La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c1
Box 3.
La misurazione delle competenze
In ambito
scientifico1 assistiamo da tempo a un dibattito
interdisciplinare sulla possibilità di spiegare il successo formativo con il
possesso di altre competenze oltre a quelle apprese in ambito scolastico. Ad
oggi, non esiste una definizione univoca di tali competenze, ma in genere gli
ambiti di riferimento sono quelli emotivi e psicosociali che portano alla
personalità.
Ad esempio, recenti ricerche
indicano le competenze «non cognitive» come la coscienziosità e
l’auto-regolazione come ottimi
¶{p. 65}predittori degli esiti
formativi e lavorativi. Il termine non-cognitive skills,
utilizzato in letteratura, seppur caratterizzato dalla negazione «non», riporta
dimensioni psicologiche che possono essere descritte in modo sufficientemente
preciso. Infatti si fa riferimento al modello conosciuto come Big
Five che nell’ultimo ventennio ha ricevuto conferme empiriche,
oltre che una validazione psicometrica. La tabella 1.2 schematizza le dimensioni
interne ai Big Five.
Dimensione generale |
Sottodimensioni |
Estroversione |
–
Dinamismo – Dominanza |
Amicalità
(o Gradevolezza sociale) |
–
Cooperazione/Empatia – Cordialità/Atteggiamento
amichevole |
Coscienziosità |
–
Scrupolosità –
Perseveranza |
Stabilità
emotiva |
–
Controllo delle emozioni – Controllo degli
impulsi |
Apertura
mentale |
– Apertura
alla cultura – Apertura
all’esperienza |
Estroversione. L’estroversione e il suo contrario,
l’introversione, colgono il grado di chiusura e apertura sociale di una persona.
Tale fattore correla bene con aspetti temperamentali quali la scarsa inibizione,
la ricerca di novità e di compagnia, l’impulsività, l’attivismo.
Gradevolezza. La gradevolezza spiega il grado di
fiducia sociale posta negli altri. Essa riflette la tendenza ad avere condotte
altruistiche e prosociali opposte a comportamenti antagonisti e antisociali. Nel
contesto scolastico, la gradevolezza aiuta gli studenti a stabilire relazioni
positive che potenzialmente possono facilitare l’apprendimento.
Coscienziosità. La coscienziosità è collegata alla
capacità di controllo della fatica. Essa riguarda la disponibilità della persona
a fare bene i compiti che le sono stati assegnati o le attività che ha scelto di
svolgere. Per gli studenti coscienziosi essere impegnati nello studio è aspetto
cruciale della loro riuscita scolastica.
Stabilità
emotiva. La stabilità emotiva è collegata alla tendenza ad avere
un approccio positivo nei confronti della realtà e degli altri, mentre il suo
opposto, il nevroticismo, è la tendenza a reagire a certi stimoli con intense
emozioni negative. Una bassa stabilità emotiva è correlata con una bassa
disponibilità a imparare dagli errori. Un’alta stabilità emotiva aiuta gli
studenti a concentrarsi sui compiti, a portarli a termine, a ottenere dei buoni
risultati scolastici. ¶{p. 66}
Apertura
mentale. L’apertura mentale riflette l’interesse per l’arte,
l’estetica, l’immaginazione, la creatività, l’astrazione, il ragionamento.
Questo secondo aspetto si collega alle misure sull’intelligenza. Gli studenti
che dimostrano apertura mentale sono motivati dalla curiosità, desiderano
accrescere le loro qualità, si focalizzano sull’apprendimento e non sui voti,
cercano la comprensione accurata di ciò che hanno studiato, sviluppano punti di
vista personali.
A partire dai Big
Five, l’Ocse ha sviluppato un framework con
cinque dimensioni: collaborazione; esecuzione di un compito; regolazione delle
emozioni, ingaggio con gli altri; apertura mentale.
Il modello risulta da un
vasto corpus di ricerca che ha consolidato alcuni
cluster in grado di identificare le principali
caratteristiche della personalità e fornire una sintesi molto efficiente delle
differenze individuali nelle skills socio-emotive. Per
l’Ocse, l’individuazione di queste skills è stato motivato
dall’esigenza di definire competenze misurabili e fruibili in educazione nei
processi di insegnamento. Infatti queste competenze «si manifestano in modelli
coerenti di pensiero, sentimento e comportamento, possono essere sviluppate
attraverso esperienze di apprendimento formali e informali e influiscono su
importanti esiti socioeconomici lungo tutto il corso della vita». Da parte di
organizzazioni interessate allo sviluppo economico è legittimo, anzi
inevitabile, pensare alle competenze per lo sviluppo del «capitale umano» e per
lo sviluppo del «capitale sociale ed economico». Sta alla scuola far in modo che
questi progetti non deteriorino la sua identità, anzi la valorizzino, orientando
le competenze per la promozione della persona e, solo di conseguenza, per il
lavoro e lo sviluppo economico.
1
Questo box fa riferimento a due contributi: F. Pisanu, F. Fraccaroli, M. Gentile
e F. Recchia, Competenze non cognitive come risorse psicosociali per
il successo formativo: un modello integrato tra personalità, capitale
psicologico e motivazione negli studenti tra il primo e secondo ciclo di
istruzione, in G. Chiosso, A.M. Poggi e G. Vittadini (a cura di),
Viaggio nelle «character skills». Persone, relazioni,
valori, Bologna, Il Mulino, 2021 e A.M. Maccarini, G.M.
