Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c2
Favoriti dalla lente mediatrice
delle storiche, si potrebbe ipotizzare che de Iorio pensasse alla tripartizione tomista
quando fu chiamato a rendere conto delle differenze intercorrenti tra miracolo, grazia e
fenomeni naturali. Dove i fenomeni «gratuiti», disposti da Dio, parrebbero avere più di
un aspetto in comune con quelli praeter ordinem naturae di cui
parlava l’Aquinate (escluso l’intervento divino, ammesso nella grazia e non contemplato
nella «categoria intermedia degli avvenimenti insoliti»). Manifestazioni che la maggior
parte dei pensatori della prima modernità porrà nel calderone del preternaturale, non
esclusa la vis imaginativa, ossia la capacità portentosa
dell’immaginazione.
¶{p. 100}
Non sembra casuale che de Iorio
avesse scelto di introdurre il discorso sullo statuto e le possibilità della «fantasia»,
o immaginazione, solo una volta passato a definire i fenomeni naturali. Da un lato, la
scelta desta una certa sorpresa; pare, infatti, che una simile precisazione rappresenti
un unicum all’interno dei processi di beatificazione e
canonizzazione del caracciolino finora consultati. Dall’altro, il contesto – l’«evento
naturale» – che il medico sceglieva per una seppur breve trattazione sull’argomento, era
prevedibile e testimonia la sua adesione a un modo di concepire l’immaginazione che,
quasi vent’anni prima, Prospero Lambertini aveva tracciato in ambito cattolico e secondo
cui: «l’immaginazione diviene in effetti criterio del non-soprannaturale», come spiega
lo storico della psicologia Fernando Vidal
[98]
. Ma si proceda a passi lenti.
Sin dall’esordio – «distinguo poi
l’evento naturale dalla grazia»
[99]
– de Iorio tirava in ballo la facoltà fantastica:
nel caso che taluno infermo si vedesse repentinamente sanato da qualche malore per cagione della propria sua fantasia, che ponendo in moto, gli spiriti animali volentieri si scioglie per quell’impressione fatta nell’immaginativa dell’uomo, come l’esemplificarei in un podagroso che concependo qualche gran timore originatoli [...] o d’assalto di nemici, o d’altra causa, benché incappato e torpido, si vede alzare di letto e francamente camminare; e negli aborti istantanei delle donne gravide per qualche forte desiderio di qualche cosa ed in mille altri esempi, ne’ quali si vedono prodigi della natura, de’ quali ne abbiamo le notizie sparse per i nostri autori [100] .
Si darebbe un ulteriore caso di
guarigione istantanea, benché, questa volta, la responsabilità non sembrerebbe potersi
attribuire a Dio, quanto all’uomo: quando l’ammalato riesce ad affrancarsi dal morbo
mettendo a frutto i poteri della propria fantasia. Va da sé che, nel Settecento, una
simile ¶{p. 101}strategia non era considerata sempre e comunque
efficace, ma che si sarebbe potuta attuare solo in determinate circostanze. Oggigiorno
si direbbe, quando il malore dipenda o riguardi l’ambito psicologico individuale – per
quanto la complementary medicine (CAM) tenti di dimostrare che la
psiche, e in particolar modo l’immaginazione, possa sortire effetti su disfunzioni che
intaccano l’omeostasi tissutale (inducendo, per esempio, la regressione di una massa tumorale)
[101]
. Secondo le cognizioni del tempo, invece, significava: quando un’immagine
mentale (phantasma) era così vivida (quindi in grado di smuovere e
arricchirsi della forza delle emozioni) da poter indurre effetti sul corpo
dell’immaginante. Una visione, quest’ultima, ereditata da una lunga e pervicace
tradizione di pensiero, che nacque nell’antichità e si arricchì di nuovi elementi nella
prima età moderna. Una matassa di pensiero in cui si annodavano tra loro le teorie di
Platone, di Aristotele e degli Stoici; della medicina greca e latina di Ippocrate e
