Stefano Daniele
Il chierico, il medico, il santo
DOI: 10.1401/9788815412072/c3
Girandolava da almeno tre anni nei pressi di Camerino, nei cui paraggi risiedeva. Precisò: «alli venti di gennaio dell’anno millesettecento cinquantanove giunsi destinato da miei superiori nella casa, o collegio di Santa Maria delle Macchie della terra di San Ginesio, diocesi di questa città di Camerino»; un’abbazia benedettina, umida e angusta, abbarbicata come muschio sulla schiena di un monte [227]
. Qui vi rimase «sino li 6 maggio millesettecento sessantuno» [228]
. A eccezione di qualche incursione in città, convocato in qualità di teste per un’altra causa: «giudiciale», questa volta [229]
. «Aveva in questo tribunale un mio fratello Giambattista de Vivis» [230]
. Per amore fraterno, calava dalla rupe, lungo la strada sassosa «in malsicura pendenza»; si imboscava tra le querce, nella macchia – da cui, probabilmente il santuario
{p. 194}prendeva il nome – e valicava valli; ruscellava tra gole e forre; quindi varcava le porte della città «per insistere presso il difensore che la patrocinasse [la causa] con attenzione e diligenza» [231]
. A Camerino vi rimase «fino al mese di settembre del detto anno, a riserva che due volte ritornai in San Ginesio per pochi giorni» [232]
. Se gli riuscì di stare lontano dalla legge, almeno da sospettato, lo stesso non valse per il fratello. Per questo dovette aiutarlo, forte della veste da religioso, forse, o dell’aura di miracolato.
Quel che importava ai giudici, al di là di tutto, era scoprire se, passato un anno dal processo romano, gli antichi sintomi si fossero risvegliati, tornando a tormentarlo. Così, dopo aver ricostruito per una volta ancora le vicende di quell’ormai lontano 1752, quando fu guarito miracolosamente per intercessione di Francesco Caracciolo, il teste assicurò:
Io sono, grazie a Dio e al venerabile, fin da quel tempo stato sempre sano e libero dai sintomi di quel male, benché abbia sofferto qualche altro piccolo incommodo di flussione d’occhi e di qualche febbre effimera, e qualche sobbollimento di sangue nella cuta, che mi causò un cicolino o un bugno in un ginocchio, come più ampliamente ho deposto in Roma [233]
.
Agli «incommodi» già descritti l’anno prima, nel corso del processo romano, ne aggiungeva un altro [234]
. Una flussione d’occhi [235]
. Per il resto, ricordò i fastidi dovuti alle vampe di febbre, al surriscaldamento cutaneo e al piccolo «bugno» che gli era ribollito sul ginocchio, ma che fu suppurato grazie alla lancetta del chirurgo, a Roma [236]
.
Dai nuovi racconti di Carlo emergeva irrefutabilmente che le previsioni fatte dal promotore della fede, nell’ormai {p. 195}lontano 1756, si fossero rivelate errate. Non v’era nulla di cui preoccuparsi: ogni possibilità di ricaduta morbosa era stata fugata del tutto. A essere trascorsi, dalla compilazione delle animadversiones, erano sei anni ormai. Certo, secondo l’avvocato del diavolo, il malanno (gastrico stando allo stesso) avrebbe potuto risvegliarsi anche a distanza di dieci anni. Ma, evidentemente, si fece in modo di non attendere oltre.
Dopo che la congregazione antipreparatoria (2 giugno 1761), quella preparatoria (23 febbraio 1768) e, il 13 settembre dello stesso anno, quella generale si riunirono, il 30 novembre 1768 «uscì il decreto de’ due miracoli ricevuti da Carlo de Vivis e da Antonia Niglio per l’intercessione di Francesco presso l’Altissimo. [...] Si approvarono essi in terzo genere dal sommo pontefice Clemente XIII» [237]
. Decreto che fu sottoscritto dal cardinale Chigi, prefetto della Congregazione dei Riti e dal monsignor Macedonio, segretario della stessa [238]
.
