Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c21
Per concludere vorrei focalizzarmi su alcuni segnali incoraggianti che si stanno osservando nei nostri territori, che mi sembrano sintomo di una nuova sensibilità. Il primo esempio è il caso del parco eolico di Affi (VR), un caso virtuoso dove il promotore sono i comuni della zona, coordinati
{p. 391}tra di loro e dove la sezione locale di Legambiente, l’associazione ambientalista, invece di essere tenuta all’oscuro, è stata coinvolta fin dall’inizio del progetto per ideare insieme questo impianto. Questo ha portato un risultato interessante soprattutto dal punto di vista spaziale, perché l’impianto è stato collocato in modo forse più virtuoso rispetto a come sarebbe stato collocato se non ci fosse stato l’intervento di Legambiente. L’impianto segue la sommità del circo glaciale di Affi sottolineandolo e quindi aumentando la consapevolezza di questa singolarità geologica. Ma è soprattutto sul piano sociale che si è avuto un atteggiamento virtuoso: il parco eolico di Affi è stato co-progettato con le associazioni ambientaliste che hanno suggerito di creare un percorso informativo sulle energie rinnovabili che viene visitato dalle scuole con l’aiuto di Legambiente che fa le visite guidate. Il parco è stato introiettato all’interno della società locale ed è diventato parte del paesaggio di tutti. Ecco, questo secondo me è un caso virtuoso: lo riconosce anche Legambiente che lo inserisce nella Guida ai parchi eolici italiani, che mi sembra un bellissimo strumento proprio perché consente di fare quello scatto mentale dal paesaggio-problema al paesaggio-opportunità. Le energie rinnovabili costruiscono nuovi paesaggi che possono diventare addirittura attrattivi, in certi casi. Ovviamente a fronte di un’attività percepita come virtuosa deve essere comunque verificata la sostenibilità ambientale e sociale. Il caso virtuoso di Affi non deve farci dimenticare tutti i casi per nulla virtuosi che si sono verificati in Italia e all’estero. Non dimentichiamo che le energie rinnovabili – e l’eolico in particolare – sono state purtroppo anche un grande campo di investimento per certe frange dell’economia sommersa del nostro paese legate alla criminalità organizzata e su questo bisogna attentamente vigilare.
Un secondo esempio virtuoso viene da uno strumento della Regione Emilia-Romagna risalente ormai al 2011, relativo all’agrivoltaico, volto a tentare di conciliare l’inserimento di impianti fotovoltaici nel paesaggio agrario. Certo prima di arrivare ad occupare i campi coltivati (che dovremmo proteggere perché sono una risorsa preziosa per il futuro) {p. 392}dovremmo esaurire tutte le superfici minerali libere utilizzabili a questo scopo (parcheggi, capannoni, autostrade, dighe, barriere antirumore, discariche, ecc.). Ciò premesso, non è ovviamente escluso che si possano immaginare delle soluzioni compatibili tra attività agricole e impianti fotovoltaici che risultino anche virtuose perché si possono integrare delle culture, che sono, diciamo, non solo compatibili ma aiutate dalla presenza del fotovoltaico. Io però rimango perplessa soprattutto sugli interventi relativi al suolo e al sottosuolo, perché un conto è quello che vediamo sopra la superficie e un conto è ciò che è sotto: non dobbiamo dimenticarci che sotto questi pilastri ci sono pali, plinti, pozzetti, cavidotti, insomma tutta una infrastrutturazione che poi non è facilmente rimovibile e che per essere costruita ha previsto un movimento terre che interessa il suolo, il suolo fertile, uno dei grandi valori per il futuro.
C’è un ultimo punto che emerge dal PNIEC e adesso dal PNRR, cioè il tema delle rinnovabili sulle piccole isole e il tema molto affascinante delle comunità energetiche, che sarà sicuramente quello sul quale dovremmo esercitarci nei prossimi anni.
Chiudo facendo riferimento ad un documento che Legambiente, il FAI e WWF Italia hanno elaborato in collaborazione, un documento direi storico uscito il 25 ottobre 2022. Questo documento propone 12 punti per una «giusta transizione energetica». Ecco che torna l’idea di giustizia: non è tanto una questione estetica ma è una questione di giustizia, direi di giustizia spaziale, perché intercetta l’attività di pianificazione e quindi l’attività che compete appunto alle regioni.
Riporto alcuni di questi obiettivi:
  • Tutelare l’identità dei luoghi e garantire la partecipazione dei cittadini. Si tratta di un tema assolutamente cruciale – il caso di Affi ve lo dimostra – e la partecipazione non va intesa nel senso stanco ed esclusivamente procedurale al quale siamo abituati, ma va invece animata in maniera completamente diversa perché sia vera;
  • Rilanciare la pianificazione paesaggistica regionale. Ecco, questa è la sede nella quale si può veramente fare {p. 393}un ragionamento serio su come territorializzare le politiche economiche legate all’energia e credo che questa sia una sfida che va assolutamente raccolta. Soprattutto qui nel Veneto, dove abbiamo un piano che risale al 2009 e nel frattempo il tema delle rinnovabili è diventato cruciale. Nel nuovo piano sicuramente bisognerà porsi questo problema.
Poi il documento si sposta alla scala nazionale chiedendo un piano nazionale straordinario per le aree idonee, rispolverando una proposta mai esplorata fino in fondo. Sulle aree idonee ci sono alcune piccole esperienze in alcune regioni che andrebbero riprese e sviluppate maggiormente. La proposta è quella di avere una cabina di regia ministeriale che possa gestire i rapporti tra MiC, MITE e MISE.
Su un’ultima proposta vorrei attirare la vostra attenzione: Varare un programma straordinario di formazione paesaggistica permanente. Io aggiungerei anche una formazione permanente sul tema dell’energia.
Per concludere, la mia proposta è quella di uscire dalla logica dell’impatto e di uscire dall’idea che la transizione energetica coincida solamente con l’installazione di impianti, quando invece la transizione è un modo diverso di vivere il territorio – è un nuovo processo di territorializzazione, direbbero i geografi. Perché il paesaggio non è un oggetto, ma non è neanche solo uno sfondo per le energie rinnovabili. Il paesaggio non è soltanto un oggetto di tutela da difendere, e le energie rinnovabili non provocano solo impatti da mitigare. Al contrario il paesaggio fa parte del gioco, e per creare i nuovi paesaggi delle energie rinnovabili serve un progetto territoriale condiviso.
Note