Contrattazione e partecipazione
DOI: 10.1401/9788815374950/c10
1. Gli accordi di consultazione mista e la contrattazione aziendale alla Bassetti
Alla vigilia della firma dell’accordo 14 maggio
1958, la direzione della Bassetti non ha ancora scelto in maniera definitiva la
controparte. Non ha scelto perché, nel corso degli anni ’50, le «regole del gioco»
sindacale all’interno delle aziende non avevano ancora ricevuto, come è noto, una
solida istituzionalizzazione e perché la direzione non sembrava essere riuscita ad
identificare l’organismo che, nel momento specifico, «controllava» meglio il
personale. In questa situazione di obiettiva incertezza, è naturale che l’organismo
di rappresentanza unitaria di base abbia avuto, almeno formalmente, una
magna pars durante le trattative: in certa misura, era
l’interlocutore temporaneamente «obbligato». E lo è stato finché non apparve chiaro
che l’aspirazione dei sindacati a trattare a livello aziendale rafforzava, anziché
diminuire, la posizione contrattuale dell’azienda; che l’impegno direttamente
assunto dai sindacati a mantener fede all’accordo firmato riduceva le difficoltà che
si sarebbero determinate a causa dei sacrifici richiesti ai lavoratori per
assecondare « il buon successo sul mercato ed i più alti livelli di efficienza
interna » dell’azienda
[1]
, mentre le stesse difficoltà avrebbero indotto i sindacati a sconfessare
l’operato della CI. In quello stesso momento, apparve però chiaro a tutti che una
netta differenziazione della CGIL rispetto alle altre organizzazioni sindacali
doveva, in qualche modo, prodursi ed in realtà si produsse attraverso un «accordo
nel disaccordo».
Infatti, un banale show-down
provocato nel corso delle trattative mise in luce con sufficiente chiarezza che
l’adesione della CGIL ai propri schemi ideologici era¶{p. 106}
troppo forte per sostituire, o solo affiancare, il principio della lotta a quello
della «collaborazione» e che, dal punto di vista dell’azienda, la rottura con la
CGIL rappresentava il «prezzo» necessario sia per non alienarsi completamente le
simpatie dell’Assolombarda (attestata su una linea di critica acerba a tal segno da
minacciare l’espulsione della Bassetti il cui atteggiamento rischiava di spezzare la
compattezza del fronte imprenditoriale) sia, e soprattutto, per responsabilizzare
massicciamente la FILTA milanese nell’attuazione di un programma di politica
contrattuale che si inquadrava nell’azione del CNP apertamente appoggiata dalla CISL
sul piano nazionale.
Senonché, la direzione dell’impresa continuò a
praticare, anche in epoca posteriore alla stipulazione dell’accordo, una politica di
relazioni industriali sostanzialmente empirica, mirante a sanare le fratture e
all’interno della CI e sul fronte sindacale esterno. Infatti, dopo aver optato per
la soluzione sindacale, la direzione della Bassetti conserverà un atteggiamento di
notevole apertura nei confronti della CI e, nella storia della contrattazione
collettiva degli anni successivi, l’accordo sindacale del ’58 è valutabile come un
episodio isolato poiché la CGIL sarà sempre presente al tavolo
contrattuale.
Così, un accordo intervenuto il 28 dicembre 1959
tra la direzione dello stabilimento di R. e la locale CI è, forse, il primo di una
lunga serie di comportamenti che, oggi, è per la Bassetti motivo di vanto, in quanto
dimostrerebbe la sua volontà di non approfittare dell’esclusione della CGIL dal
sistema di CM instaurato dall’accordo del ’58 ed è, certamente, la maniera più
efficace per rimediare agli inconvenienti derivanti dalla spaccatura determinatasi
in seno alla CL In parte codificando ed in parte migliorando una prassi
preesistente, l’accordo del ’59 riconosce alla CI l’esercizio di «attività di
trattative sindacali» (art. 8), «la facoltà di chiedere chiarimenti circa i criteri
adottati per l’effettuazione di assunzioni e di avanzare suggerimenti e osservazioni
in merito», il diritto di discutere preventivamente con la direzione i
provvedimenti disciplinari («ove si tratti di licen¶{p. 107}ziamenti
o di sospensioni», comunicati per iscritto alla commissione medesima), «la revisione
dei tempi, le variazioni dei prezzi e i declassamenti» e di essere «tenuta al
corrente dei cambi di qualifica, degli spostamenti di reparto e delle altre
variazioni nella situazione del personale» (nota a verbale). Nel quadro delle forze
sindacali esistenti all’interno dello stabilimento di R.
