Costruzioni di genitorialità su terreni incerti
DOI: 10.1401/9788815411365/c3
Da questa prospettiva, il rapporto positivo con sé stessi si costituisce in relazioni di mutuo riconoscimento e, in quanto tale, è anche «intersoggettivamente vulnerabile» [Renault 2017, 55]. La nozione di bisogno umano di riconoscimento individua infatti una richiesta di conferma orientata verso gli
¶{p. 64}altri, e verso le istituzioni che ne condizionano il comportamento, che può venire o meno soddisfatta. Tale bisogno individua una costante antropologica, mentre le forme che esso assume dipendono da modelli istituzionalizzati di riconoscimento, che si modificano nei contesti sociali, e sono storicamente determinati.
Nelle moderne società (occidentali) si possono distinguere, secondo Honneth [2003], tre principali categorie riconoscitive istituzionalizzate, che il filosofo denomina «sfere di riconoscimento»: esse corrispondono al riconoscimento di carattere affettivo, al riconoscimento giuridico e al riconoscimento di stima sociale. All’esperienza di essere riconosciuti in ciascuna delle tre sfere si associa lo sviluppo di altrettante modalità di autorelazione positiva: la fiducia in sé, il rispetto di sé e l’autostima.
Nel corso della sua socializzazione, come membro di una collettività, ogni soggetto sviluppa una serie di aspettative morali, ovvero guadagna la convinzione che l’inclusione nelle diverse «sfere di relazione» in cui è stato riconosciuto non verrà arbitrariamente revocata [Piromalli 2012b, 105]. A partire dai principi normativi appresi, più o meno consapevolmente, nel processo di socializzazione – acquisizioni strettamente legate ai processi di riconoscimento – il soggetto prende intuitivamente coscienza del suo valore individuale e, al tempo stesso, matura la disposizione a identificare e contestare forme di esclusione arbitraria da rapporti riconoscitivi. La negazione di riconoscimento comporta per il soggetto la delusione di aspettative che si sono sviluppate nelle precedenti esperienze di riconoscimento nel suo ambiente sociale, e può dunque essere vissuta come un’offesa morale e come una lesione al senso del proprio valore individuale [ibidem, 107], con conseguenze sull’autostima e la fiducia in sé.
3.3. Le tre modalità del riconoscimento nelle società moderne
Le tre modalità di riconoscimento, identificate da Honneth [1992; 2003] nelle società moderne, si configurano come forme complementari e reciprocamente necessarie allo sviluppo identitario.
La prima modalità si realizza sul piano dello scambio nelle relazioni affettive, in cui il riconoscimento e l’approvazione della propria identità, come soggetti riconosciuti nella propria condizione di individui corporei, dotati di bisogni materiali e affettivi, promuove la fiducia in sé stessi. Il rapporto di riconoscimento in questa prima sfera consente di acquisire «il livello fondamentale di sicurezza emotiva, non solo nell’esperienza, ma anche nella manifestazione dei propri bisogni e delle proprie sensazioni, [che] costituisce il presupposto psichico dello sviluppo di tutte le successive disposizioni al rispetto di sé» [Honneth 1992; trad. it. 2002, 131]. Le speculari forme di negazione di riconoscimento sono il maltrattamento e l’incuria, che compromettono l’integrità ¶{p. 65}fisica ed emotiva del soggetto. Trovandosi sottoposti senza difese al volere di altri, o all’altrui indifferenza, sono a rischio la soddisfazione dei bisogni, il controllo del proprio sé e del proprio corpo, e il soggetto fa esperienza di «un grado di mortificazione che intacca distruttivamente e più in profondità di ogni altra forma di misconoscimento il rapporto pratico che questa persona ha con sé stessa» [ibidem, 159]. Il bisogno di amore e di cura è negato, la persona non è vista e riconosciuta nella sua unicità e nel suo valore in quanto essere umano. Questi processi, compromettendo le condizioni minime del rapporto pratico con sé stessi che consiste nel poter disporre di sé, impattano sulla capacità di affidarsi agli altri, e mettono a rischio la fiducia in sé.
