L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c6
Ma è il contributo offerto da Lewin,
Lippitt e White [1939] – che a tutt’oggi trova ambiti di applicazione sia nel contesto
educativo in senso stretto, sia in quello organizzativo manageriale – a essere di
particolare interesse per noi. La ricerca di questi autori era volta a individuare gli
effetti di tre tipi di stili di leadership dei docenti sul clima di
classe di un gruppo di ragazzi dai 10 agli 11 anni. I tre stili sono denominati:
autoritario, democratico e permissivo o del laissez faire. Con il
primo si fa riferimento a uno stile in cui il docente stabilisce unilateralmente
attività, tempi e modi di realizzazione, assegna il lavoro agli alunni, determina
attività e gestisce il gruppo; nel secondo il docente incoraggia e aiuta sia i singoli,
sia il gruppo, agevola e incoraggia la discussione, lascia autonomia nella divisione dei
compiti e nell’organizzazione del lavoro; infine nell’ultimo il docente lascia al gruppo
la libertà completa di decidere rispetto a mezzi e fini, non interviene nelle dinamiche
di gruppo, si esprime solo se sollecitato. Quello studio mise l’accento sul ruolo del
leader (in qualsiasi contesto) nella creazione di un clima sociale di gruppo. Tale clima
ha effetti sul gruppo nella sua totalità e su ciascuno dei componenti, determinandone i
risultati. Gli esiti della ricerca indicarono che lo stile migliore era quello
democratico, sia sotto il profilo dell’autonomia e del morale del gruppo, sia per quanto
riguardava l’efficienza e la produttività. Più recentemente, Serafini [2002] ha proposto
di considerare tre tipi d’insegnante, non difformi
¶{p. 202}dal modello
di Lewin e colleghi: l’insegnante-compagno, connotato come figura incoraggiante,
affettuosa che pone l’enfasi sul gioco e il piacere; l’insegnante-sperimentatore,
qualificato come colui/colei che insegna a studiare, a fare ricerca, a sperimentare,
quindi orientato più al metodo che al contenuto; e infine l’insegnante-guida, descritto
come colui/colei che insegna con sistematicità, che intrattiene con gli allievi un
rapporto distaccato, rigido, autoritario. Un ulteriore contributo in sintonia con quelli
appena menzionati può essere desunto dalla classificazione proposta negli anni Novanta
da Kellerhals e Montandon [1991; 1992]: gli stili maternalista, autoritario e
autorevole-contrattualista venivano definiti dalle autrici sulla base della maggiore
presenza in essi di funzioni espressive o strumentali – intendendo con le prime
riferirsi a relazioni fondate sull’emotività, l’affetto, l’empatia; le seconde invece
sono funzionali in senso materiale al raggiungimento di un risultato, sono operative,
concrete, ma non sono fini in sé. Quest’ultima tassonomia era stata originariamente
intesa – almeno in forma prevalente – come relativa alle relazioni genitori-figli.
Tuttavia, in ragione della crescente delega da parte della famiglia alla scuola anche
del compito educativo e di socializzazione normativa, oltre che didattico, abbiamo
ritenuto utile e legittimo importare questo contributo anche nell’ambito degli stili di
insegnamento in ambito scolastico. È dunque a queste distinzioni che il nostro lavoro si
è ispirato, non in modalità deduttiva, cioè partendo dalle tipologie e cercando di
verificarne la presenza nei record della nostra ricerca, ma
piuttosto come forme concettuali che sono apparse particolarmente adeguate a
interpretare coerentemente i dati delle nostre osservazioni.
È evidente che nella pratica non è
quasi mai dato di rinvenire tipi puri, quanto piuttosto una miscellanea di tratti
derivati dai diversi stili, ma pur sempre con un fattore dominante. Questa prevalenza di
uno stile può essere utilizzata per classificare i docenti rispetto alle competenze
osservate.
Un ulteriore passaggio consiste nel
mettere in relazione questi stili di insegnamento con le competenze socio-emozionali.
Ciò può essere fatto in due sensi. Il presente capitolo presenta un breve
excursus che riguarda il nesso con le SES
¶{p. 203}degli insegnanti che sono state oggetto di osservazione: le
capacità organizzative, l’energia, la creatività, la resistenza allo stress e la
cooperazione. Nel prossimo capitolo (cap. 7) tenteremo d’istituire una connessione degli
stili di insegnamento con le SES osservate negli alunni.
