Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c1
Capitolo primo Un chierico
Abstract
Il volume esplora lʼaffascinante quanto impegnativa tematica del potere dellʼimmaginazione in epoca moderna, adottando come oggetto di studio un processo di beatificazione terminato a metà Settecento nel Regno di Napoli. Questo primo capitolo è dedicato alla figura del chierico Carlo de Vivis, del quale viene ricostruito il prodigioso recupero dopo una grave malattia. Attribuita allʼintervento sovrannaturale del defunto fondatore dellʼordine dei chierici regolari minori Francesco Caracciolo, la natura divina di questa guarigione si rivelò determinante per la sua beatificazione.
1. Feste di sangue
È
l’11 agosto del 1752
[1]
. Sono all’incirca le tre di pomeriggio
ed è lunedì. Un lunedì qualunque. D’altronde, si
sa, in estate il tempo sembra dilatarsi e i giorni
avvicendarsi gli uni uguali agli altri. Anche la
città di Napoli, con le sue cupole e le sue
casupole, coi «tetti piatti», è sospesa a
mezz’aria: galleggia in una nube di afa
[2]
. Un vapore caldo e denso – come il
fumo che il Vesuvio aveva sbuffato fino a qualche
mese prima – circonfonde il monastero di Santa
Maria Maggiore alla Pietrasanta
[3]
.¶{p. 30}
Qui,
tra le mura di una cella, isolata, qualcosa di
strano doveva essere accaduto. Difatti, varcata la
porta, non sarebbe stato difficile giurare di
trovarsi sulla scena di un crimine. Il pavimento,
le lenzuola, le tovaglie sono imbrattati di
sangue. Un sangue nero, tanto spesso da sembrare
grasso e da cui spira un lezzo fetido. Nauseante.
Al centro della stanza, tra il letto e il
comodino, un giovane chierico ripulisce
l’impiantito da quella sozzura. In silenzio, con
gli occhi sbarrati a fissare il vuoto. Sfrega al
suolo una scopa di saggina. Spazza con forza. Poi,
si ferma. Si tasta le gambe, le braccia; strofina
ancora e ancora torna a toccarsi il petto, il
collo, la faccia. Verifica. Controlla.
Il
ritmo cardiaco è costante.
La
respirazione: fluida.
La
fronte: temperata.
Mai,
prima d’allora, si era sentito tanto in forma.
Tutto
avrebbe potuto far pensare a un crimine, senonché,
a mancare era ciò che, per definizione, renderebbe
tale una simile circostanza: un cadavere! Eppure,
a dirla tutta, il morto stava per scapparci. E
questo avrebbe dovuto essere proprio il giovane;
lo stesso giovane con la scopa tra le mani: Carlo
de Vivis. Quel sangue, nero e marcio, difatti, era
il suo.
Così
Carlo raccontava, a distanza di un anno, alle
autorità ecclesiastiche. Era stato convocato a
testimoniare al processo apostolico
super miraculis per la
beatificazione e canonizzazione di Francesco
Caracciolo.
Ascanio. Era il nome che Isabella Baratucci e
Ferrante Caracciolo diedero in battesimo al loro
secondogenito, il futuro Francesco
[4]
. Nacque a Villa Santa Maria di Chieti,
in Abruzzo, il 13 ottobre 1563, da un ramo della
nobile famiglia Caracciolo: con quella dei Carafa,
la più importante e potente nel Regno
[5]
. In una vita manoscritta dedicata allo
¶{p. 31}zio, l’omonimo nipote,
padre Ascanio-Francesco Caracciolo, ricorderà:
«attese agli studi più di quello che in quei tempi
facessero altri nobili suoi pari. Fu d’ingegno
vivace e pronto, attese anco ad altri onorati e
convenienti esercizi, come di musica e di
cavalcare. Nei primi anni si dilettò molto della
caccia, trattenimento de’ signori di quel paese»
[6]
. Nonostante ciò, il futuro santo, come
di consueto accadeva nel clima culturale
dell’epoca, alla gloria cavalleresca preferì
quella degli altari, con molta probabilità
favorito dalla «specifica collocazione della
regione [Abruzzo], situata nella porzione
settentrionale del Regno di Napoli, a ridosso
della capitale della cattolicità post tridentina»
[7]
. Non appena poté, difatti, raggiunse
la metropoli per consacrarsi al Signore – fu
