Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/p4

Matelda Reho Introduzione

Notizie Autori
Matelda Reho è già professore ordinario presso l’Università IUAV di Venezia, si è occupata di Politiche ambientali e Politiche di sviluppo rurale. Attualmente la sua ricerca si concentra sugli strumenti di governance per la tutela e salvaguardia del paesaggio, con specifico riferimento alle possibili interazioni con le politiche agricole. È autrice di numerose pubblicazioni in volume e in riviste.
Il volume che qui si presenta ha esplicitamente l’obiettivo di parlare di paesaggio a figure che operano in vari ambiti delle politiche territoriali, per le quali spesso non è semplice integrare la dimensione paesaggistica nelle scelte che vengono assunte. Pone in qualche modo la necessità di ripensare il modus operandi delle istituzioni pubbliche, assumendo la trasversalità del paesaggio come frame in cui prendere le decisioni, pur considerando la molteplicità dei punti di vista che vengono di volta in volta chiamati in causa e le difficoltà nell’interfacciarsi con diverse discipline. Esprime la necessità di trovare forme di dialogo più efficaci, di parlare linguaggi accessibili, che consentano di adottare orientamenti comuni, di scomporre e ricomporre la complessità del paesaggio. Vuole sensibilizzare, far crescere la responsabilizzazione sulla tutela e valorizzazione del paesaggio e allo stesso tempo fornire strumenti di lettura, aprire una riflessione su alcuni processi di trasformazione del territorio con forti implicazioni sul paesaggio.
La costruzione del progetto che sta alla base di questo volume risponde agli impegni enunciati dalla Convenzione europea del paesaggio, in maniera specifica agli artt. 5 e 6. In particolare, l’art. 5 sottolinea che una prospettiva di efficacia delle politiche di tutela e salvaguardia del paesaggio non possa chiudersi solo in misure e azioni specifiche, debba al contrario aprirsi alle altre politiche che intervengono sul territorio. In particolare, il punto d) dell’art. 5 recita: «Ogni parte si impegna […] ad integrare il paesaggio nelle politiche relative all’assetto territoriale ed urbanistico, nelle politiche culturali, ambientali, agricole, sociali ed economiche, ed in ogni altra politica che possa avere un’incidenza diretta o indiretta sul paesaggio». Lodevole, dunque, l’iniziativa di sensibilizzazione promossa dall’Osservatorio per il paesaggio {p. 16}della Regione del Veneto, in un contesto legislativo in cui è proprio la regione l’ambito di governo determinante per considerare la trasversalità e complessità della questione paesaggistica, per le molteplici competenze che le sono affidate nella gestione di politiche settoriali, per l’esercizio dell’attività autorizzatoria in materia paesaggistica (ai sensi dell’art. 146, c. 6, del Codice), per l’ampiezza del territorio su cui si definiscono orientamenti, attraverso la pianificazione paesaggistica.
Rispecchiando per lo più la traccia seguita nel corso organizzato dall’Università IUAV di Venezia per l’Osservatorio, il volume è organizzato in tre parti, che consentono di passare dalla teoria alla pratica, dalla disciplina del paesaggio alla dimensione paesaggistica di molte azioni, misure e politiche, che intervengono sul territorio settorialmente, considerando alcune problematiche che sono emerse con maggiore insistenza negli ultimi anni, configurando vere e proprie emergenze.
