Paolo Conte
Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c3
L’Europe, agitée dans ces derniers temps par la lutte des lumières et des passions, admira les vues profondes et lointaines sur les systèmes politiques et les fines observations du cœur humain
{p. 108}que Casti rassembla d’une manière si piquante et si originale dans son célèbre poème des Animaux parlants. Ce bel ouvrage qui réunit la pompe de l’épopée et la simplicité de l’apologue, qui élève l’apologue de la morale privée à la morale publique, illustre par un nouveau genre les fastes du Parnasse italien. Comme épopée, c’est le premier des poèmes politiques [37]
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D’altronde, l’attenzione de «La Décade» nei confronti della più recente produzione culturale italiana fu una costante di quegli anni, dato che davvero numerose sono le recensioni dedicate ai testi pubblicati, in Francia come in Italia, ad opera di uomini che, dopo gli ardori del Triennio, provavano a collaborare con le istituzioni napoleoniche. Nello stesso anno della morte di Casti, ad esempio, in un solo numero, quello del 10 fruttidoro XI (28 agosto 1803), erano lodevolmente commentati diversi lavori: da La Philologie, ou les Règles de la grammaire italienne, pubblicato l’anno prima a Nantes per la penna del linguista napoletano Gaetano Carcani (anch’egli esule in Francia), alla rivista torinese «Bibliothèque Italienne», definita «un vrai service rendu et à l’Italie et à la France» da parte di alcuni «savants nés italiens, devenus français» ai quali «l’on ne peut que leur savoir gré d’enrichir d’un si bon ouvrage leur ancienne et leur nouvelle patrie». Altri commenti elogiativi erano riservati alla recente edizione milanese delle opere classiche italiane, il cui scopo era «remettre sous les yeux, et des étrangers et des Italiens eux-mêmes, les meilleurs modèles que possède cette belle langue, et de la rappeler ainsi à cette pureté primitive dont on se plaint depuis long-tems qu’elle s’est écartée». Discorso simile, infine, anche per la Raccolta degli economisti italiani curata, sempre a Milano, da Pietro Custodi, di cui si apprezzava il proposito di ricordare al pubblico europeo che «la science de l’économie politique, aujourd’hui cultivée et répandue chez toutes les nations de l’Europe, est née, comme tant d’autres branches des connaissances humaines, chez les Italiens» [38]
.{p. 109}
Ma in questo lavoro di diffusione in Francia della cultura peninsulare un ruolo rilevante era svolto proprio dagli italiani presenti a Parigi, i quali, o perché autori essi stessi di testi recensiti dal giornale o perché molto vicini alla sua redazione, influirono non poco nelle relative scelte. Ne è una prova la lettera con cui, sempre dalla capitale francese, il milanese Porro Lambertenghi scriveva all’amico Custodi nel giugno 1803 (ossia pochi mesi prima della pubblicazione della citata recensione della Raccolta degli economisti italiani) per informarlo della volontà di far trattare del lavoro «in alcuno di questi più numerosi giornali letterari», nella convinzione che la cosa avrebbe potuto «somministrarvi nuove assicurazioni che potrebbero molto in numero se fosse qui conosciuta maggiormente la vostra impresa» [39]
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Ovviamente, la presenza italiana oltralpe influì sulle attenzioni editoriali de «La Décade» soprattutto attraverso la sua stessa produzione, dato che una gran parte dei lavori oggetto di recensioni riguardava proprio testi editi a Parigi e redatti da rifugiati del 1799. Era il caso dell’Essai sur le commerce des nations de l’Europe del siciliano Scrofani, dato alle stampe nel 1801 e recensito l’anno successivo in un articolo in cui si sottolineava come l’autore – che al tempo pur suscitava non poco l’apprensione della polizia parigina – provasse a effettuare, attraverso lo studio dello specifico caso dell’isola natia, più ampie riflessioni sul commercio europeo e sulla schiavitù [40]
. Ulteriore esempio è costituito dai due trattati di grammatica italiana di un altro siciliano giunto in Francia nel 1799 come Antonio Scoppa, il quale – dopo essersi in quegli anni avviato al tipico percorso professionale dei rifugiati, ossia l’insegnamento della lingua madre – sul tema aveva sviluppato le sue considerazioni fra 1801 e 1803 in due lavori che il giornale transalpino faceva conoscere, pur con qualche critica, nel citato numero dell’estate 1803 [41]
