Verso il museo multimediale della lingua italiana
DOI: 10.1401/9788815410283/c2
Lucilla Pizzoli Raccontare la lingua italiana in un museo: ieri e oggi
Notizie Autori
Lucilla Pizzoli insegna Linguistica italiana presso l’UNINT – Università
degli studi internazionali di Roma e collabora con la Società Dante
Alighieri. È tra gli autori delle mostre ideate dalla Dante Alighieri sulla
lingua italiana Dove il sì suona (Firenze, Galleria degli Uffizi,
2003) e La dolce lingua (Zurigo, Museo nazionale, 2005) e curatrice
di Una di lingua. La lingua italiana negli anni dell’Italia unita
(2011). È coordinatrice scientifica dell’Osservatorio degli italianismi nel
mondo promosso dall’Accademia della Crusca. Tra le sue pubblicazioni
L’italiano illustrato (2012) e (con Luca Serianni) Storia
illustrata della lingua italiana (2a ed. 2018).
Abstract
Alla Società Dante Alighieri si era iniziato a lavorare in quegli anni a un importante progetto espositivo e Giovanni Nencioni, allora presidente dell’Accademia della Crusca e vicepresidente della Dante, aveva chiesto la collaborazione di Luca Serianni per poter realizzare un allestimento che celebrasse e promuovesse la lingua italiana, assecondando le finalità statutarie dell’istituzione. La crescente sensibilità nei confronti della lingua come componente culturale e comestrumento di comunicazione e di inclusione ha rappresentato infatti, in questi ultimi anni, il clima ideale per la nascita di molti nuovi progetti dedicati alla promozione delle lingue, tra cui diversi musei. In questo tipo di strutture è fondamentale che venga particolarmente curata l’elaborazione dei testi, sia scritti (indicazioni sul percorso, didascalie, pannelli, commenti, istruzioni d’uso del materiale didattico), sia audio-video (installazioni sonore, documentari, audioguide) per favorire in ogni modo uno scambio con il pubblico efficace dal punto di vista comunicativo, anche attraverso un apparato grafico di grande impatto; allo stesso modo deve essere potenziata al massimo l’interattività, intesa come possibilità di agire sul materiale disponibile sottoponendo richieste e soddisfacendo curiosità.
1. Un passo indietro…
L’idea di una mostra dedicata alla
lingua italiana mi è stata presentata per la prima volta nel 1996. Alla Società Dante
Alighieri si era iniziato a lavorare in quegli anni a un importante progetto espositivo
e Giovanni Nencioni, allora presidente dell’Accademia della Crusca e vicepresidente
della Dante, aveva chiesto la collaborazione di Luca Serianni per poter realizzare un
allestimento che celebrasse e promuovesse la lingua italiana, assecondando le finalità
statutarie dell’istituzione. Su incarico di Serianni, insieme a un gruppo di giovani
studiosi, abbiamo iniziato a ragionare all’impianto della mostra partendo inizialmente
da un racconto scritto, corredato da immagini che si sarebbero potute trasformare in
oggetti museali: quel primo lavoro, pubblicato dalla Dante Alighieri nel 2001 e poi da
Scheiwiller nel 2002, e destinato a diventare una collana illustrata sulla lingua
italiana, aveva posto le basi per quella che sarebbe diventata Dove il sì
suona. Gli italiani e la loro lingua, la grande
mostra dedicata alla lingua italiana allestita presso la Galleria degli Uffizi di
Firenze nel 2003
[1]
. Non era stato ¶{p. 20}facile convincere i promotori, gli
sponsor, gli architetti e tutte le altre figure coinvolte nell’impresa che una lingua –
qualcosa di apparentemente astratto, immateriale – poteva essere rappresentata in uno
spazio fisico, peraltro piuttosto ampio, senza ricorrere esclusivamente a testi
esplicativi che costringessero i visitatori a lavorare solo con l’immaginazione. Con
Giuseppe Antonelli, Matteo Motolese e Stefano Telve abbiamo raccolto quella che ci era
apparsa da subito come una sfida entusiasmante: avevamo l’occasione di mostrare a un
pubblico vario le diverse dimensioni della lingua (scritta, parlata, trasmessa), la sua
storia e il suo rapporto con la tradizione letteraria, le diverse implicazioni nella
società, l’interazione con i dialetti, le varie forme di contatto con le altre lingue.
Per farlo ci siamo costretti a osservare la pervasività del linguaggio in tutte le forme
dell’attività umana e, allontanandoci dalla forma della narrazione scritta, abbiamo
provato a evocare concetti astratti tramite la loro concretizzazione non solo nei testi
che hanno conservato traccia dei passaggi fondamentali della storia della codificazione
e diffusione dell’italiano (grammatiche, dizionari, opere letterarie che hanno tracciato
i contorni della nostra lingua), ma anche negli oggetti quotidiani capaci di presentare
nuove forme della comunicazione, nei supporti multimediali in grado di riprodurre i
diversi fenomeni dell’oralità, in quadri, iscrizioni, graffiti che hanno fotografato
importanti momenti, funzioni, risorse della lingua.