Nella prima parte i saggi di Anna Marson, Giuseppe Piperata, Girolamo Sciullo, Clemente Pio Santacroce, Gabriele Torelli e Domenico Patassini consentono di soffermarsi sulla complessità del paesaggio e su quanto di questa complessità trovi posto nella disciplina giuridica e nella prassi della pianificazione. A più di vent’anni dall’introduzione della Convenzione europea del paesaggio stiamo effettivamente andando avanti nella considerazione del paesaggio o ne stiamo ancora considerando delle parti? Quanto l’idea di paesaggio introdotta dalla Convenzione è stata metabolizzata nella definizione di piani e politiche e nell’ordinamento giuridico nazionale? Come sostiene Anna Marson, l’attenzione alla complessità e alla specificità di ciascun paesaggio spesso fa fatica ad emergere, così come si interpreta ancora con qualche difficoltà la differenza tra il concetto di territorio e quello di paesaggio, e si stenta a ragionare in termini di coevoluzione. Da una parte non è scontato che alla base della caratterizzazione di ciascun paesaggio ci sia «un’esperienza specifica, generalmente maturata in un tempo lungo, di coevoluzione fra natura e cultura» e che caratterizzare un paesaggio implichi guardare a queste relazioni, non {p. 17}leggibili soffermandosi su singole componenti; dall’altra si fa fatica nei processi di pianificazione ad assumere che, considerando il paesaggio, si debba lavorare sugli aspetti della percezione, e conseguentemente sulla qualità di ciò che percepiamo. In un quadro emergente, in cui spesso anche la rappresentazione e la scala assunte per considerare il paesaggio alimentano la semplificazione, Piperata e Sciullo pongono la questione del rapporto tra beni paesaggistici e paesaggio e della loro coabitazione all’interno del diritto del patrimonio culturale. Discutere su questi aspetti implica inevitabilmente considerare il tema della interazione tra competenze statali e regionali, delle interpretazioni sui «confini» di dette competenze e sul loro dispiegarsi in concreto. Ne scaturisce un quadro decisionale complesso e per molti versi conflittuale, in cui il riconoscere al paesaggio un «valore primario e assoluto» rischia di essere messo in crisi da alcuni processi. Le stesse due categorie di azione su cui il legislatore si concentra, la tutela e la valorizzazione, sembrano in alcuni casi porre problemi di armonizzazione, di coerenza. Ci viene ricordato che la tutela rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, mentre la valorizzazione è di competenza delle regioni, ma come osserva Santacroce «non è sempre facile individuare con esattezza il confine tra i due titoli competenziali, come dimostrano le numerose sentenze al riguardo, rese dalla Corte costituzionale in seguito a conflitti tra Stato e regioni». Allo stesso modo, anche limitandosi a considerare la tutela, il riconoscimento dei beni da tutelare necessita poi della definizione di regole d’uso o non uso su cui c’è ancora molto lavoro da fare. Piperata sottolinea che tutela e valorizzazione del paesaggio e dei beni paesaggistici rimangono distinte anche riguardo agli strumenti che la legge mette a disposizione per garantirne gli obiettivi, più tradizionali e autoritativi quelli previsti per la tutela, più innovativi e variegati quelli previsti per la valorizzazione, contemplando la dimensione pianificatoria, quella progettuale e della definizione di politiche. Diverse dimensioni che richiamano il ruolo di molti attori, differenti dalle istituzioni pubbliche competenti in materia di paesaggio. C’è un invito a guardare alle pratiche {p. 18}di produzione del paesaggio (Marson), che interessano una pluralità di soggetti, e a porsi come istituzioni l’obiettivo di accompagnarli dentro e fuori la gestione dei più tradizionali strumenti. Si tratta di superare un approccio secondo cui la tutela è considerata astensione dall’azione, anziché come cura proattiva e accompagnamento della coevoluzione tra dinamiche naturali e intervento umano. È una esortazione ad «accompagnare le pratiche innovative dei produttori di paesaggio, rivedere le pratiche istituzionali inadeguate».
Guidati dagli autori, nel volume abbiamo l’opportunità di ripercorrere alcune rilevanti azioni previste dall’ordinamento giuridico italiano in materia di paesaggio, comprendenti, oltre al riconoscimento dei beni paesaggistici, la definizione di vincoli, la pianificazione paesaggistica, l’autorizzazione paesaggistica e, a chiusura del «sistema», l’attività ripristinatoria-sanzionatoria [1]
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In particolare, Santacroce e Torelli si soffermano su di uno strumento centrale della gestione dei beni sottoposti a tutela, l’autorizzazione paesaggistica, nelle diverse situazioni in cui vige l’obbligo e nelle non trascurabili eccezioni in cui il legislatore considera «interventi di lieve entità», assoggettati ad un regime amministrativo semplificato. Gli autori evidenziano i possibili riflessi dell’esercizio della funzione di pianificazione paesaggistica e degli altri poteri amministrativi ad effetto conformativo-prescrittivo (tramite vestizione/integrazione dei vincoli) sul regime autorizzatorio ordinario: la sua eventuale modulazione riduttiva e l’arretramento della sfera di intervento statale nel momento della gestione del vincolo.