ordinato sacerdote nel 1587
[8]
– dove dapprima entrò a far parte
della Compagnia de Sancta Maria succurre miseris,
o dei Bianchi della Giustizia, ritenuta dagli
storici la versione partenopea dell’Oratorio del
Divino Amore, istituito a Genova nel 1497: «un
movimento ecclesiale che, insieme a una forte
identificazione associativa nei principi
teologici, spirituali e ascetico-mistici,
comportava anche, nel piano delle opere [...] una
dedizione disinteressata verso i fratelli afflitti
da vecchie e nuove forme di miseria e di malattia»
[9]
. Dal canto loro, i Bianchi avevano
scelto di rivolgersi «a favore di ben definite
categorie sociali: i condannati a morte, ai quali
veniva assicurata l’assistenza di un sacerdote e
di tre confratelli laici fino al supplizio, quindi
le esequie e la sepoltura; i carcerati,
specialmente i più poveri, per ottenere, ove
possibile, una riduzione della pena; gli innocenti
ingiustamente detenuti per favorirne la scarcerazione»
[10]
.¶{p. 32}
Fu
all’interno della Compagnia che Ascanio sodalizzò
con il genovese Giovanni Agostino Adorno
(1551-1591) e con l’abate napoletano Fabrizio
Caracciolo (1555-1615), assieme ai quali provò a
dare inizio a un nuovo progetto di vita religiosa:
i Chierici Regolari Minori
[11]
. Come dichiarato nelle
Costituzioni Prime, la nuova
regola ruotava attorno a due principi: la
preghiera circolare – «è necessario sempre pregare
senza smettere mai» – e la carità – «perciò ogni
giorno, eccetto le domeniche e le feste più
solenni, ci sia tra i fratelli uno che, mangiando
solo pane ed acqua, offra a qualche povero il cibo
che toccherebbe a lui e lo serva mentre egli mangia»
[12]
. Dopo le prime peripezie, tra cui un
viaggio in Spagna finalizzato a stabilire il
nascente istituto nei regni iberici di Filippo II,
l’ordine – che il 1° luglio 1588 ricevette
l’approvazione del pontefice Sisto V – avviò la
sua esperienza di vita comunitaria e iniziò a
svolgere il suo apostolato a Napoli,
rispettivamente presso la casa e la chiesa di
Santa Maria Maggiore, ai più conosciuta come
Pietrasanta e collocata al confine con le antiche
mura difensive della città (fig. 1)
[13]
.¶{p. 33}
Il
processo del 1753 fu l’ultimo che si tenne a
Napoli. Carlo de Vivis fu il primo a essere
escusso. Non fu un caso: era stato protagonista di
un evento miracoloso, tra i più sorprendenti
ascrivibili a Francesco Caracciolo.
Erano passati molti anni dall’inaugurazione della
causa, quindi dalla cosiddetta fase ordinaria di
pertinenza del vescovo della diocesi. Una prima
indagine super fama fu
indetta a Napoli nel 1676 e altre due ne
seguirono, rispettivamente negli anni 1694-1699 e 1702-1703
[14]
. Dopodiché, si inaugurò la fase
apostolica, di competenza della Curia,
¶{p. 34}che, in prima istanza, si
proponeva di esaminare le virtù cardinali e
teologali del candidato, quindi i miracoli
compiuti per sua intercessione. A un anno dalla
chiusura della fase ordinaria, difatti, nuovi
teste furono interrogati super
virtutibus (1704-1707)
[15]
.
Note
[1] Il caso è tratto da AAV, Cause dei Santi, Processus 1895. L’unità consiste di un faldone rilegato e protetto da una coperta in pergamena. All’apertura, il risguardo si presenta tarlato in più di un punto. Subito all’interno sono allegate 6 carte (lettere). I fogli seguono la numerazione 1r-265v. In tutte le citazioni, punteggiatura e capitalizzazione sono state modificate secondo l’uso corrente. Diversamente, ci si è mantenuti fedeli all’originale nella trascrizione delle parole, a meno che non necessitassero di correzione o integrazione per renderne più agevole la comprensione. Per facilitare la lettura, si è ritenuto opportuno citare in italiano i riferimenti tratti da studi in lingue moderne. Le traduzioni dal latino sono a cura dell’Autore.