Mettendo in relazione gli stili
educativi dei docenti e le competenze oggetto della nostra indagine, emerge un quadro
che può essere schematizzato nella tabella 6.1. In essa abbiamo unito i tre stili
indicati da Lewin e colleghi con quelli di Kellerhals e Montandon. Pare che due di essi
possano essere sovrapposti: lo stile autoritario è presente in entrambe le tipologie;
quello democratico di Lewin corrisponde a quello autotevole-contrattualista di
Kellerhals e Montandon; restano invece da trattare come a sé stanti gli stili del
laissez faire e quello maternalista. Quest’ultimo risulta
essere di particolare rilevanza, vista la fascia di età della popolazione scolastica
osservata; la scuola primaria infatti contiene in sé ancora una forte componente di
affettività, molto più accentuata rispetto ai cicli superiori della scuola.
Con riferimento alla popolazione
docente osservata, possiamo proporre quanto illustrato nella tabella 6.1. Concordemente
con le tesi più diffuse in letteratura, anche la nostra indagine conferma che il tipo
autoritario e quello del laissez faire risultano essere non
soltanto problematici a livello generale, ma scarsamente efficaci per l’attivazione
delle SES di interesse per la ricerca. Questi due stili deprimono creatività ed energia
degli insegnanti ed escludono (evidentemente per ragioni diverse) la loro capacità di
cooperazione ¶{p. 204}con i colleghi. Lo stile autoritario salvaguarda
parzialmente le capacità organizzative (a condizione, tuttavia, che non si verifichino
situazioni di competizione tra pari) e la resistenza allo stress (che in questo caso si
qualifica più che altro come forte orientamento al controllo). Si conferma altresì
l’efficacia dello stile democratico-contrattualista, sia rispetto al team docente, sia
nella creazione e nel mantenimento dello spazio educativo. I docenti autorevoli sono
regolarmente riconosciuti dai bambini come giusti, equilibrati, comprensivi, esigenti e
capaci di ascoltare. Le osservazioni svolte in aula nei vari momenti della giornata
hanno confermato questo insieme di qualità, sia durante la didattica in senso stretto,
sia durante le pause della ricreazione, sia nelle uscite, come anche nel rapporto con le
famiglie e nella gestione di situazioni di difficoltà (scolastica, relazionale oppure
personale ed emotiva) che coinvolgevano uno o più allievi.
Organizzazione
|
Energia
|
Creatività
|
Resistenza allo stress
|
Cooperazione
|
|
Stile
autoritario
|
+
|
–
|
–
|
+
|
–
|
Stile
maternalista
|
–
|
+
|
+
|
–
|
+
|
Stile
democratico-contrattualista
|
+
|
+
|
+
|
+
|
+
|
Stile del
laissez faire
|
–
|
–
|
–
|
–
|
–
|
Rispetto alle specifiche competenze
osservate, questa categoria di docenti mostra di avere un’elevata capacità
organizzativa, declinata sia all’interno dell’aula, sia nella relazione con i colleghi
della classe, sia nell’interclasse e sia più in generale con le attività dell’istituto.
Ne deriva anche una spiccata capacità di collaborazione, che evidenzia un’ottima
capacità di riflessione critica sul proprio operato e un’apertura nei confronti delle
proposte e metodi altrui. Quanto alle competenze denominate energia
e creatività, questi docenti ne manifestano la pratica specialmente
nei contesti di apprendimento; la loro capacità autocritica e riflessiva li induce a
individuare costantemente metodi innovativi per favorire l’apprendimento, a creare
occasioni anche personalizzate per l’apprendimento da parte di bambini in condizione di
ritardo o svantaggio. E quindi anche rispetto alla resistenza allo stress mostrano una
buona capacità di gestione delle situazioni difficili.
Un commento a parte merita lo stile
maternalista. All’interno del segmento della scuola primaria, il rapporto tra alunni e
insegnanti (prevalentemente di sesso femminile) è improntato a una forte carica
affettiva: la relazione insegnante-alunno presenta tratti del
maternage ed è fortemente protettiva. Questo stile mostra
tratti di debolezza rispetto a ¶{p. 205}competenze organizzative e
resistenza allo stress, ma è correlato a elevati livelli di cooperazione, energia e
creatività. Queste ultime caratteristiche sono anche riconducibili a un ruolo docente in
cui sono centrali le dimensioni dell’aiuto, della cura, del sostegno.
3. Come si distribuiscono stili di insegnamento e competenze
Ma come si distribuiscono questi
docenti tra le classi e le scuole che abbiamo osservato? I nostri dati ci dicono che non
esiste una scuola in cui i docenti presentino in misura maggiore o minore queste qualità
a livello aggregato; si tratta sempre di qualità individuali, che non appaiono
dipendenti dai diversi contesti organizzativi. Anzi, l’osservazione partecipante
all’interno delle tre scuole selezionate per gli studi di caso ha messo in luce come
docenti con queste caratteristiche siano presenti in ogni contesto scolastico, accanto
ad altri (talora nella stessa classe) che ne sono del tutto sprovvisti.