Questo racconto stratificato su più
livelli è stato poi accompagnato da un apparato di stimoli sonori, grafici e di giochi
che potessero coinvolgere i visitatori in una dimensione immersiva e interattiva, nella
convinzione che la complessa natura della lingua potesse essere spiegata con maggiore
efficacia ricorrendo a un intervento su più piani: informativo-didattico,
ludico-emozionale, culturale-identitario.
Il successo della mostra degli
Uffizi, prolungata di ulteriori tre mesi rispetto al disegno iniziale e poi allestita in
una nuova versione nel 2005 presso il Museo nazionale ¶{p. 21}di
Zurigo e in versione itinerante in tante città del mondo,
ha confermato che la proposta aveva funzionato: si poteva rappresentare nello spazio una
grande lingua di cultura come l’italiano, con una lunga e affascinante storia,
fortemente attrattiva per un pubblico di studenti e studiosi, parlata, cantata e scritta
da letterati, musicisti, scienziati e comuni cittadini italiani e stranieri. La lingua
italiana si presentava così come un bene culturale ben riconoscibile, degno di essere
celebrato e descritto in un museo.
Evidentemente i tempi erano maturi
per lavorare a un progetto del genere: proprio nel 2003 arrivava la
Convenzione internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale
immateriale dell’UNESCO, che includeva la lingua tra i segni della
cultura nazionale: anche le lingue dunque diventavano beni culturali da preservare,
patrimonio immateriale e testimonianza della diversità di ogni cultura
[2]
. A poca distanza, nel 2004, si aggiungeva anche la revisione della
definizione di museo da parte dell’ICOM (International Council of Museums), che faceva
esplicitamente riferimento, tra le finalità del museo, alla ricerca, all’acquisizione,
alla conservazione e alla diffusione di «testimonianze materiali e immateriali
dell’umanità e del suo ambiente»
[3]
.¶{p. 22}
In generale, nel primo decennio del
XXI secolo si è registrata, specie a livello europeo e internazionale, una crescita di
attenzione al tema delle lingue e della loro valorizzazione: mentre nella prima fase di
intervento sulla lingua le grandi istituzioni si erano prevalentemente dedicate a
interpretare la lingua come componente fondamentale dei diritti dell’uomo, ribadendo il
principio di non discriminazione su base linguistica, negli anni Novanta del secolo
scorso ci si è concentrati piuttosto sull’obiettivo del multilinguismo come base per una
pacifica convivenza tra i popoli (insistendo, con la Dichiarazione di Barcellona,
sull’utilità di imparare fin da giovani insieme alla lingua materna anche altre due
lingue dell’Unione europea); in una terza fase, poi, ci si è indirizzati verso la
politica di protezione delle minoranze e la tutela dei diritti, anche linguistici, dei
lavoratori migranti: questo ha comportato un ripensamento – dal punto di vista sia
politico sia linguistico – del ruolo delle lingue, ed è proprio in questo periodo che
sono stati ideati molti dei musei dedicati alle lingue [cfr. Grepstad 2020, 273]
[4]
.¶{p. 23}
2. … e uno avanti
È impossibile non tenere conto di
questo contesto nel momento in cui ci si trova a impostare un nuovo modello di
musealizzazione della lingua. La crescente sensibilità nei confronti della lingua come
componente culturale e come strumento di comunicazione e di inclusione ha rappresentato
infatti, in questi ultimi anni, il clima ideale per la nascita di molti nuovi progetti
dedicati alla promozione delle lingue, tra cui diversi musei. I musei sulle lingue
rispondono a tutte queste sollecitazioni: una più matura e diffusa consapevolezza
linguistica, l’esigenza di definire il ruolo delle lingue nazionali in un panorama
globale sempre più articolato, la possibilità di coinvolgere i cittadini nella
riflessione sulla funzione identitaria delle lingue e sui rapporti tra le varietà in gioco
[5]
.
Una recente ricognizione, promossa
nel marzo 2018 da Ottar Grepstad, all’epoca direttore del Centre for Norwegian Language
and Literature di Ørsta, in Norvegia, censiva oltre sessanta musei dedicati alle lingue
e allestiti in 31 paesi del mondo, a cui si sommavano oltre 15 musei virtuali. Erano
elencati in quel contesto anche molti progetti per l’istituzione di nuovi musei, i siti
web sulle lingue del mondo e una nutrita lista di eventi celebrativi dedicati alle
lingue, dalle giornate in memoria ai festival, ai monumenti presenti in tanti paesi
[6]
.
