La lettura ad alta voce condivisa
DOI: 10.1401/9788815410238/c6
È inoltre possibile immaginare testi
in cui si possano aggiungere elementi facilitanti che ne permettano la consultazione
come feltrini, mollette, abbassa lingue oppure ipotizzare che il testo scritto possa
essere tradotto in simboli, facendo riferimento all’ambito multidisciplinare della
Comunicazione aumentativa alternativa (CAA). Nel primo caso l’editoria dei libri tattili
è un riferimento molto interessante e da approfondire. I libri tattili illustrati sono
testi ideati e realizzati per i bambini con deficit visivo che presentano illustrazioni
in rilievo realizzate con materiali
¶{p. 158}e
texture diversi, testo scritto sia in Braille sia a caratteri
ingranditi [Piccardi 2011]. Nel secondo caso possiamo immaginare libri in simboli
[Costantino 2011]: esistono albi illustrati modificati e tradotti oppure libri su
misura, testi personalizzati che nascono a partire dai bisogni, interessi e dai
funzionamenti dei più piccoli. In alcune situazioni si possono ipotizzare anche letture
virtuali attraverso audio-storie, video-storie con la Lingua dei segni italiana (LIS) e
con gli stessi simboli (CAA).
Le modalità di partecipazione dei
bambini e delle bambine alla lettura dialogica sono un’altra sfida da giocarsi in
termini inclusivi. È possibile fare domande ai più piccoli o riceverle, chiedere di
indicare le figure e parlare della storia, creare delle relazioni tra la storia e la
vita vissuta. Si possono creare condizioni di completamento di parole e frasi, di
richiamo rispetto a quanto appena sentito, di correlazione. Conversare, dialogare,
commentare le storie dopo la lettura sono momenti necessari per concedere ai bambini
libertà di espressione e agli adulti disponibilità all’ascolto [Batini e Giusti 2021].
È opportuno ripensare anche la
molteplicità di posture che rendono la lettura un momento piacevole e di cura per i più
piccoli. Se da una parte esiste una ricca bibliografia di testi selezionati in maniera
competente in base all’età, all’usabilità e ai contenuti, dall’altra va messa in conto
una riflessione sulle modalità della lettura. Oltre alle indicazioni già fornite
rispetto agli spazi e alle posture vocali, mimiche e prossemiche, più autentiche
possibili, va costruita una relazione autentica e sentita che consenta di fatto di
attraversare i vissuti emotivi, confermanti e contrastanti che certi libri possono
sollecitare, permettere la fruizione autonoma alla lettura se immaginato uno spazio
ad hoc a misura e altezza di bambino. Queste occasioni
diventano centrali da un punto di vista emotivo per nominare, bonificare e accompagnare.
La dimensione inclusiva di questi
accomodamenti è molto vasta e consente di costruire contesti educativi capaci di pensare
al plurale. È evidente che la presenza di testi modificati o di letture a più livelli è
un valore aggiunto per tutti, con e oltre situazioni e condizioni di specialità,
arric¶{p. 159}chendo con forza la proposta ordinaria che ne esce molto
più ricca e naturalmente equa.
3. Leggere e scoprirsi: l’esperienza di C’eral’acca
La consapevolezza della propria
condizione, anche in presenza di disabilità, è un aspetto imprescindibile per permettere
l’avvio di percorsi di autodeterminazione.
La persona disabile ha bisogno di comprendere i fattori (dalla propria condizione fisica alle situazioni sociali e familiari) che hanno condizionato e favorito il sorgere di tutta una serie di incapacità apprese, le quali sono frequentemente determinanti nel portarla a rinunciare a delle possibilità anche quando le situazioni potrebbero venire affrontate con successo [Galati et al. 2003, 9-10].
Conoscere il proprio funzionamento
può essere anche molto doloroso se non adeguatamente accompagnato e sostenuto da parole
e costrutti che possono essere compresi e capaci di aprire anche alle dimensioni dei
desideri e delle possibilità.
Vivere nell’oscuro, nell’ignoranza delle proprie condizioni, è – forse senza cattive intenzioni – un’offesa che avvia la violenza dell’esclusione che comprende l’espulsione dal processo [...]. Un libro può offrire immagini, simboli, percorsi narrativi, metafore, che insieme o singolarmente, possono permettere la riconciliazione fra la propria condizione e l’impegno [Canevaro 2009, 9-10].
Da questa prospettiva i libri
possono rappresentare mediatori importanti per tentare di fare i conti con quel pezzetto
della propria identità, in alcune circostanze sconosciuta, omessa e non comunicata. La
pratica della lettura può avere un compito importante nei percorsi di appropriazione di
sé, necessari per indirizzare nella giusta direzione il proprio progetto di vita.
A questo riguardo ritengo
interessante portare come testimonianza un significativo percorso di ricerca.
L’Università degli Studi di Perugia ha attivato nel 2017 il progetto
¶{p. 160}C’eral’acca
- Centro di Documentazione con la collaborazione dell’Associazione
Italiana Persone Down e con il sostegno finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio
di Perugia. Il progetto ha visto quindi insieme tre istituzioni differenti in un’ottica
di co-partecipazione, con l’intento di costruire un autentico percorso di promozione e
accompagnamento che sapesse meticciare saperi, governance e modelli operativi
differenti.