Cavaletto, D. Panebianco, S. Pinna Pintor, G. Spicciarelli e M. Visentin (a cura
di), Processi di scolarizzazione e costruzione delle competenze
sociali ed emotive. Le SES e il loro ecosistema scolastico. Rapporto di
ricerca 2021, Fondazione per la Scuola della Compagnia di San
Paolo e Università di Padova, Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e
studi internazionali. ¶{p. 67}
Una volta che abbiamo
approfondito queste analisi, che ci siamo lasciati convincere dagli economisti delle
cose che già sapevamo
[41]
ma che non riuscivamo a documentare con la forza dei numeri, che abbiamo
conosciuto l’importanza delle competenze per la persona, che sappiamo della loro
incidenza negli esiti scolastici sia nel breve periodo (successo scolastico) sia nel
lungo periodo (successo formativo), che siamo consapevoli delle nuove finalità della
scuola, allora è necessario porsi una nuova domanda: come intendiamo promuovere
queste competenze?
La nostra risposta sta in «un
progetto per la scuola mediterranea» nel capitolo terzo.
È comunque opportuno rilevare
alcuni problemi a cui dovremo dare una risposta.
Il primo problema è posto
proprio da un’evidenza che la ricerca riporta come positiva, ovvero che queste
skills sono malleabili ed educabili
[42]
, soprattutto in ambito scolastico, attraverso la cura dei processi di
insegnamento e apprendimento. Questa evidenza, in realtà, presenta una serie di
rischi in quanto i docenti, non avendo su questo specifico tema una base pedagogica,
una didassi
[43]
, una didattica, delle esperienze professionali e delle prassi
consolidate, sono portati alla semplificazione, con la trasmissione di informazioni
e contenuti da rilevare, misurare e valutare.
Un secondo problema sta nel
fatto che l’Ocse, oltre alla collaudata rilevazione delle competenze cognitive, ha
annunciato una campagna per la rilevazione delle competenze non cognitive e
precisamente le Social and Emotional Skills
[44]
¶{p. 68}che, come possiamo facilmente immaginare, avrà un impatto
(in modo palese o latente) sui sistemi formativi ed educativi dei diversi paesi,
così come è avvenuto con le rilevazioni Ocse-PISA. In particolare, in questo momento
in cui il tema è molto enfatizzato, qualunque sollecitazione esterna, soprattutto di
misurazione e comparazione, diviene il punto di riferimento. Le rilevazioni
attraverso test standardizzati a livello internazionale semplificano passaggi molto
complessi in quanto spostano l’attenzione sui risultati attesi e lasciano nella
black box
[45]
i processi che hanno determinato i risultati.
Un terzo problema sta nel fatto
che molte scuole in contesti problematici, in particolare nel Sud, trarrebbero
grande profitto dal lavorare sulle competenze non cognitive al fine di favorire il
successo scolastico e soprattutto il successo formativo, invece sono abbandonate,
non hanno azioni specifiche di supporto né dall’Amministrazione centrale, oramai
paralizzata dalle emergenze e dalla contingenza quotidiana, né dall’Accademia,
sempre più interessata alle ricerche in ambito educativo e sempre meno interessata a
sporcarsi le mani direttamente con le scuole e i docenti.
Questo terzo inciampo porta con
sé tre attenzioni:
1. il solo
apprendimento cognitivo e il successo scolastico non sono predittori di successo
formativo;
2. ogni competenza ha
dimensioni cognitive e non cognitive interdipendenti, di modo che le seconde
qualificano le prime
[46]
;
3. le competenze non
cognitive si modificano nel tempo e possono cambiare le persone e con loro gli
ambienti di vita.
Note
[41] Citazione parafrasata da Einstein.
[42] J.J. Heckman, J.E. Humphries e T. Kautz, The Myth of Achievement Tests: The GED and the Role of Character in American Life, cit. Vedi anche J.J. Heckman e T. Kautz, Formazione e valutazione del capitale umano, Bologna, Il Mulino, 2016.
[43] Didassi: parte della didattica che spesso passa inosservata, legata all’esperienza dell’insegnante, come la gestione dello spazio all’interno della classe, la gestione del tempo o il saper variare il proprio metodo d’insegnamento per rendere le lezioni più stimolanti. In sostanza, è l’arte di fare scuola.
[44] O.P. John e F. De Fruit, Social and Emotional Skills Framework for the Longitudinal Study of Skills Development in Cities, Paris, Oecd, 2015.
[45] «Una possibilità consiste nell’ipotizzare che i processi interni di un sistema non siano osservabili e che, perciò, ci si deve limitare all’osservazione delle regolarità esterne. Questa versione ha assunto il nome di black box», N. Luhmann, Organizzazione e decisione, Milano, Bruno Mondadori, 2005, p. 23.
[46] La costruzione sintattica di questo assunto corrisponde al secondo assioma della comunicazione: cfr. P. Watzlawick, J.H. Beavin e D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, cit., p. 47.