¶{p. 24}
Note
[1] Sull’esperienza della mostra fiorentina cfr. Pizzoli [2020]. I volumi derivati da quell’esperienza sono rispettivamente La lingua nella storia d’Italia, a cura di L. Serianni, Roma-Firenze, Società Dante Alighieri/SPES, 2001 (e anche Milano, Scheiwiller, 2002) e la Storia della lingua per immagini, collana diretta da L. Serianni, Roma-Città di Castello, Società Dante Alighieri/Edimond editrice, articolata in sei volumi: 1. Dal latino all’italiano contemporaneo, a cura di S. Telve (2010), 2. L’italiano letterario: fondazione e modelli, a cura di M. Motolese e A. Ricci (2011), 3. L’italiano letterario: prosa e poesia, a cura di G. Meacci e F. Serafini (2011), 4. L’italiano nella società, a cura di G. Antonelli e D. Poggiogalli (2011), 5. L’italiano e le altre lingue, a cura di L. Rossi (2012), 6. L’italiano illustrato, a cura di L. Pizzoli (2012). Parte del materiale concepito per la mostra è poi confluita in Serianni e Pizzoli [2017] e una persuasiva proposta di un museo per l’italiano è stata presentata da Antonelli [2018].
[2] Sulla Convenzione, approvata il 17 ottobre 2003 dalla 32a Assemblea generale UNESCO e ratificata dall’Italia con l. n. 167 del 27 settembre 2007, e sull’appropriatezza della definizione di lingua come bene immateriale si è discusso molto negli ultimi anni: cfr. in particolare Marazzini [2020].
[3] Cfr. quanto proposto dall’ICOM nel 2004 con le integrazioni ora disponibili nell’ICOM Code of Ethics for Museums, la versione revisionata e approvata dalla 21a Assemblea generale dell’ICOM (International Council of Museums: Seoul, 8 ottobre 2004; © ICOM, 2017): «Museums are responsible for the tangible and intangible natural and cultural heritage. Governing bodies and those concerned with the strategic direction and oversight of museums have a primary responsibility to protect and promote this heritage as well as the human, physical and financial resources made available for that purpose» (p. 6: https://icom.museum/wp-content/uploads/2018/07/ICOM-code-En-web.pdf, ultimo accesso: gennaio 2023); cfr. anche la definizione stessa di museo (messa a punto dall’ICOM e più volte rivista) così come approvata nell’ultima Assemblea generale dell’ICOM tenutasi a Praga il 24 agosto 2022: «A museum is a not-for-profit, permanent institution in the service of society that researches, collects, conserves, interprets and exhibits tangible and intangible heritage. Open to the public, accessible and inclusive, museums foster diversity and sustainability. They operate and communicate ethically, professionally and with the participation of communities, offering varied experiences for education, enjoyment, reflection and knowledge sharing» (cfr. https://icom.museum/en/resources/standards-guidelines/museum-definition/, ultimo accesso: gennaio 2023).
[4] La centralità della lingua come componente essenziale dei diritti dell’uomo si ricava dagli articoli iniziali della Carta fondativa delle Nazioni Unite (1945), della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dalle Nazioni Unite (1948) e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa (1950), dove si insiste sulla necessità di rispettare le libertà fondamentali senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione. Lo stesso principio è recuperato nella carta costituzionale italiana (art. 3, che sancisce l’uguaglianza dei cittadini senza distinzione, tra il resto, di lingua). Nel dibattito accesosi in anni più recenti, conta piuttosto sottolineare la presenza di temi come la previsione dell’interprete durante il processo, la necessità di strumenti di tutela delle lingue minoritarie e dell’integrazione linguistica da parte delle popolazioni migranti, oltre ai risvolti linguistici legati al rilascio del permesso di soggiorno e all’acquisizione della cittadinanza. Per un approfondimento sul tema della politica linguistica in ambito europeo e internazionale mi permetto di rimandare a Pizzoli [2018]. Per alcune considerazioni sulla recente integrazione del requisito della competenza linguistica nella legge italiana sulla cittadinanza cfr. Deiana [2021].
[5] Su questi temi, e sull’opportunità rappresentata da un museo dell’italiano di riflettere sul modello di italiano proposto in un dialogo continuo con le altre lingue, cfr. Cannata e Gahtan [2012].
[6] Cfr. Grepstad [2018]. L’idea da cui nasce la pubblicazione è quella di istituire una rete di musei delle lingue (International network of language museums), attraverso la quale sia possibile dare notizie di attività, progetti in corso, nuove idee. Tra le iniziative più recenti va ricordato, ad esempio, il Festival of Indigenous Languages, organizzato tra il 14 e il 23 gennaio 2022 nell’ambito dell’Endangered Languages Project (ELP: https://endangeredlanguages.com, ultimo accesso: gennaio 2023).