Christoph Cornelissen, Gabriele D'Ottavio (a cura di)
La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità
DOI: 10.1401/9788815370228/c4
Bene organizzata ma un po’ troppo sobria, la cerimonia che si teneva in Parlamento venne progressivamente ampliata [19]
. Nel luglio del 1922 il ministro degli Interni Köster fece presente al presidente del Reich Ebert che era giunto il momento di accompagnare la cerimonia ufficiale con festeggiamenti in grado di coinvolgere la popolazione [20]
. In questo ambito della rappresentazione ufficiale, a svolgere un ruolo di primo piano a livello nazionale fu il Reichskunstwart (protettore dell’arte del Reich) Edwin Redslob. Aperto nel 1920 e rimasto in funzione fino al 1933, il piccolo ufficio, che rimase sempre alle dipendenze del Ministero degli Interni del Reich, venne diretto per tutta la sua durata dallo storico dell’arte Redslob. Come prevedeva il suo incarico, Redslob aveva il compito di occuparsi della rappresentazione pubblica della repubblica, e tra le sue competenze rientravano la riorganizzazione dei simboli statali e la messa a {p. 100}punto delle celebrazioni. Come ha scritto Christian Welzbacher, il Reichskunstwart voleva che la democrazia diventasse attrattiva [21]
. Tre aspetti in particolare assunsero un grande rilievo ai fini dell’allargamento su tutto il territorio nazionale delle celebrazioni in onore della Costituzione: gli eventi sportivi, i cortei e le manifestazioni ludiche di piazza. Tutti e tre questi ambiti dovevano coinvolgere vasti strati della popolazione e nello stesso tempo presentare le celebrazioni della repubblica come eventi in grado di unire il popolo (e adatti alle masse) a beneficio di tutti quelli che non potevano prendervi parte. Ogni anno, in ogni caso, foto e articoli della stampa quotidiana davano conto, spesso in modo dettagliato, delle celebrazioni che si tenevano a Berlino. Le competizioni sportive dovevano coinvolgere soprattutto i giovani e permettere alle scuole di tenerle insieme alle celebrazioni; e così in numerose scuole prima si teneva la celebrazione vera e propria e poi iniziavano le manifestazioni sportive. Nel quartiere di Prenzlauer Berg, a Berlino, diverse scuole cominciavano insieme la giornata nel campo sportivo, e se nell’agosto del 1926 gli studenti lì riuniti furono 5.000, tre anni più tardi (1929) il loro numero salì a 10.000. Gli studenti di Neukölln (Berlino) marciavano con le bandiere nere-rosse-oro fino al Volkspark Hasenheide e dopo un discorso ufficiale, due brani musicali e il canto dell’inno nazionale davano inizio alle competizioni [22]
. Non erano solo le scuole a sfruttare la possibilità di combinare insieme manifestazioni sportive e celebrazioni in onore della Costituzione: lo facevano anche i gruppi giovanili, le organizzazioni partitiche repubblicane e le autorità locali. Nel 1930 il governo di Berlino ricordò agli uffici distrettuali che la «grande eco» delle manifestazioni sportive avrebbe dovuto caratterizzare anche le celebrazioni di quell’anno [23]
.
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Non meno importante era la parata che si teneva a Berlino verso la metà degli anni Venti. Nell’agosto del 1927 vi parteciparono 12.000 persone. I repubblicani marciarono attraverso il cuore della Berlino politica e passando per il Lustgarten e la Porta di Brandeburgo si radunarono di fronte al Reichstag; in altre parole occuparono lo spazio pubblico della capitale in un modo che sarebbe stato impensabile durante il Reich guglielmino. Negli anni seguenti il numero dei partecipanti alla parata crebbe ulteriormente (già nel 1928 furono più di 30.000), così come continuò ad aumentare il numero dei gruppi e delle organizzazioni che vi aderivano. Mentre nel 1927 la metà dei partecipanti apparteneva chiaramente a organizzazioni repubblicane, e in particolare al Reichsbanner nero-rosso-oro, nel 1928 gli appartenenti a questa organizzazione erano solo un terzo del totale dei partecipanti. I rimanenti due terzi erano costituiti da membri dei sindacati, società corali, vigili del fuoco di Berlino e molti altri gruppi della società civile [24]
. Parate e fiaccolate non erano solo un modo popolare e collaudato per occupare lo spazio pubblico, per i pianificatori repubblicani queste masse organizzate e disciplinate erano schierate dalla parte della nuova democrazia. Nell’agosto del 1928 anche il liberale «Berliner Tageblatt» non la pensava diversamente:
«Tra fiaccole e musica sfilano in corteo mariti e mogli, bambini, giovani con le loro ragazze, uomini e donne di tutti i ceti e di tutte le professioni, insomma il popolo. Chi ha assistito a questo spettacolo non ha assistito solo a una fiaccolata organizzata ma alla festa di un intero popolo, alla professione di lealtà di un intero popolo» [25]
.