[2] J.W. Goethe, Viaggio in Italia, trad. di E. Castellani, Milano, Mondadori, 1983, p. 204. Sulle «architetture emergenti» nella Napoli di età moderna, in particolar modo sulla cupola della chiesa di Santa Maria Maggiore, cfr. V. Russo, Un artificio a metà. La cupola della basilica della Pietrasanta nel cantiere napoletano del Seicento, in «Eikonocity», 1, 2 (2016), pp. 27-38.
[3] G.M. Mecatti, Racconto storico-filosofico del Vesuvio e particolarmente di quanto è occorso in quest’ultima eruzione principiata il dì 25. ottobre 1751. e cessata il dì 25. febbraio 1752..., In Napoli, Presso Giovanni di Simone, 1752, p. 305. Per una contestualizzazione storico-critica dell’autore e della sua cronaca, cfr. S. Cocco, Watching Vesuvius: A History of Science and Culture in Early Modern Italy, Chicago-London, The University of Chicago Press, 2013, pp. 193-196.
[4] N. Morrea, Francesco Caracciolo, l’uomo, il fondatore, il santo, in I. Fosi e G. Pizzorusso (a cura di), L’Ordine dei Chierici Regolari Minori (Caracciolini), cit., pp. 33-90, in particolare p. 33.
[5] Ibidem; J.M. Sallmann, Santi barocchi. Modelli di santità, pratiche devozionali e comportamenti religiosi nel regno di Napoli dal 1540 al 1750, Lecce, Argo, 1996, p. 198 (ed. or. Naples et ses saints à l’âge baroque (1540-1750), Paris, Presses Universitaires de France, 1994).
[6] N. Morrea, Francesco Caracciolo, l’uomo, il fondatore, il santo, cit., p. 34.
[7] R. Rusconi, Chierici, Regolari, Minori: gli ordini religiosi nell’Italia del Cinquecento, in I. Fosi e G. Pizzorusso (a cura di), L’Ordine dei Chierici Regolari Minori (Caracciolini), cit., pp. 13-31, in particolare pp. 13-14; cfr. J.M. Sallmann, Santi barocchi, cit., p. 193.
[8] N. Morrea, Francesco Caracciolo, l’uomo, il fondatore, il santo, cit., p. 47.
[9] Ivi, p. 38.
[10] Ibidem.
[11] G. Oreste, s.v. Adorno, Giovanni Agostino in DBI, vol. 1, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960, pp. 300-301; N. Capetola, Augustine Adorno: For the Greater Glory of the Risen Christ. Life, Selected Writings and Comments, South Carolina, Nelson Printing Corporation, 2000. A proposito di Fabrizio Caracciolo si veda G. Romeo, Aspettando il boia. Condannati a morte, confortatori e inquisitori nella Napoli della Controriforma, Firenze, Sansoni, 1993, pp. 24-30 e 155-156.
[12] I passi delle Costituzioni sono tradotti e stampati in N. Morrea, Francesco Caracciolo, l’uomo, il fondatore, il santo, cit., pp. 40-41. Circa la controversia che interessò la loro stampa, cfr. ivi, pp. 72-74.
[13] Breve Sacrae religionis propagationem, emesso da Sisto V il 1° luglio 1588, in Bullarum diplomatum et privilegiorum sanctorum Romanorum pontificum Taurinensis editio, IX, Augustae Taurinorum, Sebastiano Franco et Filiis editoribus, 1865, pp. 5-8. Fu lo stesso Filippo II a concedere il permesso di stanziare l’ordine presso la chiesa napoletana. Cfr. S. Giordano, Francesco Caracciolo e la monarchia cattolica, in I. Fosi e G. Pizzorusso (a cura di), L’Ordine dei Chierici Regolari Minori (Caracciolini), cit., pp. 99-113, in particolare pp. 100-101. Un secondo viaggio, col preciso intento di costituire una nuova casa a Madrid, fu compiuto da Francesco il 10 aprile 1594. Cfr. ivi, pp. 101-106; e un terzo il 18 luglio 1599 (ivi, pp. 106-107). In generale, circa le vicissitudini dei Chierici Regolari Minori in Spagna, cfr. ivi, pp. 107-110. Brevi cenni alla storia della chiesa di Santa Maria Maggiore, in F. Ceva Grimaldi, Memorie storiche della città di Napoli dal tempo della sua fondazione sino al presente, Napoli, Stamperia e Calcografia Vico Freddo Pignasecca, 15, 1857, pp. 81-82.
[14] AAV, Cause dei Santi, Processus 1888 e 1889.
[15] AAV, Cause dei Santi, Processus 1891.