Nel frattempo, Clemente XIII spirò. A sostituirlo sul trono pontificio fu Clemente XIV «già ponente zelantissimo e amorevolissimo della causa» [239]
. La beatificazione di Francesco Caracciolo fu celebrata il 10 settembre 1769, «dopo il corso di anni 161 dal suo felice transito al Cielo», nella Basilica Vaticana [240]
.
A leggere una cronaca coeva, si ha la netta impressione che le autorità romane vollero mettere in scena un’inversione della festa imprudente che i caracciolini della Pietrasanta organizzarono in memoria di Francesco Caracciolo, nel {p. 196}1629. Quasi a ribadire che solo ora, a conti fatti – in camera caritatis – l’armamentario sacro che durante quelle celebrazioni fu ostentato, a contrassegno della fama sanctitatis del candidato, trovasse la sua retta collocazione; che quei simboli, finalmente, potessero esprimere il loro compiuto significato. Solo adesso che il pontefice, coadiuvato dai cardinali della Sacra Congregazione dei Riti, aveva ufficialmente consentito ai devoti di venerare il beato, sia pure entro i limiti della diocesi di riferimento. Si trattava di una pastorale simbolica che aveva il fine di mettere in guardia i devoti rispetto al cattivo esempio dato dai caracciolini napoletani, l’11 agosto 1629.
Si ricordi, che in quest’ultima occasione:
fu apparata la chiesa di Santa Maria Maggiore con damaschi cremisini e gialli, ricoverta la volta con taffetà corrispondente a quei colori, e disposto il luogo per la musica a quattro cori [...]. La sagrestia fu ornata a guisa di cappella, e nel mezzo, sopra due predelle coperte di tappeti, venne situato il sacro corpo dentro una cassa indorata e chiusa da cristalli. Con sopra de’ candelieri, croce, giarri di fiori a forma di altare. Coronandone il prospetto i molti voti e tabelle sin’ allora offerte dai divoti in segno delle grazie e miracoli ricevuti da Dio per l’intercessione di Francesco [241]
.
Certo, durante la cerimonia di beatificazione non si esposero le reliquie del beato, né furono ammessi ex voto popolari. Tuttavia, per l’occasione, la basilica di San Pietro fu fatta risplendere di damaschi, arazzi, velluti e tessuti broccati; fatta luccicare di ori, ardere di lumi. La pompa dei paraventi non fu meno barocca di quella del 1629. «In esso giorno la Basilica Vaticana [fu] tutta ornata di damaschi cremisi trinati d’oro [...] disposti secondo il disegno del rinomato architetto il Sig. Giuseppe Ferroni romano»; «sulla cattedra posavano cornucopie [...] ricche d’intagli, di fogliami, e di oro»; «fiaccolotti [...] lampadari lavorati a somiglianza delle cornucopie [...] formavano all’immagine una corona risplendentissima di lumi» che, in un gioco di {p. 197}riflessi, facevano scintillare le statue «de’ santi apostoli Pietro e Paolo di oro»; e queste ultime, a loro volta, impugnavano «due torcieri di bronzo dorato» [242]
.
