Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c8
La situazione emergenziale legata alla pandemia non è paragonabile a nessun’altra situazione di emergenza precedente e già studiata. Esiste una ricca letteratura che si è occupata di eventi emergenziali, intendendo con essi principalmente catastrofi naturali – per esempio i terremoti
{p. 268}e gli tsunami – emergenze umanitarie in genere circoscritte a parti del mondo sottosviluppato o in via di sviluppo, e situazioni di guerra. Ognuno di questi eventi ha avuto un impatto devastante sulla vita di coloro che ne sono stati toccati, sia dal punto di vista pratico (in ragione del venir meno delle risorse per la sopravvivenza e dei beni materiali), sia dal punto di vista psicologico (in ragione della perdita dei riferimenti che consentono di conservare la propria integrità psicologica e le relazioni affettivamente significative).
L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha provocato in tutto il paese una completa destrutturazione delle routine scolastiche, dei punti di riferimento educativi esterni alla famiglia, e di quella cornice di senso nella quale i bambini riuscivano, spesso inconsapevolmente, a collocarsi, sia rispetto agli apprendimenti, sia alle valutazioni, sia alle relazioni tra pari e con le insegnanti.
I più recenti report OECD su Covid-19 e sistemi educativi descrivono al riguardo una situazione non certamente rassicurante. Learning Remotely When Schools Close (aprile 2020) mostra che l’Italia occupa posizioni di coda per quanto riguarda la diffusione di Internet a scuola, nonostante l’investimento nel Piano nazionale scuola digitale (ex legge 107/2015); i docenti sono poco formati a una reale integrazione delle ICT nella didattica che resta invece ancorata a una mera trasmissione fonte di contenuti (Education and Covid-19: Focusing on the Long-term Impact of School Closures); le differenze sociali – per effetto di una sorta di scotoma selettiva – erano e sono ignorate, come se la «rivoluzione tecnologica» fosse per sua natura davvero democratica, partecipativa e inclusiva [Giancola e Piromalli 2020, 1-2]. L’OECD continua a indagare l’impatto complessivo della pandemia sull’apprendimento e pare ormai confermato come, senza un supporto massivo da parte degli insegnanti, sia improbabile che gli studenti siano in grado di navigare da soli nel mondo dell’apprendimento online. La maggior parte dei sistemi educativi è chiamato allora a prestare molta attenzione nel fare in modo che la tecnologia non amplifichi ulteriormente le disuguaglianze esistenti nell’accesso e nella qualità dell’apprendimento [Gremigni 2020]. Questo non {p. 269}è solo un problema di accesso alla tecnologia e alle risorse (aperte o meno) per l’apprendimento, ciò richiederà anche di mantenere relazioni sociali efficaci tra famiglie, insegnanti e studenti, in particolare per quegli studenti che non hanno la capacità di recupero, le strategie di apprendimento o la capacità di imparare.

5.1. Ciò che cambia nella scuola fuori dalla scuola: la digitalizzazione forzata

L’aspetto che è stato maggiormente stravolto dall’emergenza sanitaria all’interno della scuola è naturalmente quello didattico e relazionale: tradizionalmente, la scuola primaria si fonda su una componente trasmissiva in presenza (pur nella varietà di metodi didattici) e su una componente relazionale/sociale. Entrambi gli aspetti concorrono a un obiettivo che è educativo (principalmente regolativo) e performativo (ossia prestazionale e conseguentemente valutativo rispetto a curricula e apprendimenti). La scuola primaria rappresenta, evidentemente, il segmento che, per l’età degli alunni, presenta il più elevato grado di dipendenza dagli adulti (siano essi gli insegnanti o i familiari); e si tratta del segmento nel quale la componente della socialità e delle relazioni è particolarmente necessaria, sia in quanto pone le basi e prepara a quanto accadrà poi nella pre-adolescenza, sia in quanto la scuola primaria (più di qualsiasi altro ciclo di scuola) occupa un tempo lungo della vita dei bambini, è altamente strutturante e li colloca in un ambiente che è al contempo di istruzione, educazione, cura e socialità per otto ore ogni giorno. Inevitabile quindi che l’annullamento della compresenza tra insegnanti e bambini abbia avuto ricadute a diversi livelli.