La seconda modalità di riconoscimento è riferita alla sfera politico-giuridica nella quale gli individui si rispettano come persone, in quanto si riconoscono reciprocamente come portatori di diritti. Lo Stato di diritto e il sistema delle leggi costituiscono la garanzia dei diritti, il cui riconoscimento su base universale è risultato di uno sviluppo storico che lo ha svincolato da forme di status e privilegi legati all’appartenenza a un ceto o a una categoria professionale. A partire dai diritti liberali, associati a un’idea di libertà negativa, le lotte sociali hanno promosso il riconoscimento giuridico dei diritti di partecipazione democratica e, più di recente e in misura parziale, dei diritti sociali, che assicurano a tutti un certo standard di vita e sicurezza economica, senza il quale gli altri diritti sono destinati a rimanere mere concessioni formali [Piromalli 2012b, 115]. La sfera delle relazioni giuridiche è fondamentale, non solo per lo sviluppo del rispetto di sé come soggetto morale, eguale agli altri e riconosciuto capace di agire autonomamente, ma anche per assicurare protezione giuridica dalle lesioni che possono derivare da forme di misconoscimento nelle altre due sfere. La negazione dei diritti mette a rischio il rispetto di sé come soggetto alla pari degli altri, essendo compromesso il proprio status di cittadino a pieno titolo dotato di diritti, il cui esercizio è necessario all’ampliamento delle capacità delle persone e alla loro effettiva possibilità di partecipare alla vita sociale.
La terza forma di riconoscimento genera stima, quando il soggetto viene considerato in virtù delle sue qualità e capacità, e per il valore del suo contributo alla società. In questo caso entrano in gioco non solo la particolarità del soggetto, ma anche la specificità dei valori della comunità in cui si attua il riconoscimento, poiché è in relazione ad essi che viene apprezzato il valore sociale della persona. La stima non assume il carattere universale del rispetto. Essa è legata alla condivisione di specifici orientamenti e presuppone un contesto valoriale di riferimento. All’interno di relazioni comunitarie, la stima può tramutarsi in solidarietà e in forme di approvazione solidale, in cui l’altro non viene tollerato in nome del rispetto della diversità, ma riconosciuto e apprezzato per le sue capacità e azioni. L’autostima è la modalità di autorelazione positiva che si sviluppa in questa sfera di relazioni; l’umiliazione individua la speculare forma di misconoscimento, esperita quando le capacità o le ¶{p. 66}qualità del soggetto sono svalutate, valutate come inferiori, non considerate o disprezzate, con la conseguenza di «non potersi riferire al proprio ideale di vita come a qualcosa che possiede un significato positivo all’interno della propria comunità» [Honneth 1992; trad. it. 2002, 161].
Le forme di riconoscimento nel sistema tripartito di Honneth sono distinte su un piano analitico, ma complementari e reciprocamente necessarie a sostenere i processi di costruzione identitaria. La fiducia in sé stessi che si acquisisce nelle relazioni affettive costruisce anche la base di autonomia necessaria per partecipare alla vita pubblica. Inoltre, se rispettate come portatrici di diritti, le persone si trovano nella condizione per sviluppare la propria autonomia, in modo da poter decidere razionalmente su questioni morali [Wernet, Mello e Ayres 2017]. Il riconoscimento formale dei diritti non sempre è accompagnato dal riconoscimento sociale del diritto a tali diritti, come nel caso degli interventi di redistribuzione delle risorse economiche.