Galeno; del Neoplatonismo e della scienza medica e dell’astrologia arabe; quindi della
poesia dolcestilnovista e delle dottrine magiche rinascimentali di Marsilio Ficino, di
Tommaso Campanella, di Pietro Pomponazzi e Giordano Bruno, per citare solo gli
italiani.¶{p. 102}
Un primo teorema lo fornirono gli
antichi Greci, con alla testa lo Stagirita, dovendo risolvere due problemi di natura
filosofica piuttosto gravosi: come può l’intelletto incarnarsi e agire col corpo se le
due entità afferiscono a piani ontologici incompatibili? Come può l’anima conoscere i
dati della realtà extrasoggettiva se, per sua natura immateriale, non dovrebbe poter
istituire alcun contatto con i sensi, veicolo delle sole impressioni concrete? Ritennero
che tra l’intelletto e la materia, l’incorporeo e il corporeo, dovesse sussistere un
canale di raccordo: lo spirito (pneuma); nonché risiedesse
nell’uomo un organo centrale atto alla sua gestione: un sintetizzatore pneumatico
(heghemonikon) che, a seconda delle scuole di pensiero, fu
localizzato fisicamente nel cuore o nel cervello
[102]
. Per un verso esso era il «primo strumento» (proton
organon) dell’intelletto, in quanto assolveva ai processi
dell’attivazione corporea (vitalità e mobilità); per l’altro, sotto il titolo di
phantasia, riceveva le impressioni dai cinque sensi e
trasformava queste ultime in immagini mentali, dal momento che l’incorporeo avrebbe
potuto processare i dati corporei solo attraverso l’intermediazione dei fantasmi
(aneu phantasmatos)
[103]
. Aristotele era certo del fatto che l’immaginazione non avesse alcun potere
trasformatore. Difatti, si limitava a definirla come: «ciò mediante cui diciamo che si
produce in noi un’apparenza (phanstasma)» (III, 428a 1-2)
[104]
.
Anche le impressioni sensibili si
riteneva venissero incamerate attraverso un meccanismo pneumatico. Dalla descrizione che
ne facevano Platone e gli Stoici esso può essere accostato al funzionamento di un
moderno radar: dal senso interno si dipartiva una corrente spirituale diretta alla
pupilla dell’occhio, che entrava in contatto con la porzione
¶{p. 103}d’aria situata fra l’organo visivo e l’oggetto percepito,
quindi, di rimbalzo, rilevava informazioni
[105]
. Il flusso informativo era ricondotto al cuore o al cervello, per
l’interpretazione. Da qui, gli spiriti erano irrorati, attraverso le arterie o i nervi
(cavi, voleva Galeno), nelle membra, imprimendo a queste ultime motilità o una più
generale trasformazione.
Questo schema di massima dava
ragione, al più, delle relazioni soggetto-oggetto, limitatamente al piano gnoseologico e
a quello motorio interno all’individuo. Non era sufficiente, però, a spiegare la
possibile azione pneumatica dell’immaginante sul mondo circostante che, pure, a partire
dalla tarda antichità, guadagnerà un grado di ammissibilità via via maggiore. Per
attuare tale possibilità fu necessario aggiungere un ulteriore corollario: la simpatia
pneumatica universale
[106]
. In altre parole, l’idea secondo cui il cosmo e l’uomo fossero strutturati
in egual modo; che ogni elemento dell’uno trovasse una sua corrispondenza nell’altro e
viceversa, dalle altitudini degli astri alle profondità del sottosuolo. Evocativo, a tal
proposito, un passo del più tardo trattato De vita coelitus
comparanda di Marsilio Ficino (III, 11), dove i fili d’erba sono
assimilati ai crini che affiorano sul capillizio della terra, ai peli che ne ricoprono
il corpo; le pietre e i metalli alle sue ossa e ai suoi denti; o l’asserzione di
Paracelso per cui l’immaginazione è equiparata al sole nell’uomo, che sembra capovolgere
analogica¶{p. 104}mente la tesi degli Stoici secondo cui il sole è il
cuore del mondo
[107]
.
