Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c2
L’aporia è superata da Gadamer sulla base del «principio della Wirkungsgeschichte», che rappresenta il momento culminante della sua meditazione e significa «principio dell’efficacia conseguenziale dell’accadimento storico nella storia»
[61]
. Ogni fatto storico, per esempio un discorso fissato in un documento, acquista un’efficacia ulteriore in quanto si inserisce in una concatenazione
¶{p. 74}di determinazioni storiche, le quali conservano il passato nella forma della tradizione (non tutto il passato, perché la tradizione è selettiva) e in pari tempo si proiettano nel futuro predisponendo le condizioni per accadimenti successivi
[62]
. L’interprete dotato di coscienza storica fondata sull’esperienza della Wirkungsgeschichte
[63]
sa che la lontananza temporale dall’epoca del testo non è una distanziazione alienante, ma è una distanza riempita dalla continuità di una tradizione comune, che definisce la situazione ermeneutica iniziale e della quale è parte integrante «la catena delle interpretazioni passate, attraverso cui la precomprensione è obiettivamente mediata con il suo oggetto»
[64]
. Perciò egli deve non già rifiutare la distanza temporale, nell’illusione di potersi rendere «contemporaneo» al lettore originario (secondo la direttiva psicologizzante e storicizzante dell’ermeneutica romantica), ma al contrario appropriarsene
[65]
«riconoscendo in essa una positiva e produttiva possibilità del comprendere»
[66]
. In questa prospettiva il passaggio dall’ontologia della comprensione all’epistemologia dell’interpretazione è compiuto da Gadamer fondando l’oggettività scientifica di quest’ultima sulla funzione di riflessione critica nei confronti della tradizione, che agisce nel processo interpretativo attraverso le strutture della precomprensione. Interpretare e riflettere diventano un solo e medesimo atto
[67]
.
In tal modo l’ermeneutica di Gadamer recupera il ¶{p. 75}dialogo con le scienze dello spirito, che Heidegger aveva interrotto
[68]
. Il dialogo è possibile e aperto a sviluppi fecondi perché si tratta di una teoria che, pur avendo una precisa matrice filosofica, non esige di essere accettata o respinta in blocco. Essa può essere utilizzata dalle ermeneutiche regionali e in particolare dall’ermeneutica giuridica, che forse più di ogni altra ne ha tratto profitto
[69]
, pur respingendo la pretesa, formulata da Bultmann, ma presente anche in Gadamer, di porre l’interpretazione sotto il controllo della filosofia esistenzialistica
[70]
. Siffatta pretesa è all’origine della tesi che assume l’«applicazione» come momento costitutivo dell’interpretazione in generale («comprendere è sempre già applicare»)
[71]
, e conseguentemente è portata a parificare l’interpretazione storica all’interpretazione giuridica
[72]
nel quadro di una «ridefinizione dell’ermeneutica delle scienze dello spirito sul modello dell’ermeneutica giuridica e dell’ermeneutica teologica»
[73]
, cioè delle ermeneutiche che hanno il compito (e la responsabilità) di determinare regole vincolanti di comportamento. In relazione a questi sviluppi la critica di Betti
[74]
è giustificata e ha raccolto autorevoli consensi anche presso autori meglio disposti di lui a riconoscere il debito della scienza ermeneutica verso Gadamer
[75]
. Tanto più la critica deve essere ribadita quando si ¶{p. 76}constata che l’attribuzione di un «significato esemplare» all’ermeneutica giuridica si ritorce contro di essa deformandone la funzione normativa per dare ingresso al singolare principio secondo cui il testo della legge «per essere compreso in modo adeguato, deve essere compreso in ogni momento, ossia in ogni situazione concreta, in maniera nuova e diversa»
[76]
. Un simile principio, incompatibile con l’idea di ordinamento giuridico, è chiaramente un derivato dell’antropologia esistenzialistica, che concepisce il momento della decisione, per il quale esclusivamente l’uomo esiste, come una situazione in cui «ora si tratta di sapere che cosa si deve fare o lasciare, e non è data misura alcuna da precedenti o da modelli generali»
[77]
.
Ma se i temi di Gadamer possono essere messi a partito dall’ermeneutica giuridica separandoli dalle implicazioni antropologiche della sua filosofia, scostando, per dirla con Betti
[78]
, «il prisma deformante della filosofia esistenzialistica», è necessario invece non perdere mai di vista il loro radicamento ontologico. La teoria generale di Gadamer è fondamentalmente un’ontologia ermeneutica; ¶{p. 77}il suo problema «non è quel che facciamo o quel che dovremmo fare, ma ciò che, di là dal nostro volere e dal nostro fare, accade con noi»
[79]
. Nel «tragitto di ritorno» alla questione dello statuto delle scienze dello spirito occorre badare a non convertire indebitamente la precomprensione, che è un concetto descrittivo di un dato fenomenologico, in un concetto di metodo
[80]
. La precomprensione ha un valore euristico: serve ad aprire gli occhi al contenuto del testo
[81]
, a mettere in moto il processo interpretativo fornendo un primo orientamento. Sarebbe un grave errore assumerla come guida che conduce l’interpretazione, attraverso la scelta dei criteri metodologici, verso un risultato già predeterminato dalle convinzioni del giudice su ciò che è giusto, ossia dalle sue prevenzioni ideologiche. L’interprete non deve abbandonarsi alle sollecitazioni della precomprensione, ma deve tematizzarla in consonanza col testo e per questa via «trarsi fuori dal pregiudizio»
[82]
. Altrimenti egli «sottomette l’alterità del testo ai propri preconcetti»
[83]
; e se il testo potesse rispondergli, parlerebbe come lo Spirito della Terra a Faust: «Tu somigli allo Spirito che tu comprendi, non a me!».