Nel processo autorizzativo, così come in quello pianificatorio, un ruolo importante potrebbe essere coperto dagli strumenti di valutazione previsti dall’ordinamento giuridico italiano. Spesso però la valutazione di supporto alle decisioni è relegata ad atti di puro adempimento, non collocati nelle fasi di maturazione e possibile modificazione dei progetti, e sono dunque lontanissimi «da istanze trasformative, {p. 19}di institutional design, di policy o di apprendimento che dovrebbero essere alla base di plausibili strategie di sostenibilità e di adattamento» (Patassini). Nel suo contributo Domenico Patassini evidenzia una sostanziale distanza tra la ricchezza di un quadro regolativo in significativa evoluzione e gli approdi della valutazione paesaggistica e dei tentativi di integrazione nella VAS. Si rilevano difficoltà di varia natura, a partire da quelle concettuali, riconducibili alla «problematica combinazione di analisi scientifica e rappresentazione figurativa»; infatti, da una parte ci sono generalmente componenti «rilevabili», utilizzando appropriati strumenti analitici e metriche, dall’altra «si affida alla percezione (in accezione anche immateriale) e alle pratiche analitiche la combinazione delle componenti, la restituzione di immagini e l’attribuzione di valore». L’autore esplora domini e forme di interazione fra VAS e Valutazione paesaggistica nei processi pianificatori, rilevando per lo più tentativi di accostamento non sufficientemente supportati da plausibile interpretazione semantica e da validazioni empiriche sul versante metrico. Forse qualche passo in avanti potrebbe essere fatto ridefinendo l’approccio adottato attualmente nella VAS. In quest’ottica, Patassini parla di abbandono dell’approccio matriciale e per indicatori della VAS a favore dell’approccio metabolico o per servizi ecosistemici (SE). È un ulteriore stimolo che parte da questo volume, che vale la pena cogliere nella ricerca e nelle pratiche di valutazione.
Spostandosi dal piano teorico a quello dell’amministrazione reale, la seconda parte del volume si concentra sul ruolo dell’istituzione regione, a cui sono demandati, come si è detto, in particolare i compiti della valorizzazione, e di rendere concreta un’azione di conoscenza e condivisione del patrimonio paesaggistico, attraverso lo strumento di piano, a cui il Codice (agli artt. 135 e 143) affida compiti molto importanti. Qui il contesto regionale preso in considerazione è quello del Veneto, attraverso numerosi saggi di figure che operano direttamente nella gestione del sistema di pianificazione: Giovanna Negri, Andrea Ballin, Alberto Miotto, Giorgio Doria, Ellena Finco, Mauro De Osti, Silvia
{p. 20}Felli, Umberto Trivelloni, Alessandra Amoroso e Andrea Bonato. Il contributo di Giovanna Negri intercetta sia la «storia» attraverso cui, nel tempo, la Regione del Veneto ha affrontato temi paesaggistici, sia la natura dei diversi strumenti che sono stati messi in campo per implementare gli obiettivi di valorizzazione e di tutela, per far crescere una cultura del paesaggio. Particolare attenzione viene riservata al processo che accompagna la definizione del piano, come occasione di costruzione ed emersione di un patrimonio di conoscenze sul paesaggio regionale, sulla pluralità dei valori che esprime; un processo che mette in luce un vero e proprio giacimento di risorse informative, utili anche a diversi settori delle politiche regionali. La definizione dell’Atlante ricognitivo degli ambiti di paesaggio, il Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto s’accompagnano alla costruzione di un quadro di tutele, caratterizzato dalla presenza di 1.143 vincoli (di cui 1.075 dichiarati dallo Stato tra il 1901 e il 2018 e 68 istituiti dalla Regione del Veneto). I contributi di Giovanna Negri, Alberto Miotto e Andrea Ballin ci consentono di ricostruire la presenza del paesaggio negli strumenti di pianificazione, il senso di alcune scelte operate a livello regionale relativamente al formato del piano (PTRC con valenza paesaggistica/piano paesaggistico), lo spazio riservato in particolare ai piani di area e le specificità del processo autorizzativo.
Note
[1] Su cui ci si è soffermati più ampiamente nel corso, benché nel volume non sia riportato un testo specifico di riferimento.