L’insegnante è centrale, anzi di più ma è ben difficile imparare le SES e l’empatia con i bambini. Insegnante ci nasci. Talvolta ci sono insegnanti non fenomenali dal punto di vista delle conoscenze, e si cerca di aggiornarli; questo è più facile. Però hanno capacità spiccate, infondono il piacere dello studio, sono sereni, comunicativi. Questo è quello che sviluppa e sostiene le competenze, oltre che gli apprendimenti (Intervista a DS scuola Ginestra).
Analogamente, non ci sono fattori di
coorte che ci inducano a pensare che i docenti con maggiore esperienza siano anche
maggiormente competenti o abbiano avuto modo di apprendere dall’esperienza; o che quelli
più giovani siano maggiormente aperti.
Sulle skills e sulla didattica in generale c’è prima di tutto un fattore personale, perché hai scelto il mestiere, quanto ci investi; se ti piace insegnare, anche se vai in pensione, ti formi, sei attivo, alcuni non guardano l’orario... altri invece hanno scelto per inerzia, o perché era comodo ai loro tempi, o perché non hanno trovato altro e c’è stato un momento in cui la scuola assorbiva di tutto (Intervista a DS scuola Camelia).¶{p. 206}
In ogni caso l’insegnante porta con
sé un metodo, uno stile, definisce una relazione e da questi fattori esitano gli
apprendimenti, il clima di classe, l’acquisizione della parte cognitiva e non cognitiva.
Lo stile di insegnamento che purtroppo nessuno insegna è il nodo cruciale, molti sono insegnanti nati, altri insegnanti diventati, o che non hanno più tanta voglia o non l’hanno mai avuta (Intervista a DS scuola Camelia).
Possiamo, invece, avanzare alcune
ipotesi sul nesso tra stili di insegnamento, competenze dei docenti e caratteristiche
delle classi, soprattutto con riferimento al posizionamento sociale degli alunni e delle
loro famiglie. Un elemento che pare interferire in modo significativo sia con le
pratiche didattiche, sia con la socializzazione normativa, sia infine con apprendimenti
e valutazioni è proprio la collocazione delle famiglie all’interno del sistema di
stratificazione sociale.
Le osservazioni hanno riguardato,
lo ricordiamo, 5 classi quinte: due nella scuola Camelia, una nella scuola Ginestra e
due nella scuola Gelsomino. In ogni classe vigeva il modello delle due insegnanti
d’aula, con suddivisione delle discipline tra area umanistico-letteraria-artistica e
area tecnico-scientifica. Di ognuna delle scuole i capitoli 3, 4 e 5 hanno illustrato in
dettaglio le caratteristiche ed evidenziato punti di forza e fattori di criticità.
Nelle due sezioni della scuola
Gelsomino sono state individuate due coppie di insegnanti: le prime due caratterizzate
rispettivamente da uno stile autoritario e uno stile democratico-contrattualista; le
altre due da uno stile maternalista e uno stile democratico-contrattualista. Prendendo
in esame il primo team docente, in cui l’insegnante con stile autoritario è assegnata
alla sfera umanistico-letteraria e l’insegnante con stile democratico-contrattualista
alla sfera scientifica e di lingue straniere, possiamo dire che la divergenza tra stili
di insegnamento e di relazione con la classe produce una tensione latente nel team
docente. Non vi è compensazione tra stili in quanto il rapporto tra le insegnanti di
classe è solo formalmente cooperativo, non è orientato
¶{p. 207}all’assunzione condivisa di responsabilità e non c’è
innovazione concordata nella didattica, soprattutto per effetto della rigidità
dell’insegnante di area umanistica. Formalmente il team è efficace, si rispetta il
curricolo, il timing di lavoro è coerente con gli obiettivi formativi ma l’investimento
su competenze non cognitive è residuale e lasciato nelle mani della docente di area
scientifica. Nella seconda classe della scuola Gelsomino si verifica una dinamica
opposta: a partire da due stili di insegnamento del tutto diversi (maternalista per la
docente di area scientifica; democratico-contrattualista per la docente di area
umanistica) vi è grande cooperazione, ma all’insegna della sottomissione della docente
(anche più giovane di età) di area scientifica alla collega di lunga esperienza.
Tuttavia, questa dinamica non influenza il clima di classe: si osserva un eccesso di
affettività nella docente junior, ma compensato dall’autorevolezza e dalla grande
capacità di ascolto, sia verso la collega sia verso gli alunni, della docente senior.