Note
[61] W.u.M., pp. 284 ss. (trad. it. cit., pp. 350 ss.).
[62] Cfr. Coreth, Grundfragen, cit., p. 141.
[63] Il «wirkungsgeschichtliches Bewusstsein» (alla lettera: coscienza della storia degli effetti) ha la struttura dell’esperienza: Gadamer, W.u.M., p. 329 (trad. it. cit., p. 401).
[64] Habermas, Logica delle scienze sociali, Bologna, 1970, p. 234 (citato da Vattimo, Introduzione, cit., p. XXI).
[65] Su questo concetto di «appropriazione», che sottolinea il carattere «attuale» dell’interpretazione, cfr. Ricoeur, Qu’est-ce qu’un texte?, in Hermeneutik und Dialetkik (Festscbrift f. Gadamer), vol. II, Tübingen, 1970, p. 195.
[66] Gadamer, W.u.M., p. 281 (trad. it. cit., p. 347).
[67] Cfr. Gadamer, Replik, in Hermeneutik und Ideologiekritik, cit., p. 296: «le scienze ermeneutiche si difendono mediante la riflessione ermeneutica contro la tesi che il loro procedimento non sarebbe scientifico, in quanto negherebbe l’obiettività della scienza». Cfr. pure Ricoeur, Della interpretazione. Saggio su Freud, Milano, 1966, pp. 53 ss.
[68] Cfr. Ricoeur, Ermeneutica filosofica ed ermeneutica biblica, cit., p. 44; Conflitto delle interpretazioni, cit., pp. 20, 24, 32 s.
[69] Cfr. il saggio precedente, spec. pp. 35 ss.; Fikentscher, Methoden des Rechts in vergleichender Darstellung, vol. III, Tübingen, 1976, pp. 433 ss.; De Ruggiero, op. cit., pp. 109 ss.; Orrù, I criteri legali di integrazione del diritto positivo nella dottrina tedesca contemporanea, in «Jus», 1977, pp. 298 ss. Particolarmente fecondo appare il collegamento della teoria ermeneutica di Gadamer con le correnti metodologiche che rivalutano la topica e la retorica nell’ermeneutica giuridica. Ma giustamente è stato osservato che la portata dell’ontologia ermeneutica di G. per la metodologia del diritto non è stata ancora pienamente esplorata (Fikentscher, op. cit., p. 436).
[70] Bultmann, Jesus Christus und die Mithologie, in Glauben und Verstehen, vol. IV, Tübingen, 1967, p. 169.
[71] Gadamer, W.u.M., pp. 290 ss. (trad. it. cit., pp. 358 ss.).
[72] Ibidem, pp. 308 ss. (trad. it. cit., pp. 377 ss.).
[73] Ibidem, p. 294 (trad. it. cit., p. 362).
[74] L’ermeneutica storica, cit. pp. 21 ss.
[75] Cfr. Apel, Szientistik, Hermeneutik, Ideologiekritik, in Hermeneutik und Ideologiekritik, cit., pp. 30 ss., spec. p. 33, nota 28; Latenz, Methodenlehre der Rechtswissenschaft3, Berlin, 1975, pp. 190 ss.; nonché Wieacker, in due interventi sui quali riferisce ampiamente lo stesso Betti, Storia e dogmatica del diritto, in Atti del I Congresso int. della Società ital. di storia del diritto, Firenze, 1966, pp. 105 ss.
[77] Bultmann, Jesus, Tübingen, 1951, p. 77. Non è lontana da questo pensiero una delle frasi conclusive del libro di Gadamer (p. 465; trad. it. cit., pp. 558 s.): «nel comprendere siamo inclusi in un accadere di verità e arriviamo in un certo senso troppo tardi se vogliamo sapere ciò che dobbiamo credere».
[78] L’ermeneutica storica, cit., p. 11. Cfr. i rilievi molto equilibrati di un autore pur legato alla filosofia esistenzialistica come Ricoeur, Conflitto delle interpretazioni, cit., pp. 408 s. Al pari di Betti (op. ult. cit., pp. 8 ss., 22 s.), egli avverte la necessità di distinguere «due soglie della comprensione»: la soglia «del senso» (Bedeutung) proprio del testo, che è «un momento oggettivo e insieme ideale», e la soglia «della significazione esistenziale» (Bedeutsamkeit für mich), che è il momento soggettivo dell’approvazione del senso interpretato da parte del lettore, «il momento della sua effettuazione nell’esistenza». Sulla distinzione tra «Auslegung» e «Aneignung» (nel senso di applicazione) v. pure Wach, Verstehen, cit., vol. II, pp. 12, nota 1, 19 ss.
[79] W.u.M., p. XIV (trad. it. cit., p. 6).
[80] Una tendenza a questa trasposizione è appuntata da alcuni critici al libro di Esser, Vorverständnis und Methodenwahl in der Rechtsfindung, Frankfurt a.M., 1970. Cfr. Larenz, Methodenlehre3, cit., pp. 188 s.; Fikentscher, op. cit., p. 439. Non condivide la critica De Ruggiero, op. cit., p. 153.
[81] Così Bouillard, La position d’une théologie reformée en face de l’interprétation existentiale, in Il problema della demitizzazione, cit., p. 154.
[82] Cfr. Schroth, Zum Problem der Wertneutralität richterlicher Tatbestandsfestlegung im Strafrecht, in Rechtstheorie, a cura di Kaufmann, cit., p. 107.
[83] Gadamer, W.u.M., p. 374 (trad. it. cit., p. 455).