[2]
, pertanto, la rivalutazione della CI sembra costituire la migliore
smentita al sospetto di una larga parte degli operai che l’accordo dell’anno
precedente con le sole CISL e UIL rispondesse ad una linea politica di
discriminazione padronale.
Cosi, il 18 ottobre 1963 i tre sindacati
riterranno, con piena unità di intenti, «possibile e opportuno» stipulare con la
Bassetti un accordo (integrativo del contratto collettivo nazionale) il quale ‒ si
legge nella premessa ‒ rappresenta «l’espressione e la conseguenza del
tipo di rapporto stabilito tra l’azienda e i sindacati
(...) la cui prima manifestazione formalizzata risale
all’accordo del 1958»
[3]
; col quale intendono confermare e
rafforzare «il reciproco impegno ad esaminare insieme,
preventivamente, i problemi» di contrasto con le «future esigenze produttive ed
organizzative dell’azienda per tro¶{p. 108}varne, in atteggiamento
di consapevole partecipazione, equa soluzione»
[4]
; dal quale, come è espressamente riconosciuto, «discende la necessità
che ogni manifestazione rivendicativa sia condotta tenendo conto del
rapporto che si è stabilito tra le parti»
[5]
.
In realtà, un atteggiamento discriminatorio
avrebbe leso gli interessi della Bassetti impedendo ed ostacolando il raggiungimento
di (almeno) tre fondamentali obiettivi:
- creare i presupposti ambientali che consentissero in azienda l’esperimento della CM, circoscrivendo quella «zona di disturbo» per la realizzazione dei progressi di produttività che era rappresentata dai lavoratori aderenti alle posizioni della CGIL;
- impedire che l’acuita rivalità tra i sindacati ne alimentasse l’aggressività, in modo da evitare il passaggio agli stessi dell’iniziativa politica;
- dimostrare come la CGIL, nel maggio del ’58, non avesse effettuato altra scelta se non quella di consentire agli eventi di scegliere per essa.
Per parecchio tempo, questi obiettivi sono
«pensati» dalla direzione separatamente ovvero si comincia a percepirne il
condizionamento reciproco via via che l’evoluzione del sistema generale delle
relazioni industriali consente di ravvisare nella CM il momento politicamente
unificante della lotta rivendicativa del sindacato a livello di fabbrica e a livello
dell’intera società industriale. La politica sindacale cessa, allora, di costituire
un’alternativa rispetto alla politica di CM, ma l’una si innesta sulla scia
tracciata dall’altra. In questo senso, la CM ha effettivamente esercitato una
funzione anticipatrice di più vaste tendenze della politica sindacale, sollecitando
i sindacati (non solo quelli che l’avevano accettata in maniera aperta, ma anche
quello che di fatto la tollerava) a precisare il proprio ruolo nei confronti
dell’impresa e, mediatamente,¶{p. 109} del sistema sociale: «dal che
si vede come talvolta anche la storia con la S maiuscola la si fa partendo da
piccole cose purché in esse si creda fermamente»
[6]
. Infatti, quando si costaterà che la CM è una intelaiatura al cui
interno forze contendenti si strappano questa o quella posizione e ciascuna di esse
porta avanti la sua politica, si introdurrà un importante elemento di
chiarificazione: «Noi abbiamo spaccato le componenti iniziali»
della CM «nelle due forze che agivano sotto: la forza rivendicativa sindacale se ne
è presa un pezzo», da strumentalizzare per la lotta sindacale
[7]
, mentre «la forza manageriale se ne è presa il secondo», da
