Alessandro Sicora, Silvia Fargion (a cura di)
Costruzioni di genitorialità su terreni incerti
DOI: 10.1401/9788815411365/c7
Il tema del posizionamento si collega anche ai temi dell’unicità della persona e dell’intersezionalità trattati nel capitolo 5. Rispettare l’unicità della persona in ogni intervento vuol dire infatti anche essere consapevoli del suo posizionamento sociale specifico, riconoscendo come l’intersezione di diversi aspetti e categorizzazioni relativi all’identità personale definiscano il posto che gli individui e i gruppi occupano all’interno della società, nonché le forme specifiche di discriminazione e privilegio che ne derivano [Mattsson 2014]. Il concetto di intersezionalità sostiene che persistono delle gerarchizzazioni tra i soggetti a partire da quelle che sono le loro caratteristiche identitarie, e mette in evidenza il formarsi di un sistema di oppressione che rispecchia l’intersezione di forme di discriminazione multipla [Collins e Bilge 2020; Bernard 2021]. Questa prospettiva è stata presa in considerazione anche a livello istituzionale internazionale (in particolare europeo) ed è stata sottolineata in diverse raccomandazioni e linee guida per la progettazione, attuazione e valutazione di politiche e progetti volti a tutelare le persone in un’ottica intersezionale [Hankivsky e Jordan-Zachery 2019]. Un importante contributo
{p. 214}in questo senso può però partire anche dal basso, dalle esperienze concrete di discriminazione nella vita quotidiana delle persone. È stato infatti a partire da un caso di esperienza specifica di discriminazione che Kimberlé Crenshaw [1991; 2017] ha coniato il concetto di intersezionalità. Anche il servizio sociale può dare un importante contributo in questo senso, guardando le situazioni di difficoltà e marginalità da una prospettiva intersezionale e mettendo in evidenza, a partire dall’esperienza concreta, le forme di discriminazione intersezionale presenti all’interno di sistemi di marginalizzazione e oppressione.
Proprio la consapevolezza dell’impatto di forme di oppressione causate da aspetti strutturali sta alla base della pratica anti-oppressiva, tema affrontato in modo più specifico nel capitolo 6 di questo volume. L’approccio anti-oppressivo si focalizza sulle modalità attraverso cui le strutture sociali modellano la pratica del servizio sociale, rischiando di riprodurre forme di oppressione considerando i problemi sociali non come conseguenza di problemi strutturali, ma come effetto della mancanza di capacità dell’individuo di affrontare la vita quotidiana. In un’ottica anti-oppressiva viene invece sottolineata la natura politica della professione e il suo impegno a comprendere le cause strutturali dei problemi sociali e a sradicare le molteplici manifestazioni dell’oppressione attraverso pratiche sui diversi livelli di intervento [Dominelli 2002; 2009; Thompson 2005; Allegri e Sanfelici 2023].
La presentazione dei risultati della ricerca lungo questi temi trasversali ha evidenziato sia l’impatto che aspetti strutturali hanno nell’esperienza quotidiana di genitori in situazioni di difficoltà e incertezza, sia l’importanza della produzione di conoscenza a partire dalle loro esperienze per un impegno professionale consapevole su diversi livelli.
Quali possono essere quindi, in sintesi, alcuni possibili percorsi di un impegno a livello macro che si possono delineare dai risultati della ricerca presentata in questo volume?
