Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c16

Luigi De Lucchi Bonifica e trasformazione del paesaggio

Notizie Autori
Luigi De Lucchi è dottore agronomo e agricoltore, dal 1987 al 2023 ha lavorato in Regione del Veneto in qualità di dirigente, occupandosi di bonifica e irrigazione, con particolare riferimento all’attività dei consorzi di bonifica. Ha svolto attività di coordinamento nell’applicazione della Guida tecnica per la classificazione del territorio rurale (l.r. 24/1985), nonché nella redazione dei piani generali di bonifica e tutela del territorio rurale (l.r. 9/1983). Di particolare rilievo l’attività svolta a seguito della riorganizzazione dei consorzi di bonifica ai sensi della l.r. 12/2009; nell’ambito del riassetto dell’attività di bonifica e irrigazione nel territorio regionale, si è occupato anche dello scioglimento dei consorzi irrigui e di miglioramento fondiario.
Abstract
C’è un momento fondante dell’attività di bonifica della Regione del Veneto ed è tutto raccolto in un supplemento del BUR Veneto del 17 aprile 1978, ormai introvabile. In questo bollettino veniva illustrata la grande operazione di riorganizzazione condotta dalla regione, da poco subentrata allo Stato nella gestione dell’attività legislativa e amministrativa della materia della bonifica, che portò alla riduzione del numero dei consorzi di bonifica da oltre 70 a 20. Sia nelle "terre vecchie" che in quelle "nuove", il modello produttivo agricolo moderno non considera la possibilità che gli appezzamenti relitti, di piccole dimensioni, che si formano a causa del rigore geometrico delle sistemazioni idrauliche agrarie, possano ospitare piccoli incolti o formazioni boschive, utili alla biodiversità. Nel futuro anche prossimo in molte ed estese aree di bonifica troveranno diffusione le grandi macchine irrigue costituite da ali mobili rotanti o traslanti negli appezzamenti; tali macchine mal si conciliano con la presenza di ostacoli negli appezzamenti.
C’è un momento fondante dell’attività di bonifica della Regione del Veneto ed è tutto raccolto in un supplemento del BUR Veneto del 17 aprile 1978, ormai introvabile. In questo bollettino veniva illustrata la grande operazione di riorganizzazione condotta dalla regione, da poco subentrata allo Stato nella gestione dell’attività legislativa e amministrativa della materia della bonifica, che portò alla riduzione del numero dei consorzi di bonifica da oltre 70 a 20, ai quali dovranno venir aggiunti i due consorzi di secondo grado, competenti esclusivamente sull’irrigazione di vasti territori.
La grande novità non fu solamente la riduzione del numero dei consorzi, ma soprattutto la classificazione di bonifica di tutto il territorio di pianura e di collina compreso tra la sponda veneta del lago di Garda e l’argine in destra idraulica del Tagliamento; ciò ha comportato che tutto questo vasto territorio dovesse venir organizzato attraverso un comune modello istituzionale definito dalla l.r. 3 del 13 gennaio 1976, nella cui stesura avevano lavorato grandi giuristi.
Per inciso, la grande riorganizzazione del 1978 è stata ripresa nel 2009, con la l.r. 12/2009, che ha portato alla ulteriore riduzione del numero dei consorzi di bonifica da 20 più 2 a 10 più un consorzio di secondo grado.
Riferirsi al modello istituzionale della bonifica significa soprattutto che il consorzio gestisce un territorio, che assume la denominazione di comprensorio, che è costituito dalla somma di migliaia di beni immobili agricoli ed urbani in capo ai loro proprietari; infatti il modello della bonifica trova riferimento preciso in un territorio e nei proprietari degli immobili che in esso ricadono.
È pertanto corretto chiedersi se questo modello incida anche sugli aspetti paesaggistici del territorio.{p. 296}
Va evidenziato che storicamente l’attività di bonifica si è sviluppata al fine di rendere produttive le aree agricole, adattandosi successivamente a gestire ampi spazi occupati da immobili urbani, che con lo sviluppo economico iniziato nella seconda metà del 900 hanno occupato vasti territori precedentemente bonificati.
Un aspetto rilevante dell’attività di bonifica è la realizzazione, manutenzione e gestione della rete idraulica di bonifica, che, fin dalla l.r. 3/1976, comprende anche i corsi d’acqua naturali minori, via via integrati nel tempo dai fiumi minori, quali quelli di risorgiva, che caratterizzano ampia parte del nostro territorio di pianura.