Ancora una volta veniva sottolineato con chiarezza che le schiere dei partecipanti rappresentavano il nuovo «Stato del popolo», che a differenza di quel che avveniva all’epoca dell’Impero guglielmino – questo l’implicito riferimento – era colorato e allegro perché festeggiava se stesso. La più grande parata del {p. 102}periodo repubblicano ebbe luogo a Berlino in occasione del decimo anniversario (agosto 1929) della repubblica e vi presero parte circa 75.000 persone [26]
. Due mesi prima delle celebrazioni dell’agosto 1929, Karl Bröger, noto per le sue liriche ispirate alla guerra, si affidò alla poesia per dire quello che i repubblicani si aspettavano dalla giornata della repubblica:
«Giorno della Costituzione
Lasciaci sfilare in schiere ordinate,
e sventolare orgogliosi le nostre bandiere!
A noi, chi vuole farsi avanti!
Giorno della Costituzione
Noi siamo il popolo, la repubblica.
Noi stessi plasmiamo il destino.
Milioni di cuori e un solo battito
Giorno della Costituzione!» [27]
.
La rappresentazione del popolo unito nella repubblica costituiva anche l’idea base di una spettacolare trovata scenica cui si fece ricorso in occasione delle celebrazioni governative del 1929 (e poi ancora nel 1930): la festa di massa nello stadio di Berlino. Davanti a 50.000 spettatori, 11.000 scolari di Berlino vennero suddivisi in diversi cori di massa e gruppi di movimento. L’organizzatore della festa era il Reichskunstwart Redslob, il cui intento era quello di raccontare una storia semplice ma visivamente attraente. Cinquecento lavoratori cercavano di unire insieme delle stanghe, successivamente usate come aste di bandiere, per simboleggiare l’unità del popolo. Ci riuscivano solo con l’aiuto dei giovani che irrompevano sul prato con vestiti colorati e formavano in tal modo una bandiera con i colori nazionali: nero-rosso-oro. Dal momento che era stata così raggiunta l’unità nazionale sotto la bandiera repubblicana, giovani e lavoratori giuravano infine sulla patria. La bandiera repubblicana veniva issata sul pennone più alto dello stadio e la rappresentazione terminava con il canto dell’inno nazionale da parte di tutti i presenti. La «Vossische Zeitung» definì la celebrazione del 1929 in onore della Costituzione «festa dei {p. 103}milioni» e sullo spettacolo messo in scena allo stadio scrisse: «Sport, giochi e balli diventano il passaggio al giuramento e alla professione di lealtà» [28]
. L’apparato simbolico qui utilizzato assume un chiaro significato. Sotto i colori repubblicani giovani e lavoratori formavano una comunità che rappresentava la nascita e il futuro dello «Stato del popolo» repubblicano e si impegnava a nuove forme di collaborazione al servizio della repubblica. Per il Reichskunstwart questa rappresentazione riuniva molti degli aspetti che egli riteneva fondamentali per la «visibilità» dello Stato repubblicano. In una conferenza radiofonica che tenne nel 1929 precisò:
«Si vuole dallo Stato che si rappresenti in modo chiaro e percettibile. Ma non lo si pretende con il sentimento proprio di un semplice spettatore bensì con quello del cittadino che vuole partecipare attivamente alla vita dello Stato» [29]
.
Redslob organizzò una manifestazione di massa anche l’anno successivo (1930), ma nel 1931 dovette rinunciarvi perché il governo a causa della gravissima crisi economica mondiale ancora in corso decise di sopprimere questa parte delle celebrazioni per motivi finanziari.

