Come chiudere la transizione
Cambiamento, apprendimento e adattamento nel sistema politico italiano
Questo volume presenta un’articolata disamina delle trasformazioni che il sistema politico-istituzionale italiano ha subito negli ultimi dieci anni. L’avvio di tali trasformazioni coincide con il cambiamento delle opportunità della competizione politica verificatosi tra la metà e la fine del 1993 per l’uscita di scena di tutti i partiti di governo e per l’introduzione di nuove regole elettorali. Nel frattempo si è affermato il bipolarismo, ma l’eterogeneità interna delle due coalizioni le rende potenzialmente instabili, e la loro reciproca ostilità è ancora troppo alta per un “paese normale”. I governi sono divenuti più longevi ma ondeggiano tra la riemersione di faide interne e la tentazione di togliere all’opposizione anche le prerogative necessarie per svolgere efficacemente il suo ruolo di controllo. Le autonomie territoriali si sono irrobustite ed è prevalsa l’idea che l’assetto dello Stato debba assumere una forma federale, ma manca l’architrave più importante: un ramo del Parlamento come sede di raccordo tra potere centrale e sistemi regionali. Grazie all’apprendimento degli attori politici e degli elettori, ha quindi preso piede la logica maggioritaria (nei rapporti tra elettori, partiti, parlamento e governo) e l’idea federale (nei rapporti tra centro e periferia). Ma, come mostrano gli autori (un qualificato gruppo di storici, politologi e giuristi), per stabilizzare questi nuovi equilibri e chiudere la transizione è necessario un adattamento del disegno costituzionale, che ricalchi il modello del “governo del Primo ministro” col contrappeso di uno “statuto dell’opposizione” e che sancisca la fine del bicameralismo perfetto con la creazione di un vero “Senato delle Regioni”.