Stefano Daniele
Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c2
Ma anche a chi lo denunciò alla «Santa Inquisitione» con l’accusa che «quanto operava non poteva essere senza assistenza di demonij» [141]
. Un’accusa rivoltagli da quanti, tra gli «ingannati et ignoranti», stimarono i suoi ritrovati «maraviglie fuori della natura», scriverà con tono, certo encomiastico, Pompeo Sarnelli [142]
. Ma, al tempo in cui il vescovo di Polignano firmava la dedica alla sua edizione della Magia naturale libri XX e del Trattato della Chirofisonomia non ancora stampato (1677), l’opera del napoletano viveva ormai un periodo di revival [143]
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Tuttavia, prima che i libri, nonché la personalità del naturalista, venissero rivalutati dagli scienziati e dai teologi del XVII secolo, essi subirono persecuzioni ripetute e infamanti. Grazie al ritrovamento di nuovi documenti presso l’archivio del Sant’Uffizio, da parte della storica Michaela Valente, è oggi possibile, tra le altre cose, «anticipa[re] per taluni aspetti le vicende inquisitoriali che hanno segnato la fine del Cinquecento. I decreta del Sant’Uffizio registrano la vicenda processuale, che si aprì nell’ottobre del 1577 e si concluse nel novembre del 1578» [144]
. Con una purgatio canonica. Tale eventualità si dava quando l’Inquisizione incappava in chi «nella sua città o regione aveva una reputazione di eretico» ma non poteva «provare il crimine né estorcendo una confessione, né facendo appello alla materialità dei fatti, né prestando fede alle deposizioni dei testimoni» [145]
. Difficile, quindi, era per le autorità emettere un verdetto che fosse di condanna o di assoluzione. Era questo uno dei tredici possibili epiloghi processuali previsti dall’inquisitore della Catalogna, Nicolas Eymerich (1320-1399), nel suo Directorium inquisitorum (terminato nel 1376). Il manuale che il celebre Francisco Peña (1530-1612), inquisitore e auditore di Rota, commentò in un’edizione del 1578 [146]
. La {p. 116}stessa, suggerisce Neil Tarrant, che fornì le regole con cui si giocò il processo al napoletano e che potrebbe spiegare i motivi della sentenza con cui esso si concluse. Nuove regole, quelle introdotte dal commentatore, che comprendevano «alcune significative distinzioni nella categoria di magia». La nuova edizione del manuale inquisitoriale, infatti, poneva un discrimine, non privo di conseguenze, tra arte eretica (demoniaca) e magia naturale (tra cui la magia numerica), che «poteva essere praticata senza ricorrere al diavolo», sentenziava Peña [147]
. Quella praticata da Della Porta, appunto, dovette considerarsi di quest’ultimo tipo, come in fin dei conti lo stesso rivendicava.