3. Attori e partecipazione a livello locale

La maggior parte dei tedeschi prendeva parte alle celebrazioni locali e veniva a sapere dai giornali quello che succedeva a Berlino. Come già abbiamo avuto modo di ricordare, la riuscita o meno delle manifestazioni dipendeva da fattori locali e dalla volontà dei responsabili decisionali. In ogni caso non erano solo celebrazioni negli uffici, nelle città (capoluogo di distretto) o nelle scuole quelle con le quali la popolazione poteva venire in contatto. Le celebrazioni organizzate dai partiti democratici {p. 104}e dalle associazioni repubblicane erano la garanzia migliore per la loro riuscita, e a fare la differenza era quasi sempre la forza dei gruppi locali dell’associazione Reichsbanner. La «visibilità» della repubblica sul territorio, infatti, dipendeva anche dalle attività di questa associazione, che tramite i giorni del ricordo, la benedizione delle bandiere, le celebrazioni per l’inaugurazione di monumenti e i cortei riconduceva la repubblica all’interno di una cultura di associazionismo civico locale. Fondato nel 1924 come associazione di veterani e come forza di protezione della repubblica, il Reichsbanner contava un numero di membri compreso tra un milione e un milione e mezzo e quindi era la più grande associazione di veterani della Repubblica di Weimar [30]
.
La dimensione quantitativa dei gruppi organizzati repubblicani è rimarchevole per vari motivi, ma in particolare essa consente di mettere in discussione la tesi diffusa secondo cui la giovane democrazia tedesca non poté contare su un sufficiente numero di repubblicani disposti a prendere attivamente parte alla sua difesa. Il gruppo dirigente del Reichsbanner era apartitico ma vi erano rappresentati tutti i partiti democratici della Repubblica di Weimar. A livello locale, tuttavia, l’associazione era spesso a guida socialdemocratica. Organizzato su base provinciale, circoscrizionale, distrettuale e in gruppi locali il Reichsbanner era in grado di mobilitarsi per le ragioni e nelle circostanze più varie e di radunare forze di diversa consistenza. Partecipava alle celebrazioni del governo centrale e a quelle ufficiali che si tenevano nei piccoli centri – anche se questo a volte causava qualche problema. I rappresentanti ufficiali delle istituzioni, i quali partecipavano alle celebrazioni solo perché veniva loro ufficialmente ordinato e quindi vi erano per così dire «costretti», ritenevano i gruppi locali del Reichsbanner organizzazioni «politiche» che in quanto tali non avrebbero dovuto prendere parte a celebrazioni apartitiche. Il fatto che il Reichsbanner {p. 105}fosse schierato in difesa dell’ordinamento costituzionale repubblicano veniva ignorato dai circoli che rifiutavano l’idea di un consenso di fondo attorno alla Costituzione e sostenevano che alle organizzazioni repubblicane doveva essere riservato lo stesso trattamento che per esempio veniva riservato al nazionalconservatore Stahlhelm o al comunista Rotfrontkämpferbund. Questo modo apparentemente neutro di intendere lo Stato in realtà non era altro che un rifiuto nemmeno tanto mascherato dello Stato repubblicano [31]
. Quindi non devono stupire gli ironici commenti del giornale del Reichsbanner:
«Celebrazioni ufficiali in onore della Costituzione
Tutti i posti siano contati
I signori rappresentanti siano scelti per bene
In veste di oratore un neutrale signor nessuno
Il più amichevole verso tutti … Arriva l’urrà – non per la repubblica
Irrompe la buona musica della città
E il tipico trio della piccola città di provincia canta
La canzone dell’unità, della giustizia e della libertà» [32]
.
