L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/p1
Prefazionedi Francesco Profumo
Da tempo si sottolinea che nella società
contemporanea la scuola dovrebbe assumere una funzione sempre più formativa, non perdendo,
ma de-enfatizzando quella informativa. È noto infatti che le informazioni su qualunque
questione o materia sono facilmente reperibili da fonti molteplici, ed è comunque
impossibile includere nella scuola ogni ulteriore tema o argomento che sarebbe di per sé
interessante conoscere, mentre è estremamente importante saper cercare, selezionare,
interpretare criticamente e utilizzare in modo correttamente finalizzato le informazioni
necessarie.
Tuttavia, quello delle informazioni è
ambito tradizionalmente frequentato dalla scuola e intorno a esso si è sviluppato un robusto
apparato di trasmissione e valutazione delle conoscenze – fatto di lezioni, stili didattici,
verifiche, voti e giudizi – mentre invece la funzione formativa rimane oggi il più delle
volte valorizzata in teoria, ma gestita con una certa genericità e vaghezza. Il primo
aspetto costituisce pur sempre il nocciolo duro di ciò che la scuola è e fa, mentre il
secondo è una realtà dal profilo incerto. Che cosa significa davvero, oggi, parlare di
funzione formativa della scuola? Anzitutto, vuol forse dire che esiste una specifica
forma che le persone dovrebbero assumere? E come è possibile
concepirla? La nostra società ne ha un’idea condivisa? Quali sono, poi, le caratteristiche
personali di cui parliamo e che starebbero al cuore, come obiettivo, di questa operazione
formativa? Al di là della capacità critica, di cui si parla spesso e di cui è ben nota la
rilevanza, si apre un panorama vasto e articolato, in cui sarebbe utile mettere ordine. Sul
piano pratico, poi, la maggior parte delle e degli insegnanti ha ben presenti il «carattere»
e le qualità personali di alunni e alunne, ma in che modo queste dimensioni entrano nel
processo educativo della scuola? Sappiamo quali effetti hanno nel percorso scolastico
¶{p. 8}degli alunni, nella loro riuscita e nei risultati raggiunti, nel
breve e nel lungo periodo? Si può e si deve tenere conto di esse nel processo di
scolarizzazione o ciò equivarrebbe a produrre discriminazioni? Sono soltanto variabili
esogene, caratteristiche che gli alunni si portano dietro dal proprio
background personale e familiare? Oppure si tratta di qualità
educabili, dunque si può e si deve intervenire su di esse nella scuola? E se sì in che modo?
La questione si ripropone oggi con
particolare evidenza e in una prospettiva di ampio respiro, quando, nella scuola che
attraversa la pandemia e le limitazioni connesse, molti commentatori si domandano quale
impatto tutto ciò possa avere sulla preparazione scolastica dei giovani, ma anche sul loro
umore, sulla loro capacità di rimanere vitali, di pensare e progettare il futuro.
Il volume che presento affronta questo
nodo problematico complesso, trattandolo in una prospettiva particolare. In primo luogo,
impiega il concetto di competenze sociali ed emozionali, o anche «caratteriali»
(social and emotional skills, character
skills). Su di esse esiste ormai una vasta letteratura, teorica e di ricerca, a
livello internazionale, che incrocia soprattutto interessi psicologici ed economici – come
nel caso di James Heckman, che di questo tema è uno dei maggiori esperti. Nel libro vari
modelli vengono discussi ed elaborati, tentando un bilancio e una selezione critica.
Inoltre, e soprattutto, il libro
focalizza l’attenzione su come i processi sociali-educativi entro la scuola possono influire
su tali competenze. L’indagine empirica che alimenta le conclusioni degli autori si è svolta
nelle scuole di Torino, ma i risultati propongono riflessioni rilevanti al di là dei casi
specifici. I punti cruciali si potrebbero sintetizzare, dal mio punto di vista, in tre
ordini di considerazioni.
Emerge anzitutto come l’ambiente, il
clima scolastico e di classe e gli stili educativi degli insegnanti siano d’importanza
fondamentale per lo sviluppo di competenze caratteriali negli alunni. Nel testo, differenti
tipi di ambiente e stile educativo appaiono correlati a esiti diversi sulle competenze
sociali ed emotive degli alunni. Questo sottolinea ancora una volta quanto sia importante
che le scuole italiane abbiano ¶{p. 9}un proprio tratto distintivo, una
propria progettualità autonoma. E rilancia in questo senso il ruolo della
leadership, cioè della dirigenza scolastica, in collaborazione
forte con insegnanti e genitori.
Inoltre, è interessante notare come gli
alunni stessi siano caratterizzati, individualmente, da un proprio profilo di competenze
caratteriali e come ciò abbia un riscontro nel loro stile di apprendimento. Questo aspetto è
estremamente importante, perché chiarisce che l’attenzione a queste competenze offre uno
strumento potenzialmente utile per la personalizzazione dei processi educativi. Capire che
alunni diversi in base al genere, alla personalità, alle esperienze, a vari tratti del loro
ambiente familiare e sociale, sviluppano competenze sociali ed emozionali differenti e
apprendono anche in modo diverso implica guadagnare la possibilità d’impostare
l’insegnamento e le relazioni educative in modo tale da renderle massimamente efficaci per
tutti e per ciascuno.
Infine, lo studio sviluppato in questo
volume tiene insieme due dimensioni spesso divergenti quando si parla di «carattere»: quella
della performance e quella legata a valori. In altre parole, sono esaminate competenze che
implicano, da un lato, la capacità di agire efficacemente in vari contesti sociali e,
dall’altro, che riguardano la motivazione ad agire in modo solidale e positivo – per esempio
nel rispetto degli altri, nella capacità di collaborare, e sotto vari altri aspetti – come
«buoni cittadini».
Lascio al lettore apprezzare come la
complessità di questi problemi sia articolata nei vari capitoli del libro, illuminando un
tema il cui approfondimento teorico e pratico promette di essere uno dei cardini della
scuola del futuro.
Francesco
Profumo