Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c5
La coesione sociale è una
componente fondamentale dello sviluppo locale equo e
sostenibile.
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In questo senso, l’equità
dello sviluppo locale è innanzitutto strettamente legata al sistema di welfare
locale, ovvero agli interventi redistributivi verso i soggetti e le popolazioni più
vulnerabili. Per approfondire la diversità dei territori metropolitani sotto questo
profilo è possibile analizzare la spesa per interventi e servizi sociali dei comuni.
Rispetto alla situazione media dei comuni dell’area metropolitana, la spesa sociale
dei comuni per abitante è maggiore a Milano, nei principali poli urbani, nelle zone
omogenee della città metropolitana e in Brianza. Sul versante opposto, i comuni del
Lecchese, quelli di cintura di Varese, Bergamo, Brescia e alcuni comuni meridionali
della città metropolitana tra Milano, Pavia e Lodi, dove la spesa per interventi e
servizi sociali pro capite è inferiore alla media.
A fronte di una maggiore spesa
sociale, i poli urbani e le zone omogenee della città metropolitana si
contraddistinguono anche per una maggiore compartecipazione degli utenti alla spesa.
Un’alta spesa pro capite e una compartecipazione media caratterizza invece i comuni
della Brianza e del Bergamasco, mentre per la maggior parte dei comuni con una spesa
sociale per abitante più bassa si evidenzia anche una compartecipazione degli utenti
inferiore.
La presenza sul territorio di
attori e reti del Terzo settore e della società civile, come visto, è un’altra
importante dimensione della coesione sociale. Rapportando il numero di associazioni,
organizzazioni di volontariato e cooperative sociali alla popolazione residente,
emerge una demarcazione netta del territorio metropolitano. L’associazionismo è
infatti più forte nei comuni capoluogo, eccetto Milano che, insieme a molti comuni
della città metropolitana, si pone in una posizione intermedia. C’è poi la
situazione di alcuni sub-poli o comuni di cintura, quali Vigevano, Abbiategrasso,
Gallarate, Treviglio, Travagliato, che si contraddistinguono per una presenza di
organizzazioni del Terzo settore superiore alla media. Il resto del territorio si
caratterizza invece per una più bassa presenza di attori del volontariato,
associazionismo e della cooperazione sociale.
A livello dell’area
metropolitana, un’ultima dimensione della coesione sociale che è possibile
analizzare è quella ¶{p. 87}relativa alla partecipazione politica e,
quindi, alla fiducia nelle istituzioni. La dinamica dell’astensionismo elettorale
sul medio-lungo periodo è in tal senso un buon indicatore per leggere i cambiamenti
nei livelli di partecipazione e di fiducia dei cittadini. L’analisi dei dati
elettorali fa emergere una forte e diffusa diminuzione della partecipazione
elettorale in tutti i comuni considerati. Confrontando la variazione dell’astensione
elettorale dei comuni rispetto alla situazione media dell’area metropolitana nel
periodo 1987-2018, è possibile distinguere 3 macro gruppi: i) i
comuni dove l’astensione è aumentata maggiormente, quali Pavia, Vigevano, i comuni
delle zone omogenee della città metropolitana e quelli di cintura del Varesotto,
Comasco, Lodigiano e Cremasco; ii) i comuni che si posizionano
in una situazione intermedia, come Milano, Monza, Bergamo e Brescia;
iii) i numerosi comuni del Lecchese, Bergamasco e Bresciano
che invece si distinguono per una crescita relativamente più bassa
dell’astensionismo elettorale nel periodo considerato.
3.4. Sostenibilità ambientale: il consumo di suolo
Dopo aver brevemente
approfondito gli aspetti legati al tema dell’equità dello sviluppo
socio-territoriale, in questo paragrafo l’attenzione si rivolgerà alla questione
della sostenibilità di tipo ambientale, ovvero agli impatti sul territorio, la
biodiversità e la qualità dell’aria dei processi di urbanizzazione e sviluppo delle
economie metropolitane. Rispetto a questo tema è possibile delineare il quadro della
situazione nell’area metropolitana attraverso alcuni indicatori ambientali resi
disponibili da Ispra, in particolare sul consumo di suolo, ovvero sulla variazione
da una copertura non artificiale a una artificiale del suolo. Il fenomeno, infatti,
è fortemente legato alle dinamiche insediative e di urbanizzazione, quali
l’infrastrutturazione del territorio, la costruzione di nuovi edifici, la diffusione
delle città e del periurbano, ma anche con le politiche e interventi di
densificazione o rigenerazione delle aree dismesse o degradate, e influisce
negativamente ¶{p. 88}sul benessere umano e dell’ecosistema [Manella
2021]. La rilevanza del tema è tale che la ricerca di un equilibrio tra crescita
urbana e consumo di suolo è uno dei target per raggiungere l’obiettivo Sdg 11 -
Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e
sostenibili.
