La Repubblica di Weimar: democrazia e modernità
DOI: 10.1401/9788815370228/c9
L’arte popolare rispecchiava anche
nuove esperienze in fatto di velocità e spazio. Innovazioni tecniche come i dirigibili e
gli aerei scatenarono la fantasia delle masse anche se queste erano ancora ben lontane
dal poterne beneficiare. Quando tra il 1927 e il 1929 perfino Clärenore Stinnes, la
giovane figlia
¶{p. 219}di un industriale, fece il giro del mondo in
automobile, la sua «avventura» suscitò in molti il desiderio di seguirne l’esempio. Con
il risultato, tra l’altro, che nel periodo tra le due guerre la febbre per il viaggio
aumentò anche se molte famiglie non erano ancora economicamente in grado di visitare
altri Paesi. Ma questo non impediva, anzi, di varcare i confini con la fantasia. Idee di
una nuova spartizione del mondo si richiamarono ora alla «terza dimensione» e si
tradussero in «fantasie di razzi» e perfino in viaggi immaginari sulla luna.
Proprio una tale «prospettiva a
volo d’uccello», spesso supportata da opere cartografiche, contribuì, a partire dagli
anni Venti, ad aumentare l’interesse di un pubblico sempre più vasto per i processi
geopolitici e le pan-idee. Nella Germania degli anni Venti notevole fu l’influenza che
il mondo extraeuropeo e soprattutto asiatico (in particolare India, Cina e Giappone)
esercitò sulla filosofia e l’interpretazione culturale.
Il grande regresso
ultranazionalista a partire dal 1933 è una indiretta conferma di quanto in effetti era
stata grande e rapida l’apertura al mondo che aveva caratterizzato gli anni di Weimar.
Ma anche il Terzo Reich non poté liberarsi dalle tensioni innescate dal rapporto tra
nazionalismo e globalizzazione. Già avanzata dagli esponenti della «rivoluzione
conservatrice», la pretesa che bisognasse «creare condizioni che vale la pena
conservare» (così il pubblicista tedesco Arthur Moeller van den Bruck nel 1923) è stata
da allora condivisa da tutti i populisti in lotta contro le dinamiche di cambiamento su
scala globale. La dinamica alternanza tra orientamenti di fondo nazionalisti e
cosmopoliti, tra gli apparenti «vincitori» della globalizzazione e dell’apertura e gli
apparenti «perdenti» di un simile processo ci accompagna ancora oggi
[9]
.
Certo, non si può parlare di un
cambiamento di rotta della storiografia a volte ancora fortemente autoreferenziale che
si occupa di questo periodo della storia tedesca. Ma noi rimaniamo
¶{p. 220}comunque fiduciosi: dopo che negli ultimi anni soprattutto la
Prima guerra mondiale è stata analizzata nella sua dimensione globale, qualcosa del
genere sta ora avvenendo anche con riguardo all’immediato dopoguerra. In questa logica,
tocca ora anche alla Repubblica di Weimar essere sprovincializzata.
Note
[9] Cfr. in particolare B. Gissibl - I. Löhr (edd), Bessere Welten. Kosmopolitismus in den Geschichtswissenschaften, Frankfurt a.M., Campus, 2017; A. Harrington, German Cosmopolitan Social Thought and the Idea of the West. Voices from Weimar, Cambridge, Cambridge University Press, 2016.