3.4. Misconoscimento, esperienze di ingiustizia e (possibili) lotte per il riconoscimento
Nel pensiero di Honneth, le esperienze di ingiustizia possono essere collocate lungo un continuum di forme di misconoscimento, le cui differenze sono determinate dalle qualità o dalle capacità che i soggetti coinvolti «considerano essere ingiustificatamente non riconosciute e non rispettate» [Honneth 2003; trad. it. 2007, 152]. Da un lato, le forme di riconoscimento reciproco sono già modellate in relazione a principi ancorati al sistema del riconoscimento storicamente stabilito e interiorizzato nei processi di socializzazione; dall’altro, possibili deficit e asimmetrie nelle diverse sfere di riconoscimento sono fattori che possono innescare conflitti o «lotte per il riconoscimento», in relazione ad aspettative che si considerano violate. La società è dunque vista come «una fragile struttura di progressive relazioni di riconoscimento» [ibidem, 153], in cui specifiche forme di riconoscimento reciproco si istituzionalizzano e si trasformano, anche in relazione a quello che, nello specifico sistema, è considerato misconoscimento o disprezzo non giustificato.
Secondo Honneth, a livello soggettivo, si fa esperienza di ingiustizia in relazione a vissuti negativi (rabbia, vergogna, risentimento), che emergono quando vengono violate aspettative di riconoscimento. «Essere vittima di un’ingiustizia è un sentimento, prima ancora che una convinzione razionale» [Deranty e Renault 2007, 98]. Tale vissuto fa percepire al soggetto la lesione subita con la negazione di riconoscimento del suo valore; questa esperienza può fornire la spinta psichica per azioni volte a recuperare il riconoscimento, diventare oggetto di una riflessione sull’ingiustizia subita e, a ciò, può seguire l’espressione di rivendicazioni [Piromalli 2012b]. Lotte sociali per il riconoscimento possono avere origine quando i vissuti legati alla negazione ¶{p. 67}di riconoscimento sono concepiti come esperienze di ingiustizia che accomunano una cerchia di persone più o meno ampia, in grado di elaborare una nuova semantica [Honneth 1992], che riconosce le possibili cause sociali del misconoscimento verso cui indirizzare la lotta.
L’assunto del filosofo tedesco è dunque che la condizione prevalente dell’essere umano sia quella di aver esperito, almeno parzialmente, forme di riconoscimento nel corso della sua esistenza, acquisendo, da un lato, un senso positivo di sé e, dall’altro, criteri per percepire l’ingiustizia. Tuttavia, è possibile che le persone vittime di misconoscimento non giungano a consapevolezza dell’ingiustizia, oppure che i loro vissuti si esprimano in forme che impediscono ogni reazione pratica, o che il loro ambiente sociale e culturale ostacoli l’emergere di consapevolezza e forme di reazione [Piromalli 2012b]. Rispetto a questo tema la teoria di Honneth è stata oggetto di varie obiezioni, e lo stesso filosofo ha apportato diverse modifiche nel corso dell’evoluzione del suo pensiero. Ad esempio, se in Lotta per il riconoscimento Honneth sostiene che nella sfera delle relazioni primarie non possono aver luogo lotte per il riconoscimento, in Redistribuzione o riconoscimento? rivede questa idea, affermando che anche nelle relazioni intime esiste un conflitto interno che produce bisogni nuovi, e può portare al riconoscimento di bisogni di cura e dedizione reciproca in precedenza non considerati, anche in relazione alle trasformazioni sociali nelle relazioni comunitarie e nel sistema legislativo.
3.5. Giustizia sociale come riconoscimento
Nelle opere di Honneth, i principi di riconoscimento reciproco legati alle sfere dell’amore, dell’eguale trattamento giuridico e della stima sociale costituiscono il nucleo normativo di una concezione della giustizia sociale. In relazione al sistema di riconoscimento istituzionalizzato nelle società moderne (occidentali), si ritiene «giusto» che, per godere della propria autonomia, e assicurare che le condizioni (intersoggettive) per l’integrità personale siano egualmente protette, i soggetti siano riconosciuti in relazione al loro bisogno di cure affettive, alla loro uguaglianza giuridica e al loro contributo sociale [Honneth 2003].