Il Reichsbanner non prendeva parte solo alle celebrazioni che si tenevano a Berlino ma organizzava in proprio anche alcune celebrazioni locali oltre che feste a livello nazionale. Celebrazioni, cortei, parate e discorsi dovevano servire a rendere chiaramente visibile il potere della repubblica e naturalmente anche a rimarcare l’importanza dell’associazione. Le celebrazioni organizzate dal Reichsbanner, che si tenevano ogni anno in una città diversa e in tal modo ne sottolineavano anche la continua espansione su scala nazionale, offrivano alle singole municipalità la possibilità di inviare nella località prescelta i rispettivi gruppi di Reichsbanner. Le città di volta in volta scelte per le celebrazioni (Weimar, Amburgo, Norimberga, Lipsia, Francoforte sul Meno, Berlino, Coblenza) erano la dimostrazione che l’organizzazione era presente su tutto il territorio nazionale, sicché non a caso nell’agosto del 1925 il giornale dell’associazione («Das Reichsbanner») poté riferire con toni entusiastici: «A sud e a nord, a est e a ovest, dalle
{p. 106}alpi alle coste, ovunque migliaia di manifestazioni mostrano quanto il popolo si riconosca nella Costituzione di Weimar» [33]
. Nonostante le celebrazioni si tenessero in diverse città, ci si preoccupava ogni volta di fare in modo che a quelle che si tenevano a Berlino potesse partecipare il maggior numero possibile di membri dell’organizzazione. Il Reichsbanner non solo si adoperò per rendere pubblicamente visibile il suo diffuso radicamento territoriale ma anche per includere in modo mirato alcune città nella narrazione relativa alla fondazione della repubblica. Un intento relativamente facile da perseguire nel caso di città come Weimar, che nel 1924 venne non a caso celebrata come città natale della Costituzione, e soprattutto come Francoforte sul Meno (1848 e Paulskirche), che nel 1928 venne celebrata come luogo di nascita della democrazia tedesca. Più difficile si rivelò raggiungere questo scopo nel caso di quelle città che non vantavano alcun reale nesso con la Costituzione, la democrazia o la repubblica. In questi casi il Reichsbanner adottò una strategia che sarebbe stata seguita anche da altri gruppi: in pratica l’invenzione ex nihilo di un motivo che potesse in qualche modo giustificare la scelta. Nel 1926 il Reichsbanner venne invitato a partecipare come ospite alle celebrazioni che si tenevano a Norimberga, che in tal modo divenne la città con la quale era stato possibile conquistare un «territorio nemico» nell’antirepubblicana Baviera. Il giornale del Reichsbanner si affrettò ad attribuire alla città franca una speciale importanza:
Note
[19] Su questi aspetti delle celebrazioni in onore della Costituzione ho già pubblicato alcuni lavori che se ne occupano ampiamente. Cfr. N. Rossol, Performing the Nation in Interwar Germany; della stessa autrice, Repräsentationskultur und Verfassungsfeiern der Weimarer Republik, in D. Lehnert (ed), Demokratiekultur in Europa, Köln, Böhlau, 2011, pp. 261-280.
[20] BArchB, R 1501/116864, p. 2, 5 luglio 1922.
[21] A. Heffen, Der Reichskunstwart: Kunstpolitik in den Jahren 1920-1933, Essen, Die Blaue Eule, 1986; C. Welzbacher (ed), Der Reichskunstwart; C. Welzbacher, Edwin Redslob. Biographie eines unverbesserlichen Idealisten, Berlin, Matthes & Seitz, 2009.
[22] N. Rossol, Repräsentationskultur und Verfassungsfeiern der Weimarer Republik, pp. 277 s.
[23] Landesarchiv Berlin, A Rep. 040-08, 572, p. 445, 10 maggio 1930.
[24] N. Rossol, Performing the Nation in Interwar Germany, pp. 19 s.
[25] «Berliner Tageblatt», 13 agosto 1928, cfr. F. Schubart, Zehn Jahre Weimar – Eine Republik blickt zurück, in H.A. Winkler (ed), Griff nach der Deutungsmacht. Zur Geschichte der Geschichtspolitik, Göttingen, Wallstein, 2004, pp. 134-160.
[26] N. Rossol, Performing the Nation in Interwar Germany, p. 69.
[27] «Der Wegweiser», 5, giugno 1929, p. 72.
[28] «Vossische Zeitung», 12 agosto 1929, citato in N. Rossol, Performing the Nation in Interwar Germany, p. 76.
[29] Per una dettagliata descrizione degli spettacoli di massa cfr. ibidem, pp. 72-76.
[30] B. Ziemann, Contested Commemorations, p. 15; si veda anche una recente pubblicazione di S. Elsbach, Das Reichsbanner Schwarz-Rot-Gold. Republikschutz und politische Gewalt in der Weimarer Republik, Stuttgart, Franz Steiner, 2019.
[31] N. Rossol, Performing the Nation in Interwar Germany, pp. 145 s.
[32] Behördliche Verfassungsfeier, in «Das Reichsbanner», 16, 11 agosto 1927.
[33] Die Verfassungsfeiern im Reich, ibidem, 16, 15 agosto 1925.