Verso il museo multimediale della lingua italiana
DOI: 10.1401/9788815410283/c12
Mirko Volpi Com'è fatto il MULTI
Notizie Autori
Mirko Volpi è professore associato in Linguistica italiana all’Università di Pavia. Si
occupa prevalentemente di Dante e dei suoi antichi commentatori (a sua cura è
l’edizione del Commento alla Commedia di Iacomo della Lana,
2009), di antichi volgari italiani (con studi ed edizioni di testi) e di aspetti
dell’italiano non letterario tra Otto e Novecento. Tra i suoi ultimi libri:
«Sua maestà è una pornografia!». Italiano popolare, giornalismo e
lingua della politica tra la Grande Guerra e il referendum del
1946 (2014); «Amor condusse noi». Lettura linguistica
di «Inferno» V (2021) e (con Ludovica Maconi) Antichi
documenti dei volgari italiani (2022).
Abstract
Dopo i preziosi inquadramenti teorici e il racconto di altre esperienze di musealizzazione di un patrimonio culturale immateriale qual è una lingua, che costituiscono il cuore di questo volume e di questo seminario, vediamo finalmente più da vicino come è fatto e come è fruibile il MULTI Museo multimediale della lingua italiana. Il MULTI è un museo multimediale e interattivo che ha come obiettivo quello di raccontare la lingua italiana e la sua storia, rendendole accessibili a un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile. Centrale, come anticipato, e determinante nella delineazione stessa del sito e della sua architettura, è il ruolo della narrazione; il MULTI si sviluppa dunque, all’interno della macrometafora della città della lingua, come un racconto della lingua italiana attraverso una serie di vere e proprie «visite guidate». Le schermate del sito, cioè di ognuno dei sei Percorsi previsti, oltre all’Atrio, presentano elementi immersivi, sempre funzionali a un più coinvolgente sviluppo della narrazione: l’impostazione generale si basa su una grafica fullscreen («a tutto schermo») con l’utilizzo di elementi animati (video o sfondi, ad esempio) e statici (le immagini, principalmente) e il ricorso alla parallasse, dove cioè tali elementi si muovono in modo indipendente (ossia senza comandi da parte dell’utente) per conferire profondità alla schermata. Un ulteriore livello di contenuto del MULTI è invece rappresentato dalla sezione che raccoglie gli Articoli: approfondimenti di media lunghezza, in cui si affrontano questioni legate a quelle trattate nei vari Percorsi, ma con un occhio particolare alla contemporaneità, a temi dell’attualità sollecitati dal racconto del passato e del presente della lingua italiana.
1. MULTI: struttura, architettura, tassonomie
Dopo i preziosi inquadramenti
teorici e il racconto di altre esperienze di musealizzazione di un patrimonio culturale
immateriale qual è una lingua, che costituiscono il cuore di questo volume e di questo
seminario, vediamo finalmente più da vicino come è fatto e come è fruibile il MULTI –
Museo multimediale della lingua italiana. Frutto, come ricordano in questo volume
Giacomo Micheletti e Anna Stella Poli, di un progetto finanziato dal ministero
dell’Università e della Ricerca, il MULTI nasce dalla collaborazione di tre unità di
ricerca, l’Università di Napoli L’Orientale, l’Università della Tuscia di Viterbo e, con
ruolo di coordinamento, l’Università di Pavia. Se ai tre atenei fanno capo l’ideazione e
la cura dei contenuti, la parte di progettazione e sviluppo – cioè la realizzazione vera
e propria del sito del MULTI – è stata affidata a Dotdotdot, studio di progettazione
multidisciplinare nato a Milano nel 2004
[1]
.
Il MULTI è un museo multimediale e
interattivo che ha come obiettivo quello di raccontare la lingua italiana e la sua
storia, rendendole accessibili a un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile,
attraverso un nuovo concetto di interazione e fruizione dei contenuti, e cioè anzitutto
con la possibilità di accedere in maniera interattiva e coinvolgente a documenti e
materiali, cercando ¶{p. 112}di far coesistere divulgazione e ricerca
all’interno di una articolata narrazione.
Nelle prime fasi di progetto lo
studio Dotdotdot ha avuto anche il ruolo di sistematizzare e ordinare le idee rispetto
agli obiettivi appena esposti: come deve essere fatto un museo multimediale? La risposta
è passata in prima istanza dall’analizzare obiettivi e funzionalità dei musei oggi,
mantenendo come minimo comune denominatore il ruolo di raccontare, preservare e
contestualizzare un patrimonio, nel nostro caso un patrimonio immateriale unico come
quello della lingua italiana. Le modalità e i servizi (il «come») con cui portare avanti
questi obiettivi nascono invece dalle opportunità che il digitale offre, permutate
sull’offerta tipica dei musei. Se questi ultimi hanno una collezione permanente in
mostra, noi abbiamo immaginato dei percorsi narrativi curatoriali; là dove i musei
presentano archivi e biblioteche, noi abbiamo immaginato una collezione digitale; mentre
al posto di laboratori e workshop si trovano giochi interattivi sparsi nei percorsi, e
tutta la parte di attività come conferenze e talk viene coperta da una sezione di
articoli e dalla possibilità di avere video o podcast, condivisibili via social media.
Il MULTI si configura quindi come una piattaforma poliedrica e multidimensionale, dotata
di strumenti per veicolare contenuti a pubblici diversi, dove l’interattività ha un
ruolo centrale ma non prevaricante rispetto alle storie che si vogliono raccontare.
