Elena dell'Agnese, Daniel Delatin Rodrigues (a cura di)
Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c6

Capitolo sesto L’agricoltura sociale come strumento di sviluppo. Il Monferrato come caso di studio
di Francesca Allolio e Matilde Ferretto

Notizie Autori
Francesca Allolio ha conseguito con il massimo dei voti la laurea magistrale in Turismo, territorio e sviluppo locale. Attualmente è impegnata nel settore viticolo del Monferrato come figura di mediazione imprenditoria-territorio-comunità e nella cooperazione internazionale come press office assistant.
Notizie Autori
Matilde Ferretto è professore ordinario di Economia e politica agraria e docente dei corsi di Economia culturale e ambientale e di Politiche per lo sviluppo rurale presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università Milano Bicocca. I suoi temi di ricerca sono prevalentemente riconducibili all’analisi dell’evoluzione dei territori rurali anche nelle relazioni con i contesti urbani.
Nella seconda metà del secolo scorso, con un’accentuata accelerazione negli anni del boom economico, l’attenzione del settore agricolo è stata incentrata sull’aumento di produttività delle coltivazioni e degli allevamenti secondo modelli organizzativi che possono essere definiti di tipo industriale e finalizzati alla produzione di commodities. Nel contempo, in Italia, il settore agricolo ha visto ridotta la propria importanza nel contesto economico e sociale: la percentuale degli occupati nel settore è passata dal 43% degli anni Cinquanta del secolo scorso all’attuale 3%; il contributo del settore al prodotto interno lordo (PIL) è drasticamente sceso dal 28% del 1950 all’attuale 2%; il numero di aziende si è fortemente ridotto passando da oltre 4 milioni dei primi anni Sessanta del Novecento agli attuali 1,3 milioni; infine, la superficie agricola utilizzata (SAU), nello stesso periodo, è calata del 33% comportando un aumento della SAU media aziendale (11,1 ha) comunque inferiore alla media europea (16,6 ha) [1]
. Gli effetti sociali di questi mutamenti sono molto forti poiché: «l’affermarsi del modello industriale in agricoltura causa l’uscita dal mercato e dal territorio delle realtà agricole di piccole e medie dimensioni comportando la disgregazione delle comunità rurali» [Ferretto 2022, 12].
In questo contesto va evidenziato che anche le aziende agricole si sono evolute e hanno elaborato, specie le piccole e medie aziende marginali rispetto al mercato delle commodities, strategie di resilienza che hanno consentito a molte di loro di rimanere attive sviluppando attività accessorie a quella della mera produzione. Nel settore, quindi, sono presenti, a fianco di aziende che continuano a ritenere come {p. 128}unica funzione aziendale quella della produzione di beni agricoli, aziende che allargano la propria visione operando con lo svolgimento di altre funzioni di tipo ambientale, sociale, paesaggistico e culturale. L’insieme di queste funzioni può essere riassunto nel termine di multifunzionalità dell’agricoltura. Questo termine è stato coniato, e riconosciuto per la prima volta a livello internazionale, nell’ambito del Summit della Terra [2]
. Successivamente, la multifunzionalità dell’agricoltura è stata riconosciuta come uno dei motori dello sviluppo rurale nel corso della Conferenza europea sullo sviluppo rurale Un’Europa viva, svoltasi nel 1996 a Cork in Irlanda, nel corso della quale l’agricoltura è stata riconosciuta come produttrice di beni e servizi materiali, ma soprattutto produttrice di beni e servizi immateriali ovvero di beni pubblici e comuni (quali sono: difesa del paesaggio e della biodiversità, vitalità delle aree rurali, sicurezza alimentare, qualità della vita). Il suo ruolo ambientale, sociale, paesaggistico e culturale è stato quindi riconosciuto e inserito nei programmi di sviluppo rurale nell’ambito del secondo pilastro della politica agricola comunitaria (PAC) [3]
.
In Italia la multifunzionalità dell’agricoltura trova attuazione con il decreto legislativo n. 228/2001 che, ampliandone le attività di competenza, rinnova la configurazione giuridica e funzionale dell’imprenditore agricolo e dell’azienda agricola.
La multifunzionalità dell’agricoltura presenta tre rami principali il primo dei quali, l’agriturismo, è il più conosciuto e il più antico [4]
. Negli anni, però, sia la filiera corta, per la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari dal produttore al consumatore, sia l’agricoltura sociale hanno acquisito importanza e aumentato la loro diffusione. Il motivo di questo successo è riconducibile alla constatazione che l’affermarsi della multifunzionalità dell’agricoltura ha {p. 129}consentito di elaborare una nuova interpretazione delle aree rurali che possono essere viste non più come aree marginali, ma come territori dove operano sistemi organizzati e organizzabili di risorse ambientali, naturali, culturali ecc. che possono dialogare anche con altri territori configurandosi come ambiti di fruizione e consumo anche, ad esempio, per i residenti urbani.
In questa direzione si muove anche la Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) [5]
, finalizzata ad arginare lo spopolamento delle aree interne del Paese che vengono abbandonate dai residenti, a causa della lontananza fisica dai poli di agglomerazione e di servizi. Le azioni proposte, e intraprese, dalla SNAI sono basate sullo sviluppo locale di queste aree secondo l’approccio bottom-up, partendo dalla constatazione che queste aree povere di servizi sono ricche di risorse che mancano nelle aree centrali. Tali risorse possono essere valorizzate e messe a sistema, sulla base delle richieste delle popolazioni locali, attraverso il trasferimento di risorse e l’impiego intelligente delle nuove tecnologie. Purtroppo, come evidenzia l’ultimo focus dell’Istat sulle aree interne [6]
, il cammino da percorrere è ancora lungo.

