certi versi impopolare arginare questa invadenza, cedendo più facilmente il passo a reazioni come il ritrarsi o l’assecondamento.
Del secondo punto, ossia l’offerta formativa supplementare, si è già in parte detto. Due aspetti meritano di essere ulteriormente sottolineati. Il primo riguarda i criteri in base ai quali i progetti, i laboratori e le attività vengono scelti; il secondo l’organicità di tali interventi. Per il primo aspetto le osservazioni e la ricostruzione dell’offerta formativa supplementare (quali attività, per quanto tempo, con quale frequenza, realizzate in quale modo, con quali esperti o conduttori, con quali finalità, ecc.) evidenzia il carattere della varietà (molte attività diverse) e dell’intrattenimento. Il comune denominatore di tali attività è che esse siano divertenti, che vengano prospettate in una forma ludica e intrattengano i bambini, quindi li facciano imparare divertendosi, offrano loro spunti ed esperienze nuove divertendosi. Nessuna di esse affronta in modo approfondito un tema, si resta piuttosto in superficie. È un approccio dell’assaggio, che vede il bambino come sperimentatore piuttosto che perseverante [Cavaletto e Fucci 2013], sovraccaricato di stimoli ma senza che gli si richieda mai una dedizione specifica. Per il secondo aspetto invece la moltitudine di stimoli ed esperienze risponde maggiormente a un criterio di diversificazione piuttosto che a un investimento specifico su alcuni aspetti di cui i bambini potrebbero essere bisognosi. Non vi è una chiara connessione tra il curriculum e tali attività. Anche durante il loro svolgimento, non vi sono rimandi a ciò che si svolge nel programma didattico, il che rende l’attività (e le attività tra loro) reciprocamente estranee, isolate e indubbiamente diminuite nella loro efficacia. La ricchezza dell’offerta formativa unisce in sé anche l’innovazione, sia sul piano tecnologico attraverso dotazioni sofisticate e di ultima generazione sia attraverso metodi didattici ed esperienze a elevato contenuto di innovazione per la scuola primaria.
Le conseguenze di questi tre aspetti, come si accennava poc’anzi, si riverberano sul terreno degli apprendimenti e il loro valore simbolico. Più che l’apprendimento in quanto tale, è obiettivo primario delle famiglie la performance dei fi{p. 130}gli. I colloqui con la dirigente e le insegnanti restituiscono un quadro in cui al centro vi è sempre la performance. È quindi il rendimento a modulare le relazioni, attribuire significati, conferire ruoli, produrre riconoscimento. L’orientamento alla performance, di cui si parlerà dettagliatamente oltre, permea tutti gli aspetti della vita della scuola: performance nella didattica, sia da parte degli alunni sia delle insegnanti; performance nell’offerta formativa supplementare che deve distinguersi per originalità, creatività, innovazione; performance nelle occasioni pubbliche in cui la scuola «si mostra» all’esterno; performance nella sua accezione teatrale, come se in qualsiasi momento e in ogni occasione fosse cruciale l’apparenza e ciò che viene rappresentato all’esterno affinché in tal modo si producano consenso e reputazione.