Presupposto per un impegno sul livello macro è prima di tutto la consapevolezza dell’impatto di aspetti strutturali che si rispecchia nei modi in cui si guardano e si riconoscono le esperienze di genitori in situazioni di difficoltà e gli sforzi che questi genitori fanno nella costruzione della propria genitorialità su terreni incerti. Riconoscere in questo senso le esperienze di genitori in situazioni di alta conflittualità vuol dire vedere le difficoltà che questi ultimi vivono in relazione a standard e contesti che non danno loro credito. Lavorare in tale prospettiva con i genitori in situazioni di povertà economica vuol dire riconoscere e saper collegare in un intervento di servizio sociale la dimensione strutturale della povertà con l’esperienza e il supporto delle persone che si trovano in tale condizione, come suggerito dalla letteratura internazionale nel paradigma di poverty aware social work [Krumer-Nevo 2016; 2020; 2022]. Guardare le costruzioni di genitorialità delle persone LGBT vuol dire riconoscere barriere e sfide, nonché strategie e risorse nel diventare genitori in un contesto nazionale caratterizzato non solo da gravi {p. 215}lacune nel riconoscimento legale, ma anche dalla prominenza di posizioni discriminatorie nei confronti di persone che fanno i genitori in contrasto a un regime eterocisnormativo di famiglie e genitorialità. Identificare le esperienze di genitori con esperienze di migrazione forzata vuol dire riconoscere delle difficoltà specifiche legate a storie e progetti migratori non solo come difficoltà personali e culturali, ma anche in relazione a problemi nelle politiche migratorie e di accoglienza, nonché a contesti istituzionali e sociali – pratiche professionali incluse – poco sensibili e poco preparati a lavorare con genitori e famiglie in un’ottica transculturale.
Dare ascolto alle esperienze dei genitori consente di individuare percorsi attraverso cui il servizio sociale può dare un apporto significativo per promuovere la riflessione e il miglioramento delle pratiche professionali, per migliorare la formazione di base e continua dei professionisti, per informare processi organizzativi, per definire politiche sociali adeguate e, infine, per contribuire in senso più ampio a una sensibilizzazione e a un dibattito pubblico. Creare conoscenza partendo dalle esperienze e utilizzarla anche per informare un pubblico più ampio è una strategia importante attraverso la quale la ricerca di servizio sociale può contribuire anche a un dibattito e un impegno più ampi rispetto ai livelli micro e meso.
Come già sottolineato, lavorare in modo anti-oppressivo significa cercare di promuovere la capacità di agire delle persone riconducendo le loro situazioni e le loro esperienze alle disuguaglianze strutturali creando cambiamenti strutturali e negli individui [Dominelli 2002]. Sicuramente una strategia importante per il servizio sociale in questo contesto deve essere quella di posizionarsi come professione, anche pubblicamente e politicamente, rispetto alle forme di discriminazione incontrate. In tal senso, i professionisti, anche come comunità professionale organizzata, non possono non prendere posizione nei confronti di mancanze o violazioni di diritti, nonché portare a conoscenza le istanze di genitori e famiglie che hanno bisogno di supporto e di riconoscimento per diventare e (ri-)posizionarsi come genitori e per fare famiglia attraverso pratiche affettive e di cura in situazioni che si discostano da immagini stereotipate e modelli normativi di «buona» famiglia. Il servizio sociale può essere parte attiva in attività di advocacy e sensibilizzazione, supportando e promuovendo iniziative di genitori, facendo delle alleanze per imparare da loro e per sostenere le loro cause e le loro rivendicazioni dei diritti negati.
Come hanno messo in evidenza i risultati della ricerca, un atteggiamento anti-oppressivo permette di promuovere esperienze di riconoscimento, nel lavoro diretto con le persone attraverso pratiche più consapevoli e in contesti organizzativi più inclusivi e attenti alle diversità. Lavorare anche sul livello macro per cambiare condizioni e disuguaglianze strutturali può significare un coinvolgimento più attivo del servizio sociale in forme diverse di attivismo e advocacy. Idealmente, l’impegno sul livello macro dovrebbe potersi {p. 216}esprimere anche attraverso un coinvolgimento più diretto del servizio sociale nella definizione di politiche e programmi di supporto alla genitorialità che siano rispettosi delle diversità e inclusivi anziché basati su modelli dominanti di famiglie e genitorialità che marginalizzano genitori e famiglie che si discostano da questi. Il tema della partecipazione attiva del servizio sociale nella definizione delle politiche ha visto un crescente interesse nel dibattito internazionale di servizio sociale da cui è emerso che la policy practice deve essere riconosciuta come una dimensione integrante del lavoro degli assistenti sociali [Gal e Weiss-Gal 2013; 2015; Weiss-Gal 2017]. È utile qui segnalare che questa dimensione del servizio sociale trova crescente riconoscimento anche nel dibattito italiano, producendo non solo nuove conoscenze e sensibilità per questo tema, ma auspicabilmente anche una maggiore attenzione a questa dimensione del servizio sociale nella formazione di base e continua [Guidi 2020]. Si auspica che mettere in evidenza l’impatto di condizioni strutturali attraverso il riconoscimento e l’analisi delle esperienze dei genitori possa non solo fornire delle conoscenze utili, ma anche motivare con più forza un impegno del servizio sociale orientato a incidere sulla definizione di politiche e programmi che prendano maggiormente in considerazione soggetti che si trovano spesso ancora ai margini e che sono poco riconosciuti, non solo nel loro status di genitori, ma anche nei loro sforzi quotidiani di fare famiglia in condizioni di incertezza.

