Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c3
E ancora, nel 1823 (ossia circa due
decenni prima di
¶{p. 103}quel lontano 1842 in cui avrebbe finito i suoi
giorni fra gli esperimenti sull’elettromagnetismo condotti nella vallata di Montmorency,
in Val-d’Oise), aiutava finanziariamente il piemontese Carlo Botta a pubblicare la sua
Storia d’Italia dal 1789 al 1814. E forse sarebbe stato proprio
pensando a questo loro costante impegno che nel dicembre 1827, durante un breve
soggiorno a Piacenza, avrebbe scritto all’amico calabrese Francesco Saverio Salfi (come
lui fra i protagonisti del giornalismo milanese del Triennio e poi installatosi a Parigi
nella Restaurazione) per chiedergli – in una lettera in cui, tra le altre cose,
criticava duramente un romanzo, gli Sposi promessi, uscito proprio
in quei mesi e che reputava un «siccidume» denso di «fratate, missionariate,
superstizioni e delitti dei tempi di barbarie», un esempio della nefasta «via» con cui
«la canaglia romantica intende d’incivilire la nazione» – di salutargli «arcicaramente
l’amico Botta» e di dirgli «che mi congratulo con lui, con te, con me stesso, che non
siamo frasche, non banderuole della giornata: ciò che fummo, fatti adulti, siamo e saremo»
[27]
.
2. «La Décade»: un giornale di Francia, un interesse per l’Italia
Fondato negli intensi mesi della
primavera 1794 che avevano preceduto la svolta termidoriana, il giornale «La Décade
philosophique, littéraire et politique» era stato a lungo il punto
di riferimento (e di ritrovo) della corrente repubblicana conservatrice dei cosiddetti
idéologues, i quali si erano prima assestati, nella stagione
direttoriale, su posizioni di difesa della Costituzione dell’anno III e poi attivati,
dopo la svolta del 18 brumaio, nell’animare la principale voce critica, seppur moderata,
nei confronti della politica napoleonica
[28]
. Proprio a tale periodico, il cui titolo stava a indicare tanto la cadenza
decadale delle sue pubblicazioni ¶{p. 104}quanto l’approccio al contempo
culturale e politico della sua linea editoriale, si erano ispirati gli esuli Poggi e
Buttura nel fondare, nel 1803, il citato giornale «La Domenica». Non a caso, nei mesi di
vita di questo settimanale, dalle colonne del foglio parigino apparsero diversi rimandi
al «journal italien intitulé “La Domenica”, où l’on trouve rédigé avec beaucoup de goût
tout ce qui peut donner une idée juste de l’état actuel de la littérature en Italie et
en France»
[29]
. Del resto, l’attenzione del periodico parigino verso la produzione di parte
italiana era da tempo una costante delle sue pubblicazioni, ulteriormente incoraggiata,
in quei primi anni del nuovo secolo, dalla presenza nella redazione di figure quali
Alexis Artaud de Montor e Pierre-Louis Ginguené che, già tra i fondatori del giornale,
durante il Consolato erano tornati a Parigi dopo aver svolto nel Triennio funzioni
diplomatiche in Italia (rispettivamente a Roma e Torino).
Pertanto, non stupisce che,
nell’estate del 1802, «La Décade» avviasse una lunga recensione
(poi sviluppata in ben tre numeri) su uno strano testo italiano, pubblicato da qualche
settimana proprio a Parigi, che raccontava in versi la storia di immaginari animali parlanti
[30]
. Il suo autore era il celebre e ormai ottuagenario Giambattista Casti, abate
romano giunto in Francia in quel 1798 in cui in patria aveva preso corpo la breve
esperienza della Repubblica filo-francese e presto integratosi nel mondo dell’esulato
italiano che di lì a breve si sarebbe formato sulle rive della Senna. La recensione
avvertiva subito che in fondo «ce Poème épique n’est rien moins
qu’un Poème politique», in quanto «l’auteur a traité, sous le voile
d’une allégorie ingénieuse, des matières très graves»: insomma, proprio come il celebre
Jean de La Fontaine, Casti non faceva altro che servirsi degli animali «pour instruire
les hommes». Cosicché, i redattori del giornale ne elogiavano stile e contenuti,
presentando l’opera come «un ¶{p. 105}monument qui marque d’une manière
brillante le progrès des lumières et de la raison humaine», come un lavoro che
«contribuera à soutenir en Europe la réputation et le goût de la belle poésie italienne,
et à répandre, par le charme d’amusantes fictions, les principes d’une philosophie digne
du XIX siècle»
[31]
.
Non a caso, in questa crescente
tendenza a trasmettere messaggi dall’alto tasso ideologico anche attraverso recensioni,
a suscitare l’interesse del testo era in particolare un personaggio, il cane. Questi,
dopo una lunga discussione fra gli animali sulla forma di governo da adottare
incentratasi sulla necessità di scongiurare «l’horrible anarchie» e conclusasi con la
decisione di optare per la monarchia, aveva deciso, nella contesa fra il repubblicano
elefante e l’aristocratico leone, di schierarsi, pur essendo «à la tête du parti
démocratique», con il secondo. Così, l’articolo raccontava come il leone, uscito
vincitore proprio grazie a tale sostegno, dopo aver esiliato l’elefante si fosse avvalso
delle competenze del cane nominandolo suo primo ministro, dato che «quoiqu’en public ils
fussent ennemis, il y avait entr’eux un accord secret». Ed è proprio su tale accordo e
sul conseguente ruolo del democratico cane nelle istituzioni monarchiche che molto si
concentrava la recensione, la quale, del resto, appariva proprio nel corso delle
settimane che, ai primi di agosto, portarono alla nomina di Napoleone a primo Console a
vita. «La Décade», infatti, sottolineava come, dopo l’intesa fra il leone e il cane, le
cose andarono molto bene, perché il primo si comportò da «bon prince», mentre il
secondo, volendo «illustrer son ministère», si attivò soprattutto sul terreno culturale,
fondando «une bibliothèque et une académie dont le roi lui-même est le premier membre» e
in cui «tous les animaux de distinction se font un honneur d’être académiciens»
[32]
.
Tuttavia, la situazione sarebbe
mutata con la morte del re, perché il suo giovane erede si mostrò incapace di reggere le
redini dello Stato, permettendo alle forze conservatrici ¶{p. 106}(ossia
al partito presieduto da asino e gatto) di approfittarne, facendo «sauter le premier
ministre Chien» e mettendo al suo posto la volpe, pur essendo quest’ultima «sans foi ni
probité». E fu a questo punto che «le ministre disgracié revient, par dépit, aux
principes démocratiques qu’il avait autrefois soutenus»: ormai riconciliatosi con il
repubblicano elefante, il cane «prend en haine et la cour et les rois» e dà vita a un
«club» in cui confluiscono tutti i «mécontens que l’horrible gouvernement du Renard a
révoltés». Dunque, la collaborazione con la monarchia non aveva comportato per il cane
l’abbandono delle precedenti istanze democratiche, né tantomeno gli aveva impedito di
tornare a combattere sulle posizioni iniziali, al punto tale che egli sarebbe presto
divenuto il leader del ricostruito partito repubblicano e il suo stesso nome sarebbe
tornato a essere, proprio come ai tempi della rivoluzione, sinonimo di opposizione al
regime. Ne sarebbe seguita una guerra violenta rivelatasi estenuante per entrambi i
partiti e conclusasi solo con l’indizione di un congresso poi bruscamente interrotto da
un cataclisma con il quale l’autore interrompeva improvvisamente la storia, non senza
premunirsi però di comunicare che fra le vittime della catastrofe vi era anche
l’usurpatrice volpe
[33]
.
Dunque, il racconto allegorico di
Casti tornava utile ai redattori de «La Décade» per mostrare, ormai a quasi tre anni
dalla svolta di brumaio, come il restringimento degli spazi di libertà non fosse di per
sé una scelta a loro sgradita, a condizione tuttavia che le istanze democratiche
continuassero a trovare esplicita rappresentanza istituzionale. Inoltre, esso permetteva
di avvertire, seppur tramite metafora, che l’emarginazione del personale politico da
tempo sostenitore di un repubblicanesimo moderato avrebbe significato la fine della loro
collaborazione virtuosa con i vertici dello Stato e l’avvio di una nuova, e nefasta,
fase di lacerazione della società. La figura del cane, pertanto, rappresentava bene la
posizione che, negli anni della Repubblica consolare, era stata assunta proprio dagli
uomini raccoltisi nel giornale, non restii a collaborare con il «leone» quando si
trattava di ¶{p. 107}stabilizzare le conquiste democratiche degli anni
precedenti e dar loro concreti risvolti sul terreno culturale, ma non per questo
disposti a rinunciare alle proprie convinzioni e quindi a legittimare l’accelerazione
autoritaria imposta dalla «volpe»
[34]
.
Certo, Casti aveva, per età e
formazione, un profilo diverso da quello degli esuli del 1799, ma qui preme sottolineare
non solo come testi poetici, finanche a carattere allegorico e scritti in italiano,
potessero risultare utili all’articolazione della lotta politica del tempo, ma anche
come fra i sostenitori della linea de «La Décade» vi fosse proprio una parte consistente
dell’élite italiana giunta in Francia in quegli anni. Non a caso, quando nel febbraio
successivo l’abate moriva proprio a Parigi, sulle pagine del giornale si comunicava come
«les Italiens les plus distingués qui se trouvent à Paris ont rendus les derniers
devoirs au célèbre poète» e soprattutto si faceva seguire la notizia da un commosso
necrologio a firma di uno di essi, il patriota Nicola Corona, nativo di Sora e in
passato fra i protagonisti della Repubblica romana in qualità di componente della
Commissione di Belle Arti
[35]
. Descritto come «médecin renommé» e «intime ami» di Casti, Corona – che in
quei mesi era alle prese con il non marginale problema del sequestro dei beni rimasti in patria
[36]
– dalle colonne del giornale esaltava del poeta romano proprio la recente
opera sugli animali, apprezzandone tanto le riflessioni legate allo scenario
contingente, quanto lo stile degno della migliore poesia italiana:
L’Europe, agitée dans ces derniers temps par la lutte des lumières et des passions, admira les vues profondes et lointaines sur les systèmes politiques et les fines observations du cœur humain¶{p. 108}que Casti rassembla d’une manière si piquante et si originale dans son célèbre poème des Animaux parlants. Ce bel ouvrage qui réunit la pompe de l’épopée et la simplicité de l’apologue, qui élève l’apologue de la morale privée à la morale publique, illustre par un nouveau genre les fastes du Parnasse italien. Comme épopée, c’est le premier des poèmes politiques [37] .
Note
[27] R. Froio (a cura di), Salfi tra Napoli e Parigi. Carteggio 1792-1832, Napoli, Macchiaroli, 1997, pp. 319-320.
[28] M. Regaldo, Un milieu intellectuel: la Décade philosophique (1794-1807), Paris, Champion, 1976.
[29] «La Décade», 10 fruttidoro XI (28/08/1803), p. 418.
[30] G. Casti, Gli animali parlanti, Paris, Treuttel et Wurtz, 1802. Per la recensione: «La Décade», 30 messidoro X (19/07/1802), pp. 162-175; 10 termidoro X (29/07/1802), pp. 222-235; 20 termidoro X (8/08/1802), pp. 291-310.
[31] Ibidem.
[32] Ibidem.
[33] Ibidem.
[34] Sull’utilizzo politico degli animali in quegli anni si veda P. Serna, Comme des bêtes. Histoire politique de l’animal en Révolution (1750-1840), Paris, Fayard, 2017; Id., L’animal en République. 1789-1802, genèse du droit des bêtes, Toulouse, Anacharsis, 2016 (trad. it. L’animale e la Repubblica. 1789-1802, alle origini dei diritti delle bestie, Varese, Mimesis, 2019).
[35] «La Décade», 10 ventoso XI (1/03/1803), pp. 438-440.
[36] AMAE, Cp, Naples, cart. 128, ff. 201-202.
[37] «La Décade», 10 ventoso XI (1/03/1803), p. 439.