Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/p1
Introduzione di Cecilia Tomassini, Marco Albertini e Giovanni Lamura
Notizie Autori
Cecilia Tomassini professoressa ordinaria di Demografia, Università degli Studi del
Molise.
Notizie Autori
Marco Albertini professore ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro,
Università di Bologna.
Notizie Autori
Giovanni Lamura direttore Centro Ricerche Economico-Sociali per l’Invecchiamento, INRCA
(Istituto Nazionale di Ricovero e Cura per Anziani).
Abstract
Alla base di questo volume vi è lʼesigenza di fornire un prospetto informativo
critico e aggiornato sui principali temi connessi alla domanda di assistenza agli
anziani non-autosufficienti in Italia. Questo approfondimento è reso necessario
dallʼeccezionalismo del nostro paese riguardo al rapido invecchiamento della
popolazione, connesso a un rischioso ritardo nella messa in campo di soluzioni
economiche e sociali per fronteggiare al meglio il fenomeno.
Questo volume trae origine dall’esigenza
di disporre di un quadro informativo critico e aggiornato sui principali temi e questioni
emergenti legati alla domanda di assistenza agli anziani non-autosufficienti nel nostro
paese, esigenza sentita diffusamente da parte di quanti, in varie vesti, sono impegnati
nell’assicurare un adeguato supporto a questa parte della popolazione.
L’urgenza di tale approfondimento
conoscitivo è giustificata dall’eccezionalismo italiano in termini di rapido invecchiamento
della popolazione, già da tempo riconosciuto anche a livello internazionale [Kinsella e
Velkoff 2001]: la percentuale di residenti ultrasessantacinquenni sul totale della
popolazione già oggi supera quota 24%, inoltre le previsioni ISTAT nello scenario mediano
proiettano tale percentuale al 35% entro il 2050 [ISTAT 2023].
L’invecchiamento della popolazione,
tuttavia, procede a velocità diversa all’interno del paese: dalla mappa anamorfica nella
figura 1 le province con la percentuale più alta di ultraottantenni si trovano soprattutto
in Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Piemonte. Il Mezzogiorno invece, a
invecchiamento più recente, non mostra percentuali particolarmente alte pur nel contesto di
un’elevata eterogeneità (cfr. infra, cap. 4).
La tendenza al rapido invecchiamento
della popolazione non riguarda solo l’Italia ma anche molti altri paesi europei e
occidentali; tuttavia, ciò che distingue il nostro paese è che, a differenza degli altri, si
ritrova in notevole e rischioso ritardo rispetto alla messa in campo di quelle soluzioni
economiche, sociali e istituzionali che permetterebbero di fronteggiare al meglio questa
trasformazione demografica e le sue conseguenze.
L’invecchiamento della popolazione è
infatti accompagnato da ulteriori trasformazioni della società italiana che hanno
mu¶{p. 10}tato il contesto in cui parte della popolazione anziana riceve
supporto, e che rendono più difficile rispondere alla crescente domanda di cure di lungo
termine, ad esempio: i) l’invecchiamento della popolazione si riflette
sull’invecchiamento delle reti sociali individuali, che risultano essere più omogenee per
età e quindi con un minor potenziale di aiuto informale; ii) le
emigrazioni dei giovani dalle aree interne porta a un’accelerazione geograficamente
eterogenea del fenomeno; iii) la transizione delle famiglie a un
modello dove entrambi i membri della coppia hanno un lavoro retribuito, assieme alla
crescita della distanza geografica tra la residenza delle generazioni familiari, porta a una
diminuzione della potenziale rete di cura informale disponibile.
Sebbene la dicotomia invecchiamento e
emergenza assistenziale sia spesso citata con toni allarmistici, la conoscenza delle reali
esigenze di supporto della popolazione anziana non-autosufficiente è ancora molto limitata e
presenta ancora delle aree poco esplorate. D’altro lato, l’associazione tra invecchiamento
della popolazione e domanda di cura a lungo termine è un aspetto chiave dell’analisi e
dell’intervento di policy, cruciale per la sostenibilità di medio e lungo termine delle
tendenze demografiche e degli assetti del sistema di welfare del nostro paese e cruciale per
costruire l’Italia della Next Generation europea con nuove opportunità
sociali ed economiche per una popolazione che cambia rapidamente.
La dinamica di questa relazione tra
invecchiamento e necessità di cure si origina all’incrocio di molteplici elementi dello
spettro demografico e sociale. Innanzitutto, l’aumento della longevità:
l’aumento della durata della vita non è sempre accompagnato da un prolungamento dello stato
di buona salute (seppure segnali incoraggianti a riguardo arrivino proprio dall’Italia, vedi
Boccuzzo et al. [2021]); questa dinamica potrebbe aumentare il numero
medio di anni vissuti in una condizione di non completa autosufficienza.
In secondo luogo, la carenza
di risorse di aiuto formale – cioè l’aiuto fornito dalle istituzioni
pubbliche o da attori privati a pagamento [Albertini e Pavolini 2015] – è destinata ad
amplificarsi in presenza: i) del crescente squilibrio demografico tra
adulti in età lavorativa e anziani, particolarmente con l’arrivo nelle età anziane delle
coorti del baby boom del secondo do¶{p. 11}poguerra;
ii) del permanere di forti vincoli all’espansione della spesa
pubblica; iii) dell’esaurimento o affievolimento dei flussi migratori
che hanno alimentato la forza lavoro nel settore della cura (care
drain). Allo stesso tempo, anche le risorse di cura
informale sembrano destinate a una progressiva diminuzione, sia in termini
relativi che assoluti. Questa dinamica viene alimentata da fenomeni quali:
i) la riduzione dei tassi di fecondità, che a partire dal 1976
scende al di sotto della soglia di sostituzione riducendo drasticamente i figli su cui
potranno contare gli anziani (l’ISTAT stima inoltre che per le generazioni nate dal 1970 in
poi la proporzione di donne senza figli supererà il 20%, mentre era del 10 per le donne nate
alla fine degli anni Quaranta); ii) la minor disponibilità di lavoro di
cura non retribuito, legato sia alla crescente partecipazione delle donne al mercato del
lavoro retribuito, sia all’allungamento della durata ¶{p. 12}della vita
lavorativa; iii) la crescente mobilità geografica dei figli rispetto ai
luoghi di residenza dei genitori (un fenomeno particolarmente accentuato nelle aree
interne).
