Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c13
Queste norme alterano profondamente il quadro sistematico del diritto del lavoro, secondo linee non ancora chiaramente definite. Le difficoltà nascono non solo dalla scelta degli strumenti dogmatici adatti alla conoscenza della nuova realtà normativa, ma anche dalla sovrapposizione o intersecazione di profili diversi, così che una categoria concettuale appropriata a un certo punto di vista potrebbe rivelarsi inadeguata da un altro punto di vista. Si aggiunga che il prolungamento del rapporto di lavoro sul piano collettivo reagisce sulla posizione del datore di lavoro, non solo comprimendo in vario modo il potere direttivo, ma perfino modificando l’assetto complessivo della corrispettività delle prestazioni in termini di cui non è agevole dare conto con i consueti strumenti di valutazione collegati alla causa individuale di scambio.
¶{p. 386}Sotto questo profilo le norme in discorso si intrecciano anche con la prima direttiva dello statuto sopra enucleata, svolgendo la rilevanza giuridica dell’inerenza del rapporto di lavoro all’impresa nel senso di una qualificazione normativa del primo come rapporto di massa, laddove tale qualificazione aveva finora, a cominciare da Lotmar, un valore meramente descrittivo e sociologico. E forse nell’ambito di questa categoria potranno trovare coerente sistemazione tra gli effetti del contratto per es. il diritto di assemblea e il diritto a permessi anche retribuiti, riconosciuto ai lavoratori investiti di compiti rappresentativi della comunità di lavoro nell’impresa.
Si tratta di semplici spunti, bisognosi di approfondimento e di controllo. Essi vogliono soltanto segnalare l’urgenza che, dopo due anni di applicazione dello statuto, all’opera preziosa, ma rapsodica dei commentari e delle monografie su singoli punti, subentri l’impegno della ricostruzione sistematica. In nessun luogo lo statuto configura «una fonte normativa autonoma rimessa all’attività giurisprudenziale»
[14]
, nemmeno nell’art. 28, che a ben vedere non contiene una clausola generale, ma si limita a fornire uno speciale strumento processsuale alla reazione dell’ordinamento contro comportamenti del datore di lavoro già vietati da altre norme, quando essi siano qualificati da uno scopo o da un effetto antisindacale. Lo statuto non offre ai giuristi un lavoro «da giorno di festa», cioè di politica del diritto; domanda piuttosto di essere interpretato. E solo il metodo sistematico può fornire criteri sicuri all’interpretazione. Solo questo metodo, infine, è in grado di preservarci dalle tentazioni della c.d. giurisprudenza dei valori, che in una società con un alto grado di conflittualità, come la nostra, può facilmente trasformarsi in una tirannia dei valori.
Note
[14] Pret. Torino 20 febbraio 1971 (ord.), in Giur. it., 1971, I, 2, c. 706.