La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità
DOI: 10.1401/9788815370228/c4
Il Reichsbanner non prendeva parte
solo alle celebrazioni che si tenevano a Berlino ma organizzava in proprio anche alcune
celebrazioni locali oltre che feste a livello nazionale. Celebrazioni, cortei, parate e
discorsi dovevano servire a rendere chiaramente visibile il potere della repubblica e
naturalmente anche a rimarcare l’importanza dell’associazione. Le celebrazioni
organizzate dal Reichsbanner, che si tenevano ogni anno in una città diversa e in tal
modo ne sottolineavano anche la continua espansione su scala nazionale, offrivano alle
singole municipalità la possibilità di inviare nella località prescelta i rispettivi
gruppi di Reichsbanner. Le città di volta in volta scelte per le celebrazioni (Weimar,
Amburgo, Norimberga, Lipsia, Francoforte sul Meno, Berlino, Coblenza) erano la
dimostrazione che l’organizzazione era presente su tutto il territorio nazionale, sicché
non a caso nell’agosto del 1925 il giornale dell’associazione («Das Reichsbanner») poté
riferire con toni entusiastici: «A sud e a nord, a est e a ovest, dalle
¶{p. 106}alpi alle coste, ovunque migliaia di manifestazioni mostrano
quanto il popolo si riconosca nella Costituzione di Weimar»
[33]
. Nonostante le celebrazioni si tenessero in diverse città, ci si preoccupava
ogni volta di fare in modo che a quelle che si tenevano a Berlino potesse partecipare il
maggior numero possibile di membri dell’organizzazione. Il Reichsbanner non solo si
adoperò per rendere pubblicamente visibile il suo diffuso radicamento territoriale ma
anche per includere in modo mirato alcune città nella narrazione relativa alla
fondazione della repubblica. Un intento relativamente facile da perseguire nel caso di
città come Weimar, che nel 1924 venne non a caso celebrata come città natale della
Costituzione, e soprattutto come Francoforte sul Meno (1848 e Paulskirche), che nel 1928
venne celebrata come luogo di nascita della democrazia tedesca. Più difficile si rivelò
raggiungere questo scopo nel caso di quelle città che non vantavano alcun reale nesso
con la Costituzione, la democrazia o la repubblica. In questi casi il Reichsbanner
adottò una strategia che sarebbe stata seguita anche da altri gruppi: in pratica
l’invenzione ex nihilo di un motivo che potesse in qualche modo
giustificare la scelta. Nel 1926 il Reichsbanner venne invitato a partecipare come
ospite alle celebrazioni che si tenevano a Norimberga, che in tal modo divenne la città
con la quale era stato possibile conquistare un «territorio nemico»
nell’antirepubblicana Baviera. Il giornale del Reichsbanner si affrettò ad attribuire
alla città franca una speciale importanza:
«Le celebrazioni tenutesi a Norimberga sono destinate ad avere effetti duraturi e assumono un’importanza simbolica che supera i confini della città e si estende a tutta la regione bavarese … I cittadini oppressi da anni sono scesi a frotte nelle strade e hanno salutato le colonne del ‘Reichsbanner’ con travolgenti grida di giubilo» [34] .
A Norimberga, in realtà, la
conquista di un «territorio nemico» c’entrava ben poco, mentre era risultato decisivo il
sostegno dato alle celebrazioni dal sindaco democratico (DDP) della ¶{p. 107}città
[35]
. I festeggiamenti organizzati dal Reichsbanner a livello nazionale in
occasione della giornata della Costituzione erano eventi preparati con mesi di anticipo,
sicché i membri dell’organizzazione venivano messi al corrente e incoraggiati a recarsi
nelle località prescelte con un largo preavviso. Ai membri dei gruppi che si trovavano
in loco e nel circondario veniva chiesto di radunarsi in numero tale da garantire
un’alta partecipazione. Il programma previsto per questi eventi seguiva un copione
abbastanza tipico, con la parte dedicata all’intrattenimento che veniva dopo quella più
propriamente politica. Così, alla parte del programma imperniata sulla benedizione delle
bandiere, i discorsi, le parate e le commemorazioni facevano seguito le manifestazioni
musicali, i picnic, gli eventi sportivi e i balli
[36]
.