La rete idraulica di bonifica, che spesso assorbe anche la funzione irrigua, risponde a requisiti di assoluta razionalità dettata dall’esigenza di raggiungere l’obiettivo di allontanare le acque di pioggia, che spesso con i loro ristagni limitano o annullano la produzione agricola; non vi è incertezza nel sostenere che, seppur in presenza di una rete naturale con andamento irregolare o addirittura meandriforme, la linea progettuale dominante della bonifica ricorreva a canali e capifosso ad andamento rettilineo, con l’unica indispensabile variante dovuta alla presenza di rilevati arginali.
Le norme di polizia idraulica risalenti al 1904, comunque, hanno imposto che rive, argini e pertinenze fossero privi di qualsiasi formazione arborea, restando comunque sede di continue distese prative, che ben garantiscono la biodiversità che la collettività vorrebbe più protetta.
Si può sostenere che il territorio veneto di bonifica presenta una rete idraulica di bonifica e irrigazione così fitta e regolare da poter venir classificato, rubando un’espressione alla medicina, come fortemente vascolarizzato; tale espressione ben esprime la stretta interrelazione esistente tra rete idraulica e territorio, dove la presenza dei canali rende fertili e produttivi gli ampi appezzamenti.
Spostando l’attenzione verso i vasti seminativi, sempre più investiti a vigneti, se ne deve apprezzare la regolarità geometrica, sicuramente legata alla dominante esigenza di semplificazione delle unità colturali che ha sempre caratterizzato l’agricoltura veneta.{p. 297}
Fig. 1. Sistemazione dei terreni con colmo longitudinale e trasversale.
Sia che si tratti di «terre vecchie», caratterizzate dalla sistemazione a cavino con linea di colmo trasversale, che di «terre nuove», sistemate alla ferrarese con linee di colmo longitudinali, il progettista della bonifica ha sempre rispettato l’esigenza di avere appezzamenti regolari nella forma e ben strutturati dalle opere idrauliche e di viabilità.
Se la rete principale della bonifica ha risposto sempre alle esigenze ingegneristiche del territorio di bonifica, la forma e la dimensione degli appezzamenti e della rete idraulica aziendale hanno sempre risposto a requisiti agronomici. Eloquente in tal senso è il toponimo Patriarcati, proprio di un vasto bacino idraulico, formato da terre vecchie a cavino, posto a nord del Canale Cagnola, a ovest del centro abitato di Bovolenta, il cui significato è legato alla coltura del prato e alla sistemazione a cavino. Le grandi difficoltà di praticare l’agricoltura in tale bacino prima dell’arrivo delle macchine idrovore imponevano la coltura del prato, che garantisce più raccolti all’anno, facendo accettare la perdita di uno sfalcio se le piogge erano eccessive, imponendo nel contempo una baulatura molto accentuata negli appezzamenti, per impedire il frequente allagamento, tanto da essere classificati come «arcuati».
Fig. 2. Mosaico paesaggistico con alternanza di seminativi, coltivazioni arboree e formazioni boschive.
È curioso osservare che, sia nelle «terre vecchie» che in quelle «nuove», il modello produttivo agricolo moderno non considera la possibilità che gli appezzamenti relitti, di piccole dimensioni, che si formano a causa del rigore geometrico delle sistemazioni idrauliche agrarie, possano ospitare piccoli incolti o formazioni boschive, utili alla biodiversità. Ciò non avviene nel nostro territorio, ove ancora vige la regola {p. 298}che tutto venga coltivato, anche a fronte dell’evidenza che i costi sostenuti per coltivare tali appezzamenti non vengono compensati dalla produzione.
Fig. 3. Utilizzazione di grandi macchine irrigue in territori di pianura.
In conclusione, merita osservare che nel futuro anche prossimo in molte ed estese aree di bonifica troveranno diffusione le grandi macchine irrigue costituite da ali mobili rotanti o traslanti negli appezzamenti; tali macchine mal si conciliano con la presenza di ostacoli negli appezzamenti; anche le semplici scoline tipiche delle «terre nuove» costituiscono pericolo per il capovolgimento delle lunghe ali mobili irrigue, tanto di imporre lo spianamento.
Un ulteriore elemento di diversificazione paesaggistica verrà a mancare, con ulteriore rafforzamento della semplificazione del territorio di bonifica. Nel contempo, l’entrata in vigore della nuova PAC 2023-2027 porterà una vivace spinta verso ordinamenti colturali più diversificati, con la forte riduzione della monocoltura del mais, che ha per qualche decennio caratterizzato durante il periodo estivo il territorio della nostra regione.