Una distinzione, quella tra le due magie, che l’ex processato riprese l’indomani dell’udienza, in apertura all’edizione ampliata della sua Magia naturalis (1589):
La Magia la dividono in due parti, l’una chiamano infame, come sporca, et imbrattata di spiriti immondi, di commercij di demonij, sotto cattivi auguri d’empia et iniqua curiosità, e composta di congiuri buggiardi, laqual chiamano i greci goitia, laquale è avuta in odio, bestemmiata, et abborrita da tutti i buoni, da tutti gli huomini savi, et honorati, e come imaginaria, e piena di delusione nell’esser delle cose naturali non ha niuna sussistenza, né alcuna ragione, e delle opre da lei fatte non ne rimane ombra, né vestigio alcuno, come dottamente ce lo manifesta Iamblico nel libro de’ misterij degli egitij. L’altra è naturale, laqual ogni spirto buono, savio, et accorto la riceve con grandissimo applauso, l’honora, e la riverisce come cosa che non può trovarsi più alta, né più sublime nella naturalità [...]. Questa dunque ripiena di grandissimo potere, che tutta scaturisce di divini misteri, che insegna le qualità delle cose nascoste, le proprietà, e la cognitione di tutta {p. 117}la Natura, e dalla simpatia, et antipatia delle cose, scompagnare, e con vicendevole applicatione accompagnare i semplici [148]
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Mai come a seguito del processo, Della Porta parve essere tanto chiaro: affossò la magia demoniaca e dichiarò di voler coltivare solo la «naturale»; che non travalica i limiti della natura, anzi si serve delle sue leggi, sebbene molte di esse risultino ai più occulte. Sulla scorta di Peña, ribadiva: «non crediate che altro sia la magia, che l’istesse opere della natura, e l’arte è sua serva, e ministra, perché dove conosce mancar alcuna cosa all’accoppiamento, et unione delle cose naturali, ella per via di vapore, di numeri applicati con tempi opportuni si sforza di ajutarla» [149]
. In nessun’altra cosa consisteva l’obiettivo che l’autore si era prefissato: disoccultare il funzionamento della natura. Illustrare quali sostanze mescolare e quali tenere a debita distanza; istruire sui tempi di cottura di una pozione alchemica o indicare sotto quali astri se ne sarebbe potuta propiziare la preparazione. Scoperchiate le pentole, il diavolo non avrebbe avuto più alcun fondo dove nascondersi.
Alla luce di quanto sin ora detto, il tentativo compiuto da Lorraine Daston e Katharine Park di inserire Giambattista Della Porta, con Marsilio Ficino, Pietro Pomponazzi, Agrippa von Nettesheim e Girolamo Cardano, nel gruppo dei «filosofi preternaturali» – che trattavano, cioè «gli oggetti della filosofia preternaturale [che] coincidevano con il canone tradizionale delle cose meravigliose. Essi includevano sia i risultati dell’azione occulta, come l’attrazione magnetica [...] sia fenomeni rari, quali grappoli d’uva barbuti, apparizioni celesti e piogge di rane o di sangue» [150]
– appare problematico. Maggiormente condivisibili, le parole di Sergius Kodera: «l’etichetta “preternaturale” potrebbe applicarsi meno a Della Porta che ad altri teorici della magia neoplatonici, dal momento che, sì, i suoi libri tradiscono {p. 118}un profondo interesse per le proprietà occulte delle erbe, delle pietre, degli animali e degli esseri umani, ma solo in quanto considerati naturali» [151]
. Parole che potrebbero dare conferma del perché, tra i tanti filosofi dell’immaginazione, il medico ordinario avesse scelto di citare proprio l’autore della Magia naturale.
Sorprende, esempigrazia, un’assenza. Il nome di un trattatista, anch’egli «autorevolissimo» – come sarà definito a ogni piè sospinto nell’Ottocento – e scomparso a qualche anno dai fatti narrati: Ludovico Antonio Muratori (1672-1750) [152]
. Non solo perché il presbitero modenese affrontò il tema dell’immaginazione e delle sue possibilità: dopo un esercizio durato anni, tratterà finalmente l’argomento in modo esteso nella Filosofia morale esposta e proposta a i giovani (1735) e in Della forza della fantasia umana (1745), un libro, quest’ultimo, che conterà ben ventidue edizioni fino al 1831 [153]
. La sorpresa è tanto più grande se si considera che, già quando Muratori era in vita, «la città partenopea divenne il luogo privilegiato di circolazione dei suoi testi» [154]
.