.{p. 110}
Fedele a una poliedrica linea editoriale che spaziava da riflessioni giuridiche a commenti più prettamente letterari, «La Décade» consacrava grande attenzione anche alle Idées sur le perfectionnement du droit positif redatte dal napoletano Michele Agresti e alla traduzione italiana dell’Arte poetica di Boileau realizzata dall’ormai qui noto Antonio Buttura [42]
. Il primo lavoro era un breve saggio in francese dato alle stampe sul finire del 1804 che serviva all’autore per suggerire strumenti legislativi utili all’attuazione del recente Code Civil: del testo, descritto come un «ouvrage très peu volumineux, ma qui contient en peu de mots beaucoup de choses utiles», i redattori apprezzavano il tentativo di contribuire a far sì che «les juges ne puissent se mettre à la place de la loi» e che «les lois soient exécutées partout d’une manière uniforme» [43]
. La traduzione di Buttura, invece, era pubblicata ai primi del 1806 e mirava a far conoscere in Italia uno dei massimi interpreti della poesia francese del XVII secolo: per questo, in una lunga recensione articolata in due numeri apparsi già in primavera, essa veniva descritta come «un des ouvrages les plus difficiles, les plus utiles, et les plus remarquables sous tous les rapports que la littérature italienne ait produits depuis longtemps» [44]
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Ma su questi ultimi due autori occorre qui in parte sostare, perché il loro percorso in Francia attesta bene una delle caratteristiche più importanti dell’integrazione nella società transalpina di tali uomini, ossia la circostanza per cui il loro impegno culturale fosse quasi sempre accompagnato da concrete funzioni all’interno delle istituzioni operanti a Parigi. Agresti, che già a Napoli si era fatto notare per le sue competenze di giureconsulto prima di schierarsi con i francesi nei mesi repubblicani [45]
, svolse sin dall’ottobre 1802 {p. 111}la funzione di professore di diritto romano presso il Lycée de Jurisprudence e anche grazie a tale incarico ottenne addirittura la naturalizzazione francese [46]
. Buttura, invece, dopo essere stato per due anni insegnante di italiano al Collège du Prytanée, dal 1802 cominciò una lunga carriera diplomatica in qualità di funzionario di quel Ministero degli esteri della Repubblica italiana che era costretto ad aver sede a Parigi e al cui titolare Marescalchi egli avrebbe, non a caso, dedicato il lavoro su Nicolas Boileau.
Esempi, questi, che mostrano come l’attenzione per la produzione italiana di quello che al tempo era il più celebre giornale culturale transalpino molto fosse dovuta proprio alla concreta presenza in Francia degli esuli, i quali, dunque, approfittarono di tale soggiorno per far conoscere i loro lavori e tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica europea nei confronti del proprio paese. Ancor più in generale, tali esempi attestano come, seppur nato dalla contingenza del 1799, l’esilio oltralpe non si fosse in seguito caratterizzato dalla mancanza di forme di collaborazione con le redazioni di fogli e riviste locali, né tantomeno avesse precluso ai suoi protagonisti un concreto operato nelle istituzioni – tanto scolastiche quanto amministrative, tanto francesi quanto italiane – effettivamente presenti a Parigi.

3. Nelle sale delle istituzioni: tra nuove protezioni e vecchi dissapori

Anche in terra francese i primissimi anni del secolo segnarono quell’importante passaggio da intellettuali-rivoluzionari a intellettuali-funzionari di cui Umberto Carpi ha descritto in pagine memorabili tanto i tratti politico-culturali quanto i drammi esistenziali [47]
. Sull’una come sull’altra sponda delle Alpi, infatti, tale passaggio ebbe modo di svilupparsi soprattutto nelle istituzioni dello Stato, le quali erano – e {p. 112}sono – il principale luogo di formazione della coscienza nazionale, il più importante strumento d’articolazione delle decisioni riguardanti la collettività, lo spazio nel quale la politica – e non meramente l’amministrazione – aveva modo di svilupparsi.
