Alessandro Sicora, Silvia Fargion (a cura di)
Costruzioni di genitorialità su terreni incerti
DOI: 10.1401/9788815411365/c1

Capitolo primo Un manuale sui generis
di Silvia Fargion e Alessandro Sicora

Notizie Autori
Silvia Fargion insegna Servizio sociale e Sociologia presso l’Università di Trento. È autrice e coautrice di numerosi testi e articoli quali Representations of Parenting and the Neo-liberal Discourse, in «Journal of Family Studies» (2023) e International Social Work Research: Transfer of Knowledge or Promotion of Dialogue beyond Borders?, in «European Social Work Research» (con T. Bertotti, 2023).
Notizie Autori
Alessandro Sicora insegna Servizio sociale presso l’Università di Trento. È autore, tra l’altro, di Emozioni nel servizio sociale. Strumenti per riflettere e agire (Roma, 2021) e curatore di Shame and Social Work: Theory, Reflexivity and Practice (con E. Frost, V. Magyar-Haas e H. Schoneville, Bristol, 2020).
Abstract
In questo primo capitolo i curatori definiscono le finalità e i lettori di riferimento del volume, pensato come un manuale sui generis per il supporto di assistenti sociali nellʼaffiancamento a famiglie in stato di difficoltà. Presentando il contenuto e la struttura dellʼopera, vengono introdotti temi quali lʼinfluenza dellʼideologia neoliberista sulla genitorialità, lʼintensive parenting e il concetto di family practices.

1. Premessa

Questo testo si propone come un manuale sui generis rivolto ad assistenti sociali coinvolti in interventi di affiancamento a famiglie e genitori che si trovano a prendersi cura ed educare i bambini in situazioni complesse e di sfida. Il significato condiviso di manuale è quello di un volume monografico, propedeutico, spesso di volgarizzazione, che presenta in modo sintetico una determinata tematica. Un manuale, quindi, ha scopi divulgativi e in particolare nel nostro caso, trattandosi di un manuale su un tipo di intervento professionale, ci si aspetta anche che contenga delle istruzioni su come operare in un determinato ambito e che abbia quindi una dimensione fortemente prescrittiva.
Data questa premessa ci si potrebbe aspettare che questo volume risponda a domande relative a come si organizza il supporto o l’affiancamento dei genitori che si trovano in situazioni per molti versi difficili. In realtà il nostro testo offre un contributo in un contesto in cui indicazioni, istruzioni e prescrizioni, in genere dirette ai genitori, sono state più che sovrabbondanti. In questi anni si è assistito a una vera e propria valanga di pubblicazioni, trasmissioni televisive, siti che spiegano e prescrivono, cosa fare e come fare i genitori. La posizione che assumiamo in questo testo è molto critica rispetto a questo fenomeno, che iper-responsabilizza i genitori rispetto all’educazione e alla crescita dei bambini e che ha creato più danni che benefici, accentuando le dimensioni di incertezza e di colpevolizzazione di madri e padri. Senz’altro creare un nuovo decalogo, questa volta rivolto a chi interviene con i genitori, finirebbe con l’essere in linea con approcci che si basano su modelli normativi di genitorialità. Quello che invece intendiamo proporre in questo testo è una guida alla riflessione più che al fare, rivolta ad assistenti sociali convolti in questi interventi: si tratta di un insieme sistematizzato di interrogativi e stimoli con cui proponiamo di guardare e ripensare alle proprie pratiche. {p. 10}Se la sistematizzazione è opera del gruppo che ha partecipato alla stesura di questo testo, molti stimoli e interrogativi non dovrebbero apparire totalmente nuovi ai professionisti: infatti la nostra proposta si fonda su una ricerca che ha esplorato sia la prospettiva dei genitori che attraversano o si trovano cronicamente in situazioni complesse, che quella dei professionisti stessi. E in questo senso il contenuto di questo manuale riporta ciò che abbiamo appreso dai colleghi e dai genitori che hanno partecipato alla ricerca e che in questo primo capitolo teniamo a riconoscere e ringraziare.
È importante fare sin da ora un’altra precisazione: parliamo di colleghi perché questa ricerca è stata condotta con il coordinamento di assistenti sociali accademici e in questo senso si qualifica come una ricerca di servizio sociale in quanto, pur avendo un’attenzione a dialogare con altre discipline, si sviluppa a partire dalle problematiche che emergono nelle pratiche di servizio sociale e, pur non in termini di indicazioni prescrittive, mira a dare un contributo per migliorare le pratiche. In questo primo capitolo esporremo le premesse della nostra ricerca, in particolare alcune considerazioni sulla genitorialità oggi e sui modelli prevalenti, e illustreremo l’approccio della sociologia della famiglia che ha ispirato la ricerca. Presenteremo quindi la ricerca, illustrando gli interrogativi, il metodo e l’analisi dei dati raccolti e, infine, offriremo una panoramica della struttura del testo e i principali contenuti dei capitoli che lo compongono.