A partire dalla Filosofia morale, si scopre essere l’uomo una macchina filamentosa: un telaio di nervi, tesi come le sarte di un vascello – ora parla l’immaginazione dello scrittore –; talune sono spesse, talaltre sottili; alcune lunghe, {p. 119}altre corte [155]
. Per un verso, attraverso i nervi, si dipartono «gagliarde scorrerie di spiriti animali» [156]
che trasmettono l’informazione del sensorio (organo percipiente) al cervello (sede dell’immaginazione); per l’altro, il cervello «con istantanea prestezza spedisce gli spiriti animali per gli pori de’ nervi e muscoli adattati alla parte che s’ha da muovere: e questa eccola subito in moto» [157]
. Nella fisiologia galenica, di cui Muratori si mostra un tardivo debitore, gli spiriti animali (πνεῦμα ψυχικόν) si trovano nel cervello e nei nervi e presiedono alle funzioni motorie e cerebrali del corpo; si distinguono dagli spiriti vitali (πνεῦμα ζωτικόν) che sono emanati dal cuore e che vivificano l’individuo circolando nelle arterie; pure, dagli spiriti naturali (πνεῦμα φυσικόν), che regolano le funzioni metaboliche dell’organismo, sebbene questa terza tipologia di corpuscoli pare sia stata attribuita all’opera del maestro dai suoi seguaci [158]
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Fornito lo schema di massima, Muratori veniva al caso delle guarigioni istantanee:
non si ha da correre tosto a gridar miracolo, miracolo. La sola fantasia fortemente mossa dal desiderio e dalla speranza di ricoverare la sanità, concependo presente l’aiuto soprannaturale di Dio, che può tutto, e l’intercessione di qualche suo buon servo, naturalmente è atta ad inviare con forza gli spiriti animali per le vie, glandole, e pori del corpo, da qualche ristagno d’umori, e ostruzione impediti, che superano ogni ostacolo, tornino a circolare i fluidi e ad esercitare le lor funzioni i nervi, i muscoli e tendini dianzi impigriti, o affatto abbandonati dal vivace e tanto necessario influsso de gli spiriti medesimi [159]
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Riportava il caso di un’allettata con febbre maligna che «al vedere una notte attaccato il fuoco a una casa vicina, sì fortemente apprese il pericolo suo, che da sé sorgendo dal
{p. 120}letto si mise carpone in salvo» [160]
. Un caso paradigmatico nella letteratura del tempo, dacché lo stesso ordinario, de Iorio, ne chiamava in giudizio una variante (il sisma). Nella sua configurazione elementare, il meccanismo illustrato da Muratori – di nervi, fibre cerebrali e spiriti animali – pagava, come anzidetto, il debito alla psicologia di Galeno; così come sembrava seguire Tommaso (Summa theologiae, III, q. 3, art. 3, ad. 3): l’immaginazione opererebbe per accidens (liberando l’organismo dall’ingorgo dei fluidi o trasfondendogli nuovi spiriti) piuttosto che per se (attraverso un’azione diretta dell’immaginazione sulla parte lesa).
Note
[141] G.B. Della Porta, Della magia naturale del Sig. Gio. Battista Della Porta Linceo Napolitano, libri XX tradotti di latino in volgare..., cit. (prefatione a’ lettori).
[142] Nella dedica «All’Illustrissimo, et Eccellentissimo Sig. Il Signor D. Fabio Capece Galeota Duca della Regina», in G.B. Della Porta, Della magia naturale del signor Gio. Battista Della Porta Napolitano, libri XX... In questa nuova editione... accresciuta d’un indice copiosissimo, e del Trattato della Chirofisonomia non ancora stampato, tradotto da un manoscritto latino dal Sig. Pompeo Sarnelli Dottor dell’una, e l’altra Legge, cit.
[143] Già a partire dai primi anni del Seicento, il nome di Della Porta spunta all’interno di importanti dibattiti scientifici. Risale al 19 aprile 1610 la lettera di Keplero a Galilei, in cui il primo riconosceva al napoletano la paternità del cannocchiale. In A. Favaro (a cura di), Le opere di Galileo Galilei, Carteggio (1574-1610), 20 voll. in 21 tomi, vol. X, Firenze, Barbera, 1900, pp. 319-340. A tal proposito, cfr. l’opera G.B. Della Porta, De telescopio, introduzione di V. Ronchi e M.A. Naldoni, Firenze, Olschki, 1962 e lo studio dello stesso V. Ronchi, Du «De refractione» au «De telescopio» de G.B. Della Porta, in «Revue d’histoire des sciences et de leurs applications», 7 (1954), pp. 34-59. Si è poi già accennato all’elogio composto da L. Crasso, Elogii d’huomini letterati, cit., pp. 170-172.