strumentalizzare per un’azione razionalizzatrice delle strutture aziendali
[8]
. Sia pure con qualche riserva, il giudizio retrospettivo è esatto. Per
sciogliere le riserve, occorre precisare che «le due forze che agivano sotto la CM»
non hanno avuto, a medio termine, un andamento «a forbice», bensì tendevano
oggettivamente a stabilire punti di incontro e che ciò non si spiega in termini
volontaristici, bensì nel contesto generale del profondo processo di trasformazione
che ha investito il sindacalismo tradizionale dell’Europa occidentale di tipo
esclusivamente (o prevalentemente) conflittuale. Del resto, non è casuale che,
proprio quando questo processo è in corso di pieno e, prevedibilmente, irreversibile
svolgimento, si potrà ‒ senza ombra di contraddizione ‒ dichiarare che la CM esprime
non più il rilancio del mito aziendalistico dell’associazione capitale-lavoro (come
era nel ’58), bensì un metodo di ricerca di «un’area di convergenza tra
parti che sono e restano diverse per natura e
interessi»
[9]
. Infatti, è una diversità indotta, siccome
necessaria al suo definitivo assestamento, dalla logica di un sistema, oramai,
politicamente omogeneo
[10]
.
Note
[1] Come si legge nell’art. 4 dell’accordo 14 maggio 1958.
[2] Nella CI che vedeva in tal modo ampliato il ventaglio dei propri poteri rispetto alle previsioni dell’accordo interconfederale allora vigente era ampiamente rappresentata anche la CGIL la quale aveva raccolto il suffragio di 413 operai (pari al 40,5% delle maestranze), mentre 401 operai e i 2/3 degli impiegati avevano dato la preferenza alle liste della CISL e 208 operai, con una esigua frangia di impiegati (20), avevano votato a favore delle liste presentate dalla UIL, sicché la ripartizione dei seggi risultava essere la seguente: 6 alla CISL, 5 alla CGIL, 1 alla UIL.
[3] Vero è che la FIOT volle separatamente inserire a verbale la seguente nota (di cui la direzione prese atto, nonostante il dissenso manifestato dagli altri sindacati): «La CGIL-FIOT in relazione all’ultimo capoverso della Premessa mantiene le riserve formulate a suo tempo in base alle quali non aderì all’accordo del 14 maggio 1958». Tuttavia, si tratta di una dichiarazione che, mentre respinge formalmente la formula di collegamento tra sistema di CM e politica contrattuale a livello aziendale, ne accetta di fatto lo sviluppo applicativo. In altri termini, è una dichiarazione che quadra sostanzialmente col modello comportamentistico (precedente e successivo) di «ribelle allineato» seguito dalla FILTEA: v. oltre n. 3.
[4] Punto 4 della parte generale dell’accordo 18 ottobre 1963. A questo criterio di condotta si ispira, ad es., anche la stipulazione degli accordi 16 maggio 1962 e 30 luglio 1964 sull’analisi e valutazione oggettiva delle mansioni (o job evaluation) per il personale ad economia degli stabilimenti, rispettivamente, di V. e di R.
[5] Punto 5 della parte generale dell’accordo 18 ottobre 1963.
[6] Intervento di Bassetti nel CA del 23 giugno 1961 e di un suo qualificato collaboratore nel CD del 10 dicembre 1962.
[7] V. amplius i paragrafi successivi.
[8] Intervento di Bassetti nella riunione sindacale del 6 settembre 1965. V. anche retro Parte I, nn. 4 e 9.
[9] Accordo 20 dicembre 1965, V. anche retro Parte I, n. 2.
[10] In questa prospettiva si muove anche Galbraith, Il nuovo Stato, cit., p. 229 ss., ma la superficialità della sua analisi lo conduce a conclusioni difficilmente condividibili.