Quel che importa in grado maggiore è
che a essere condivisa, tra individuo e mondo, fosse in primis la
sostanza spirituale. Una membrana sottilissima, «quasi un non-corpo e quasi già anima, e
similmente quasi non-anima e quasi già corpo», tentò di definirla lo stesso neoplatonico
fiorentino (De vita, III, 3)
[108]
. Era grazie a questa comune pellicola che l’uomo avrebbe potuto agire sul
cosmo inviando, ricevendo, quindi scambiando messaggi immaginifici con esso, e
viceversa. Ciò, attraverso un sapiente impiego dei fantasmi, poiché le immagini
fantastiche erano fatte della stessa, sottilissima, materia spirituale. Sosterranno
storici della cultura e delle religioni come Walker e il già citato Culianu che, per una
sua ampia parte – quella mondata dal commercio con le entità demoniache
[109]
– la magia della prima modernità
¶{p. 105}fosse di tipo
immaginifico; che presupponesse la corretta gestione delle immagini mentali e insegnasse
ad agire su sé stessi e sul mondo circostante attraverso una meticolosa manipolazione di
queste ultime. Così, nel tentativo di elaborare una «teoria generale della magia
naturale», Walker scrisse: «la vis imaginativa è quasi sempre
presente, perché è la forza fondamentale, centrale, e le altre [vis
verborum, vis musices, vis
rerum] sono di solito usate solo come ausili per accentuarla o come modi
per comunicarla. Il mezzo di trasmissione abituale in tutto il processo è lo spirito,
cosmico e umano»
[110]
. E Culianu, al netto delle differenze, rimarcherà: «quanto alla magia
propriamente detta, essa rappresenta un sapere che consente all’operatore di sfruttare
le correnti pneumatiche le quali istituiscono rapporti occulti tra le parti dell’universo»
[111]
. Sicché, nella prima età moderna, la teoria dell’immaginazione funzionava
come mitrale del cuore o, generalmente, come una valvola a battente che incamera aria e
inibisce sfiatamenti di sorta; allo stesso modo, essa inglobava in sé dottrine fresche e
ne serbava di più antiche.
Note
[98] F. Vidal, Prospero Lambertini’s «On the Imagination and Its Powers», cit., p. 317.
[99] AAV, Cause dei Santi, Processus 1895, f. 69v.
[100] Ibidem.
[101] M. Roesch, The Potential to Source a Patient’s Imaginative Powers in Treating Cancer: Illustrated in Three Cases, in «Complementary Medicine Research», 27, 1 (2020), pp. 55-60. Più in generale, un numero sempre più ampio di degenti attesta di fare esperienza giornalmente dell’efficacia dell’immaginazione attraverso metodi che afferiscono alla CAM, come l’ipnosi, la meditazione, la narrative-based medicine, ecc. A proposito di quest’ultima tecnica cfr. L.J. Kirmayer, The Body’s Insistence on Meaning: Metaphor as Presentation and Representation in Illness Experience, in «Medical Anthropology Quarterly», 6, 4 (1992), pp. 323-346. D’altro canto, la medicina ufficiale resta ferma nel confinare l’immaginazione nel ripostiglio del pensiero irrazionale, riconoscendole la sola efficacia dell’autosuggestione. Cfr. Id., Toward a Medicine of the Imagination, in «New Literary History», 37, 3 (2006), pp. 583-605. In altre parole, la medicina ufficiale attribuisce alla fantasia il solo «effetto placebo». A tal proposito, un recente articolo mostra come le app digitali per la salute mentale facciano leva su questo effetto. Cfr. J. Torous e J. Firth, The Digital Placebo Effect: Mobile Mental Health Meets Clinical Psychiatry, in «Lancet Psychiatry», 3, 2 (2016), pp. 100-102.
[102] I.P. Culianu, Eros e magia nel Rinascimento, cit., pp. 19-23 e 176; M.J.E. van den Doel, Ficino and Fantasy, cit., pp. 36-44.
[103] Aristotele, L’anima, a cura di G. Movia, Napoli, Loffredo, 1979, p. 187: «l’anima non pensa mai senza un’immagine» (III, 431 a 14-17). Per ripercorrere l’evoluzione del concetto di pneuma e di senso interno nella produzione aristotelica, cfr. A.P. Bos, The Soul and Its Instrumental Body, cit.