E come in occasione della festa alla Pietrasanta, «sopra la porta, nella parte interiore, fu collocato il ritratto del servo di Dio, che si vedeva orante dinanzi all’augustissimo Sagramento, con in petto una saetta infuocata per simbolo del suo zelo, con a’ piedi una mitra per segno delle dignità rinunziate, e con libro aperto delle Regole in un lato per dinotarlo fondatore» – atto che scatenò le furie dell’inquisitore – parimenti, a Roma, si affisse l’effigie del beato: «sopra la porta maggiore stava collocato un gran medaglione, che rappresentava il servo di Dio, allorché spogliò se stesso per vestire un povero ignudo» [243]
. Forti della loro autorità, quasi a volersi rivalere sul commercio improprio che i popolani e le popolane fecero delle immagini di Francesco, a essere amplificato fu proprio l’apparato iconografico: «altro gran medaglione ornato con festoni, rappresentante il servo di Dio in gloria, stava nella facciata esteriore della basilica, con un cartellone sostenuto da angioli» [244]
. Due tondi che erano stati commissionati alla mano del pittore romano Carlo Valloni. Infine:
letto il breve pontificio, segnato per la beatificazione quale terminato, s’intonò il Te Deum, ed insieme si scoprì il quadro del beato, al rimbombo di mortaretti ed artiglieria. Di poi si diede principio alla messa pontificale, e si fece la distribuzione delle immagini e vite del beato agli eminentissimi cardinali, illustrissimi prelati, e consultori de’ Sacri Riti, e sacra solenne funzione. Al dopo pranzo si portò Nostro Signore papa Clemente XIV in forma pubblica a venerare nella suddetta basilica il novello beato [245]
.{p. 198}
Il rituale, assieme alla distribuzione delle immaginette e della vita di Francesco, possedeva una forte carica iniziatica e ordinatrice. Solo a partire da quel momento, e a motivo delle autorità che ne avessero dato il la, i devoti diocesani avrebbero potuto reiterare quegli stessi gesti: la venerazione pubblica delle immagini sante, ormai del tutto approvata e risignificata, era quindi salva da ogni pericolo di idolatria.
Era il 10 settembre 1769. Il giorno della festività «del santissimo nome di Maria» [246]
. Lo stesso «santissimo nome» sotto il cui «felicissimo auspicio» Francesco «fond[ò] la prima casa e chiesa della religione» [247]
; la medesima denominazione della casa in cui Carlo de Vivis fu guarito da un male incurabile; e a cui, forse, alludeva l’ancella che nell’altro medaglione, quello che ancora oggi tondeggia tra gli archi della chiesa di San Lorenzo in Lucina, a Roma, mostra al giovane risanato l’immagine del suo devoto e protetto.
Note
[227] Ivi, f. 59v.
[228] Ivi, f. 60r.
[229] Ibidem.
[230] Ibidem.
[231] S. Servanzi Collio, Santa Maria delle Macchie presso il Castello di Gagliole diocesi di Camerino. Racconto, Macerata, Dalla Tipografia di Alessandro Mancini, 1862, pp. 4-5; AAV, Cause dei Santi, Processus 1898, f. 60r.
[232] AAV, Cause dei Santi, Processus 1898, f. 60r.
[233] Ivi, ff. 58v-59r.
[234] AAV, Cause dei Santi, Processus 1896, f. 81r.
[235] AAV, Cause dei Santi, Processus 1898, f. 58v.
[236] Ivi, f. 59r.
[237] A. Cencelli, Compendio storico della vita e miracoli del Beato Francesco Caracciolo..., cit., pp. 252-253.
[238] Diario ordinario, Num. 8013. In data delli 10 Decemb., 1768, In Roma, Nella Stamperia del Chracas presso S. Marco al Corso, 1768, pp. 2-3.
[239] A. Cencelli, Compendio storico della vita e miracoli del Beato Francesco Caracciolo, cit., p. 253.
[240] Breve notizia della solenne beatificazione del venerabile Francesco Caracciolo..., In Roma, Nella Stamperia Chracas presso S. Marco al Corso, 1769, p. 1 (si tratta di un opuscolo di sole 4 pagine per le quali si è scelto di far iniziare la numerazione da 1).
[241] A. Cencelli, Compendio storico della vita e miracoli del Beato Francesco Caracciolo..., cit., pp. 212-213.
[242] Breve notizia della solenne beatificazione del venerabile Francesco Caracciolo..., cit., p. 1.
[243] A. Cencelli, Compendio storico della vita e miracoli del Beato Francesco Caracciolo..., cit., p. 212; Breve notizia della solenne beatificazione del venerabile Francesco Caracciolo..., cit., p. 3.
[244] Breve notizia della solenne beatificazione del venerabile Francesco Caracciolo..., cit., p. 4.
[245] Ivi, p. 4.
[246] Ivi, p. 1.
[247] A. Cencelli, Compendio storico della vita e miracoli del Beato Francesco Caracciolo..., cit., p. 75.