Alessandro Sicora, Silvia Fargion (a cura di)
Costruzioni di genitorialità su terreni incerti
DOI: 10.1401/9788815411365/c2
Essere consapevoli degli stereotipi sulle famiglie e delle conseguenze della loro diffusione sulle minoranze rappresenta senz’altro un requisito fondamentale nel servizio sociale per orientare un agire professionale consapevole e rispettoso delle diversità e delle pratiche genitoriali in situazioni di incertezza o davanti a sfide particolari. Informazioni semplificate o scorrette associate erroneamente a nuclei e pratiche familiari che si discostano da modelli dominanti di buona genitorialità rischiano infatti di veicolare – anche in maniera inconsapevole – forme più o meno accentuate di pregiudizio, accrescendo da un lato le differenze tra gruppi e, dall’altro, generando forme di discrimi
{p. 48}nazione e, finanche oppressione [Featherstone, Morris e White 2014]. Tali situazioni si muovono in una direzione antitetica al mandato del servizio sociale, che invece dovrebbe essere orientato al supporto, all’emancipazione e alla liberazione delle persone, contrastando processi di discriminazione e marginalizzazione e promuovendo i diritti e la giustizia sociale [IASSW 2018].
Anche i professionisti impegnati nel lavoro con i genitori che vivono in condizioni di vulnerabilità o incertezza possono non essere sempre consapevoli dei bias associati alla genitorialità. Diversi studiosi hanno posto in evidenza che talvolta la conoscenza della realtà sociale, anche da parte dei professionisti che operano nel campo dei servizi, può essere condizionata da credenze, visioni e categorizzazioni fondate su una concettualizzazione stereotipizzata di generi, ruoli e aspettative sociali [Dettlaff e Fong 2016; Miller e Maiter 2008; Nothdurfter 2019]. Nei fatti la mancanza di consapevolezza può tradursi, ad esempio, nell’avere una visione della diversità come se fosse oppositiva a un modello «ideale», assunto come standard, orientando valutazioni e interventi professionali sulla base dei propri preconcetti.
La letteratura internazionale di servizio sociale ha messo in evidenza i rischi di visioni stereotipizzate e normativizzanti con riguardo a genitori in situazioni di svantaggio e vulnerabilità come genitori in condizioni di povertà e precarietà [Jacquet et al. 2022], genitori con esperienze di migrazioni forzate [Eliassi 2015; Tembo, Studsrød e Young 2021], genitori in situazioni di alta conflittualità [Sudland e Neumann 2021] e genitori appartenenti a minoranze sessuali e di genere [Hicks 2008].
Visto anche il contesto evidenziato in questo capitolo, la promozione di una discussione critica di visioni stereotipizzate della famiglia e di discorsi dominanti e normativi di buona genitorialità è di fondamentale importanza anche nel dibattito e nella formazione di servizio sociale in Italia. I risultati della ricerca CoPInG possono fornire un contributo in questo senso, dando voce a genitori che vivono la loro situazione con incertezza, anche per il fatto di non ritrovarsi nelle condizioni comunemente viste come presupposto di una buona genitorialità e mettendo a confronto le rappresentazioni di genitori e di professionisti assistenti sociali. Senza minimizzare le differenze tra e all’interno dei gruppi di genitori coinvolti nella ricerca, il presente capitolo ha evidenziato la forte presenza di stereotipi e di standard normativi associati all’essere un buon genitore e l’impatto e gli effetti che possono avere nell’esperienza di genitori che troppo spesso si sentono confrontati, a partire da sé stessi, con un ideale al quale non riescono a corrispondere. Sono anche questi effetti che rendono incerti i terreni e faticosi i processi di costruzione della loro genitorialità e del loro cercare di essere dei buoni genitori a modo loro e nelle condizioni in cui si trovano. La conoscenza di queste voci, esperienze e rappresentazioni può aiutare studenti e professionisti di servizio sociale nello sviluppo di una consapevolezza critica e nell’avvicinarsi a famiglie e genitori in condizioni diverse e di incertezza.{p. 49}
Al fine di attivare processi di decostruzione dell’insieme di idee semplificate associate alla buona genitorialità e sfatare le conseguenti credenze negative su determinati individui o gruppi che si distaccano dallo stereotipo, è auspicabile un percorso di consapevolezza graduale.
In prima istanza, occorre che studenti e professionisti riflettano criticamente sulle proprie visioni e convinzioni, lavorando su concetti e idee che possono condizionare la pratica professionale: dalle questioni di genere all’idea di cura, dalle aspettative associate alla buona genitorialità al concetto di differenza.
Tale esercizio risulta necessario, in seconda battuta, sia per avere coscienza dei propri cliché personali, sia per avviare una riflessione critica che porti ad avere conoscenza e ad analizzare i problemi che individui e gruppi che interagiscono con i servizi possono incontrare proprio a causa dei processi di stereotipizzazione insiti in politiche e pratiche di supporto alla genitorialità.
Oltre a pervenire a una visione articolata ed esaustiva del fenomeno, i professionisti hanno così l’opportunità di accrescere il ventaglio di strumenti di valutazione e di analisi critica del proprio ruolo per accompagnare e supportare i genitori, attraverso l’adozione di azioni concrete.
In conclusione, il superamento degli stereotipi e l’adozione di una visione più ampia e articolata delle costellazioni familiari può favorire la ricerca di modalità differenti di lavoro con le famiglie da parte dei servizi, mettendo in discussione modelli e immaginari fuorvianti.