3. Tra casa e scuola: chi sono questi bambini?

Entriamo ora nel dettaglio dell’indagine realizzata mediante i questionari, e in particolare ci soffermiamo su un profilo generale: chi sono, a quali famiglie appartengono, che cosa fanno.
Hanno risposto al questionario 98 bambini nella prima wave, appartenenti a 4 sezioni su 7 della scuola, di cui 53 maschi e 45 femmine. I bambini sono nella quasi totalità dei casi nati in Italia e di cittadinanza italiana (96 su 98). Essi risiedono prevalentemente nei quartieri Centro e Crocetta in cui ha sede la scuola (47 bambini), altri 22 risiedono in quartieri limitrofi della pre-collina della città (altro quartiere con elevato profilo socio-culturale); gli altri provengono da altri quartieri o da fuori città e sono iscritti alla scuola prevalentemente per motivi legati all’occupazione dei genitori. L’88% dei bambini intervistati frequenta questa stessa scuola da 5 anni, ossia ha iniziato e completato il ciclo della primaria nello stesso plesso dello stesso Istituto Comprensivo. Il 5,1% è nella scuola da 4 anni, gli altri da 3 anni o meno. Alla seconda wave hanno risposto al questionario 92 bambini. Il calo di poche unità è imputabile principalmente ad assenze per malattia, problemi di connessione {p. 131}momentanei o condizioni di disabilità che, in assenza di insegnante di sostegno (figura per la quale la compresenza è essenziale per un’attività come quella richiesta), hanno reso impossibile portare a compimento la compilazione. Questo dato ci fornisce un’informazione di particolare interesse, se osservata in modo comparativo rispetto a quanto accade in altre scuole incluse nella ricerca. Nella scuola Gelsomino infatti il ricorso alla Dad ha avuto un impatto organizzativo modesto: le famiglie erano attrezzate sia tecnologicamente sia culturalmente per offrire sostegno ai figli. Le dotazioni di dispositivi domestici e la familiarità di bambini e adulti nel loro uso hanno consentito una sostanziale continuità per tutti gli allievi nelle attività didattiche. Inoltre anche i compiti a casa e le attività assegnate dai docenti hanno potuto avere regolare svolgimento grazie alla competenza dei genitori.
Tornando ora al profilo degli intervistati, abbiamo acquisito anche informazioni relative alla composizione delle loro famiglie. Nel 67,3% dei casi i bambini appartengono a famiglie in cui sono presenti fratelli o sorelle. Tutti vivono con la mamma, il 94% anche con il papà. Tuttavia queste elevate percentuali non vanno ricondotte sempre a coppie genitoriali integre, frequentemente le maestre riferiscono di coppie divorziate (l’instabilità coniugale pare avere una rilevanza significativa tra queste famiglie) ma con una buona gestione dei figli in affido condiviso. Per quanto riguarda i genitori, essi hanno titoli di studio più elevati della media della città: il 44,9% delle madri possiede una laurea, il 5,1% un diploma di scuola superiore, il 6,1% meno del diploma, il 9,2% altri titoli di studio; il 32,7% dei padri è laureato, il 10,2% diplomato, il 4% possiede un titolo di studio inferiore al diploma, il 10,2% altri titoli di studio [1]
. L’elevato tasso di non sa/non risponde è da imputare a un’imperfetta conoscenza da parte dei figli di questa informazione sui genitori, un dato che comunque solleva qualche perplessità in merito alla comunicazione all’interno delle famiglie.{p. 132}
Tab. 4.1. Condizione occupazionale dei genitori per regime orario
Lavoro padre (%)
Lavoro madre (%)
Full time
76,5
58,2
Part time
13,3
28,6
Non lavora
5,1
8,2
Non risponde/Non sa
5,1
5,0
 
 
 
Per quanto riguarda l’inquadramento occupazionale dei genitori lavoratori per regime orario, esso è presentato nella tabella 4.1. Il tasso di occupazione femminile è in questo caso molto superiore alla media sia nazionale sia della media delle famiglie interessate dalla ricerca.
Il profilo appena tratteggiato delle famiglie fornisce lo sfondo e spiega i risultati che seguono. Iniziamo con l’illustrare i risultati relativi alla domanda sulle attività svolte dai bambini, attraverso la scuola e fuori di essa. Le attività di entrambi i tipi sono presentate nella tabella 4.2.
Tab. 4.2. Partecipazione ad attività proposte dalla scuola ed extra scuola
Attività
A scuola (%)
Extra scuola (%)
Sport
49,0
77,6
Attività artistiche
32,7
28,6
Attività sociali
21,4
13,3
Servizi alla comunità
7,1
9,2
Lingua straniera
25,5
30,6
Protezione ambientale
7,1
13,3
 
 
 
I dati evidenziano una buona partecipazione all’offerta della scuola (che peraltro propone già molte attività dentro il curricolo: la lingua straniera con insegnante madrelingua, corsi di musica, laboratori di teatro, ecc.) ma anche una ricchezza di attività extrascolastiche, soprattutto lo sport, le lingue straniere e le attività artistiche. Questo ricco bagaglio di formazione extracurricolare è perfettamente coerente con il posizionamento sociale delle famiglie. La richiesta economica correlata alla frequenza di attività extrascolastiche non è elemento ostativo per la maggior parte delle famiglie e anzi la frequenza a una ricca offerta di attività costituisce
{p. 133}un elemento coerente con il posizionamento di classe. Nella scelta di tali attività il ruolo prevalente è svolto dai genitori.
Note
[1] Il 33,7% dei rispondenti non ha indicato il titolo di studio materno; il 42,9% non ha indicato il titolo di studio paterno.