[144] M. Valente, Della Porta e l’Inquisizione, cit., p. 421. Le indagini dovettero aprirsi intorno al 1574, cfr. N. Tarrant, Giambattista Della Porta and the Roman Inquisition: Censorship and the Definition of Nature’s Limits in Sixteenth-Century Italy, in «The British Journal for the History of Science», 46, 4 (2013), pp. 601-625, in particolare p. 619.
[145] Passi citati in N. Tarrant, Giambattista Della Porta and the Roman Inquisition, cit., pp. 619-620.
[146] N. Eymerich, Directorium inquisitorum R.P.F. Nicolai Eymerici... cum scholiis seu annotationibus eruditissimis D. Francisci Pegñae Hispani, S. Theologiae et Iuris Utriusque Doctoris, Romae, In Aedibus Populi Romani, 1578. A proposito della biografia e dell’opera dell’inquisitore, cfr. P. Castell Granados, The Inquisitor’s Demons: Nicolau Eymeric’s «Directorium inquisitorum», in J. Machielsen (a cura di), The Science of Demons, cit., pp. 19-34. Per un approfondimento sulla vita e l’opera di Francisco Peña cfr. V. Lavenia, Penia, Francisco, in A. Prosperi, V. Lavenia e J. Tedeschi (a cura di), Dizionario Storico dell’Inquisizione, 4 voll., vol. III, Pisa, Edizioni della Normale, 2010, pp. 1186-1189.
[147] N. Tarrant, Giambattista Della Porta and the Roman Inquisition, cit., p. 620.
[148] G.B. Della Porta, Della magia naturale del Sig. Gio. Battista Della Porta Linceo Napolitano, libri XX tradotti di latino in volgare..., cit., pp. 2-4.
[149] Ivi, p. 4.
[150] L. Daston e K. Park, Le meraviglie del mondo, cit., pp. 136-137.
[151] S. Kodera, Giovan Battista Della Porta’s Imagination, cit., p. 118 a cui si rimanda, inoltre, per un approfondimento della teoria dell’immaginazione negli scritti dello stesso mago naturale napoletano.
[152] Per citarne solo una: G. Montegrandi, Errori nei «Prolegomeni del primato morale e civile degli italiani» di Vincenzo Gioberti..., Genova, Tipografia Faziola, 1846, p. 65.
[153] L.A. Muratori, La filosofia morale esposta e proposta a i giovani, In Verona, Nella Stamperia di Angelo Targa, 1735; Id., Della forza della fantasia umana, In Venezia, Presso Giambattista Pasquali, 1745. Una prima trattazione del tema si trova in Id., Della perfetta poesia italiana spiegata e dimostrata con varie osservazioni, 2 voll., In Modena, Nella Stamperia di Bartolomeo Soliani, 1706 e in Id. [Lamindo Pritanio], Riflessioni sopra il buon gusto intorno le scienze e le arti, Venezia, Per Luigi Pavino, 1708. Circa la fortuna dell’opera, C. Pogliano, Introduzione, in L.A. Muratori, Della forza della fantasia umana, a cura di C. Pogliano, Firenze, Giunti, 1995, pp. 5-30, in particolare p. 18.
[154] A. Lamberti, Sapere critico e filosofia civile nel Settecento italiano, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2020, p. 70.
[155] L.A. Muratori, La filosofia morale esposta e proposta a i giovani, cit., p. 20.
[156] Ivi, p. 69.
[157] Ivi, p. 66.
[158] J.J. Bono, Medical Spirits and the Medieval Language of Life, cit., pp. 92-94.
[159] L.A. Muratori, La filosofia morale esposta e proposta a i giovani, cit., p. 68.
[160] Ibidem.