Il Centro ha rappresentato un polo
di raccolta e di divulgazione di documentazioni sui temi della disabilità e
dell’accessibilità: ha raccolto materiale informativo e specializzato a carattere sia
teorico che tecnico-operativo e lo ha reso disponibile per la consultazione e per il
prestito. La presenza di un polo specializzato sulla disabilità ha avuto lo scopo di
promuovere iniziative di sensibilizzazione rivolte all’intera popolazione, valorizzare
alcune esperienze locali e generare connessioni con altrettante esperienze nazionali
riconosciute come buone prassi. È stato collocato stabilmente presso la Biblioteca
umanistica dell’Ateneo, frequentata non solo da studenti universitari ma da tutta la
cittadinanza, con lo scopo di dimostrare fin da subito che non può esserci inclusione
senza condivisione.
Tutta l’attività è stata gestita da
sette ragazzi con sindrome di Down che, tramite l’attivazione di borse lavoro, hanno
condotto qui le prime esperienze professionali, mettendo a disposizione le proprie
competenze per un progetto di comunità.
Nessuno sceglie o vuole essere disabile, ma molte persone hanno imparato ad accettare e convivere con le loro disabilità. Queste persone arricchiscono la vita di tutti perché mostrano una nuova prospettiva da cui partire per la costruzione di società basate su modelli di inclusione, accettazione e rispetto delle diversità [Barbuto et al. 2007, 35].
Punto di forza di questa esperienza
è stato quello di aver reso il mondo universitario sede di un’esperienza
professionalizzante per ragazzi con disabilità e al tempo stesso essere diventato
promotore di politiche e culture accoglienti, cooperative e stimolanti, in cui la
valorizzazione di ciascuno ¶{p. 161}diviene il punto di partenza per
ottimizzare i risultati di tutti. È opportuno sottolineare che anche la Convenzione sui
diritti delle persone con disabilità (dicembre 2006) nell’articolo preliminare
(e) sottolinea come
disability is an evolving concept and that disability results from the interaction between persons with impairments and attitudinal and environmental barriers that hinders their full and effective participation in society on an equal basis with others.
I ragazzi sono stati accompagnati in
questa esperienza da un tutor specializzato, ma anche da tutto il personale della
biblioteca, adeguatamente formato prima dell’ingresso degli stessi. Non era sufficiente,
infatti, creare una nicchia dentro un luogo conosciuto, ma flussi di comunicazione e di
incontri che permettessero di superare i confini tra spazi di tutti e spazi speciali.
«Accompagnamento vuol dire anche entrare in contesti e scegliere un’organizzazione della
società in cui i “non luoghi” non siano il destino dove devono andare a rifugiarsi per
forza i soggetti deboli» [Canevaro 2013, 116]. L’esperienza professionale è nata per
offrire ulteriori percorsi di sviluppo dell’autonomia personale con azioni capaci di
garantire a persone una partecipazione reale, impegnandole in percorsi e attività che
potenzino la rete sociale e amicale spesso definita nelle pareti familiari, soprattutto
dopo la fine del percorso scolastico. «Il viaggio verso la maturità personale passa
attraverso la valorizzazione delle capacità, l’assunzione crescente e continua della
responsabilità e l’abitudine a operare scelte realistiche, ponderate e autonome» [Pavone
2014, 195].
Tutti i ragazzi hanno svolto un
corso di formazione sul lavoro nelle biblioteche, sulla catalogazione del materiale e
sul sistema dei prestiti. Si sono organizzati con turni di lavoro costanti,
sottolineando l’importanza della routine e di un impegno che non sia occasionale, ma
organizzato nell’agenda della propria vita personale.
La normalità è un intreccio di legami e un potente generatore di senso condiviso, comune, elaborato insieme [...] La forza scaturisce lentamente dalla sicurezza della routine, cioè dalla ¶{p. 162}prevedibilità delle cose che si sa come accadranno secondo regole e consuetudini, secondo una struttura condivisa, un copione ben imparato, abitudini consolidate nella comunità del quotidiano. Il quotidiano ha un valore strutturante ben più prezioso della sua apparente banalità [Ianes 2006, 15].
L’attività di catalogazione,
prestito e documentazione, oltre a essere un’esperienza che richiede alti livelli di
attenzione e di memorizzazione, favorisce l’attivazione di processi metacognitivi nei
soggetti coinvolti, costituisce un’importante occasione di potenziamento delle
operazioni di comprensione, di problem solving, di
planning rispetto a una serie di azioni da compiere.
Tutto l’impegno al Centro è stato
per i ragazzi una significativa palestra di autoregolazione metacognitiva che ha
consentito costantemente una riflessione sulla propria capacità di prendere decisioni
corrette, sul valutare il compito e il proprio operato, sul verificare le risorse e le
strategie di cui si dispone, sul pianificare la sequenza di azioni da compiere.
Si tratta di un
continuo processo di costruzione e ricostruzione di sé attraverso un’analisi di senso della propria esperienza di vita, come necessità di capire come si impara, come si è imparato, come vadano sviluppandosi le proprie potenzialità e le proprie risorse, insieme alla loro trasformazione in capacità, in abilità, in comportamenti e in atteggiamenti consapevoli [Di Nubila 2003, 16].
Nello sviluppo dell’autoregolazione
il linguaggio è sicuramente il canale più importante di autoistruzione e la scrittura la
sua naturale esplicitazione. Per questo motivo ogni giorno i ragazzi sono stati invitati
a scrivere una pagina di diario di bordo, accomodato in base ai differenti
funzionamenti: in questo spazio sono stati invitati a riportare resoconti, vissuti,
attività, persone conosciute, apprendimenti conquistati e difficoltà incontrate. La
narrazione di sé è diventata un processo educativo per imparare a riconoscere e
accettare i propri punti di forza e di debolezza, per ragionare su eventi «imprevisti»,
per riappropriarsi di una stima di sé, per tessere il proprio progetto di
vita.
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