Gli uomini del Reichsbanner
sostenevano che erano stati loro a trasformare le celebrazioni in onore della
Costituzione in vere feste di popolo e che questo era il solo modo per coinvolgere le
persone. Quanto a Edwin Redslob, concordava senz’altro con questo tipo di
organizzazione, ma in ogni caso preferiva temi in grado di unire la popolazione nella
giornata della Costituzione, mentre il Reichsbanner privilegiava una strategia di
mobilitazione nel segno dell’impegno militante. L’organo dell’associazione descrisse con
toni fin troppo positivi le ragioni per cui nell’agosto del 1928 i suoi festeggiamenti
avevano avuto successo:
«Ogni popolo ha bisogno di simboli in grado di trascinare le persone. Così è stato, ma questo si è potuto ottenerlo solo grazie a autentiche feste di popolo, dove i simboli sono apparsi con grande chiarezza: i luminosi colori della repubblica, il ritmo delle colonne in marcia, l’effetto sulle masse dei canti, dei cori e delle marce musicali, la forza accomunante di imponenti dimostrazioni, in questo modo il ‘Reichsbanner’ è venuto incontro ad un bisogno del nostro tempo … Possiamo dire che in molti posti si è riusciti a dare vita a vere feste di popolo, quel che prima era la ‘Schützenfest’ nelle zone di campagna, ebbene non di rado il suo posto è stato preso dalla festa del ‘Reichsbanner’» [37] . ¶{p. 108}
Nelle campagne, in effetti, il
Reichsbanner incontrava non poche difficoltà e l’affermazione che aveva raggiunto e
superato in popolarità le feste degli Schützen era certamente un po’ troppo sopra le
righe. La retorica della repubblica in lotta che certo era stata conquistata ma che ora
bisognava difendere presentava dei vantaggi perché aveva effetti galvanizzanti sui
membri dell’organizzazione (e lo stesso si può dire per gli altri gruppi e partiti
repubblicani), ma toglieva anche spazio alle donne che volevano e potevano dare il loro
fattivo sostegno alla repubblica.
4. Reazioni alle celebrazioni in onore della repubblica
Le celebrazioni non avevano luogo
senza la partecipazione del pubblico. Al contrario. Sia localmente che a livello
nazionale, lo spazio pubblico divenne il palcoscenico per diversi attori politici (molto
più rare le attrici politiche). Le osservazioni, i commenti, le imitazioni e le critiche
reciproche dei e tra i diversi gruppi politici erano all’ordine del giorno. Sul versante
nazionalconservatore e di sinistra dello spettro politico le critiche
diventavano più forti quando i repubblicani si
mostravano decisi a farsi valere. Mentre le poco appariscenti festività dei primi anni
della repubblica furono oggetto di scherno, le cose cambiarono verso la metà degli anni
Venti. Ora i giornali conservatori si scandalizzavano perché i repubblicani, che avevano
sempre aspramente criticato lo sfarzo dell’epoca imperiale, improvvisamente si
entusiasmavano per le festose parate e si dimostravano anche disposti a sostenerne i
relativi costi
[38]
. Con uno scritto breve e documentato («Costi delle feste di corte in
Germania prima della guerra: alcune osservazioni sulle critiche alla giornata della
Costituzione»), nel 1928 il servizio stampa ufficiale prussiano ribatté alle polemiche
sollevate dai giornali conservatori e scrisse:
«Il continuo, ironico parlare dei costi, che evidentemente deve suscitare nel lettore del giornale l’impressione che la repubblica non faccia altro che ¶{p. 109}sprecare il denaro pubblico in iniziative sfarzose e fine a se stesse, mentre nel recente passato non sarebbe mai avvenuto niente del genere, merita che almeno una volta si mostri con un paio di cifre inoppugnabili come lo Stato monarchico spendesse in realtà il pubblico denaro in festeggiamenti che spesso erano solo feste di famiglia» [39] .
Per parte sua, il nazionalista
Stahlhelm più che dai costi era infastidito dal modo in cui si tenevano le celebrazioni
e si meravigliava che «perfino le associazioni di sinistra, che hanno sempre sbandierato
il loro pacifismo», adesso invece – «allegre e contente» – non facessero altro che fare
proprie «le forme esteriori delle marce dello Stahlhelm». Una appropriazione, così
ancora lo Stahlhelm, che in ogni caso non poteva funzionare dal momento che solo i veri
soldati sapevano veramente marciare
[40]
. In tal modo era chiaro che ci si riferiva ai membri del Reichsbanner.
Quanto ai comunisti, accusavano il Reichsbanner più per il sostegno che dava alla
repubblica che per il modo in cui si presentavano in pubblico
[41]
.