Dunque i contenuti – gli «oggetti»
esposti nel Museo – sono di varia natura e tipologia: accanto alla parte
ov¶{p. 113}viamente verbale, scritta (ma disponibile anche in formato
audio), si trovano vari media usati alternatamente, quali immagini, video (di repertorio
ma anche originali, ossia realizzati appositamente per il MULTI), documenti d’altro tipo
(ad esempio volumi, a stampa o manoscritti, sfogliabili), gallerie, animazioni grafiche,
attività ludiche ecc. (secondo il principio del cosiddetto mixed media
content, il contenuto multimediale misto).
Centrale, come anticipato, e
determinante nella delineazione stessa del sito e della sua architettura, è il ruolo
della narrazione; il MULTI si sviluppa dunque, all’interno della macrometafora della
città della lingua (per la quale si veda in questo volume il contributo di Stefano
Telve), come un racconto della lingua italiana attraverso una serie di vere e proprie
«visite guidate». In particolare – per ricorrere alla tassonomia utilizzata nel sito,
che si va ora a esporre – si articola in sei Percorsi: tragitti, narrazioni tematiche
lungo le quali vengono illustrati e appunto, e specialmente, raccontati snodi e
questioni cruciali nella storia linguistica dell’italiano. Inoltre, a fungere da
introduzione alla storia della lingua italiana raccontata attraverso questi sei
Percorsi, si trova una zona preliminare, una sorta di ingresso, un Atrio dedicato alle
origini stesse dell’italiano, alla sua «nascita» – potremmo dire.
Ognuno dei sei Percorsi, più
l’Atrio, si identifica attraverso una domanda tematica che lo apre (prendendo come
esempio, qui e in seguito, il Percorso dedicato alla norma, la domanda in questo caso è:
Chi ha stabilito le regole dell’italiano?) ed è suddiviso in
Tappe, che corrispondono alle varie zone, ai diversi capitoli del Percorso stesso (le
cinque Tappe del citato Percorso sono dunque dedicate alle Tre Corone – Dante, Petrarca
e Boccaccio –, all’attività della «Quarta Corona», cioè Pietro Bembo, alla Crusca, a
Manzoni, alla scuola). All’interno di queste si trovano i Punti, vale a dire le singole
unità di contenuto (più o meno equivalenti alle singole schermate del sito, di cui si
dirà meglio poi), nelle quali si parla di un Reperto (tra i Punti-schermate della Tappa
Bembo ricordiamo ad esempio quelli che presentano le sue Prose della volgar
lingua, con box di approfondimento ¶{p. 114}sulla
questione della lingua nel Cinquecento). I Reperti sono gli oggetti del Museo, gli
elementi che in un certo senso costituiscono la «collezione» museale del MULTI (sempre
nella Tappa Bembo possiamo trovare, come Reperti, il suo celebre ritratto realizzato da
Tiziano, la princeps delle Prose in
riproduzione digitale, il manoscritto con la Grammatichetta
vaticana di Leon Battista Alberti posseduto dallo stesso Bembo ecc.).
Questo archivio si ritrova tutto raccolto e adeguatamente organizzato in una apposita
pagina del sito, che è appunto la Collezione. A completamento del quadro, il Museo
multimediale prevede anche la presenza degli Articoli, testi di approfondimento, dal
taglio divulgativo, relativi a questioni toccate o accennate nei singoli Punti, con
speciale riferimento alla contemporaneità.
¶
L’architettura del sito del MULTI,
con i collegamenti tra le varie parti, si può dunque rappresentare secondo lo schema
mostrato nella figura 2.
2. Organizzazione dei contenuti ed elementi grafici
Come detto, la narrazione dei
diversi temi relativi alla storia della lingua italiana si snoda lungo i sei Percorsi (e
l’Atrio), i quali risultano organizzati come degli scrollytelling,
vale a dire tramite una forma di racconto che si sviluppa e procede attraverso lo
scroll, lo scorrimento di una pagina web, col supporto
privilegiato di elementi visivi e multimediali
[2]
.
L’ingresso al Museo multimediale
avviene dunque attraverso i sei Percorsi, percorribili liberamente dall’utente, che a
partire dalla schermata iniziale del sito sceglierà qua
¶{p. 116}le
tragitto seguire. Non c’è insomma una modalità unica, rigida e predeterminata per
visitare tutte le «stanze» del Museo (né si è costretti, quindi, ad attraversarlo tutto,
per quanto l’architettura del sito, nelle intenzioni di curatori e sviluppatori,
suggerisca di completare la visita almeno del Percorso iniziato). Ogni Percorso, lo si è
anticipato, è individuato da una domanda, alla quale saranno i Reperti presenti nelle
singole Tappe a dare una risposta. All’inizio di ogni Percorso, inoltre, l’utente potrà
scegliere la versione italiana oppure quella inglese.
Note
[1] Tra i primi in Italia a operare nell’ambito dell’Interaction Design, Dotdotdot è specializzato in allestimenti, installazioni interattive, percorsi museali, corporate experience, mostre multimediali temporanee e permanenti: https://www.dotdotdot.it/ (ultimo accesso: gennaio 2023). Ringrazio lo staff di Dotdotdot che ha seguito il progetto per l’aiuto e i consigli forniti nella stesura di questo contributo.
[2] L’anglismo deriva dall’unione del verbo to scroll «scorrere» e telling «raccontare», ovviamente sulla base del termine ben più diffuso storytelling. Come osserva Dara [2016], lo scrollytelling è «l’arte di raccontare attraverso lo scroll», una modalità che «prova a usare l’estensione spaziale della storia come elemento narrativo in sé». Un celebre esempio, forse il primo, di scrollytelling è il lungo pezzo di John Branch, Snow Fall. The Avalanche at Tunnel Creek, apparso sul sito del «New York Times» nel 2012 (https://www.nytimes.com/projects/2012/snow-fall/index.html#/?part=tunnel-creek, ultimo accesso: gennaio 2023).