2. Le modificazioni nei contesti relazionali e di vita in cui i bambini vengono allevati

La società contemporanea ha visto enormi cambiamenti nella vita familiare e nelle modalità di cura dei bambini. Nel mondo occidentale le pratiche genitoriali – in tutti i contesti, classi sociali e circostanze – sembrano caratterizzarsi per la perenne criticità, sia a causa dei cambiamenti nei modelli relazionali, sia a causa dell’instabilità dei contesti sociali e culturali che caratterizzano la società. Non si tratta di una contrapposizione netta tra l’attuale instabilità e un modello statico e idealizzato di «famiglia tradizionale». Secondo molti analisti, tale modello di famiglia non è mai esistito, anzi si è visto come diverse forme familiari siano apparse e si siano modificate nel tempo e nello spazio [Saraceno 2017; Widmer 2016; Macvarish 2014; Farrel, VandeVusse e Ocobock 2012; Zanatta 2008]. Ciò che sembra essere specifico del tempo presente, tuttavia, è la presenza contemporanea di diversi modelli di famiglia, così come l’instabilità e la fluidità delle strutture familiari all’interno di un contesto sociale caratterizzato esso stesso da rapidi cambiamenti a molti livelli [Farrel, VandeVusse e Ocobock 2012]. Quando si cerca di dare un senso alle attuali dinamiche delle relazioni personali intorno all’educazione dei figli, possiamo individuare tre aspetti cruciali: in primo luogo le trasformazioni delle {p. 11}strutture familiari [Widmer 2016], in secondo luogo il profondo cambiamento nelle relazioni di genere [Esping-Andersen 2016] e in terzo luogo la nuova definizione di infanzia nella società [Smyth e Craig 2017].
Considerando la struttura familiare, la ricerca di Widmer [2016] mostra che le persone e in particolare i bambini identificano i soggetti come membri della famiglia indipendentemente dalla convivenza, dai rapporti di sangue o dalle relazioni istituzionali formali. Sulla base della sua ricerca Widmer arriva ad affermare che la famiglia nucleare, modello ideale di famiglia tradizionale, nel momento attuale è un modello minoritario. Insieme a questo superamento della famiglia nucleare molti studiosi osservano che la dimensione istituzionale della famiglia sia diventata meno rilevante. Dalle nuove prospettive emergenti, la famiglia è vista più come una qualità di relazioni e un insieme di pratiche che come una o più strutture definite [Morgan 2011a].
La seconda questione è legata ai ruoli di genere nelle famiglie: i cambiamenti a questo livello sono tutt’altro che radicali, soprattutto in Italia [Naldini 2016], con i padri ancora solo moderatamente coinvolti nella cura dei figli. Tuttavia, fattori come il crescente numero di madri lavoratrici, ovvero la crescente visibilità di genitori appartenenti a minoranze sessuali e di genere, hanno evidenziato profondi cambiamenti, non riconducibili esclusivamente alla spinosa questione della conciliazione tra lavoro e cura dei figli, e che hanno avuto un notevole impatto sulla genitorialità nel senso di una ridefinizione dei ruoli familiari [Esping-Andersen 2016].
Infine, soprattutto negli ultimi anni, la concettualizzazione dell’infanzia è cambiata radicalmente: i bambini sono visti come cittadini e agenti attivi nella società, quindi con il diritto di avere voce in capitolo e di essere ascoltati. Non è ancora chiaro come questo influisca sulla vita quotidiana e come possa aver cambiato il rapporto tra bambini e genitori nella sfera privata. D’altro canto, ciò che ha sicuramente avuto un forte impatto è la crescente preoccupazione per la vulnerabilità dei bambini e per i rischi a cui sono esposti [Smyth e Craig 2017].
Per quanto riguarda i contesti sociali in cui si svolgono le pratiche di allevamento dei bambini, ci sono diverse questioni nelle società contemporanee che influiscono sulla genitorialità. Tuttavia, l’insicurezza finanziaria e la povertà sono ancora tra le più rilevanti. La povertà in Italia è aumentata notevolmente e, come chiarisce Gori [2016, 20], è diventata parte della «normalità» e il rischio di povertà «attraversa la società». È ormai un risultato di ricerca riconosciuto che la povertà e l’insicurezza finanziaria hanno un forte impatto sulla vita familiare e sulle prospettive di vita dei bambini [Lareau 2011; Peruzzi 2015; Potsi et al. 2016].
Un altro fattore da tenere in considerazione è costituito dalle migrazioni e dalla crescente composizione multiculturale della società. Si tratta di questioni il cui impatto deve essere meglio compreso sia in relazione ai gruppi tradizionali che alle persone provenienti da contesti differenti. In molti casi, {p. 12}inoltre, il migrare comporta esperienze traumatiche che certamente influiscono sulle relazioni tra genitori e figli [Deng e Marlowe 2013; Polusny et al. 2008]. È ancora da esplorare il modo in cui i genitori di gruppi etnici minoritari, che si trovano essi stessi nel mezzo della complessità dei processi di acculturazione, affrontano l’educazione e la socializzazione dei figli in un equilibrio precario tra la loro cultura d’origine e la cultura della società di cui ora fanno parte [Raffaetà 2015].

