L'esperienza della poesia
Che cosa significa fare esperienza della poesia e del tragico? E' l'interrogativo che Francesco Calvo affronta in queste pagine in cui la sapiente affabulazione si unisce a un piglio filosofico nuovo che, attraverso Heidegger, risale ad Aristotele per cogliere, nella poesia e nella tragedia, quello strano connubio di animalità e razionalità che è l'uomo. Un'indagine nei poeti (Baudelaire, Valéry, Eliot, Dante) e nei filosofi (Platone, Leibniz, Kant e Nietzsche), per capire come la poesia sia sposalizio di carne e spirito, incontro con l'altro e atto d'amore; come essa si trovi presso la "cosa" e come, spinta nella massima prossimità di quella, le si diffonda attorno quasi a farle corona, per poi rientrare in se stessa carica e ricca di tutte le sue costellazioni, ed essere solo, esclusivamente, parola. Parola che dice se stessa, parola che è "cosa", che ha ricreato in sé il portento dell'essere-cosa. Rileggendo poi le "Elegie duinesi" di Rilke, nelle quali il poeta si fa "ape dell'invisibile", e volgendosi alla "Poetica" e all'"Etica" aristoteliche per comprendere il senso del tragico, l'"opera dell'uomo" e il suo tremendo fallimento, l'autore indica l'universale della tragedia e la ragione per la quale in essa ci riconosciamo.