Oltre a un fine descrittivo, Honneth intende dimostrare come la sua concezione di giustizia possa assumere un ruolo critico e, dunque, progressista. La storia del riconoscimento vede l’evoluzione da forme riconoscitive più indifferenziate nelle società pre-statuali, e l’emergere nelle società moderne di nuovi bisogni di individualizzazione, spesso esplicitati in lotte sociali volte a modificare l’ordine dato. Il conflitto tra i gruppi sociali su cui è stato esercitato dominio e quelli che storicamente hanno acquisito forme di privilegio ha contribuito ad ampliare le relazioni di riconoscimento [Piromalli 2012b, 106]. Da un lato, si è assistito a un processo di individualizzazione, ovvero ¶{p. 68}all’aumento delle possibilità degli individui di sviluppare parti della propria personalità attraverso differenti modelli di riconoscimento in diverse sfere; dall’altro lato, è aumentato il numero dei soggetti inclusi come membri a pieno titolo della società [Honneth 2003].
Secondo il filosofo, la combinazione dei due criteri di «individualizzazione» e «inclusione sociale» consente il progresso sociale, attraverso la possibilità di incremento del numero dei soggetti che fanno esperienza di riconoscimento nelle diverse sfere di relazione, ma anche quella di affermare nuove sfere di relazione. Ad esempio, il progresso nella sfera delle relazioni affettive potrebbe comportare una graduale eliminazione di stereotipi e ascrizioni culturali che impediscono di adattarsi e rispondere ai bisogni degli altri. Nella sfera del riconoscimento veicolato nelle relazioni comunitarie, il progresso implica un’analisi critica delle costruzioni socioculturali che escludono alcuni gruppi dall’attribuzione di stima; ad esempio, nel sistema capitalista che accomuna le società occidentali moderne, si riconoscono movimenti che chiedono il progressivo superamento del criterio secondo cui solo una ristretta cerchia di attività è percepita come «lavoro produttivo», posizionando come inferiore in termini di valore il lavoro domestico e di cura.
Honneth individua nel principio dell’eguale trattamento giuridico che caratterizza la seconda sfera di relazione un ruolo sovraordinato rispetto agli altri poiché, possedendo un carattere intrinsecamente incondizionato, stabilisce l’eguale diritto di ogni soggetto a essere riconosciuto nelle altre due sfere. In questa sfera, esempi di processi di legalizzazione attivati dal basso includono non soltanto le lotte per il riconoscimento dei diritti sociali, ma anche i dibattitti sulla garanzia giuridica di pari trattamento nel matrimonio e nella famiglia, evidenziando ad esempio come le precondizioni per l’autodeterminazione delle donne e dei bambini, considerato lo storico dominio strutturale degli uomini e degli adulti, possono essere assicurate solo quando acquisiscono la forma di diritti garantiti a livello giuridico.
4. I risultati della ricerca: le esperienze di riconoscimento e misconoscimento dei genitori in condizioni di povertà economica
Questo paragrafo si focalizza sulle categorie emerse in relazione ai processi di riconoscimento o misconoscimento che favoriscono o ostacolano l’esercizio della genitorialità di madri e padri che affrontano lo svantaggio determinato da condizioni di povertà. Quali modalità di riconoscimento e misconoscimento caratterizzano l’esperienza dei genitori nelle diverse sfere di relazione? Come tali esperienze impattano sull’esercizio della genitorialità?
Per rispondere a tali questioni, il riconoscimento è utilizzato come categoria interpretativa che consente di leggere i processi micro-sociali che influenzano la costruzione delle identità e dei ruoli e la loro interazione con le più ampie
¶{p. 69}dinamiche sociali che contribuiscono a costruire forme di privilegio o svantaggio, inclusione o esclusione, influenzando le possibilità di azione dei genitori.