Nella giornata della Costituzione,
tuttavia, non avevano quasi mai luogo dimostrazioni degli opposti schieramenti dal
momento che la polizia il più delle volte non le autorizzava. D’altro canto, come
testimoniano i rapporti della polizia e i resoconti dei giornali, le piccole risse, gli
scontri e i tentativi di disturbo erano tutt’altro che infrequenti
[42]
. Quando nella giornata della Costituzione i repubblicani invitavano ad
esporre le bandiere nere-rosse-oro dalle abitazioni e dagli appartamenti e poi rendevano
noto il gran numero di quelli che raccogliendo l’invito si erano schierati a fianco
dello Stato repubblicano, anche i nemici della repubblica facevano lo stesso tipo di
«calcolo» ma le cifre – «vere» – da loro fornite erano sempre molto più basse. In quei
giorni aumentavano anche i casi di trafugamento o danneggiamento delle bandiere
repubblicane. ¶{p. 110}Questi simboli dello Stato repubblicano, del
resto, venivano esposti in gran numero nelle giornate in onore della Costituzione e
quindi anche un loro eventuale danneggiamento godeva di una attenzione maggiore rispetto
al solito. I furti delle bandiere in occasione della giornata della Costituzione non
avvenivano solo nei grandi centri urbani ma anche nelle zone rurali. Le bandiere
scomparivano dalle pubbliche piazze e dagli edifici scolastici, venivano danneggiate o
addirittura non venivano nemmeno esposte
[43]
. La stampa ne dava notizia e a volte indagavano anche la polizia e
l’autorità giudiziaria. Il che in effetti può sembrare sorprendente specialmente nel
caso delle bandiere appartenenti a privati, di bandiere cioè che non scomparivano dagli
edifici scolastici, dalle piccole stazioni di polizia o dagli uffici comunali, ma da
giardini, trattorie, balconi, ingressi di abitazioni, biciclette o dalle poltroncine da
spiaggia. Se a fronte di simili episodi i repubblicani invocavano l’applicazione della
legge in difesa della repubblica sostenendo che danneggiare la bandiera significava
danneggiare un simbolo della sovranità statale, i loro avversari replicavano che si
trattava «solo» di un illecito commesso ai danni di un privato. Quel che è certo è che
questi conflitti mostrano chiaramente che i simboli politici (sia per gli avversari che
per i sostenitori della repubblica) erano importanti come parte del proprio vissuto e
per la formazione dell’identità di ognuno.
Non tutti quelli che erano ostili
alla repubblica potevano permettersi di ignorare le celebrazioni in onore della
Costituzione. Sicché soprattutto quelle che si tenevano nelle scuole, obbligatorie in
diversi Länder, erano spesso causa di lamentele e reclami. Dal momento che erano parte
integrante della lezione, studentesse e studenti avevano l’obbligo della presenza.
Nell’agosto del 1929 l’Ufficio scolastico provinciale di Berlino-Brandeburgo inviò alle scuole del circondario la seguente
circolare:
«Ci viene da più parti segnalato che i genitori non hanno dato ai loro figli il permesso di partecipare alle celebrazioni in onore della Costituzione per ragioni che lasciano intendere che gli stessi non gradiscono che i loro figli¶{p. 111}partecipino ad un evento scolastico pubblico che rappresenta un riconoscimento di fatto del nuovo Stato. Ai genitori va spiegato che in futuro le scuole si vedranno costrette ad allontanare i ragazzi ai quali verrà ordinato di non partecipare a simili celebrazioni» [44] .
Note
[36] Ibidem, pp. 30-31.
[37] Über Reichsbannerfeste, in «Das Reichsbanner», 27, 19 agosto 1928, citato in N. Rossol, Performing the Nation in Interwar Germany, p. 147.
[38] Flaggenzwang für alle Gemeinden, in «Deutsche Tageszeitung», 6 agosto 1927; Wofür Geld da ist? Zum Schulflaggenerlass, ibidem, 8 gennaio 1927.
[39] Geheimes Staatsarchiv Preußischer Kulturbesitz, Berlin (d’ora in poi GStAPK), Rep. 77, Tit. 4043, n. 6, vol. 80.
[40] «Der Stahlhelm», 29 agosto 1932.
[42] Landesarchiv Berlin, A Pr Br Rep. 030, C Tit. 90, 7531.
[43] Atti giudiziari del GStAPK, Rep. 84a.
[44] Brandenburgisches Landeshauptarchiv, Potsdam, Rep. 34, 997, p. 10, 22 agosto 1929.