5. Conclusioni

Questo capitolo evidenzia la necessità che le azioni a livello micro, meso e macro siano allineate nel rifiuto di facili stereotipi sulla genitorialità e nel sottolineare l’importanza del riconoscimento reciproco dell’unicità di tutti i soggetti coinvolti nella relazione d’aiuto. Ciò implica l’esigenza di posizionamenti adeguati all’interno di pratiche professionali anti-oppressive.
Le voci dei genitori e degli assistenti sociali che sono state raccolte nell’ambito della ricerca CoPInG hanno consentito di mettere in luce la presenza di conoscenze e risorse diffuse e generative di sguardi e azioni capaci di creare soluzioni nuove ed efficaci a supporto di chi attraversa l’esperienza di genitorialità su terreni difficili. L’ascolto reciproco e la fiducia tra chi aiuta e chi è aiutato sono talvolta ostacolati da aspettative non realistiche o da diffidenze e timori che spezzano un’alleanza possibile volta al benessere delle persone. Fermarsi a riflettere per conoscere meglio l’altro e sé stessi è un prerequisito di ogni forma di pratica riflessiva, ovvero di una pratica alimentata da una continua riflessione che, focalizzata su pregresse esperienze, porti ad azioni più efficaci.
Al pari della valutazione, tale operazione può essere implicita, spontanea oppure formale [Sicora 2006]. Nel primo caso, molto comune nella vita e nella {p. 217}pratica professionale quotidiana, non vi è alcuna dimensione scientifica e vi è il rischio che i pregiudizi possano funzionare da specchi deformanti della realtà. Quando la riflessione è spontanea, ma porta a esplicitare consapevolmente le argomentazioni alla base delle nuove comprensioni, si è nella direzione di qualcosa di diverso che, quanto più si basa su regole e modalità tecniche e scientifiche, è riflessione «formale», si avvicina a essere ricerca e – nel campo qui preso in considerazione – può essere anche ricerca di servizio sociale, ovvero l’esito dell’applicazione di metodi, strumenti e tecniche di ricerca attivati su temi propri del servizio sociale per comprendere, confrontare e replicare le azioni e i risultati positivi conseguiti [Allegri 2022].
Questo volume ha voluto presentare i risultati di una ricerca condotta con il rigore proprio della metodologia scientifica per metterli al servizio dei professionisti che sono impegnati quotidianamente a supportare genitori in situazioni complesse. La ricerca CoPInG nasce dal desiderio di ascoltare le voci delle persone utenti e degli assistenti sociali nella consapevolezza che ogni intervento di servizio sociale per le persone non può che essere fatto con tali soggetti per rendere l’azione professionale eticamente solida e metodologicamente efficace [Fargion 2013]. Gli esiti dell’indagine possono essere significativi non perché indicano «il modo giusto di essere genitore» o prescrivono «il modo giusto di aiutare», ma in quanto orientano la riflessione attraverso un’offerta di nuovi vertici di osservazione, la costruzione di scenari possibili e l’identificazione di interrogativi critici in relazione alle pratiche di servizio sociale e a tutto ciò che – a un livello micro, meso e macro – impatta su di esse.