Il tema della domanda di assistenza ha
anche una profonda rilevanza economico-finanziaria, e quindi, strategicamente, la conoscenza
quantitativa e qualitativa dell’assistenza richiesta da (e prestata a) soggetti anziani
diventa fondamentale a fini conoscitivo-programmatori: una limitata conoscenza del fenomeno
rende infatti difficile la pianificazione di servizi adeguati, efficienti e sostenibili.
In questo quadro di profondo
cambiamento demografico, sociale e istituzionale, in cui la disponibilità di dati aggiornati
è sempre più urgente per una corretta comprensione del fenomeno, le rilevazioni statistiche
disponibili nel nostro paese offrono invece un profilo d’indagine quanto meno disallineato e
poco dettagliato. Sono infatti molte le domande ancora senza risposta, ad esempio: quale è
l’esito, e l’efficacia, di politiche basate su un approccio di
cash-for-care? Quale è e sarà il ruolo delle organizzazioni del
Terzo settore e del welfare di comunità? La relazione fra istruzione e aiuto dato/ricevuto
rimane costante nel tempo? Vale per qualsiasi tipo di aiuto? Gli anziani che ricevono aiuto
da parte dei propri familiari ritengono il supporto ricevuto sufficiente? Ne sono
soddisfatti? C’è qualche combinazione fra aiuto formale e informale che viene preferita ad
altre? E quali sono i fattori che inducono alla scelta di un certo tipo di aiuto? Quale sarà
la domanda di assistenza per le generazioni di immigrati quando nei prossimi anni
cominceranno a entrare nell’età anziana? La riduzione dei potenziali
caregivers derivante dagli attuali trends
demografici e sociali riduce realmente la disponibilità di aiuto, o ne cambia solo le
modalità di erogazione? In quali circostanze l’anziano non-autosufficiente, e la sua
famiglia, optano per strutture di lungo-degenza? Sono solo le condizioni di salute a
suggerire tale scelta, o si aggiungono anche motivazioni familiari, o di altro tipo? L’aiuto
formale fornito privatamente da operatori a domicilio è ancora sostenibile per le famiglie
meno abbienti? Lo sarà anche nel futuro? Quale impatto hanno le disuguaglianze
socio-economiche sulle famiglie con parenti anziani non-autosufficienti? Come si
differenziano le soluzioni scelte dagli anziani che vivono in aree urbane rispetto a quelle
scelte dagli anziani nelle aree rurali? Quale è ¶{p. 13}e quale sarà il
ruolo della Ambient Assistive Living e della telemedicina per gli
anziani? È una soluzione percorribile, date le conoscenze digitali delle generazioni più
anziane? Gli attuali strumenti normativi in termini di tutela dei soggetti anziani (ad es.
l’amministratore di sostegno) sono ancora validi? Riescono effettivamente a proteggere gli
individui più fragili?
Cambiando lente e spostando il fuoco su
chi offre aiuto, specialmente in famiglia (caregivers informali), il
quadro si complica ulteriormente: c’è una riduzione nella propensione a dare aiuto che è
dovuta a motivi logistici o culturali? Il caregiving informale crea un
burden fisico-psichico nella persona che dà aiuto, o è invece
l’impossibilità di dare tale aiuto che diventa fonte di stress? Quali sono le conseguenze in
termini di benessere di salute, mentale ed economico del fornire aiuto di cura informale ai
membri anziani della propria famiglia? La prossimità fisica della diade
caregiver-carereceiver ha un ruolo sulla possibilità di offrire
aiuto? Può la tecnologia aiutare il caregiver, oltre che aiutare il
carereceiver?
Il punto di vista dei
caregivers informali è stato particolarmente trascurato soprattutto
nella raccolta di informazioni statistiche ufficiali: a parte qualche eccezione, è difficile
quantificare il lavoro di milioni di cittadini italiani che ogni giorno si prodigano nel
dare aiuto a membri della loro rete familiare e sociale. Ancora meno indagata è poi la
realtà di quei parenti che aiutano un anziano residente tra le stesse mura domestiche: un
impegno spesso anche più intenso, in termini di tempo e di stress.
Queste sollecitazioni danno un’idea
iniziale della complessità del fenomeno che lo Spoke 5 del Partenariato esteso «Conseguenze
e sfide dell’invecchiamento» finanziato dal Ministero per la Ricerca e dal PNRR prova a
dipanare. Il coinvolgimento di studiosi e ricercatori provenienti da diverse istituzioni può
dare un contributo, per la prima volta olistico e multidisciplinare, alla comprensione delle
dinamiche che ruotano attorno a un delicato punto d’equilibrio: da un lato l’aumento della
domanda di assistenza e cura legata all’invecchiamento della popolazione, dall’altro sia le
crescenti difficoltà delle famiglie a fronteggiare ruoli multipli (genitore, figlio/a,
lavoratore e caregiver), sia le istituzioni pubbliche pressate da
crescenti richieste e limitate nella possibilità di ampliare le aree e i costi degli
interventi di supporto.
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