Verso il museo multimediale della lingua italiana
DOI: 10.1401/9788815410283/c6
Infine, recentissimo è il progetto
dell’Università di Cambridge, diretto da Wendy Ayers-Bennet
[13]
e finanziato dall’ARHC (Arts and Humanities Research Council, un soggetto
pubblico), che ha lanciato un museo pop-up, cioè itinerante e allestito in brevissimo
tempo in luoghi pubblici (centri commerciali, negozi, ristoranti), con lo scopo di
diffondere informazioni e soprattutto interesse per le lingue, per la coscienza della
propria identità linguistica e il multilinguismo. Nelle intenzioni iniziali il progetto
avrebbe dovuto costituire un modo per saggiare l’interesse e la fattibilità di un museo
permanente dedicato alle lingue e al multilinguismo, ma pure in questo caso le
conseguenze della pandemia lo hanno temporaneamente fermato, anche se il museo intende
coltivare almeno una presenza virtuale in rete.
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3. Online e no
Come si è visto, ormai l’idea di
una complementarità fra museo fisico e museo virtuale si va affermando in modo diffuso.
È del tutto evidente che il formato virtuale consente di superare in velocità le
numerose barriere che si frappongono fra un’idea importante e la sua realizzazione
effettiva, spesso frenata da ostacoli della natura più varia: questioni economiche
legate al finanziamento dei progetti; la grande quantità di fondi che è necessario
reperire; la complessa gestione delle risorse; le questioni legate alla loro
sostenibilità, e così via. Un museo online ha anche il concretissimo vantaggio di poter
raggiungere un pubblico molto vasto, e permette di superare confini geografici e
linguistici, ostacoli di carattere fisico – barriere architettoniche, limitazioni
fisiche, impossibilità di viaggiare –, pandemie e molto altro; consente inoltre di
immaginare e costruire percorsi (e viaggi) che i limiti fisici normalmente impediscono.
Naturalmente quel che si acquista in estensione si perde generalmente in profondità, e
resta sempre il problema della conservazione dei materiali esposti e della durabilità
nel tempo di queste iniziative – una questione che è centrale, evidentemente, per un
museo, il cui scopo è dare valore a un evento e a un’esperienza tramite una
concettualizzazione che ne garantisce, appunto, la conservazione nel tempo.
A questo proposito, se è possibile
fornire un suggerimento in questa sede, dall’esperienza di queste recentissime forme
museali, grazie alle quali è possibile immaginare e allestire esposizioni innovative e
impossibili in un museo tradizionale, si trae anche e senz’altro l’indicazione che è
fondamentale coltivare un legame forte con il museo fisico, sia per accrescerne la
conoscenza e la diffusione, sia – e direi soprattutto – per poter assicurare la
conservazione nella memoria e nella tradizione culturale dell’oggetto che il museo è
nato anzitutto per rappresentare e custodire.
Sul piano della «narrazione» o
concettualizzazione dell’oggetto da esporre va infine rilevato che la rappresentazione
digitale sposta di necessità la percezione dell’oggetto esposto o studiato su un piano
che trascende il luogo fisico. Lo spazio che la lingua occupa in un museo virtuale
ac¶{p. 70}quisisce una proiezione globale, che i musei fisici possono
invece scegliere di non adottare. Per i musei online la scelta è nel mezzo, che – come
si diceva – facilmente diluisce l’investimento emotivo del visitatore e modifica in modo
non trascurabile il punto di vista a partire dal quale si conduce la visita. Dal momento
che ogni lingua appartiene anzitutto a chi la identifica come propria e, per estensione,
alla comunità alla quale a sua volta ogni individuo ritiene di appartenere, bisogna
riuscire a costruire una rappresentazione in cui le comunità possano abbracciare come
proprio il movimento incessante delle lingue e la loro coesistenza. Il mezzo digitale,
se non altro, è uno straordinario facilitatore di comunicazione, e poiché quasi tutti i
musei delle lingue hanno una presenza online non è difficile immaginare la creazione di
una rete e la presenza simultanea nei siti, fisici e virtuali, dei progetti espositivi
di altre istituzioni e musei che si occupano di lingua, delle loro proposte di
rappresentazione e delle loro esperienze espositive dell’oggetto lingua.
Un grande artista brasiliano, Cildo
Meireles, ha esposto nel 2001 alla Tate Gallery di Londra una imponente Torre di Babele
a sezione circolare intitolata significativamente Tower of
Incomprehension (fig. 3)
[14]
. L’opera si sviluppa in alto per metri, ed è costruita con centinaia di
radio sistemate a formare, appunto, una torre, e sintonizzate su differenti stazioni,
che trasmettono l’una sull’altra creando una cacofonia di migliaia di suoni dai quali è
impossibile accedere ad alcuna informazione. Voci dal caos e suono dell’incomprensione.
Si tratta di una rappresentazione d’impatto delle lingue nel mondo, ma vi si intuisce
una vena di disperazione rispetto alla capacità di comunicazione umana. I musei delle
lingue, online e no, sono nati per contrastare questo sentimento disperato e per far sì
che le lingue, nella loro pluralità e nei diversi significati che assumono nel tempo e
nelle società umane, dialoghino fra loro e con quanti ne hanno a cuore la storia e la
vita.
È un’occasione da non
perdere.¶{p. 71}
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Note
[13] https://www.mmll.cam.ac.uk/news/pop-world-languages (ultimo accesso: gennaio 2023).
[14] https://api.museuvale.com/Assets/Arquivos/galerias/912/museuvale_a9b438e9-6487-485f-8d0f-02b77936d26a.pdf (ultimo accesso: gennaio 2023).