1. L’agricoltura sociale

Negli ultimi vent’anni, l’agricoltura sociale (AS) è andata diffondendosi in Europa e in Italia come attività annessa per le aziende agricole. Tuttavia, non si è ancora pervenuti a una sua precisa e condivisa definizione a livello europeo poiché l’AS «è interessata da una molteplicità di politiche settoriali, quelle agricole anzitutto e in particolare quelle di sviluppo rurale, ma anche le politiche di sviluppo regionale, le politiche sociali, quelle sanitarie, dell’istruzione, del lavoro, ambientali, della sicurezza» [Giarè e Macrì 2012, 94]. In sin{p. 130}tesi, si può dire che l’AS coniughi obiettivi di tipo aziendale, come il miglioramento del reddito e la valorizzazione dei prodotti locali, obiettivi di sviluppo territoriale, come nuove forme di governance e di welfare, e obiettivi di sviluppo e solidarietà sociale, essendo rivolta a forme sia di inclusione sociale (persone con svantaggi fisici, psichici e sociali) sia di formazione e di intrattenimento (scolaresche, anziani).
Per quanto riguarda la definizione dei ruoli e delle caratteristiche dell’AS, il dibattito scientifico [Giarè, Vassallo e De Vito 2022, 39-49], si è sviluppato in merito all’intenzionalità, o meno, delle aziende agricole operanti nell’ambito dell’AS di svolgere funzioni sociali, ovvero si è tentato di capire se queste funzioni rientrassero esplicitamente negli obiettivi di impresa e, come tali, dovessero prevedere un riconoscimento normativo e una stima del valore. La questione, dal punto di vista giuridico, non è cosa da poco poiché, dovendo operare con persone svantaggiate, sono indispensabili, da un lato una professionalità specifica degli operatori, dall’altro meccanismi di controllo e di tutela delle persone coinvolte. Questo significa che si rende necessario un coordinamento con le istituzioni pubbliche, siano esse sanitarie e dell’istruzione o operanti sul territorio per i progetti di sviluppo rurale.
Una prima definizione di AS, riconosciuta a livello europeo e ripresa dalle normative dei singoli Stati, si trova nel parere del Comitato economico e sociale europeo del 2013 sul tema Agricoltura sociale: terapie verdi e politiche sociali e sanitarie [7]
, dove l’AS viene definita come «un approccio innovativo fondato sull’abbinamento di due concetti distinti: l’agricoltura multifunzionale e i servizi sociali/terapeutico-assistenziali a livello locale».
Nella normativa italiana l’attività di AS è vincolata dalla legge n. 141/2015 e può essere esercitata solo dagli imprenditori agricoli professionali (art. 2135 c.c.), in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali (legge n. 381/1991) nei limiti fissati dall’art. 4 della stessa legge che stabilisce che le attività di AS sono dirette a realizzare:{p. 131}
a) inserimento sociolavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati [...] [8]
, di persone svantaggiate [9]
e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;
b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;
c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e di soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.
La legge prevede tra l’altro (art. 6) che:
a) le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano si attivino per effettuare, nei tempi prescritti, il riconoscimento e il monitoraggio degli operatori dell’AS stabilendone le modalità (istituzione di registri regionali);
b) nella predisposizione dei Piani regionali di sviluppo rurale, le Regioni possono promuovere la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese agricole e basati su pratiche di progettazione integrata territoriale e di sviluppo dell’agricoltura sociale. A tale fine le Regioni promuovono tavoli regionali e distrettuali
{p. 132}di partenariato tra i soggetti interessati alla realizzazione di programmi di agricoltura sociale.
Note
[1] Dati del 7° Censimento generale dell’agricoltura, Istat 2022.
[2] Conferenza internazionale su ambiente e sviluppo (UNCED) delle Nazioni Unite svoltosi nel 1992 a Rio de Janeiro in Brasile.
[3] Riforma Fischler (Regolamento CE n. 1782/2003) e successive modifiche.
[4] La prima legge quadro sull’agriturismo è la n. 730/1985 modificata con la legge n. 96/2006.
[5] La SNAI è una strategia politica avviata nel 2013 e promossa dall’Agenzia per la coesione territoriale.
[6] La geografia delle aree interne nel 2020: vasti territori tra potenzialità e debolezze, Statistiche, Focus Istat, 20 luglio 2022.
[7] CESE, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C44/44, 15 febbraio 2013.
[8] Definiti ai sensi dell’art. 2, numeri 3 e 4, del regolamento UE n. 651/2014 della Commissione.
[9] Definite ai sensi dell’art. 4 della legge n. 381/1991 integrata con la legge 15 luglio 2022, n. 91 che prevede l’inclusione tra le persone fragili di migranti e rifugiati.