In sintesi

  1. La prospettiva costruita attorno alle dimensioni micro (persone/genitori), meso (organizzazioni) e macro (condizioni e politiche sociali) consente di evidenziare alcuni degli elementi più rilevanti dell’intreccio tra servizio sociale e genitorialità in situazioni complesse, come emerso nel lavoro di ricerca CoPInG.
  2. A livello micro, una strategia importante per la creazione di un clima collaborativo e di fiducia tra le parti potrebbe essere la promozione di una comunicazione aperta e onesta tra genitori e professionisti, in modo che le preoccupazioni e le domande possano essere sollevate e discusse insieme.
  3. Gli assistenti sociali potrebbero focalizzarsi sulla creazione di un ambiente di lavoro collaborativo e rispettoso a livello micro, utilizzando strumenti di valutazione più personalizzati, che tengano conto delle specifiche esigenze dei genitori e delle loro famiglie.
  4. Genitori e assistenti sociali potrebbero collaborare per sviluppare un piano d’azione condiviso, che tenga conto delle sfide e delle incertezze esperite nel quotidiano.{p. 218}
  5. L’acquisizione di una maggiore consapevolezza degli elementi costitutivi delle culture organizzative porta al riconoscimento, tra le altre cose, della pervasività dell’incorporazione dello «stereotipo del buon genitore», facilitando il superamento di stereotipi iper-semplificanti e il pieno riconoscimento dell’altro nella relazione, all’interno di un agire professionale anti-oppressivo.
  6. A livello meso, si rilevano anche nell’ambito dei servizi a supporto delle genitorialità gli effetti del diffuso neoliberismo e managerialismo nei termini di una tendenza alla standardizzazione delle valutazioni professionali e delle prestazioni d’aiuto.
  7. Il supporto tra colleghi delle équipe consente di alleggerire le conseguenze della ricorrente tensione tra mandato istituzionale, proprio dell’organizzazione, e di quello professionale.
  8. Presupposto per un impegno sul livello macro è prima di tutto la consapevolezza dell’impatto di aspetti strutturali che si rispecchia nei modi in cui si guardano e si riconoscono le esperienze di genitori in situazioni di difficoltà.
  9. Lavorare anche sul livello macro per cambiare condizioni e disuguaglianze strutturali può significare un coinvolgimento più attivo del servizio sociale in forme diverse di attivismo e advocacy.
  10. Idealmente, un impegno sul livello macro dovrebbe potersi esprimere anche attraverso un coinvolgimento più diretto del servizio sociale nella definizione di politiche e programmi di supporto alla genitorialità che siano rispettosi delle diversità e inclusivi anziché basati su modelli dominanti di famiglie e genitorialità che marginalizzano genitori e famiglie che si discostano da questi.

Domande riflessive

  1. Alla luce della tua esperienza, quali sono le strategie che consideri più adatte per favorire a livello micro un clima di conoscenza e fiducia reciproca tra genitori e assistenti sociali?
  2. Secondo te, in che modo il professionista può trovare un equilibrio tra il proprio modo di vedere il mondo e l’assunzione di un atteggiamento non giudicante?
  3. Riusciresti a fare degli esempi pratici di comunicazione attiva ed empatica tra assistenti sociali e persone/genitori?
  4. Vi sono forme di pratica oppressiva nel tuo ente? Se sì, in quale forma e con quali modalità si manifestano?
  5. Di fronte a difficoltà lavorative prodotte dall’assetto organizzativo che hai incontrato, i tuoi colleghi sono stati di supporto? Se sì, in che modo?
  6. Sapresti fare degli esempi di manifestazioni del neoliberismo nell’ambito dell’ente in cui lavori?
  7. La «cultura della colpa» è presente nella cultura organizzativa del tuo servizio? Se sì, in quali circostanze l’hai osservata?
    {p. 219}
  8. Alla luce della tua esperienza, qual è l’impatto di condizioni strutturali nelle esperienze quotidiane di genitori che sono in contatto con i servizi sociali?
  9. Quali sono secondo te possibili strategie per incidere su politiche e programmi che possano supportare genitori e famiglie in situazioni di incertezza? Riusciresti a fare degli esempi?