3. Il peso delle idealizzazioni sulle visioni di genitorialità e «intensive parenting»

All’interno di questo panorama molto mobile e in parte travagliato, diverse sono state le dinamiche che hanno caratterizzato i modelli e le politiche sociali in relazione alle famiglie e alla genitorialità nel mondo occidentale [Gilbert, Parton e Skivenes 2011]. Una tendenza di particolare rilievo individuata dalla letteratura è legata alla diffusione dell’ideologia neoliberista, che al momento appare dominante in tutto il mondo occidentale. L’ideologia neoliberista, tra le altre cose, enfatizza il ruolo delle responsabilità individuali e presuppone un arretramento del ruolo dello Stato a favore del mercato anche in ambiti quali l’istruzione, l’assistenza sanitaria e la sicurezza sociale [Harvey e Mukhopadhyay 2007]. Il principio fondamentale in questo contesto è che la genitorialità sia una questione privata, che dovrebbe essere affrontata in libertà e individualmente dai diretti interessati; le uniche eccezioni sono rappresentate da situazioni di estremo pericolo [Fargion 2014]. Questo approccio è stato definito da alcuni come politicizzazione della genitorialità [Richter e Andersen 2012] in quanto le politiche relative alla cura e all’educazione delle nuove generazioni si fondano su una delega totale ai genitori. Quindi, in ultima analisi, in questo quadro si considerano i genitori come responsabili dell’educazione delle nuove generazioni e quindi dei problemi sociali riconducibili all’inadeguatezza dell’esercizio di tale ruolo.
Il discorso sulla genitorialità, che sembra influenzare politiche, servizi e professionisti, appare influenzato dalle idee del modello cosiddetto intensive parenting che, in sintonia con le ideologie neoliberiste, ripropone l’idea che l’educazione dei bambini sia un compito «indivisibile» dei genitori. Pur non rappresentando l’unico discorso relativo alla genitorialità, ci sembra rilevante presentarne le caratteristiche principali in chiave critica, in quanto molti elementi dell’intensive parenting sono penetrati nella cultura e nelle politiche [Fargion 2023]. Il mettere in luce i tratti dell’intensive parenting per contrasto ci permette di evidenziare i punti centrali dell’approccio del nostro lavoro. La critica all’intensive parenting ha enfatizzato come questo modello proponga una visione de-contestualizzata della genitorialità: le regole e le prescrizioni per una buona genitorialità, pur riflettendo esclusivamente la {p. 13}cultura e le risorse della classe media, sono ritenute un modello assoluto che tutti dovrebbero rispettare [McDonald-Harker 2016]. La tendenza sembra essere quella di una valutazione di cattiva genitorialità misurata sulla distanza da standard assoluti, ignorando le circostanze materiali, culturali e relazionali in cui avviene l’educazione dei figli e il loro impatto sulla vita delle persone e delle famiglie [Gillies 2005; 2011; Lareau 2011]. Un altro aspetto che caratterizza il discorso della genitorialità intensiva è la sua neutralità in relazione alla