In Lombardia, il suolo
consumato rappresenta il 12,1% del territorio, ovvero 2.885 kmq equivalenti a più di
400.000 campi da calcio, il dato più alto a livello nazionale (7,1%). Inoltre, il
13,5% delle aree artificiali italiane è in Lombardia. Nonostante la Lombardia abbia
quasi raggiunto il livello di saturazione [Munafò 2021], in molti comuni più del 65%
del suolo è consumato, vi è stato il più alto incremento (0,4%) a livello italiano
tra il 2019 e il 2020, seppure il tasso di crescita del consumo di suolo negli
ultimi anni stia aumentando più lentamente, anche grazie alle politiche e agli
interventi per la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del suolo
degradato. All’interno del territorio metropolitano, sono le aree di Milano, Varese
e della Brianza ad avere la percentuale di suolo consumato più alta, anche se il
maggiore incremento annuale del consumo di suolo è stato rilevato nel territorio
bresciano e bergamasco. In media, il rapporto tra il tasso di variazione del suolo
consumato e il tasso di variazione della popolazione rispetto all’anno precedente
dei comuni dell’area metropolitana è equilibrato, mentre il consumo di suolo è
aumentato in misura maggiore rispetto alla popolazione in alcuni comuni della bassa
bresciana e bergamasca.
Conclusioni: profili e traiettorie socio-territoriali in bilico nell’area metropolitana
Attraverso l’analisi di dati
secondari forniti dal Sistema Statistico Nazionale (Sistan), il capitolo si è posto
l’obiettivo di offrire una mappatura socio-territoriale della regione metropolitana
milanese al fine di evidenziarne la differenziazione interna, sia in chiave diacronica
che sincronica. Come visto, i territori che compongono l’arcipelago metropolitano,
legati da rapporti funzionali anche se non afferenti alle
¶{p. 89}medesime unità territoriali amministrative, si caratterizzano
per una differente concentrazione di funzioni economiche e produttive, morfologia,
diversi gradi di dipendenza dal core metropolitano, livelli di vulnerabilità e di
coesione sociale. Tale varietà di profili, rapporti e condizioni incide sulle risorse e
i vincoli dei territori metropolitani, rendendo necessaria la definizione di specifiche
traiettorie di sviluppo socio-territoriale sostenibile locale, che risultano sempre più
in bilico a causa della maggior sensibilità e dipendenza dai percorsi di crescita dei
nuclei metropolitani, nonché dalla differente capacità di risposta alle sfide e agli
shock esogeni.
Nell’impossibilità di restituire
in questa sede la varietà di condizioni e questioni, è possibile delineare 4 principali
profili socio-territoriali all’interno dell’area metropolitana milanese. In primo luogo,
vi è il caso dei poli e sub-poli funzionali, come Milano e i principali capoluoghi,
territori attrattivi, in cui si concentrano i settori di attività economica tipicamente
metropolitani (terziario avanzato, servizi alle imprese), con una popolazione residente
più istruita, una più grande ricchezza e, allo stesso tempo, maggiori divari
socio-economici e una forte diffusione della precarietà e della vulnerabilità sociale e
materiale. In secondo luogo, ci sono i territori prossimi e strettamente connessi con i
poli, quali le zone omogenee della città metropolitana, legati anche da un punto di
vista amministrativo al core, specializzati in settori di supporto all’economia
metropolitana (logistica, commercio, servizi alle imprese), che si stanno sempre più
trasformando in nuove centralità urbane e dove la diffusione della vulnerabilità sociale
e materiale può essere sia inferiore che superiore alla situazione media. In terzo
luogo, vi sono territori metropolitani periferici, che emergono come ambiti di attività
manifatturiera e della piccola e media impresa, funzionalmente legati al core e ai poli
dell’area metropolitana, ma al di fuori dei suoi confini amministrativi e quindi con una
più debole capacità di influenza sulle strategie territoriali da cui dipendono. Tali
territori, dove la diffusione della vulnerabilità sociale e materiale è relativamente
elevata, si contraddistinguono inoltre per avere una forte identità locale, come
dimostrato dai dati sulla partecipazione elettorale ¶{p. 90}e
l’associazionismo. Infine, vi sono delle aree residuali, ai margini delle dinamiche di
sviluppo economico, residenziale e infrastrutturale della metropoli.
Per approfondire le dinamiche e le
questioni legate allo sviluppo equo e sostenibile dei diversi territori metropolitani
nei prossimi capitoli l’attenzione sarà rivolta a 3 diversi casi di territori in bilico
particolarmente interessanti per leggere le dinamiche e gli impatti socio-economici e
ambientali dei processi di metropolizzazione alla luce della storia socio-territoriale,
economica ed istituzionale locale.
Note