Su questa realtà ha impattato la didattica a distanza (Dad), che non può essere ridotta alla semplice trasposizione della didattica in presenza attraverso un medium tecnologico, sia esso una piattaforma o una app, e supporti diversi dall’aula scolastica, come computer, tablet o telefoni cellulari. La chiusura delle scuole, e conseguentemente la {p. 270}necessità di proseguire le lezioni con la didattica a distanza, ha inoltre evidenziato il numero limitato di insegnanti con una formazione digitale specifica, l’adozione marginale di dispositivi come tablet e pc per le attività didattiche nella scuola in presenza, la dotazione non sempre efficiente e adeguata di infrastrutture per l’utilizzo delle tecnologie: connessioni non sempre veloci; spesso non adeguate alla contemporanea fruizione da parte di un’intera classe; indisponibilità di un numero adeguato di dispositivi.
Che ci sia stato un effetto di spiazzamento di fronte all’emergenza è indubbio; e che essa sia stata amplificata dalle resistenze di molti docenti all’utilizzo delle tecnologie è un altro dato acclarato. Non è tuttavia da trascurare il grande potenziale connesso ai dispositivi che la tecnologia mette a disposizione: le piattaforme educative (e su questo sono in particolare Google Classroom e GSuite a essere quelle maggiormente diffuse tra i docenti intervistati) e le principali app che consentono lezioni a distanza in audio video (Zoom e Meet le più utilizzate dai docenti, seguite dalle videochiamate whatsapp per i casi in cui non è disponibile atro strumento per raggiungere le famiglie) sono divenute lo strumento quotidiano per fare lezione e interagire con i bambini («quest’emergenza ci ha costrette a un salto di qualità nell’uso delle tecnologie, che forse avremo compiuto in condizioni normali in dieci anni o più», focus con insegnanti scuola di Torino Sud).
In relazione all’età degli alunni si possono veicolare contributi più o meno strutturati o privilegiare invece un’interazione d’aula, ma il comune denominatore di questi strumenti è la loro capacità di entrare nelle case e simulare la situazione d’aula, sia negli aspetti didattici sia in quelli relazionali. Si tratta di aule però molto speciali nel caso dei bambini delle primarie, non solo per la loro giovane età e per le difficoltà a interagire tra loro e con le insegnanti a distanza, senza quel contatto fisico che le insegnanti definiscono come parte integrante e insostituibile della relazione educativa, ma anche per il fatto che la classe è composta da insegnante, bambini e genitori. La giovane età degli alunni infatti non consente l’utilizzo in completa autonomia, è {p. 271}sempre presente un adulto della famiglia a supporto, il che trasforma ulteriormente la relazione educativa. I bambini vengono privati di quella relazione esclusiva e speciale con altri adulti fuori dalla famiglia e si trovano in una compresenza di figure educative che produce spiazzamento.
La relazione educativa quindi è stata perturbata da tre fattori: il venir meno della compresenza (tra bambini e insegnanti; tra bambini); l’inserimento in tale relazione dei genitori in quanto mediatori indispensabili nell’utilizzo delle tecnologie; e infine i diversi gradi di esperienza e competenza dei docenti nell’utilizzo delle tecnologie e delle loro potenzialità.
Riguardo al primo punto, ossia il fattore compresenza fisica, le insegnanti intervistate nelle interviste di gruppo hanno messo in luce come la Dad riesca in qualche modo a salvaguardare la componente trasmissiva delle discipline, perdendo però del tutto l’interazione tra insegnanti e alunni e con essa l’osservazione dei meccanismi di apprendimento («se io non vedo come fanno un compito, come risolvono un problema, sono io per prima a non capire se hanno capito; quello manca», da focus group con insegnanti di una scuola di Torino Nord) e le possibilità di verifica vengono quasi del tutto azzerate («Siamo tornati indietro di decine di anni, siamo alla scuola esclusivamente trasmissiva», da focus group con insegnanti di scuola primaria Torino Sud).
Quanto al secondo aspetto, ossia la presenza (e intromissione) dei genitori nella relazione educativa, esso è di particolare rilevanza sia ai fini degli apprendimenti, sia delle relazioni. La scuola a distanza è definita «un palcoscenico» (da focus insegnanti scuola Torino Centro), in cui le insegnanti rappresentano il proprio spettacolo, vanno letteralmente in scena e i genitori sono spettatori e giudici della loro performance. Le diverse risorse culturali ed educative delle famiglie fanno sì inoltre che i bambini ricevano nel proprio nucleo familiare stimoli, supporti e aiuti differenti nel percorso della scuola a distanza, che quindi da una parte integrano l’attività di e-learning degli insegnanti, ma dall’altra possono depotenziarla. La relazione tra pari a distanza è inoltre condizionata dalla presenza e mediazione {p. 272}degli adulti che governano i dispositivi per i collegamenti: i bambini della scuola primaria non possiedono un proprio telefono, in genere sono le mamme a fare da mediatrici in queste relazioni tra compagni di classe.
La situazione emergenziale dunque deprime le capacità di agency dei bambini, che hanno poche capacità di vedere ascoltata la propria voce, che perdono la possibilità di confronto e costruzione della propria realtà insieme ai pari.
Infine, per quanto riguarda le competenze degli insegnanti nella gestione della Dad, esse sono state generalmente modeste, almeno in avvio: poca dimestichezza con i dispositivi, poca familiarità con le piattaforme. L’utilizzo delle tecnologie ha richiesto loro una rimodulazione totale dei programmi, una creatività nella trasmissione degli insegnamenti, e non da ultimo una competenza digitale che era stata fino a quel momento solo parzialmente utilizzata. «Un sistema paradigmaticamente vecchio – nonostante la retorica innovativa su cui sono state promosse le ICT – non è ancora stato né sostituito e neppure lontanamente affiancato da uno nuovo» [Giancola e Piromalli 2020, 9].
La presenza dell’animatore digitale all’interno delle scuole ha in alcuni casi aiutato la transizione dalla didattica tradizionale alla Dad, ma il livello complessivo della preparazione dei docenti è per loro stessa ammissione modesto.

5.2. Imparare a distanza: la rivoluzione nella didattica passa dalla tecnologia

Le aule della Dad sono molto speciali nel caso dei bambini delle primarie, non solo per la loro giovane età e per le difficoltà a interagire tra loro e con le insegnanti a distanza, senza quel contatto fisico che le insegnanti definiscono come parte integrante e insostituibile della relazione educativa, ma anche per il fatto che la classe è composta da insegnante, bambini e altri adulti (i genitori). Il paradosso della Dad è che la distanza in realtà è ambivalente: da una parte amplifica la lontananza (la scuola si fa lontano da scuola) ma dall’altra riduce la distanza e favorisce l’inserimento nella
{p. 273}relazione didattica ed educativa di altri soggetti. Questo aspetto è ovviamente amplificato dall’età degli alunni che non consente loro l’utilizzo in completa autonomia, dal collegamento allo svolgimento della lezione/interazione è sempre presente un adulto della famiglia a supporto, il che trasforma completamente la relazione educativa e il contesto di apprendimento, nonché spesso la qualità e veridicità della valutazione. La presenza dei genitori (nello scenario più favorevole), o la loro intromissione (con interventi e commenti), quando non addirittura la completa sostituzione ai bambini nell’interazione della classe e con l’insegnante, condiziona anche la stessa attività delle insegnanti che sono poste sotto osservazione (e spesso anche valutazione, di efficacia e di efficienza) dalle famiglie. Questo accade in modo particolare con le scuole di utenza borghese, nelle quali la relazione scuola-famiglia presentava già elementi di complessità, proprio a causa dell’ingerenza continua dei genitori in questioni di competenza delle insegnanti.
Note