questione del genere o, più propriamente, si potrebbe parlare di cecità di genere (gender blindness) [Daly 2013; McDonald-Harker 2016; Widding 2018]. Infatti, la maggior parte delle ricerche mostra come l’educazione dei figli sia ancora prevalentemente una responsabilità femminile, con le madri incolpate di fronte al sorgere di eventuali problemi [Naldini 2016; Smyth e Craig 2017; Peters 2012]. Al contrario, secondo Daly, la cecità di genere riflette il nuovo discorso sulla genitorialità, all’interno del quale il differente carico di lavoro, impegno e anche colpevolizzazione della donna non vengono presi in considerazione e in cui non è presente «nessun riconoscimento del genere come caratteristica della vita o come problema da affrontare» [Daly 2013, 226].
La genitorialità, ma in particolare la «maternità intensiva», ha una lunga storia e molti ne fanno risalire le origini ai processi di industrializzazione; tuttavia, l’ondata neoliberista vi sta aggiungendo nuovi elementi, uno dei quali è il modo in cui vengono visti i bambini. Come accennato in precedenza, un aspetto del modo in cui è cambiata la cultura sui bambini riguarda la retorica del «bambino al centro» e del fatto che i bambini devono avere una posizione di totale priorità nella vita delle donne. Questo potrebbe sembrare un passo avanti per i bambini, tuttavia l’essere posti al centro non comporta necessariamente un miglioramento di vita: da un lato i bambini sono descritti come preziosi e inestimabili, dall’altro sono anche visti come estremamente vulnerabili in un ambiente ad alto rischio [Smyth e Craig 2017]; da qui la perdita di tutte le esperienze pubbliche non supervisionate per i bambini e l’idea che i genitori debbano svolgere un ruolo cruciale nel proteggere e prendere il controllo della vita dei loro figli [Furedi 2001; Daly 2013]. Il crescente impatto della psicologia dello sviluppo e della neuropsicologia ha contribuito a una concezione dell’infanzia e dei primi anni di vita come potenzialmente in grado di avere un enorme impatto sullo sviluppo psicologico e cognitivo della persona. Il fatto che i bambini siano trattati con estrema attenzione, forniti di stimoli di ogni genere e abbiano accesso ad attività sportive o che favoriscano il loro sviluppo in modo corretto determinerà le loro possibilità di successo e carriera nella vita [McDonald-Harker 2016].
All’interno di questa ideologia, molti hanno sottolineato come l’essere genitore diventi una performance da misurare in base ai suoi risultati, come emerge anche dalla stessa invenzione, in ambito anglofono, del verbo parenting [Ramaekers e Suissa 2012; Daly 2013; Raffaetà 2015]. I genitori, e in
{p. 14}particolare le madri, hanno quindi la responsabilità di fornire ai figli tutte le opportunità e gli stimoli per avere successo nella vita [Smyth e Craig 2017; Ramaekers e Suissa 2012], ma le posizioni critiche sottolineano come questo abbia avuto un impatto non certamente positivo sulla vita quotidiana delle persone, come sostengono Faircloth, Hoffman e Layne [2013, 6]: