Italo Calvino, le linee e i margini
A partire dal folgorante esordio con “Il sentiero dei nidi di ragno” (1947) Italo Calvino è stato considerato a lungo uno scrittore brillante ma atipico, non rappresentativo dei valori e delle tendenze del panorama letterario nazionale. Successivamente, negli anni che vanno da “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979) alle postume “Lezioni americane” (1988), è stato promosso a grande classico della narrativa del secondo Novecento. Ma se nella sua opera sembra potersi riassumere mezzo secolo della nostra cultura letteraria dal neorealismo allo sperimentalismo degli anni Cinquanta, dalla riscoperta della dimensione fiabesca e fantastica al ritorno al romanzo (in sintonia con certo gusto postmodernista), l’aspetto decisivo della sua attività rimane la molteplicità inquieta degli approcci, delle prospettive, delle sperimentazioni. In questo libro Mario Barenghi conduce un’attenta analisi della produzione più puramente letteraria di Calvino, della sua attività di saggista, degli abbozzi, dei progetti interrotti e dei libri incompiuti, per individuare, all’interno di una vocazione plurale e mutevole, le principali direttrici, i temi ricorrenti, le nervature, in una parola la “poetica”.