Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c21
Per concludere vorrei focalizzarmi
su alcuni segnali incoraggianti che si stanno osservando nei nostri territori, che mi
sembrano sintomo di una nuova sensibilità. Il primo esempio è il caso del parco eolico
di Affi (VR), un caso virtuoso dove il promotore sono i comuni della zona, coordinati
¶{p. 391}tra di loro e dove la sezione locale di Legambiente,
l’associazione ambientalista, invece di essere tenuta all’oscuro, è stata coinvolta fin
dall’inizio del progetto per ideare insieme questo impianto. Questo ha portato un
risultato interessante soprattutto dal punto di vista spaziale, perché l’impianto è
stato collocato in modo forse più virtuoso rispetto a come sarebbe stato collocato se
non ci fosse stato l’intervento di Legambiente. L’impianto segue la sommità del circo
glaciale di Affi sottolineandolo e quindi aumentando la consapevolezza di questa
singolarità geologica. Ma è soprattutto sul piano sociale che si è avuto un
atteggiamento virtuoso: il parco eolico di Affi è stato co-progettato con le
associazioni ambientaliste che hanno suggerito di creare un percorso informativo sulle
energie rinnovabili che viene visitato dalle scuole con l’aiuto di Legambiente che fa le
visite guidate. Il parco è stato introiettato all’interno della società locale ed è
diventato parte del paesaggio di tutti. Ecco, questo secondo me è un caso virtuoso: lo
riconosce anche Legambiente che lo inserisce nella Guida ai parchi eolici
italiani, che mi sembra un bellissimo strumento proprio perché consente
di fare quello scatto mentale dal paesaggio-problema al paesaggio-opportunità. Le
energie rinnovabili costruiscono nuovi paesaggi che possono diventare addirittura
attrattivi, in certi casi. Ovviamente a fronte di un’attività percepita come virtuosa
deve essere comunque verificata la sostenibilità ambientale e sociale. Il caso virtuoso
di Affi non deve farci dimenticare tutti i casi per nulla virtuosi che si sono
verificati in Italia e all’estero. Non dimentichiamo che le energie rinnovabili – e
l’eolico in particolare – sono state purtroppo anche un grande campo di investimento per
certe frange dell’economia sommersa del nostro paese legate alla criminalità organizzata
e su questo bisogna attentamente vigilare.
Un secondo esempio virtuoso viene
da uno strumento della Regione Emilia-Romagna risalente ormai al 2011, relativo
all’agrivoltaico, volto a tentare di conciliare l’inserimento di impianti fotovoltaici
nel paesaggio agrario. Certo prima di arrivare ad occupare i campi coltivati (che
dovremmo proteggere perché sono una risorsa preziosa per il futuro)
¶{p. 392}dovremmo esaurire tutte le superfici minerali libere
utilizzabili a questo scopo (parcheggi, capannoni, autostrade, dighe, barriere
antirumore, discariche, ecc.). Ciò premesso, non è ovviamente escluso che si possano
immaginare delle soluzioni compatibili tra attività agricole e impianti fotovoltaici che
risultino anche virtuose perché si possono integrare delle culture, che sono, diciamo,
non solo compatibili ma aiutate dalla presenza del fotovoltaico. Io però rimango
perplessa soprattutto sugli interventi relativi al suolo e al sottosuolo, perché un
conto è quello che vediamo sopra la superficie e un conto è ciò che è sotto: non
dobbiamo dimenticarci che sotto questi pilastri ci sono pali, plinti, pozzetti,
cavidotti, insomma tutta una infrastrutturazione che poi non è facilmente rimovibile e
che per essere costruita ha previsto un movimento terre che interessa il suolo, il suolo
fertile, uno dei grandi valori per il futuro.
C’è un ultimo punto che emerge dal
PNIEC e adesso dal PNRR, cioè il tema delle rinnovabili sulle piccole isole e il tema
molto affascinante delle comunità energetiche, che sarà sicuramente quello sul quale
dovremmo esercitarci nei prossimi anni.
Chiudo facendo riferimento ad un
documento che Legambiente, il FAI e WWF Italia hanno elaborato in collaborazione, un
documento direi storico uscito il 25 ottobre 2022. Questo documento propone 12 punti per
una «giusta transizione energetica». Ecco che torna l’idea di giustizia: non è tanto una
questione estetica ma è una questione di giustizia, direi di giustizia spaziale, perché
intercetta l’attività di pianificazione e quindi l’attività che compete appunto alle
regioni.
Riporto alcuni di questi obiettivi:
- Tutelare l’identità dei luoghi e garantire la partecipazione dei cittadini. Si tratta di un tema assolutamente cruciale – il caso di Affi ve lo dimostra – e la partecipazione non va intesa nel senso stanco ed esclusivamente procedurale al quale siamo abituati, ma va invece animata in maniera completamente diversa perché sia vera;
- Rilanciare la pianificazione paesaggistica regionale. Ecco, questa è la sede nella quale si può veramente fare ¶{p. 393}un ragionamento serio su come territorializzare le politiche economiche legate all’energia e credo che questa sia una sfida che va assolutamente raccolta. Soprattutto qui nel Veneto, dove abbiamo un piano che risale al 2009 e nel frattempo il tema delle rinnovabili è diventato cruciale. Nel nuovo piano sicuramente bisognerà porsi questo problema.
Poi il documento si sposta alla
scala nazionale chiedendo un piano nazionale straordinario per le aree idonee,
rispolverando una proposta mai esplorata fino in fondo. Sulle aree idonee ci sono alcune
piccole esperienze in alcune regioni che andrebbero riprese e sviluppate maggiormente.
La proposta è quella di avere una cabina di regia ministeriale che possa gestire i
rapporti tra MiC, MITE e MISE.
Su un’ultima proposta vorrei
attirare la vostra attenzione: Varare un programma straordinario di formazione
paesaggistica permanente. Io aggiungerei anche una formazione permanente
sul tema dell’energia.
Per concludere, la mia proposta è
quella di uscire dalla logica dell’impatto e di uscire dall’idea che la transizione
energetica coincida solamente con l’installazione di impianti, quando invece la
transizione è un modo diverso di vivere il territorio – è un nuovo processo di
territorializzazione, direbbero i geografi. Perché il paesaggio non è un oggetto, ma non
è neanche solo uno sfondo per le energie rinnovabili. Il paesaggio non è soltanto un
oggetto di tutela da difendere, e le energie rinnovabili non provocano solo impatti da
mitigare. Al contrario il paesaggio fa parte del gioco, e per creare i nuovi paesaggi
delle energie rinnovabili serve un progetto territoriale condiviso.
Note