[104] Aristotele, L’anima, cit., p. 178.
[105] Platone, Timeo, 45 b-d; Aezio, Placita, IV, 19, 1. Cfr. D.C. Lindberg, Theories of Vision from Al-Kindi to Kepler, Chicago, The University of Chicago Press, 1976, pp. 5-6; I.P. Culianu, Eros e magia nel Rinascimento, cit., p. 21. Per un quadro completo e particolareggiato delle dottrine pneumatologiche nel contesto della filosofia stoica, cfr. l’ancora valido G. Verbeke, L’évolution de la doctrine du pneuma du Stoïcisme à St. Augustin, cit.
[106] La letteratura sull’argomento è sconfinata e infiniti sono gli articoli che mirano a far luce sull’analogia micro-macrocosmo in tutte le epoche e le culture. A tal motivo, attenendosi al periodo storico e all’area geografica di stretto interesse in questa sede, ci si limita a citare i classici E. Cassirer, Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance, Hamburg, Felix Meiner Verlag, 2013 (1a ed. Springer Fachmedien Wiesbaden GMBH Warburg, 1927) e R. Allers, Microcosmus: From Anaximandros to Paracelsus, in «Traditio», 2 (1944), pp. 319-407.
[107] M. Ficino, Sulla vita, a cura di A. Tarabochia Canavero, Milano, Rusconi, 1995, pp. 220-221; Paracelsus [T.B. von Hohenheim], Fragmentum libri De virtute imaginativa, in Sämtliche Werke, a cura di K. Sudhoff, Oldenbourg, München-Berlin, 1922-1933, Sez. 1, Medizinische, naturwissenschaftliche und philosophische Schriften, vol. 14, 1933, p. 310. Per gli Stoici cfr. G. Verbeke, L’évolution de la doctrine du pneuma du Stoïcisme à St. Augustin, cit., p. 53. Per un inquadramento storico-concettuale del concetto di «analogia» nell’Europa della prima età moderna cfr. B. Vickers, Analogy versus Identity: The Rejection of Occult Symbolism, 1580-1680, in Id. (a cura di), Occult and Scientific Mentalities in the Renaissance, Cambridge, Cambridge University Press, 2010, pp. 95-163 (ed. or. 1984); e su quello di «simpatia», cfr. A.E. Moyer, Sympathy in the Renaissance, in E. Schliesser (a cura di), Sympathy: A History, Oxford, Oxford University Press, 2015, pp. 70-102.
[108] M. Ficino, Sulla vita, cit., p. 198. Per un approfondimento sulla pneumatologia di Ficino resta illuminante il saggio dello storico dell’arte R. Klein, L’immaginazione come veste dell’anima in Marsilio Ficino e Giordano Bruno, in Id., La forma e l’intelligibile. Scritti sul Rinascimento e l’arte moderna, Torino, Einaudi, 1975, pp. 45-74 (ed. or. La forme et l’intelligible, Paris, Gallimard, 1970). Cfr. ora M.J.E. van den Doel, Ficino and Fantasy, cit., pp. 73-127.
[109] Per un inquadramento sulle teorie e pratiche della magia demoniaca cfr. la raccolta di contributi in C. Fanger (a cura di), Invoking Angels. Theurgic Ideas and Practices, Thirteenth to Sixteenth Centuries, Pennsylvania, The Pennsylvania State University Press, 2012. Nonché J. Machielsen (a cura di), The Science of Demons Early Modern Authors Facing Witchcraft and the Devil, London, Routledge, 2020, soprattutto parti 3-4, incentrate rispettivamente sul dibattito demonologico del XVII secolo e sul rapporto demonologia-teologia; non ultimo, P. Zambelli, Magia bianca magia nera nel Rinascimento, Ravenna, Longo, 2004.
[110] D.P. Walker, Spiritual and Demonic Magic from Ficino to Campanella, cit., p. 76.
[111] I.P. Culianu, Eros e magia nel Rinascimento, cit., p. 191. Critiche al sistema di D.P. Walker, ivi, pp. 168-172.