È dunque possibile sostenere che proprio la prospettiva di trovare in Francia maggiori opportunità professionali nelle istituzioni del tempo influì non poco sulla scelta di restare oltralpe di un buon numero di questi uomini, permettendo loro di realizzare la non facile transizione da esuli politici (repubblicani) a esuli funzionari (napoleonici). Una transizione, questa, che molto avrebbe inciso non solo nei loro singoli percorsi di vita, consentendo in molti casi un duraturo inserimento nella società francese, ma anche nella promozione di un florido intreccio fra le rispettive culture nazionali. Da questo punto di vista, è significativo che il lavoro svolto nelle istituzioni operanti a Parigi, ben lungi dall’essere concepito quale mero impiego burocratico, si accompagnasse a un’attività culturale tutt’altro che priva di finalità politiche. L’opzione filo-napoleonica, dunque, nasceva sì da concrete esigenze di sopravvivenza, ma era anche, «prima di tutto, una scelta ad altissimo tasso ideologico» che permetteva di concorrere alla non facile operazione di fixer la rivoluzione, ossia terminarla stabilizzandone le conquiste. Seppur non senza tormenti e difficoltà, tale scelta si concretizzava, in Italia come in Francia, seguendo i canoni di quello che Carpi, con un approccio tipicamente togliattiano, ha chiamato «regime di doppiezza», fatto cioè di lealismo istituzionale da un lato e di patriottismo democratico dall’altro: il primo necessario per radicarsi nelle nuove istituzioni e consolidare il proprio senso d’appartenenza allo Stato, il secondo fondamentale per portare avanti le mai sopite aspirazioni indipendentiste [48]
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Emblematico in questo discorso è il ruolo avuto dal Ministero degli esteri della Repubblica italiana operante a Parigi sotto la direzione di Ferdinando Marescalchi. Se si è accennato alle funzioni in esso svolte da quel Buttura che proprio in contemporanea con gli incarichi ministeriali animò
{p. 113}un giornale «letterario-politico» come «La Domenica» e si dedicò alla traduzione di Boileau, altrettanto importante, seppur meno fortunata, fu la collaborazione fornita da Giuseppe Acerbi, anch’essa accompagnata da importanti iniziative editoriali. Giunto in Francia dall’Inghilterra nel 1802, questi fu subito inserito fra i collaboratori del dicastero e al contempo non disdegnò di portare avanti i propri progetti editoriali, tanto da procedere alla traduzione francese di un lavoro che in quegli stessi mesi era pubblicato in lingua inglese a Londra, il Travels through Sweden, Finland and Lapland to the North Cape, testo nel quale raccontava le esplorazioni compiute nell’Europa settentrionale fra 1798 e 1799 [49]
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Note
[37] «La Décade», 10 ventoso XI (1/03/1803), p. 439.
[38] «La Décade», 10 fruttidoro XI (28/08/1803), pp. 412-418.
[39] BNF, Manuscripts Italiens, Fonds Custodi, cart. 1559, dr. Lambertenghi, f. 18.
[40] «La Décade», 30 nevoso X (20/01/1802), pp. 139-144; S. Scrofani, Essai sur le commerce général des nations de l’Europe, Paris, Treuttel et Würtz, X-1801.
[41] «La Décade», 10 fruttidoro XI (28/08/1803), pp. 427-429. I due testi di Scoppa sono: Traité sur la prononciation de la langue italienne, Versailles, Blaizot, 1801; Traité de la poésie italienne rapportée à la poésie française, Paris, Devaux, 1803.
[42] M. Agresti, Idées sur le perfectionnement du droit positif, Paris, Gillé, 1804; L’arte poetica di Boileau Despreaux recata in versi italiani da A. Buttura, Paris, P. Didot, 1806.
[43] «La Décade», 10 ventoso XIII (1/03/1805), pp. 398-401.
[44] «La Décade», 1o aprile 1806, pp. 31-34; 21 aprile 1806, pp. 175-178.
[45] ANF, F/7, cart. 4260.
[46] «Moniteur universel», 26 pratile XII (15/06/1804).
[47] U. Carpi, Patrioti e napoleonici. Alle origini dell’identità nazionale, Pisa, Edizioni della Normale, 2013, pp. 95-109.
[48] Ibidem, pp. 185-195.
[49] G. Acerbi, Travels through Sweden, Finland and Lapland to the North Cape, in the Years 1798 and 1799, London, Mawman, 1802.