La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/p2
Prefazione
I temi assumono maggior valore se sono posti nel momento giusto e soprattutto se sono supportati dagli argomenti necessari alla loro rinnovata comprensione. Così è per La scuola mediterranea, perché porta alla luce un tema in questo momento determinante per la scuola ma soprattutto per lo stesso Paese: come è possibile ridurre i divari in istruzione promuovendo competenze negli studenti? Richiamo all’attenzione il «come è possibile» in quanto oltre alle buone intenzioni, alle necessarie analisi, all’immancabile abbondanza di discussioni, c’è bisogno di una proposta assumibile, sostenibile e realizzabile.
Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nei prossimi anni si avrà un investimento senza precedenti nel campo dell’istruzione, e in particolare nella scuola. Come ben noto, la missione n. 4 del PNRR titola Istruzione e ricerca
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e destina ben 19,44 miliardi al potenziamento dei servizi e dell’offerta formativa con un obiettivo ambizioso: «rafforzare le condizioni per lo sviluppo di un’economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività e di resilienza»
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. Non si tratta dunque solo di costruire nuove scuole, aule, laboratori, palestre e di attrezzarli con sofisticate tecnologie, bensì di promuovere le competenze che permetteranno al nostro Paese di realizzare effettivamente uno sviluppo ad alta intensità di conoscenza. Per la prima impresa, quella di costruire mura e attrezzare le aule scolastiche, da tempo sono presenti ottimi progetti da mettere a sistema, ma la vera sfida ora sta nelle idee, nei processi, nelle risorse umane, in sostanza nel dare vita agli spazi attraverso processi di insegnamento e di apprendimento che promuovano solide ¶{p. 8}competenze in tutti gli studenti. Si vuole dire che la scuola ben attrezzata, articolata in aule e laboratori specializzati, con ambienti innovativi, sostenibili e personalizzati diviene uno spazio fondamentale per qualificare gli apprendimenti, ma non va dimenticata la sua vera missione, ovvero lo sviluppo armonico e integrale della persona promosso dalla relazione formativa ed educativa fra docente e studente.
Questo libro riguarda proprio questa missione, la più difficile ma nello stesso tempo la più autentica, che permetterà un effettivo sviluppo della conoscenza. Già questo basterebbe per sottolinearne la valenza, ma il testo va oltre e affronta il tema attraverso uno sguardo singolare: come realizzarla a partire da quelle scuole che molti considerano (erroneamente) un problema per il Paese, mentre in realtà sono il passaggio obbligato per il suo sviluppo effettivo. Si tratta delle scuole insediate, il più delle volte, all’interno di contesti da tempo desertificati dall’incuria sociale che, di fatto, sono un presidio culturale e l’unico rifugio per coloro che chiedono un riscatto personale per una vita diversa e migliore.
Queste scuole, con il loro lavoro quotidiano, in realtà permettono l’effettiva coesione sociale, incarnando il principio costituzionale della rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Inoltre, se si vuole puntare sulla riduzione dei divari, alzando le competenze di base che permettono la partecipazione attiva e consapevole di ogni cittadino alla vita sociale e allo sviluppo del Paese, si deve porre una particolare attenzione proprio a questi contesti, altrimenti si incorre nel rischio di avere zone con uno sviluppo economico ad alta intensità di conoscenza e altre zone che affondano inesorabilmente nel degrado quotidiano. Ciò alimenta in modo latente quelle forme di ingiustizia e di iniquità che, nel tempo, corrodono il sistema democratico che gli stessi cittadini contribuiscono a rafforzare quando si sentono considerati e valorizzati attraverso pari opportunità e che, all’opposto, abbandonano quando si sentono ingiustamente marginalizzati.¶{p. 9}
Per quanto riguarda i temi sociali del ritardo e dell’abbandono, ma allo stesso tempo della resilienza e dell’intraprendenza, molte zone del Meridione, anche solo per antonomasia, ne sono l’emblema e pertanto rappresentano il luogo più sfidante da cui partire, soprattutto oggi che, con il PNRR, si hanno a disposizione risorse finanziarie e un’occasione irripetibile. Infatti il nostro Paese si è posto l’obiettivo di «ridurre i divari territoriali in Italia per quanto concerne il livello delle competenze di base (italiano, matematica e inglese), inferiore alla media Ocse, in particolare, nel Mezzogiorno»
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. Tale sfida non può essere assunta solo con gli investimenti, che non sempre alimentano i migliori propositi, ma necessita di un’idea di scuola in cui le persone si devono riconoscere per diventare effettivamente protagoniste di nuova progettualità. Proprio per questi motivi, e soprattutto in questo momento, il testo di Damiano Previtali è prezioso, in quanto attraverso una diversa narrazione permette di intraprendere una storia nuova con quelle realtà che sono già state oggetto di consistenti investimenti ma anche di molti fallimenti. In questo caso «le ragioni dell’insuccesso non vanno cercate nell’impossibilità del compito ma piuttosto nella soluzione adottata per risolverlo»
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È ben noto quanto sia immanente nei sistemi, dalle grandi organizzazioni alle singole persone, la coazione a ripetere e quanto sia invece necessaria al cambiamento un’idea di scuola che ci permetta di rivedere le cose in modo diverso, uscendo da schemi obsoleti per intraprendere strade innovative. Infatti, pur con gli investimenti che ora ci sono a disposizione per ristrutturare le scuole, per arredare le aule, per attrezzare i laboratori, per attivare la tecnologia, essi saranno sempre insufficienti di fronte alla pluralità e alla complessità dei bisogni e, se pur fossero sufficienti, rischiano comunque di essere controproducenti, se non si hanno le idee giuste per mobilitare le persone e promuovere il miglioramento.
Francesco Profumo