In sintesi

  1. Gli stereotipi sono strumenti che si basano sul sistema di valori e di credenze vigenti in un dato momento in una determinata cultura di cui si serve la mente per semplificare la realtà sociale. A causa del loro carattere rigido e semplificativo, essi conducono a generalizzazioni spesso distorte che possono anche essere pericolose, soprattutto quando vengono utilizzate per definire degli standard assunti come «norma».
  2. La famiglia in generale, e la genitorialità in particolare, non sono immuni da stereotipi, radicati in tutte le società. Nell’Italia di oggi è ancora forte il modello di famiglia coniugale come presupposto della buona genitorialità. Di conseguenza, i nuclei che si discostano da questo stereotipo spesso non godono della stessa considerazione e/o credibilità.
  3. Sul mantenimento degli stereotipi associati ai modelli dominanti di famiglia in Italia contribuiscono, tra gli altri, ideologie politiche, quadri normativi, confessioni religiose.
  4. La letteratura sul tema si è interessata allo studio degli effetti che le credenze stereotipiche possono esercitare sui comportamenti di chi è vittima dello stereotipo.{p. 50}
  5. Il progetto CoPInG si inserisce entro questo filone, con lo scopo di dare voce e visibilità alle esperienze dei genitori che si distaccano per una o più delle proprie caratteristiche dall’immagine stereotipata vista come presupposto di «buona genitorialità».
  6. Secondo alcuni la strategia più opportuna per favorire la modificazione degli stereotipi e la riduzione del pregiudizio è rappresentata dal contatto tra membri di gruppi diversi. Affinché la relazione possa realmente portare alla decostruzione degli stereotipi, alcuni elementi sono stati individuati in letteratura come necessari.
  7. Conoscere la natura degli stereotipi sulle famiglie e le conseguenze della loro diffusione sulle minoranze rappresenta senz’altro per gli assistenti sociali un utile strumento per orientare il proprio agire professionale in maniera consapevole non solo a livello personale, ma anche organizzativo.

Domande riflessive

  1. Ti è mai capitato di dover rivedere una (tua) immagine di famiglia ideale? Quanto pensi che queste rappresentazioni aderiscano alla realtà? Quali sono gli elementi identitari che sono lasciati fuori dalle rappresentazioni dominanti?
  2. Se dovessi pensare a una «brava madre» quali caratteristiche dovrebbe avere? E un «bravo padre»? Quali sono gli elementi individuati da te che madri e padri hanno in comune? Quali invece sono le principali differenze che ti sono venute in mente e, secondo te, perché?
  3. Quali possono essere gli stereotipi associati alla buona genitorialità diffusi nel servizio sociale? In che modo queste rappresentazioni possono orientare scelte, interventi e valutazioni professionali? Ci sono delle esperienze personali o professionali che puoi utilizzare a supporto della tua risposta?
  4. Stereotipi, genitorialità e professionalità: in che modo a tuo avviso questi tre concetti sono in relazione tra loro?
  5. Quale può, secondo te, essere il ruolo dei professionisti assistenti sociali nella decostruzione degli stereotipi e nella riduzione delle conseguenze negative di un immaginario normativo e stereotipato della buona genitorialità?